Il sesto giorno del processo a carico del Vescovo emerito di Orán, Mons. Gustavo Zanchetta: ieri i pm hanno chiesto 4 anni e 6 mesi di reclusione effettiva e arresto immediato. Oggi 4 marzo la sentenza

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Nel processo a carico del Vescovo emerito di Orán, Mons. Gustavo Óscar Zanchetta, per il reato di abuso sessuale semplice continuato aggravato per essere commesso da un ministro di culto religioso riconosciuto, la Corte della II Sezione del Tribunale di prima istanza di Orán, composta dai giudici María Laura Toledo Zamora, Presidente, Raúl Fernando López e Héctor Fabián Hoyos ha ascoltato dal 21 febbraio scorso in cinque udienze circa 40 testimoni.

Ieri, 3 marzo 2022 l’accusa rappresentata dai pubblici ministeri María Soledad Filtrin Cuezzo e Pablo Rivero, dell’Unità per i Crimini contro l’Integrità Sessuale della Procura di Orán, ha chiesto quattro anni e sei mesi di reclusione effettiva, tenendo conto del fatto che l’imputato non ha precedenti penali, ma anche di come gli eventi «hanno influito sul progetto di vita» dei denuncianti, gli ex-seminaristi G.F.L.G. e M.C. L’accusa ha chiesto l’arresto immediato, visto che esiste il pericolo che potrebbe sottrarsi alla pena. Inoltre, l’accusa ha anche chiesto al procuratore penale di turno di aprire un fascicolo in relazione alle dichiarazioni di Don Carlos Salvador Subelza, parroco della cattedrale di Orán viste le contraddizioni con numerosi testimoni [QUI]. Ricordiamo che Subelza è colui che, quando l’ex seminarista Kevin Montes ha detto che Zanchetta gli aveva sostenuto i genitali da dietro, aveva risposto che stava «fraintendendo», perché Zanchetta «proveniente da Buenos Aires era una persona amorevole e al nord non eravamo abituati a ricevere quel tipo di affetto».

A sua volta, la difesa rappresentata dal difensore ufficiale di Zanchetta, l’Avv. Enzo Giannotti ha chiesto l’assoluzione in relazione ai fatti per i quali è imputato, in quanto tutto sarebbe opera di un complotto (senza fornire alcuna prova e senza mai aver intaccato la credibilità dei testimoni). Zanchetta, dal canto suo, non si è avvalso del suo diritto di dire l’ultima parola. Al termine delle argomentazioni, la Corte si è ritirato per deliberare, convocando le parti per la lettura della sentenza domani, 4 marzo alle ore 11.30 locale (ore 15.30 di Roma).

Mentre un gruppetto all’angolo fuori del Tribunale chiede con santi e acqua benedetta che “Zanchetta si converta”, due suore cercano (senza successo) di entrare nell’aula (Foto di Silvia Noviasky).

L’Udienza di ieri mattina è stata trasmessa in diretta su YouTube. La stampa, i parenti e gli amici delle ex seminaristi hanno seguito le argomentazioni in televisione fuori dall’aula. I parenti e gli amici degli ex-seminaristi oggi hanno detto di sentirsi sereni e di credere che Zanchetta sarà ritenuto colpevole dei casi di abusi sessuali d cui è stato accusato. “Siamo fiduciosi che la sentenza sarà favorevole alle vittime e che Zanchetta sarà ritenuto colpevole”, ha detto un famigliare durante un’intervista condotta da Silvia Noviasky per El Tribuno.

Foto di Silvia Noviasky.

Nei giorni in cui si è svolto il processo, hanno sostato con loro manifesti davanti al Tribunale di Orán per pregare che i giudici fossero illuminati e che si facesse giustizia. «Vogliamo che ci ascoltino, ascoltino ciò che hanno detto i seminaristi. Ci sono molte persone dietro di noi. Non siamo solo due gatti pazzi che protestano come si dice là fuori».

Selfie dei reporter di Salta nel Tribunale di Orán (Foto di Silvia Noviasky, a sinistra).

