Riflessioni sparse nell’era dei bambini onnipotenti al potere. Per capire (spiegare non è giustificare) cosa sta succedendo realmente in Ucraina – Parte 13

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Prosegue da Parte 12: QUI.

Oggi iniziamo con il racconto di una mamma di Donetsk e un pezzo di rara poesie, seguito da un breve filmato del Presidente dell’Ucraina Poroshenko che nel 2015 disse: «I nostri figli andranno negli asili e nelle scuole, i loro vivranno nelle cantine. Così vinceremo la guerra!». Ricordare questo, oggi viene chiamato propaganda russa. Poi, parliamo di vari fake news, tra cui la foto della strage a Donetsk di ieri, fatto passare per una foto da Kiev. E tant’altro. Buona lettura. Finché possiamo, andremo avanti… a raccontare situazioni complessi e a riportare analisi.

E preghiamo anche per l’Italia, per noi stessi e per nostri cari.

Il bavaglio è ufficiale: della guerra si può parlare solo in termini lacrimevoli, perché chi prova a fare analisi è solo un complice di Putin. Così l’HuffPost, ma anche l’Unione Europea si appresta a stringere la censura.

HuffPost: “Chi fa analisi è complice di Putin”. Ecco la stampa di guerra auspicata da Monti
di Andrea Sartori
Visione TV, 16 marzo 2022


“In guerra la prima vittima è la verità” scriveva Eschilo, il grande poeta tragico greco che fu anche un eroe di guerra a Maratona e Salamina. E mai come oggi questo è vero. Basta vedere l’agghiacciante titolo dell’Huffington Post: “Sull’Ucraina chi vi dice ‘ma è più complesso’ è complice di Putin”. Chi ha un minimo di dimestichezza con la Storia sa bene che non ci sono buoni e cattivi, ma sempre situazioni complesse, e che la riduzione manichea a buoni e cattivi è assolutamente falsa. Lo sanno bene storici di vaglia quali Franco Cardini, Luciano Canfora e Alessandro Barbero, che hanno già detto che la situazione è un po’ più complessa di come la racconta la propaganda, e che forse ne capiscono di più dei giornalisti di regime. Ma lo ha fatto anche il corrispondente Rai da Mosca Marc Innaro venendo sollevato dall’incarico.
È quell’”informazione di guerra” che auspicava il senatore Mario Monti lo scorso novembre quando, anche se si parlava di pandemia, chiedeva “modalità meno democratiche di somministrare l’informazione”. Ora che c’è una guerra guerreggiata e non “metaforica” come poteva essere la pandemia si può andare sulla pura infowar, fatta solo di semplificazione, propaganda martellante, criminalizzazione delle teste pensanti e “culto della personalità” dei governanti contro il nemico esterno. Le cose di cui viene accusata la Russia di Putin avvengono anche qui.
E ovviamente l’Unione Europea si sta muovendo. Il Parlamento Europeo chiede di stringere ulteriormente il cappio sulla cosiddetta “disinformazione russa”. Si parla in particolare dei siti Sputnik e Russia Today ma l’aria che tira fa capire che questo potrà colpire chiunque non appoggi Putin ma solo cerchi di dare una visione più sfumata della situazione.
“I giuristi chiedono inoltre all’UE e alla NATO di condannare partiti estremisti, populisti e antieuropei per aver legittimato le vedute di governi autoritari”. Ecco dove si vuole arrivare: ad una caccia alle streghe per eliminare qualsiasi forza che metta in dubbio la “santa” Unione europea che oramai scricchiola paurosamente. Lo status quo si conserva con stati di emergenza e misure censorie, che si tratti di virus o Putin. D’altronde i no vax sono putiniani e quindi si costruisce il perfetto nemico del regime.
Esiste la disinformazione russa? Certo, anche Putin fa propaganda di guerra e in guerra nessuno dice la verità. Però gli stessi che dipingono la reporter russa anti-Putin Marina Ovsyannikova come una santa, sono pronti a imporre le stesse misure di cui accusano Putin, mentre il direttore della Stampa Massimo Giannini chiama apertamente alla guerra.
Ci mostrano le immagini delle città distrutte dalle bombe russe, ma come ha detto Franco Cardini “i cadaveri c’erano anche a Belgrado, a Kabul e a Baghdad, ma lì non ce li hanno fatti vedere“.
Propaganda di guerra. E tra poco, diventerà obbligatoria.

