3^ domenica di Quaresima: solo i frutti evidenziano la conversione del cuore

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L’itinerario quaresimale nel Vangelo ci presenta due fatti di cronaca sconvolgente, poi una parabola. Mentre alcuni ebrei offrivano sacrifici a Dio, Pilato li fece uccidere; crolla la torre di Siloe e muoiono 18 persone:  davanti a questi due fatti assai dolorosi, la gente si chiede perché tanto male? Di chi è la colpa? Perché Dio non interviene? Potremmo aggiungere: perché tante morti, tanto spargimento di sangue oggi in  Ucraina, perché Dio ci abbandona?

La colpa certamente non è di Dio, che è grande e misericordioso. Il male è sempre male e resta male; ma la causa del male non è mai Dio, non proviene da Dio, che è Padre. La causa vera è l’uomo, la sua libertà che spesso si trasforma in  libertinaggio; il male è il frutto della cattiveria e dell’arroganza dell’uomo.

Da qui la necessità della nostra conversione nella consapevolezza che la nostra vita è un cammino verso il cielo e, creati da Dio, ritorneremo a Dio; beati noi se quel giorno saremo preparati all’incontro con Dio. Cosa significa essere preparati?  Da qui la parabola di Gesù e l’invito alla conversione.

‘Convertirsi’ significa produrre frutti di vita eterna!  Non basta dirsi cristiano, aver ricevuto il battesimo, la cresima, i sacramenti, è necessario produrre frutti di giustizia e di amore.  La parabola del fico è assai significativa: il padrone della vigna è Dio, il vignaiuolo è Gesù: nella vigna è stato piantato un ‘fico’, che è simbolo dell’umanità.

Dio aspetta i frutti dal fico, ma esso si presenta indifferente ed arido, Dio allora dà ordine di abbattere l’albero improduttivo perché inutile e dannoso, ma il vignaiuolo, Gesù invita e prega il Padre ad avere pazienza, chiede ancora una proroga di un anno assicurando di curarlo ancora meglio per stimolare la sua produttività. Il fico della parabola, che il padrone vuole estirpare, è il simbolo dell’esistenza sterile, incapace di donare, di produrre frutti, di fare del bene.

All’atteggiamento di egoismo e sterilità del fico si contrappone l’amore del vignaiuolo per il fico e da qui l’invito all’attesa, a procrastinare l’eventuale estirpazione dell’albero. C’è, amici carissimi, il tempo dell’attesa, ma questa non è illimitata. Da qui il senso vero della Quaresima: ‘Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo’.

Al fico non basta essere stato piantato nella vigna del Signore, non basta agli Ebrei essere il popolo di Dio, non basta a noi cristiani essere il nuovo popolo di Dio: essere battezzati, cresimati, ricevere i sacramenti, pregare; è necessario produrre frutti di vita eterna. Dio è amore ed aspetta da noi gesti di amore concreto: il cuore dell’amore è il perdono; il primo comandamento è: amerai il Signore Dio tuo … amerai il prossimo tuo come te stesso.

La parabola del fico è assai eloquente. Abbiamo Cristo Gesù, il vignaiolo che intercede per noi ma la dilazione implorata e concessa manifesta la misericordia di Dio e lascia a noi il tempo per attuare la conversione del cuore, ma indica anche l’urgenza della conversione. La Pasqua è vicina.

Convertirsi non significa solo ravvedersi nell’intimo della coscienza, ma operare frutti di vita eterna, frutti che si vedono e si colgono. L’uomo è un essere socievole, è chiamato a realizzare questo cambiamento nei rapporti con la società: la piccola società, che è la famiglia, la grande società costituita dal campo del lavoro e dalla convivenza con gli altri: amerai il prossimo tuo come te stesso.

La buona notizia è una sola: possiamo fidarci di Gesù, che ci ama, e confidare nell’amore misericordioso del Padre. Gesù ci invita alla conversione ed ognuno deve sentirsi interpellato da questa chiamata e correggere qualcosa nella propria vita. Solo così sarà Pasqua di risurrezione e potremo chiamare Dio: ‘Padre nostro che sei nei cieli’.

La Vergine Maria, madre della grazia, ci aiuti a vivere responsabilmente il nostro itinerario alla Pasqua e sia questa: la festa della gioia e della rinascita.

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