Nelle sue argomentazioni, il procuratore Filtrín Cuezzo ha sostenuto che nel corso delle udienze iniziate lunedì scorso, 21 febbraio, sono state presentate tutte le prove coerenti – con le testimonianze di diversi testimoni degli abusi sessuali subiti dai due ex seminaristi denuncianti, supportate da relazioni psicologici – che consentono di concludere che Zanchetta abbia abusato sessualmente dei due seminaristi del Seminario Giovanni XXIII di Orán. Prima di chiedere la condanna dell’imputato, il pm ha concluso che “non possiamo determinare l’entità del danno subito dalle vittime, ma abbiamo l’obbligo di dare loro una risposta della Giustizia e dare una risposta alla società di Orán e all’intero Paese”. Rivolgendosi ai giudici, il pubblico ministero ha sottolineato che – attraverso il principio dell’immediatezza del diritto – è stato possibile stabilire la veridicità, plausibilità e credibilità delle vittime, che hanno presentato nelle loro denunce e durante il processo logiche interne, contestualizzazione dei fatti, precisione dei dettagli ed esperienze dal punto di vista anatomico – accompagnate da aspetti concomitanti. Il pm ha elencato le diverse situazioni di abusi sessuali e comportamenti abusivi Zanchetta ai danni delle vittime mentre studiavano al Seminario Giovanni XXIII di Orán e ha ricordato le relazioni e le dichiarazioni degli psicologi che hanno indicato che nei resoconti di entrambe le vittime non vi sono segni di influenza da parte di fattori esterni e che nessuno dei due presenta squilibri cognitivi. Il pm ha anche sottolineato che i psicologi hanno valutato, attraverso l’applicazione di test comportamentali, le denunce come credibili e hanno evidenziato che i giovani presentavano sintomi compatibili con l’abuso sessuale. In tal senso, la Procura ha respinto integralmente – sulla base delle perizie psicologiche – il tentativo della difesa di Zanchetta di attribuire tali sintomi ad un evento traumatico subito in passato da una delle vittime.

Da parte sua, il pm Pablo Rivero ha affermato che la libertà di decisione sessuale delle vittime è stata lesa dagli atti compiuti da Zanchetta. Rivero ha approfondito le relazioni psicologiche e psichiatriche in riferimento a Zanchetta, che lo presentano come una persona con tratti psicopatici e un grave deficit nel controllo degli impulsi; manipolatore delle situazioni a suo vantaggio, che percepisce gli altri come oggetti per raggiungere i suoi obiettivi e che osserva la realtà a suo piacimento. Il pm ha sostenuto che la difesa ha tentato di smontare tale diagnosi, attraverso una perizia psicologica secondo la quale Zanchetta ha «una personalità pertinente di tipo logico e sana». La psicologa per l’accusa ha affermato, sottolineando i suoi anni di esperienza come psicologa forense, che «non esiste una classificazione di personalità pertinente, non ne ho mai sentito parlare. È la prima volta che vedo una tale definizione nei rapporti».

La psicologa per la difesa aveva dichiarato che Zanchetta ha «un livello intellettuale superiore». Invece, la psicologa per l’accusa ha affermato che «i test dimostrano che ha un livello intellettuale normale, e che mostra molta ambizione, un bambino onnipotente, questo gli causa qualche difficoltà a causa di sentimenti di insicurezza e ha bisogno di apparire molto intelligente, ma il suo livello intellettuale è normale”.

Il pm Rivero ha invitato i giudici ad analizzare se quanto detto nelle perizie [QUI] è coerente con quanto affermato dai numerosi testimoni. Ha inoltre osservato di essere rimasto colpito dal fatto che «in tutti i casi in cui nella Chiesa si indaga su un abuso, le difese dicono sempre che rispondono a un complotto di altri sacerdoti» e ha evidenziato che «siamo di fronte a un evento storico del sistema di giustizia penale di Orán perché le vittime sono state incoraggiate a parlare e hanno fornito le ragioni che smontano la presunzione di innocenza dell’imputato».

Così Zanchetta ha lasciato il Tribunale.

La parola di un ex seminarista di Zanchetta
Facebook, 3 marzo 2022

(nostra traduzione italiana dallo spagnolo)

Tra un paio d’ore inizierà la parte finale di un processo e di un percorso iniziato anni fa [QUI]. Ho un misto di sensazioni e di sentimenti. Ma da quando tutto ha avuto inizio, ho sempre avuto la certezza che la verità da sola ha la forza per venire alla luce.

Ai giudici, che hanno il compito napoleonico di emettere una sentenza, chiedo solo giustizia. Che tengano conto delle numerose testimonianze che coincidono su un punto: la depravazione di questo riprovevole soggetto. E che tengono conto del contributo di professionisti esperti di salute mentale.

Al pubblico ministero Soledad Filtrín e all’accusa il ringraziamento per aver sempre creduto in noi. Per atteggiamento misurato, serio e riservato, e l’ascolto attento che hanno sempre dimostrato.

Grazie anche ai sacerdoti Martín, Juanjo e Gabriel [gli ex Vicari Generali Martín Alarcón, Juan José Manzano e Gabriel Acevedo] [QUI]. Perché personalmente mi sono sentito accompagnato dai loro modi.