«Liza Brek è una mamma di Donetsk moglie di Spartaco, un volontario italiano che combatte nelle fila delle milizie popolari. Una mamma che intervistai per il mio documentario e che tra le altre cose mi raccontò di quando, durante gli intensi bombardamenti degli anni 2014 e 2015, si riparava sotto il letto con i figli per ore in attesa che le bombe cessassero di piovere tutt’attorno alla propria casa. Mi disse che la cosa più terribile era dover ascoltare per ore i lamenti dei bimbi che chiedevano qualcosa da mangiare e nonostante questo avere paura di uscire per raggiungere il frigorifero. Non aveva paura di morire, aveva paura di lasciarli orfani, suo marito se n’era andato via a causa della guerra e lei era sola. Il papà di Liza, pittore formatosi in accademia, ad un certo punto mi invitò ad uscire sul portico e a guardare la collinetta della miniera di fianco alla casa. Mi disse che quel cumulo di terra da riporto aveva salvato la sua famiglia e la sua casa. Per questo non poteva fare a meno di dipingerla, per renderle omaggio, come si fa con i luoghi sacri.
Questo è il dialogo con la figlia più piccola (avuta con il secondo marito ora al fronte) che Liza ha pubblicato sulla sua pagina Facebook. Un pezzo di rara poesia:
– Perché sei così triste?
– Voglio uscire, voglio giocare fuori…
– Capisco… magari domani
– Mamma! Giochiamo “al negozio”? Io vendo, tu compri!
– Certo, adesso finisco di leggere una cosa importante, e giocheremo a tutto quello che voi.
– E cosa stai leggendo?
– Le notizie.
– E cosa dicono le notizie?
– Boh… e niente, che tra poco arriverà la vera primavera, ci saranno i primi fiori, l’erba verde!
– E allora finiranno i tuoni, e potremmo uscire???
– Si!
– E potremmo andare a trovare i nonni?
– Si!
– E purе la mia madrina?
– Giriamo tutta la citta, e non solo!
– E tornerà il papà…?
– Ma certo, amore! E facciamo una grande festa!
Intanto fuori dalla finestra si sentono l’esplosioni forti.
– Mamma, perché il cielo è cosi arrabbiato? Adesso si arrabbia sempre!
– Andiamo a giocare al negozio piccolina.

Poroshenko, il cioccolataio ex-presidente ucraino prima di Zelensky, tempo fa pronunciò queste parole, che forse pochi oggi ricordano. Tenete presente che mantenne ampiamente la promessa: “I nostri figli andranno negli asili e nelle scuole, i loro vivranno nelle cantine. Perché non sanno fare niente. Così e solo così vinceremo la guerra!”» (Giorgio Bianchi Photojournalist).

2015, Presidente dell’Ucraina Poroshenko: Così vinceremo la guerra!
«Il Battaglione Azov ha pubblicato un video necrologio in onore di Joseph Goebbels, Ministro della Propaganda del Terzo Reich, tenutosi a Mariupol. La cerimonia tenebrosa si intitolava “Kharkov Goebbels”. Nell’intervista rilasciata dai combattenti Azov c’è Nikolai Kravchenko (soprannome Kruk). Kruk è esperto di scienze storiche e l’ideologo di “Azov” oltre che del corpo nazionale» (Dèmos TV) [QUI].

L’autore di questa foto della strage a Donetsk ieri, oggi da La Stampa fatta passare per una foto da Kiev, è Edouard Kornienko © Ura News [670568_Posledstviya_obstrela_tsentra_Donetska_raketoy_Tochka_U_vipushtennoy_VS_Ukraini_Donetsk_DNR_760x0_5124.3239.892.0]: [QUI]. A questo link ci sono altre foto della tragedia nel cuore di Donetsk di ieri.

