Papa Francesco: la guerra è pazzia

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“La vera risposta dunque non sono altre armi, altre sanzioni. Io mi sono vergognato quando ho letto che non so, un gruppo di Stati si sono impegnati a spendere il due per cento, credo, o il due per mille del Pil nell’acquisto di armi, come risposta a questo che sta succedendo adesso. La pazzia! La vera risposta, come ho detto, non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo ormai globalizzato, un modo diverso di impostare le relazioni internazionali. Il modello della cura è già in atto, grazie a Dio, ma purtroppo è ancora sottomesso a quello del potere economico-tecnocratico-militare”:

lo ha detto papa Francesco ricevendo in udienza il Centro Femminile Italiano in occasione del 31° Congresso nazionale elettivo sul tema ‘Identità creazionale dell’uomo e della donna in una condivisa missione’, svoltosi a Roma fino al 26 marzo.

Il papa ha ringraziato le donne del Cif per l’impegno nella società: “Per voi, la partecipazione alla vita politica, come sottolineava Pio XII, non risponde semplicemente alla rivendicazione della piena cittadinanza delle donne; vuol essere un atto di giustizia nei confronti della comunità e una valorizzazione della politica considerata come forma di carità, la forma più alta, forse, della carità. Un impegno che si attua non nell’agone politico, ma sul versante dei diritti e della cultura. Il CIF, allora come oggi, esprime questa visione della politica intesa come servizio al bene comune animato dalla carità”.

L’impegno alla politica fa parte della cultura della cura: “Penso che per quelle di voi che appartengono alla mia generazione sia insopportabile vedere quello che è successo e sta succedendo in Ucraina. Ma purtroppo questo è il frutto della vecchia logica di potere che ancora domina la cosiddetta geopolitica.

La storia degli ultimi settant’anni lo dimostra: guerre regionali non sono mai mancate; per questo io ho detto che eravamo nella terza guerra mondiale a pezzetti, un po’ dappertutto; fino ad arrivare a questa, che ha una dimensione maggiore e minaccia il mondo intero. Ma il problema di base è lo stesso: si continua a governare il mondo come uno ‘scacchiere’, dove i potenti studiano le mosse per estendere il predominio a danno degli altri”.

Questa riflessione del papa prende spunto dalla ‘lettera alle donne’ di san Paolo VI, scritta nel 1968 a chiusura del Concilio Vaticano II: “E’ impressionante la forza profetica di questa espressione. In effetti le donne, acquistando potere nella società, possono cambiare il sistema.

Voi potete cambiare il sistema, le donne possono cambiare il sistema se riescono, per così dire, a convertire il potere dalla logica del dominio a quella del servizio, a quella della cura. C’è una conversione da fare: il potere con la logica del dominio, convertirlo in potere con la logica del servizio, con la logica della cura”.

Il cambiamento di tale mentalità dipende da ciascuno, che si mette alla sequela di Gesù: “E’ la scuola dei santi e delle sante di ogni tempo, che fanno crescere l’umanità con la testimonianza di una vita spesa al servizio di Dio e del prossimo. Ma è anche la scuola di innumerevoli donne che hanno coltivato e custodito la vita; di donne che hanno curato le fragilità, che hanno curato le ferite, che hanno curato le piaghe umane e sociali; di donne che hanno dedicato mente e cuore all’educazione delle nuove generazioni”.

La cultura della cura si impara alla scuola del Vangelo: “La cultura della cura, dell’accoglienza, la cultura del farsi prossimo. Voi la vivete attingendo dal Vangelo.

L’avete imparata nella Chiesa, madre e maestra, e formandovi a coltivare prima di tutto in voi stesse la vita spirituale, ad avere cura le une delle altre, nell’amicizia, nell’attenzione reciproca, specialmente nei momenti di difficoltà, pregando le une per le altre, non chiacchierando le une delle altre, no, questo non va! Ma voi non lo fate, sono sicuro”.

Ed anche ai partecipanti alla conferenza generale dei Maristi il papa ha consegnato la preghiera del Magnificat come paradigma educativo: “Il Magnificat contiene una visione della vita e della storia; è una scuola di fede e di preghiera, che libera dalla chiusura in sé stessi e da ogni spiritualismo, e mostra la gioia di credere, di sperare e di amare secondo il Vangelo di Cristo…

Ad esempio, i giovani stanno dimostrando sensibilità e interesse per l’ecologia. Qui c’è un grande campo di educazione; perché purtroppo la mentalità mondana inquina anche l’ecologia, la riduce, la rende ideologica e superficiale. Invece l’orizzonte di Dio è quello di un’ecologia integrale, che tiene sempre insieme la dimensione ambientale e quella sociale, il grido della Terra e il grido dei poveri.

I bambini, i ragazzi e i giovani sono predisposti a diventare custodi del creato, ma hanno bisogno di imparare che questo non si riduce a slogan, non è soltanto denuncia, ma è uno stile di vita, richiede pazienza, fortezza, temperanza, giustizia. Insomma, non si nasce custodi del creato, ma lo si diventa con un cammino educativo”.

Infine ha invitato a non tralasciare l’educazione spirituale: “Ma soprattutto vi appartiene, come religiosi, l’educazione spirituale, che è la base della crescita integrale. Questo vi appartiene come religiosi: l’educazione spirituale. Gesù Cristo è il Maestro di vita e di verità, la via da seguire per diventare uomini e donne in pienezza, e lo Spirito Santo è il Maestro interiore che forma Cristo in noi.

Che vocazione, che missione, fratelli, cooperare con Cristo e con lo Spirito per accompagnare i giovani in questa avventura! E’ davvero troppo grande per noi, poveri peccatori. Ma Dio (ci ricorda la nostra Madre) ama fare grandi cose con i piccoli e i poveri, purché si aprano umilmente a Lui e accolgano la sua Parola, mettendo a disposizione tutto sé stessi”.

(Foto: Santa Sede)

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