Ai denuncianti e ai testimoni, grazie per il coraggio nell’affrontare tutto. So quanto sia stato difficile affrontare la situazione, quanto sia stato doloroso il processo, la sensazione di incomprensione e di pregiudizio. Sappiate che non siete soli.

Alla mia famiglia e alle famiglie dei seminaristi ed ex seminaristi, mi dispiace per il dolore che questo ha significato per voi e grazie per essere sempre stato ai piedi del burrone.

Ai fedeli e agli amici che da lunedì scorso ci accompagnano fuori dal tribunale [QUI], un enorme grazie. Che grande valore ha il non sentirsi obbligati a mettere a tacere le proprie voci per niente e nessuno.

Mi dispiace per i sacerdoti che con il loro silenzio sostengono l’omertà. Sapranno perché lo fanno. Ma sappiate che c’erano dei giovani che si fidavano di voi.

Anche Luis Scozzina [l’attuale Vescovo di Orán. V.v.B.] [QUI] con la sua inerzia ha fatto lo stesso. Ha dichiarato di non essere a conoscenza di situazioni di abuso e li ha definiti scomodi. Com’è facile usare parole addolciti, invece di condanna, se la Chiesa lo sapesse. Forse il vescovo non ricorda quando ci ha portato da un avvocato, Gianotti, attuale difensore di Zanchetta, per parlare con noi e si è stancato di scoraggiarci dal denunciare o di testimoniare. Che peccato che alcuni di noi si siano sentiti più ascoltati da Silvia Noviasky [1], che dal vescovo o dai nuovi formatori.

E Zanchetta. Provo un misto di rabbia e pietà per te. Com’è incredibile che tu non riconosca nulla, ma ehi, cosa si può chiedere di più ad uno psicopatico manipolatore. Così come ha agito la giustizia civile, mi aspetto lo stesso da quella canonica. Com’è facile continuare ad avere la protezione ecclesiale, che Papa Francesco stesso ti ha portato a Roma e ti ha inventato un incarico, dato un alloggio e cibo quotidiano [Zanchetto era ospite a Domus Sanctae Marthae, l’hotel a cinque stelle nella Città del Vaticano, dove risiede Papa Francesco. V.v.B.]. Devi sapere che ci stavi rovinando la vita, a rompere sogni e progetti. Oggi molti di noi combattiamo giorno dopo giorno, sperimentiamo il sapore amaro della solitudine, dell’incomprensione e del pregiudizio. Niente arriva dall’alto. Non veniamo da famiglie benestanti, non abbiamo sponsor politici o religiosi. Ed eccoci qui a chiedere giustizia.

Questa mia storia è accompagnata dall’immagine del cervo che viene ad abbeverarsi alla fontana della verità. Perché qualunque cosa decida il tribunale, sa che è tutto vero. E ha la forza propria per cercare la luce.

Marcio Torino

Zanchetta: da vescovo accusato di abusi sessuali a Assessore del Papa
di Silvia Noviasky [1]
Cose Charoja, 3 marzo 2022

(nostra traduzione italiana dallo spagnolo)

Come fa a finire in Vaticano un sacerdote denunciato nelle due diocesi per cui è passato in Argentina? Come riescono i giovani che lo hanno denunciato a farlo tornare a farlo giudicare? Dai Tribunali di Salta, la giornalista Silvia Noviasky scrive della cucina del processo per abusi sessuali e maltrattamenti di seminaristi ad Orán.

— Mi ha maltrattato perché ero grasso e scuro.
—Ascoltavo la Messa dalla cripta perché mi proibiva di entrare.
—Mi ha cacciato per non aver comprato il pane.

Le voci degli ex-seminaristi si sentono nelle diverse udienze del processo contro l’ex Vescovo di Orán, Gustavo Zanchetta. Le testimonianze che non parlano di maltrattamenti da parte del “Monse” raccontano di abusi sessuali. Quasi tutti testimoniano con rabbia o paura. «Non sono più passato per la via del seminario», ricorda un altro con voce tesa.

È un processo senza precedenti per la provincia di Salta e nella saletta scelta dal Tribunale entrano a malapena i parti serratissimi. Ogni giorno i giovani raccontano perché hanno abbandonato la loro vocazione sacerdotale. La maggior parte ha lasciato la Chiesa e ora lavora partendo da ciò che trova. Alcuni hanno anche avuto una “crisi di identità molto forte”, come ha detto una psicologa.