Lo schifo totale
La Stampa e la prima pagina della vergogna
Un appello all’ordine dei giornalisti

«Il massacro da parte delle bande di neonazisti dichiarati contro la popolazione russofona del Donbass, prima ignorata, poi censurata dai media filo Nato, oggi incredibilmente diviene il pretesto per creare i presupposti della terza guerra mondiale. È l’incredibile storia della prima pagina de La Stampa di oggi. Vi riportiamo un commento e un appello del fotoreporter italiano in Donbass in questi giorni Giorgio Bianchi che, come L’AntiDiplomatico, sottoscriviamo» [QUI].

«La propaganda di guerra a senso unico delle testate di proprietà dei guerrafondai Elkann-Agnelli ha toccato il fondo.
Sono arrivati ad utilizzare in prima pagina la foto della carneficina di Donetsk, giocando sulla crassa ignoranza del loro pubblico riguardo ai fatti di questa sporca guerra civile, per far intendere che si riferisca al territorio sotto il controllo del regime di Kiev.
Guardate la foto e leggete i titoli attorno, cosa capite?
Questi vanno fermati con ogni mezzo, sono uno strumento di guerra psicologica utilizzato in modo gretto e spregiudicato.
Fatto i professorini moralisticheggianti in TV e poi in maniera cinica e spregevole manipolano il loro pubblico e lo inducono a prendere posizione su fatti riguardo ai quali è completamente ignorante.
Con i media russi silenziati per decreto, con tutte le testate e i programmi TV sintonizzati sulla propaganda di Kiev, tra poco per il pubblico medio, ignorante e ideologizzato, sarà impossibile farsi un’idea obiettiva dei fatti.
Vi prego di sommergere di mail la redazione e l’ordine dei giornalisti affinché cessino queste mistificazioni criminali.
Il loro sprezzo della verità è sconvolgente e dovrebbe far capire il livello della posta in gioco.
Siamo già in guerra, e questa è propaganda di guerra.
Sono individui spregevoli, amorali, disposti a tutto pur di servire i loro padroni.
Fermiamoli.
Fermiamoli.
Fermiamoli» (Giorgio Bianchi Photojournalist).

