Aiuto alla Chiesa che Soffre racconta la situazione in Ucraina

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Una crisi di rifugiati fuggiti dall’Ucraina, soprattutto di bambini ucraini, che dall’inizio della guerra sono stati costretti a scappare, a volte con i genitori a volte anche senza, per sfuggire alle bombe, come ha scritto su twitter James Elder, portavoce di Unicef: “Un milione di bambini sono scappati dall’Ucraina, in meno di due settimane… Non avevamo mai affrontato una crisi di rifugiati di questa velocità e di questa portata”.

Nel frattempo il segretario di Stato vaticano, card. Pietro Parolin, ed il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, hanno avuto un colloquio telefonico, in cui il segretario di Stato vaticano ha ribadito quanto chiesto da papa Francesco di porre fine ai combattimenti, manifestando disponibilità della Santa Sede per qualsiasi mediazione ritenuta utile per favorire la pace, come ha dichiarato il direttore della Sala Stampa Matteo Bruni:

“Il cardinale ha trasmesso la profonda preoccupazione di Papa Francesco per la guerra in corso in Ucraina e ha riaffermato quanto detto dal Papa domenica scorsa all’Angelus. In particolare ha ribadito l’appello perché cessino gli attacchi armati, perché si assicurino dei corridoi umanitari per i civili e per i soccorritori, perché alla violenza delle armi si sostituisca il negoziato”.

La notizia del colloquio è stata riportata dall’agenzia Interfax citando il ministero degli Esteri di Mosca: “Le parti hanno espresso la speranza che il prossimo round di colloqui tra Mosca e Kiev si svolga presto e che si raggiunga un accordo sui temi chiave” per cessare le ostilità, affermano le fonti russe.

“Una enfasi speciale, ha concluso il comunicato del ministero degli Esteri, è stata posta sulle questioni umanitarie legate al conflitto, comprese le misure per proteggere i civili, l’organizzazione e l’attuazione di corridoi umanitari, l’assistenza ai rifugiati”.

Intanto l’elemosiniere del papa, card. Konrad Krajewski, si trova in Ucraina per portare l’aiuto del papa: “Il Santo Padre mi manda per manifestare il suo amore verso il popolo perseguitato, il popolo che si deve spostare, il popolo che deve fuggire dalle proprie case, diocesi, e città. Il Papa li vuole tutti abbracciare e stare vicino a loro e dirgli che gli vuole bene…

Io porto la sua Benedizione, ma già la presenza qui nella terra dove c’è la guerra è molto significativa. Quando incontro la gente, già il fatto che si viene dal Vaticano a nome del Santo Padre gli dice tutto. Spesso vedo già le lacrime perché il Papa è così vicino”.

Nel frattempo la fondazione pontificia ‘Aiuto alla Chiesa che soffre’ ha approvato il primo pacchetto di aiuti di emergenza per l’Ucraina, composto da 22 iniziative per un totale di € 1.300.000, che saranno inviati direttamente ai religiosi e ai sacerdoti della Chiesa greco-cattolica ucraina (UGCC) e della Chiesa cattolica romana (RCC).

Lo scopo è quello di sostenere anzitutto l’Ucraina orientale, in particolare i 4 esarcati dell’UGCC e le 2 diocesi dell’RCC. Le principali città che stiamo aiutando sono Kyiv, Kharkiv, Zaporizhya, Odessa e la regione del Donetsk.

Tra queste iniziative figurano 9 progetti di cui beneficeranno le diocesi/eparchie/esarcati orientali per un totale di € 865.000, che saranno erogati nei prossimi giorni. Il resto dei progetti riguarda la parte occidentale dell’Ucraina, non coinvolta per ora nel conflitto.