«Hanno perso la fede», dice un sacerdote.
«Non so più se credo ancora in Dio», confessa uno dei denunciatori del vescovo.

Guardandoli, la convinzione sembra intatta. A volte la sala dei testimoni viene confusa con una chiesa: si sentono sussurri di preghiera tra ex-seminaristi e sacerdoti.

—Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome— pregano per avere coraggio prima di testimoniare a un metro di distanza da chi li minacciava perché «era l’amico del Papa».

* * *

Come fa a finire in Vaticano come Assessore di Papa Francesco un sacerdote denunciato nelle due Diocesi per cui è passato in Argentina? Come riescono i giovani che lo hanno denunciato a farlo tornare a dare spiegazioni in uno dei luoghi più poveri del Paese?

Gustavo Zanchetta è arrivato nell’Orán focoso dai marmi vaticani a metà febbraio. Nella città di Salta le temperature raggiungono i 50 gradi e le possibilità di lavoro sono poche: il confine illegale con la Bolivia o lavoro nel comune.

Ritornò nel luogo dove fu vescovo per cinque anni finché dovette partire denunciato da cinque sacerdoti. Lo accusavano di abuso di potere e molestie ai seminaristi. Dal 21 febbraio si siede sul banco degli imputati e rivede i volti che credeva di essersi lasciato alle spalle. È accompagnato da due prolissi avvocati canonici. Venerdì 4 marzo ci sarà la sentenza. La pena prevista è compresa tra i 3 e 10 anni di reclusione.

* * *

“Ha tratti psicopatici, è manipolatore, oggettiva le persone, le sue relazioni sono utili per raggiungere i suoi obiettivi e ha poca autocritica”, afferma senza esitazione l’esperto forense al processo.

La diagnosi giudiziaria argentina contraddice quella data da Papa Francesco di Zanchetta in Spagna. «L’ho mandato a fare un test psichiatrico. Il risultato era normale, consigliavano il trattamento una volta al mese. Viaggio a Madrid per sottoporsi a due giorni di trattamento. Quindi non era conveniente per lui tornare in Argentina”, ha detto, giustificando il motivo per cui ha deciso di creargli un posto in Vaticano dopo le denunce interne, e ha aggiunto: “Aveva capacità di gestione”. L’esperto ha contraddetto anche quella parte. «Gli manca leadership e autorità», dice, descrivendo l’ex Vescovo di Orán.

Zanchetta è stato nominato dal Papa Assessore dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica nel dicembre 2017. È stato sospeso da tale carica un anno dopo, quando le accuse sono diventate pubbliche. Come i vescovi che hanno testimoniato, anche Papa Francesco ha assicurato di non sapere nulla nemmeno degli abusi.

«Mi ha detto che non capivo quella dimostrazione di affetto per la lontana relazione con mio padre», racconta ai giudici Kevin [l’ex-seminarista Kevin Montes. V.v.B.], che assicura di capire meglio cosa è successo adesso, che è più grande.

La maggior parte aveva tra i 19 ei 25 anni quando entrava in seminario. Quattro anni dopo cominciarono a rassegnare le dimissioni, a mettere insieme il puzzle che mostra gli stessi tasselli degli altri processi per abusi ecclesiastici a Salta: le manipolazioni spirituali ed emotive, chi giustificava l’ingiustificabile, chi manteneva il silenzio, la scarsa preparazione di coloro che erano di fronte ai ragazzi.

La provincia più cattolica del Paese sta attraversando un ciclo nei suoi tribunali. Le situazioni si ripetono: hanno gli stessi ingredienti per realizzare un terreno fertile come il brodo con ragazzi che sognavano di essere preti. Con gli stessi volti si mostra anche il ruolo del clero e dei collaboratori della Chiesa. La psicologa Eleonora Naranjo si siede a testimoniare e assicura che a Zanchetta va tutto bene, che «si è identificato con i poveri e i vulnerabili». È la stessa psicologa che l’anno scorso ha testimoniato a favore di un altro sacerdote: Agustin Rosa Torino, il primo fondatore di un istituto religioso nel Paese incarcerato per abusi sessuali.

Vedere le stesse facce durante il processo confonde anche gli stessi seminaristi.

«Quello è Gianotti?», chiede agitato uno di loro durante la sua testimonianza a distanza. Si avvicina alla telecamera e cerca risposte… Potrebbe essere che ci mandassero a parlargli delle denunce?

La domanda genera mormorii che si placano rapidamente. Il processo continua. Enzo Gianotti è il difensore ufficiale di Zanchetta ma prima di assumere la difesa ha incontrato i seminaristi. Li aveva presentati Luis Antonio Scozzina, l’attuale Vescovo di Orán, che ha sostituito Zanchetta. Lo prese come un “avvocato amico del vescovado”, affinché i ragazzi potessero parlare in confidenza delle denunce.