APPELLO
Rendiamo giustizia alle vittime innocenti di Donetsk, violentate dall’indegno comportamento de La Stampa
Gent.ma redazione de La Stampa,
mi chiamo … e sono un occasionale lettore del vostro quotidiano
Stamani guardando la prima pagina del giornale non ho potuto fare a meno di notare la sconvolgente foto di copertina recante il titolo “La carneficina”.
Visto che l’immagine appare del tutto decontestualizzata ed è letteralmente circondata da articoli riguardanti la situazione nell’Ucraina sotto il controllo del governo di Kiev, dato che sono assolutamente certo che l’immagine si riferisca alla strage avvenuta a Donetsk (lato indipendentista e quindi in un contesto diametralmente opposto a quello che circonda la foto) il giorno 14 Marzo a causa di un razzo Tockha-U sparato dal lato Ucraino sui civili di Donetsk (ho visto apparire il signore disperato in diversi video riguardanti la strage pubblicati da svariati canali Telegram e inoltre la foto è stata pubblicata dalla testata giornalistica L’indipendente riferendola chiaramente ai fatti di Donetsk come testimoniato da immagine allegata), visto che nel modo in cui viene presentata l’immagine sembrerebbe riferirsi ad una strage avvenuta sul lato governativo vi chiedo gentilmente di chiarire:
1. Il nome dell’autore, il contesto nel quale è stata realizzata, come la redazione ne sia venuta in possesso e se ne possieda i regolari diritti per l’utilizzo.
2. Il contesto descritto nell’immagine in modo che il lettore possa capire in maniera inequivocabile cosa descriva e a quale fatto si riferisca.
3. Se l’autore della foto è d’accordo sul fatto che la sua immagine sia stata utilizzata in un contesto del tutto fuorviate per il lettore.
Nel caso in cui non siate in grado di dare risposte soddisfacenti riguardo all’utilizzo dell’immagine e al contenuto che si intendeva fare emergere, Vi chiedo gentilmente di pubblicare una nota nella quale possiate chiarire in maniera inequivocabile chi sia l’autore dell’immagine, il contesto al quale si riferisca e una didascalia che descriva in maniera accurata gli eventi che racconta.
Vi comunico inoltre che mi sono premurato di scrivere anche all’Ordine dei giornalisti affinché intervenga per chiarire questo fatto, a mio modo di vedere gravissimo.
In attesa di un cortese riscontro, porgo cordiali saluti.
Gent.mo ordine dei Giornalisti,
mi chiamo … e sono un occasionale lettore de La Stampa.
Stamani guardando la prima pagina del quotidiano non ho potuto fare a meno di notare la sconvolgente foto di copertina recante il titolo “La carneficina”.
Visto che l’immagine appare del tutto decontestualizzata ed è letteralmente circondata da articoli riguardanti la situazione nell’Ucraina sotto il controllo del governo di Kiev, dato che sono assolutamente certo che l’immagine si riferisca alla strage avvenuta a Donetsk (lato indipendentista e quindi diametralmente opposto al contesto circostante la foto) il giorno 14 Marzo a causa di un razzo Tockha-U sparato dal lato Ucraino sui civili di Donetsk (ho visto apparire il signore disperato in diversi video riguardanti la strage pubblicati da svariati canali Telegram e inoltre la foto è stata pubblicata dalla testata giornalistica L’indipendente riferendola chiaramente ai fatti di Donestk come testimoniato da immagine allegata), visto che nel modo in cui viene presentata sembrerebbe riferirsi ad una strage avvenuta sul lato governativo, vi chiedo gentilmente di intervenire al fine di chiarire:
1. Il nome dell’autore, il contesto nel quale è stata realizzata l’immagine, come la redazione sia venuta in possesso dell’immagine e se ne possieda i regolari diritti per l’utilizzo.
2. Il contesto descritto nell’immagine in modo che il lettore possa capire in maniera inequivocabile cosa descriva e a quale fatto si riferisca.
3. Se l’autore della foto è d’accordo sul fatto che la sua immagine sia stata utilizzata in un contesto del tutto fuorviate per il lettore.
Nel caso in cui la redazione non riesca a dare risposte soddisfacenti riguardo all’utilizzo dell’immagine e al contenuto che si intendeva fare emergere, Vi chiedo gentilmente di intervenire affinché la testata pubblichi una nota nella quale chiarisca in maniera inequivocabile chi sia l’autore dell’immagine, il contesto al quale si riferisca e una didascalia che descriva in maniera accurata gli eventi che descrive.
L’autore della foto sarebbe, stando a questo sito, Edouard Kornienko: https://m.ura.news/articles/1036284159
Certo di un vostro pronto intervento, porgo cordiali saluti.
torino@lastampa.it
lettere@lastampa.it
direttore@lastampa.it
Chi ha una pec può scrivere a:
– Ordine Nazionale giornalisti: cnog@pec.cnog.it
– Gedi News Network Spa: segreteriasocietaria@pec.gedinewsnetwork.it

Quella foto “fake” pubblicata dalla Stampa in prima pagina
Infuria la guerra in Ucraina. Il quotidiano titola: “Carneficina”. Ma l’immagine non arriva da Kiev…
di Giuseppe De Lorenzo
Nicolaporro.it, 16 marzo 2022

