Papa Francesco al tribunale civile vaticano: la giustizia deve essere giusta e misericordiosa

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Sabato scorso papa Francesco Papa ha aperto l’anno giudiziario del tribunale civile dello Stato della Città del Vaticano, ricordando che sinodalità significa ascolto e misericordia, che consentono di arrivare all’equità nell’amministrazione della giustizia:

“La sinodalità implica anzitutto il camminare insieme. Nelle vicende giudiziarie ciò significa che tutti i partecipanti al processo, pur nella necessaria diversità dei ruoli e degli interessi, sono chiamati a concorrere all’accertamento della verità tramite il contraddittorio, il confronto degli argomenti e l’accurato esame delle prove”.

La sinodalità richiede ascolto, soprattutto nell’attività processuale: “Questo camminare insieme richiede quindi un esercizio di ascolto, che, come sappiamo, appartiene alla natura stessa di un giusto processo. Nell’attività giudiziale è richiesto ai magistrati un esercizio costante di ascolto onesto di quanto viene argomentato e dimostrato dalle parti, senza pregiudizi o precomprensioni nei loro confronti.

Con la stessa disponibilità all’ascolto, che richiede tempo e pazienza, ogni membro del collegio giudicante deve aprirsi alle ragioni presentate dagli altri membri, per arrivare a un giudizio ponderato e condiviso. Ascoltare tutti”.

Per questo la giustizia ha bisogno di un lavoro di discernimento: “Un serio e paziente lavoro di discernimento rimane pertanto imprescindibile per arrivare all’esito di una sentenza giusta e realizzare così la natura e la finalità proprie del processo, che deve essere attuazione di giustizia rispetto alle persone coinvolte e, insieme, riparazione dell’armonia sociale che guarda al futuro e aiuta a ricominciare.

A tal fine, le esigenze di giustizia implicano una valutazione comparata di posizioni e interessi contrapposti ed esigono una riparazione. Inoltre, nei processi penali, la giustizia va sempre coniugata con le istanze di misericordia, che in ultima analisi invitano alla conversione e al perdono”.

L’equità è valorizzata dal diritto canonico:“In questa prospettiva, è prezioso il ricorso all’equità, sapientemente definita come la giustizia del caso singolo. Essa, pur restando fermo il precetto legislativo, nel momento di applicazione della legge generale induce a tener conto delle esigenze del caso concreto, di particolari situazioni di fatto meritevoli di specifica considerazione.

Il ricorso all’equità non costituisce una prerogativa esclusiva del diritto canonico, ma indubbiamente trova in esso particolare riconoscimento e valorizzazione, ponendosi in stretta relazione con il precetto della carità evangelica, vero principio ispiratore di tutto l’agire della Chiesa”.

Poi il papa ha ricordato il compito dei magistrati: “In tale prospettiva, il lavoro che i magistrati svolgono per garantire l’esercizio della giustizia offre un contributo necessario e pienamente legittimato per la soluzione dei problemi di carattere civile e penale, ulteriori e diversi rispetto a quelli di competenza dei Tribunali Apostolici e canonici.

Si tratta di un lavoro destinato ad aumentare in una stagione di riforme come quella da qualche tempo avviata, che è proseguita anche nel corso dell’ultimo anno, con alcune rilevanti novità sia in ambito economico e finanziario, sia nel settore della giustizia.

Riforme che intendono corrispondere, da un lato, ai parametri sviluppati dalla comunità internazionale in diversi ambiti, come quello economico, e, dall’altro, all’esigenza propria della Chiesa di adeguare tutte le sue strutture a uno stile sempre più evangelico”.

Quindi ha ricordato le modifiche per favorire lo svolgimento del processo: “La ricerca della giustizia reclama anche riforme strutturali che permettano la sua giusta applicazione.

Fra le novità più rilevanti desidero sottolineare, ai fini di una sempre più piena e condivisa attuazione, in particolare quelle che, modificando la legge sull’ordinamento giudiziario, hanno stabilito che l’ufficio del Promotore di giustizia eserciti il proprio ruolo nei tre gradi di giudizio.

In tal modo si è inteso rispondere alla prioritaria esigenza che nel sistema processuale vigente emerga l’uguaglianza tra tutti i membri della Chiesa e la loro pari dignità e posizione, senza privilegi risalenti nel tempo e non più consoni alle responsabilità che a ciascuno competono nella ‘aedificatio Ecclesiae’.

Ulteriori esigenze di aggiornamento della normativa vaticana, soprattutto nell’ambito della procedura penale e della cooperazione internazionale, potranno trovare risposta in interventi mirati di riforma che già sono allo studio, al fine di rafforzare gli strumenti di prevenzione e contrasto dei reati e di rispondere alla crescente domanda di giustizia che si registra anche nel nostro Stato”.

Però il diritto si deve ispirare alla misericordia evangelica, come aveva sottolineato san Giovanni Paolo II durante la presentazione del Codice di diritto canonico:

“In quest’ottica, che esclude ogni visione autoreferenziale della legge, la giustizia proposta da Gesù Cristo non è tanto un insieme di regole da applicare con perizia tecnica, ma piuttosto una disposizione della vita che guida chi ha responsabilità e che esige anzitutto un impegno di conversione personale.

Chiede una disposizione del cuore da implorare e alimentare nella preghiera e grazie alla quale possiamo adempiere i nostri doveri coniugando la correttezza delle leggi con la misericordia, che non è la sospensione della giustizia, ma il suo compimento”.

(Foto: Santa Sede)

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