«Pensavo fosse il nostro avvocato, si lamentò in seguito un altro seminarista. In un piccolo paese, chi suona il campanello può anche dire Messa. E in un grande inferno, la corte lo accetta nella totale normalità.
La confusione non c’è solo per i seminaristi, ma anche per quelli di noi che ascoltano le loro storie. Le domande del Tribunale trovano risposte che danno il via a qualsiasi tipo di lettura frettolosa.

«Perché non ha denunciato gli abusi del vescovo?», chiede il giudice.
—Perché un altro prete mi ha fatto qualcosa di peggio di quello che ho riferito— dice Kevin e scava un silenzio imbarazzante nella stanza. Non è il primo doppio abuso sentito: uno dei denunciatori dell’ex vescovo è stato abusato dallo zio. Quante battaglie può sostenere una persona?

* * *

La confusione è tale che, nonostante fin dall’inizio della storia indago come giornalista, faccio fatica a interpretare ciò che sta accadendo in questi giorni. Il telefono non smette di squillare, sono i media nazionali e internazionali. I media oranense appaiono poco o niente. “È carnevale”, si giustificano [2].

Fuori, all’angolo del Tribunale, una donna improvvisa un altare sotto un albero. È accompagnata da un piccolo gruppo con la loro acqua santa e i loro santi. Chiede che “Zanchetta si converta” e che la gente lo accompagni, perché “sono i nemici della Chiesa”. Dallo stesso angolo, chiede spiegazioni anche a qualsiasi giornalista locale che passa di lì.

I “nemici” provengono nientemeno che dall’interno della Chiesa. La difesa è oliata, i canonisti lavorano insieme: uno prende appunti e l’altro ascolta attentamente per scrivere ciò che il difensore ufficiale leggerà poi ad alta voce. Come negli altri casi di abuso che vengono giudicati in questi mesi, insistono sul fatto che è tutto un complotto. I canonisti spiegano la loro presenza nella giustizia ordinaria “da parte del canonico”, ma gli atti ufficiali del processo ecclesiastico non sono mai arrivati. La prima data per le udienze è stata sospesa in attesa dei fascicoli. A febbraio è iniziato senza di loro. Il Papa non aveva detto che si sarebbero messi a disposizione della Giustizia? Ma chi chiede spiegazioni, se ora si cerca la pace dall’altra parte del mondo?

[1] Silvia Noviasky è una giornalista d’inchiesta di Salta, in Argentina. Fece scoppiare il caso Zanchetta con la sua inchiesta pubblicata il 25 dicembre, 28 dicembre 2018 e 4 gennaio 2019 in esclusiva sul quotidiano El Tribuno di Salta (“Vietato scrivere di Zanchetta: così ho rotto l’omertà”, ha raccontato), che ha svelato come l’allora Vescovo di Orán non avesse rassegnato le dimissioni per problemi di salute, ma fondamentalmente per vari casi (tra i 9 e i 10) di abusi sessuali su seminaristi della diocesi, commessi tra il 2014 e il 2015, denunciati il 26 aprile 2016 alla Nunziatura Apostolica da due sacerdoti, Diego Calvisi e Andres Buttu, e tre ex Vicari Generali, Gabriel Acevedo, Juan José Manzano e Martín Alarcón (che fu il Rettore del Seminario diocesano). Il documento è stato pubblicato da El Tribuno il 21 febbraio 2019.

[2] Nel resto del mondo non è diverso, Italia incluso… Dove sono i Vaticanista di cui aver “paura”, come diceva la giornalista messicana di Televisa, Valentina Alazraki? In un discorso “asciutto ma impegnativo” ai 114 Presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo, al vertice La tutela dei minori nella Chiesa presieduto da Papa Francesco in Vaticano dal 21 al 24 febbraio 2019: «Noi abbiamo scelto da quale parte stare. Voi, lo avete fatto davvero, o solo a parole? (…) se voi non vi decidete in modo radicale di stare dalla parte dei bambini, delle mamme, delle famiglie, della società civile, avete ragione ad avere paura di noi, perché noi giornalisti, che vogliamo il bene comune, saremo i vostri peggiori nemici». Sono passato tre anni da allora e possiamo chiederci: quanto paura c’è stato per i vaticanisti tra i vescovi del mondo? Sì, c’è stato un silenzio da aver paura. Il caso Zanchetta insegna, ma non è l’unico.

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