Il titolo è corretto. D’impatto. Fattuale. “LA CARNEFICINA”, scritto così, a caratteri cubitali e apposto su una foto drammatica. La prima pagina della Stampa, che migliaia di italiani si sono ritrovati in edicola, colpisce al cuore. Si vede un anziano disperato coprirsi il volto con le mani. Piange. Intorno a lui una distesa di cadaveri maciullati: braccia mutilate, arti smembrati, urla di dolore. È l’immagine plastica, perfetta, che racconta la tragedia che si sta svolgendo in Ucraina. C’è solo un piccolo problema: si tratta di un fake, o meglio di una storia raccontata male, di quelle che meriterebbero uno stuolo di debunker e le reprimende dei News Guard di turno.
Già, perché attorno a quella foto vengono richiamati articoli sui “traumi dei bambini in fuga da Leopoli”, su come Kiev si prepara all’”assalto finale” dei russi, sulla strategia di Biden, sulle reazioni dell’Occidente o le gesta della giornalista anti-Putin a Mosca. Si parla insomma del dramma osservato dal fronte ucraino, come se quella “carneficina” riguardasse civili ucraini. Non è così. Quell’immagine drammatica, quel signore anziano disperato con le mani in faccia, non è stata immortalata a Kiev o a Leopoli. Ma a Donetsk, ovvero nella “capitale” di una delle due repubbliche separatiste. E quei corpi maciullati a terra sono i cadaveri di 23 civili filorussi, o russofoni vedete voi, caduti sotto le schegge di un missile Tochka-U abbattutosi nelle strade centrali della città.
I fatti risalgono a lunedì, ma quasi nessuno ne ha parlato. Non La Stampa, che pur pubblicando quella terribile immagine-simbolo si è ben guardata dal contestualizzarla (zero didascalie), “spacciandola” di fatto per uno dei tanti (troppi) missili piovuti in questi giorni su Kiev, Mariupol o Kherson. Nemmeno altri cronisti si sono prodigati nel raccontare la storia. Il giorno dopo la strage, di fronte al bancomat dilaniato dall’esplosione, sono apparsi grossi mazzi di rose e un biglietto. C’era scritto: “Perché nessuno ascolta Donetsk?“.
La Repubblica se ne è occupata solo oggi, due giorni dopo i fatti, con un pezzo in taglio basso che dà conto del “rimpallo” di responsabilità. I filorussi assicurano si tratti di un missile sparato dagli ucraini verso il Donbass, intercettato dalle forze separatiste e che nel cadere in città ha provocato un disastro. Kiev dal canto suo parla di false flag: in pratica Mosca avrebbe sacrificato 23 civili filorussi per accusare l’Ucraina di crimini di guerra. Propaganda, da entrambe le parti: in fondo, in 8 anni di guerra in Donbass, le 13mila vittime non sono esclusiva di nessuno dei belligeranti.
Tuttavia una cosa è certa: lunedì 23 persone sono morte in territorio filorusso. Si può dire? L’urlo di dolore di quell’anziano. Il dramma delle famiglie. Il sangue che cola dal braccio dello sconosciuto cittadino di Donetsk riverso sul pavimento di un bus. La notizia merita un po’ di attenzione, oppure no? Nessuno mette in dubbio che in questa guerra ci sia un aggressore (Putin) e un aggredito (Zelensky). Ma la guerra fa schifo sempre, da qualsiasi parte ci si trovi costretti a combatterla: significa orrore, distruzione, crimini.
Oggi le truppe russe hanno ucciso 10 civili a Chernihiv. Subito i media italiani online hanno giustamente titolato a nove colonne: “Strage di civili in fila per il pane, 10 morti“. I video sono orribili, come orribili sono i filmati (esistono, noi li abbiamo visti) della tragedia di Donetsk. Perché non dedicare pari enfasi a quanto successo solo 48 ore fa dall’altro lato della barricata? Anche la verità, si sa, muore con l’inizio di un conflitto, ma non serve che pure i giornalisti indossino l’elmetto. È di completezza dell’informazione che parliamo, non di tifoserie anti o pro Putin. La domanda è semplice: perché usare la foto in quel modo? Perché spacciarla, volutamente o per errore (può capitare), come l’ennesimo crimine su Kiev? “Perché nessuno ascolta Donetsk?”.

«Davanti a questa prima pagina de “La Stampa” di oggi, ho scritto al direttore Massimo Giannini la seguente lettera:
Gentile Direttore
ho collaborato alla “Stampa” per decenni, e sono stato allontanato, senza una parola,  naturalmente, con l’arrivo di Molinari, giunto al giornale a portarvi il suo carico di sionismo e iperatlantismo (e già allora di russofobia).
Avevo sperato che un giornalista proveniente da “la Repubblica” come Lei, avrebbe compiuto uno sforzo di riequilibrare l’orientamento di questa testata a cui sono rimasto legato. Invece no. E i vostri servizi, se così vogliamo chiamarli, sulla guerra in Ucraina, lo dimostrano, in modo avvilente. Ma con la prima pagina di oggi il giornale da Lei diretto ha toccato il fondo della disonestà giornalistica: una immagine relativa alla strage compiuta due giorni fa dalle truppe governative di Kiev ai danni dei civili di Donetsk (14 morti), viene presentata in modo che il pubblico pensi che siano stati i russi cattivi. Siamo oltre ogni artefizio giornalistico, lo lasci dire a uno che è iscritto all’Ordine dal 1971, e che ha avuto nel 2021 la targa d’argento come veterano del giornalismo piemontese. Uno che è stato allievo di Norberto Bobbio, e. oltre ad aver insegnato per più di 40 anni all’Università, ha lavorato per le maggiori testate italiane, e anche qualche testata straniera, pubblicando molte centinaia di articoli.
Mi aspetto che il giornale domani, con lo stesso rilievo faccia una formale autocritica e spieghi, come e quando e da chi ha ricevuto la foto, chi ne sia l’autore, come la foto è giunta a voi (e se avete i diritti di utilizzo), e in quale situazione è stata scattata.
Aggiungo che tutta l’impaginazione, dai titoli dei commenti tutti a senso unico, fino al pezzo che vorrebbe essere sarcastico su Luciano Canfora, e che fa ridere solo chi l’ha scritto, è a di poco inquietante. State spingendoci verso la terza guerra mondiale, consapevolmente o meno. La storia non vi ha proprio insegnato nulla. Che pena.
Segnalerò comunque l’episodio all’Ordine. E smetterò di comprare, ovviamente, il Suo giornale.
Saluti»
Angelo d’Orsi