Nei prossimi giorni Aiuto alla Chiesa che Soffre approverà i restanti aiuti destinati alle diocesi, eparchie ed esarcati occidentali. Il numero totale di beneficiari che si prevede di raggiungere con tutti i progetti: Chiesa greco-cattolica ucraina: 17 diocesi, 3.311 sacerdoti diocesani, 805 religiose e 522 religiosi sacerdoti; totale: 4.638; Chiesa Cattolica Romana di rito latino: 7 diocesi: 735 sacerdoti diocesani, 545 religiose e 311 religiosi sacerdoti: totale: 1.591.

In un videomessaggio inviato ad Aiuto alla Chiesa che Soffre mons. Stanislav Szyrokoradiuk ha raccontato la situazione della città di Odessa: “Sentiamo sempre avvisi di incursioni aeree e di tanto in tanto sparatorie. E’ molto inquietante ma al momento, grazie a Dio, la città è relativamente calma. Dormiamo in un rifugio seminterrato, ma durante il giorno siamo qui e possiamo liberamente pregare e lavorare”.

Ha raccontato le operazioni per mettere in salvo i bambini: “Abbiamo organizzato un luogo a 280 chilometri di distanza che prima era solo per bambini, ma oggi è un luogo per rifugiati. Alcuni piccoli, e giovani famiglie con bambini, vivono lì. Ci prendiamo cura di queste persone”.

Purtroppo nessuno sta entrando a Odessa, nemmeno i profughi dalla Crimea o da altri territori, perché la città non è sicura, ma il vescovo ha raccontato di una grande unità nella città:

“C’è unità nella città, grande unità tra i credenti, ecumenicamente. La guerra ci ha resi molto uniti, non solo i cattolici, ma anche persone di altre confessioni e culture. Oggi abbiamo una grande unità nella città. Sono molto grato per tutto il sostegno e la solidarietà.

Vorrei ringraziare in modo particolare Aiuto alla Chiesa che Soffre. E’ stata la prima organizzazione che mi ha chiesto: ‘Cosa dovremmo fare? Come possiamo aiutare?’ Grazie per questa disponibilità all’aiuto”.

Mentre don Pavlo ha raccontato la tragedia di Mariupol: “Mariupol è come Armageddon. E’ l’inferno. Per favore, ditelo al mondo: è una tragedia. Ci sono solo sparatorie a caso. L’intera città è come un grande campo di battaglia. Ovunque cadono bombe. Ovunque si sente solo sparare. Mariupol è una città circondata dall’esercito russo. Le persone sono sedute nei loro seminterrati…

Non riuscivamo a dormire. Nessuno riusciva a dormire. I nostri corpi soffrivano per gli attentati. Avevo allestito un rifugio in un angolo – era lì che vivevo, per così dire. Eravamo tutti spaventati. Il nostro monastero è stato costruito con l’aiuto di Aiuto alla Chiesa che Soffre e l’edificio non era ancora completo. Sfortunatamente, non avevamo un seminterrato.

Recentemente inoltre non abbiamo avuto elettricità, acqua e niente da mangiare… solo le provviste che avevamo portato con noi. Per due giorni ho avuto solo una scatola di latta: quando stai attraversando una cosa del genere, non hai fame. Puoi sopravvivere senza cibo, ma non senza acqua.

Le persone hanno lasciato le loro case in cerca di acqua e, di conseguenza, molti di loro sono morti brutalmente. Camminare per strada a Mariupol equivaleva a un suicidio. Abbiamo detto ai fedeli che dovevano restare a casa e che non avremmo celebrato alcuna Messa, perché era troppo pericoloso”.

Don Pavlo ha concluso il racconto di morte: “Non si possono immaginare le cose che abbiamo visto là fuori. Sono immagini che non si possono dimenticare: ovunque tutto distrutto dalle bombe, e a volte si deve girare intorno a corpi abbandonati sulla strada.

Questa tragedia grida al cielo! Ora siamo fuori città. Tutti hanno cercato di salvarsi la vita e di raggiungere un posto sicuro, ma cosa succede alle persone che non possono e sono ancora a Mariupol? Con molte persone non abbiamo contatti: non abbiamo idea di dove siano e chi sia ancora vivo”.

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