Papa Francesco: l’indifferenza si combatte con il ‘farsi prossimo’

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Fine settimana all’insegna dell’accoglienza per papa Francesco, che ieri ha incontrato alcuni soci dell’associazione ‘Progetto Agata Smeralda’,  lodando quanti si impegnano per le adozioni a distanza e i coniugi che si aprono all’accoglienza di bambini che non hanno famiglia, in collaborazione con l’arcidiocesi di Firenze, apprezzado l’impegno per la diffusione nel mondo della tenerezza di Dio e della sua paternità:

“Recentemente, in una delle catechesi dedicate a San Giuseppe, ho toccato il tema dell’adozione dei figli. Ho lodato e incoraggiato i coniugi che aprono il cuore e la casa ad accogliere un bambino o una bambina che non ha famiglia. In modo analogo, questa sensibilità, questa apertura, questa paternità e maternità stanno anche alla base del vostro impegno.

Infatti, chi sceglie di fare un’adozione a distanza è spinto dal desiderio di dare una mano a un bambino o una bambina perché si senta amato o amata, perché non manchi del necessario, perché cresca bene… Dare una mano vuol dire, in questo caso, dare il futuro”.

Papa Francesco ha ricordato il valore della tenerezza di Dio, in quanto i cristiani sono figli adottivi:  “Vi ringrazio tanto, perché cooperate a diffondere nel mondo la tenerezza di Dio, la sua paternità, che è il grande dono che Gesù ci ha fatto. Gesù non ci ha solo parlato del Padre, no, Lui ci ha accolto dentro la sua stessa relazione con il Padre.

Per questo ha preso carne ed è nato da Maria, per questo ha vissuto la nostra esistenza umana, per questo ha sofferto, per questo è morto e risorto: tutto perché noi, ognuno di noi, possiamo diventare figli del Padre che è nei cieli…

Noi siamo stati ‘adottati’ dal Padre per Gesù: Lui ci ha fatto entrare in questo rapporto con il Padre, con la coscienza di essere figli di adozione. E questo è quello che voi fate con gli altri”.

Infine ha sottolineato l’importanza dell’adozione a distanza: “C’è tanto bisogno di paternità e di tenerezza! ‘Tenerezza’ è una parola cacciata via, tante volte, dai dizionari della vita quotidiana.

La vera rivoluzione nel mondo la fa chi lavora giorno per giorno, senza far rumore, perché i piccoli e i poveri non siano più disprezzati, scartati, abbandonati, ma possano rialzarsi e vivere secondo la loro dignità di figli di Dio.

E un’adozione a distanza ben preparata, ben seguita, ben accompagnata fa proprio questo. E’ un piccolo seme del Regno di Dio, che cresce e porta frutto nella misura in cui viene coltivato con amore”.

Mentre ricevendo nel giorno precedente i membri della Lilt (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori) papa Francesco ha affermato che quello che fanno è carità sociale:

“Il vostro impegno è una forma di carità sociale, che voi esercitate in modalità associativa, collaborando con gli Enti pubblici e privati e con il volontariato. L’associazionismo è un’importante testimonianza di fronte all’indifferenza, di fronte a una mentalità che vorrebbe escludere chi non è perfetto. Tale testimonianza presuppone formazione”.

Il discorso del papa ha sottolineato che la cura deve essere per tutti, come aveva ricordato nell’udienza generale di mercoledì 9 febbraio: “Non basta il ‘fare’, c’è bisogno di educarsi, di formarsi, per rispondere alla cultura dello scarto, che tende a emarginare la vulnerabilità, la fragilità e la sofferenza, emarginarla per non vederla… E su questo della cura per tutti, vi incoraggio a mantenere, anzi, a far progredire il sistema italiano di sanità pubblica”.

All’inizio dell’incontro il papa ha sottolineato il valore delle cure palliative: “In una società minacciata dalla cultura dell’indifferenza (è la grande malattia di oggi l’indifferenza, il guardare dall’altra parte), è più che mai necessario farsi prossimo.

E questo per voi significa stare vicino alle persone malate di tumore, che in questi ultimi due anni hanno fatto ancora più fatica a causa della pandemia che ha messo in crisi il sistema sanitario.

Ed ancora, significa stare vicino ai familiari dei malati, che hanno bisogno di un sostegno competente e fattivo. Da ultimo, significa stare vicino ai professionisti della sanità, anch’essi molto provati per le difficili condizioni in cui hanno dovuto lavorare”.

(Foto: Santa Sede)

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