Donbass, il giorno dopo la tragedia nel cuore di Donetsk
«Tra i fiori e le candele spicca un foglio su cui è riportato: “Perché nessuno ascolta Donetsk?”» (Giorgio Bianchi Photojournalist).

«Donbass – Oggi mi è stata segnalata la prima pagina di un noto quotidiano italiano.
Inizialmente non ho notato nulla di strano: il titolo “la carneficina” in sovraimpressione all’immagine di un uomo disperato di fronte al cadavere della moglie è la descrizione di una scena che non ho ancora digerito, ancora ben stampata in mente. Quell’uomo, smarrito e scioccato, l’ho visto e sentito piangere. Difficile dimenticare scene simili.
Poi ho prestato attenzione alle varie descrizioni attorno a questa immagine: “traumi dei bimbi a Leopoli”; “ostaggi a Mariupol”; “Kiev sotto bombardamenti incessanti”. Nemmeno una parola su Donetsk, il luogo dove è avvenuta la carneficina.
Ieri sul luogo della tragedia ho fotografato un foglio su cui erano riportate le parole: “Perché nessuno ascolta Donetsk?”. Se l’immagine da Donetsk è giunta in Italia, significa che qualcuno ha ascoltato. Ma in che modo?
(Nel video girato da me si vede la stessa persona aggirarsi tra i corpi senza vita, per chi chiede prove)» (Vittorio Rangeloni).

«Donbass – Ieri sera, verso le 21.30 (ora locale), la contraerea della Repubblica Popolare di Donetsk ha intercettato un nuovo missile balistico Tochka U nei cieli sopra Makeevka. I resti del missile sono precipitati sul quartiere Solnechny. In quel momento le strade erano semi-vuote. Due negozi sono completamente distrutti dalle fiamme e molte palazzine hanno riportato danneggiamenti. I civili feriti sono 6, tra cui tre minorenni, ha riportato il Ministero della salute di Donetsk» (Vittorio Rangeloni).

«Continua la falsificazione dei media occidentali con l’uso spudorato di immagini di repertorio. Cosa c’è di meglio dell’immagine di un bambino, vera o finta che sia poco importa, per lavorare sulle emozioni e non raccontare la realtà dei fatti? Se la Russia stesse mietendo vittime civili tra cui bambini, che motivo ci sarebbe di usare immagini della Siria del 2018? È così che si costruiscono le guerre, con le menzogne che fanno più vittime di un obice d’artiglieria» (Giorgio Bianchi Photojournalist).

Il 6 marzo scorso abbiamo raccontato già la storia di una foto, indicata come “fake news” da anni, prima russo e oggi ucraino, che, invece, è autentica: un bambino in mezzo alle macerie del suo villaggio per le bombe ucraine nel 2015, non per le bombe russe nel 2022. Nel frattempo è diventato 7 anni più grande… se sopravvissuto. Abbiamo dimostrato che la foto del bambino in mezzo alle macerie non è in riferimento all’attuale invasione russa in Ucraina, con due articoli rispettivamente del 2017 e del 2019, e con un post Facebook del 2018, ma è addirittura del 2015, all’inizio della guerra dell’Ucraina nel Donbass. Invece, questa foto “icona” è ricominciata a girare in modo virale sui social (e non solo) come già nel 2015. Con una costante e una variabile. La costante è che come allora la foto fu denunciata come una “fake news” (e non lo è). La variabile è costituita dalle parti che lo dicono sull’attribuzione del bombardamento [Donbass, la guerra in Europa dal 2014. La memoria cancellata. La lotta tra l’efficacia dei mezzi militari e quella della narrazione – Parte 2 – 6 marzo 2022].

Ne abbiamo parlato ieri [QUI], quando nei soliti programmi TV ci si strappava le vesti perché la giornalista russa era “sparita”, poi “salvata”. Il giornalista Assange, che gli USA vogliono fare “sparire”? Non pervenuto.

Visione TV – La propaganda esiste solo in Russia – Il Controcanto – Rassegna stampa del 16 marzo 2022.

«La bionda giornalista russa che ha mostrato un cartello contro la guerra in diretta è diventata l’eroina dei media italiani che difendono la libertà di pensiero e di espressione. Su Repubblica Di Feo freme dalla voglia di raccontarci un segreto. Il Corriere scopre adesso che l’Ucraina non può entrare nella Nato. Il Fatto ricorda sommessamente che è in corso uno sterminio nello Yemen che non interessa a nessuno. Buon ascolto!» (Visione TV).

«Alla giornalista russa che è andata in diretta TV col cartello contro l’intervento in Ucraina è stata comminata una multa pari a 250 euro. A me, in quest’ultimo anno, per essere uscita ed essermi recata a 2 manifestazioni senza mascheretta sono arrivati 2 verbali da 400 euro l’uno. Ma Putin è il dittatore, vero?» (Francesca Quibla).

«La notizia che all’aeroporto di Pisa sono state rinvenute casse cariche di armi destinate all’Ucraina sta iniziando a fare il giro del mondo. Secondo quanto riferito dall’USB, gli operatori aeroportuali si sarebbero accorti che all’interno delle casse non c’erano i cosiddetti “aiuti umanitari”, ma armi che erano destinate ai nazisti ucraini. A questo punto, occorre risalire a quella presunta “organizzazione umanitaria” che stava, o sta ancora portando avanti, un traffico di armi che è palesemente in violazione delle leggi Italiane. Sarebbe da approfondire anche in questo senso il ruolo del regime di Draghi per capire se abbia offerto qualche sponda a questa ONG. Coloro che manifestano in piazza con la bandierina della pace in piazza sono invischiati in un traffico di armi internazionale a beneficio dei peggiori tagliagole nazisti che ci sono attualmente in Europa. Coloro che sventolano la bandierina della pace sono gli stessi che armano la mano degli assassini del popolo ucraino» (Cesare Sacchetti).

Ne abbiamo parlato ieri: «Armi all’Ucraina mascherati da “aiuti umanitari”. A Pisa i lavoratori si rifiutano di caricare gli aerei» [QUI].

«”Ho avuto il privilegio di vedere “Divided Ukraine” quando ancora non era “Divided Ukraine”. Era in fase di montaggio o, forse, montato in una prima versione. Scorrevano le immagini e mi incazzavo. Con me stessa. Perché niente sapevo di quella guerra nel cuore dell’Europa che a tutti, allora, faceva comodo ignorare. Oggi è tutto chiaro. E se anche non condivido tutto ciò che pensi voglio ringraziarti perché tu, oltre al talento e alla passione, hai una qualità ancora più importante che oggi, diciamo così, pare smarrita: il coraggio di inquadrare la realtà da altre angolazioni senza illudere d’averlo fatto con assoluta oggettività” (Claudia Ruggeri). Credo che questo sia in assoluto il più bel complimento che io abbia mai ricevuto riguardo al mio lavoro» (Giorgio Bianchi Photojournalist).

Divided Ukraine: What language do you express love in?
Le vite di chi dal 2014 al 2019 ha dovuto subire la guerra civile in Ucraina
Regia di Federico Schiavi, Christine Reinhold
Un documentario di 78 minuti, gennaio 2022
Un viaggio nei territori della prima guerra civile europea del XXI secolo: in Ucraina, dopo i drammatici eventi che sono seguiti alla prima protesta di Piazza Maidan a Kiev nel novembre 2013 nessuno avrebbe potuto prevedere lo scoppio di questa guerra civile e la morte di 10.000 Ucraini. Due fotografi, Giorgio Bianchi e Christopher Occhicone, con diverse prospettive e idee politiche, danno voce a personaggi che sono testimoni di idee di indipendenza, ognuna nel suo teatro di guerra. Il documentario ritrae e intreccia queste vite nel conflitto che, dal 2014 al 2019, ha versato sangue sul suolo ucraino.

Il trailer.

Ottimo Fulvio Grimaldi da Floris
«Sempre efficace Fulvio Grimaldi che, con l’autorevolezza e il garbo che lo contraddistingue, spiega e sottolinea come l’invasione dell’Ucraina debba essere inserita nel più ampio contesto del golpe su Kiev e della guerra ucraina in Donbass. Fulvio Grimaldi ha consegnato una stampa a Floris con l’elenco delle guerre NATO. In più, quando Floris gli ha chiesto di controbattere a Parenzo ha gentilmente declinato: “Non mi interessa rispondere a Parenzo, parlo con Tabacci che è persona seria”» (Giorgio Bianchi Photojournalist).

«A Fuori dal coro senti le storie di lavoratori lasciati a casa senza stipendio in attesa che finisca la follia del Green Pass. È giusto difendere la libertà dei popoli sentiamo gridare nelle piazze. Per i 500 mila a cui sono stati negati i diritti fondamentali tutti muti» (Hoara Borselli).

Installazioni militari della NATO in Ucraina, che esistevano prima del 24 febbraio 2022. Vale la pena notare che Berdyansk non è ancora indicato, dove l’anno scorso è stato deciso di costruire una base navale con denaro britannico.

«La Germania ha ribadito chiaramente che non ha alcuna intenzione di dare il via libera all’invio di truppe NATO in Ucraina. Il cancelliere tedesco Scholz ha quindi respinto formalmente la proposta del viceprimo ministro polacco Jaroslaw Kaczynski. Non esiste quindi alcuna seria e reale possibilità di uno scontro tra NATO e Russia riguardo alla crisi in Ucraina. Putin ha autorizzato l’operazione militare in Ucraina perché sapeva che il blocco Euro-Atlantico non è mai stato così debole e ininfluente come lo è in questo. Putin è perfettamente consapevole che la NATO ha perduto il contributo attivo della prima potenza militare mondiale, gli Stati Uniti. La NATO, senza gli Stati Uniti, è soltanto una tigre di carta che nulla può di fronte a Mosca. Nel momento stesso in cui Putin ha deciso di autorizzazione l’operazione militare in Ucraina, la Russia ha messo fine all’era dell’atlantismo. Il mondo che ci attende domani non è unipolare, ma multipolare» (Cesare Sacchetti).

Pillole di “incoerenza collettiva”
«Durante la pandemia. “Bisogna ascoltare e dare la parola agli esperti. Chi non lo fa è un analfabeta funzionale”.
Oggi, Guerra in Ucraina. Con ampio consenso della comunità di riferimento dei Generali in pensione (si perché quegli altri … giustamente non possono parlare e se parlano devono seguire linee guida precise) dice che non bisognerebbe mandare armi. Lagggente… “nooo facciamo la no fly zone, mandiamo armi”.
Durante la pandemia. “La libertà è un valore dell’occidente, ma davanti ad una guerra contro il virus, bisogna accettare serenamente limitazioni della libertà, anche arrivando a toccare diritti fondamentali come il lavoro”.
Oggi, Guerra in Ucraina. “La libertà è un valore irrinunciabile. Bisogna supportare militarmente l’Ucraina, anche a costo di scatenare una terza guerra mondiale nucleare”.
Ditemi voi come possiamo sperare di sopravvivere a lungo come specie. Non voglio generalizzare, ma una forma vivente di questa forma di incoerenza collettiva è la Fusani. Ogni volta che la ascolto, mi domando se si ferma mai un minuto a riflettere su quello che dice» (Cristiano Galli).

Segue la Parte 14: QUI.

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