In Ucraina la guerra continua

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“Gloria a Gesù Cristo! Saluti dalla Kyiv ucraina, dalla nostra capitale storica. Oggi è il primo giorno di un nuovo periodo: oggi entriamo nella seconda settimana di questa terribile guerra. Da otto giorni l’Ucraina resiste. Da otto giorni di guerra, l’Ucraina sta combattendo. Oggi cominciamo a sentire, e a scoprire in modo speciale, il ruolo e il posto di Kyiv nella vita della nostra Chiesa, nella vita del nostro popolo, nella vita dello Stato ucraino”: questo videomessaggio è stato lanciato da Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina, ricordando al mondo che in Ucraina si sta combattendo una guerra di invasione.

Quindi il presidente il presidente Putin ha confermato di non avere intenzione di ‘fermarsi’: “Non ritornerò mai indietro rispetto alla mia dichiarazione che Russia e Ucraina sono un unico popolo. Siamo in guerra contro i neonazisti, distruggeremo l’anti Russia creata dall’Occidente. Nessuno può minacciarci, nemmeno con le armi nucleari”.

Mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiesto di incontrare Putin: “Vieni e parliamone: è necessario per fermare la guerra… Cosa vuoi da noi? Vai via dalla nostra terra. E se non vuoi andartene, siediti con me al tavolo delle trattative. Sono disponibile. E non a 30 metri, come con Macron, Scholz. Sono un uomo normale, siediti con me.

Parla, di cosa hai paura? Non minacciamo nessuno, non siamo terroristi… Se noi cadiamo i prossimi saranno i Paesi baltici. Se noi non resisteremo, la Lettonia, la Lituania come la Georgia saranno i prossimi stati ad essere attaccati, e Putin non si fermerà prima di essere arrivato al muro di Berlino, credetemi”.

Nel frattempo nella sede dell’ONU mons. Gabriele Giordano Caccia, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite a New York, intervenuto al ‘Joint Launch of the Humanitarian Flash Appeal and the Regional Refugee Response Plan for Ukraine’, e all’11ª  sessione speciale d’emergenza dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a New York, ha chiesto l’immediata cessazione delle ostilità e un ritorno alla diplomazia e al dialogo e l’apertura di corridoi umanitari per le persone in fuga (accordo raggiunto nel tavolo tra Russia ed Ucraina):

“La Santa Sede ritiene fondamentale assicurare un accesso pieno, sicuro e senza ostacoli agli attori umanitari perché possano offrire prontamente assistenza alle popolazioni civili bisognose in Ucraina. La protezione delle popolazioni civili, come anche del personale umanitario, conformemente al diritto umanitario internazionale, deve essere prioritaria”.

 Di qui, la decisione della Santa Sede a unirsi «ai numerosi Stati membri che hanno chiesto la cessazione immediata delle ostilità e un ritorno alla diplomazia e al dialogo. Mentre andiamo avanti la Chiesa cattolica e le sue istituzioni caritative, a distanza e sul campo, stanno già aiutando migliaia di persone a fornire assistenza e continueranno a farlo”.

Infine, l’arcivescovo Caccia ha ricordato come la Santa Sede sia convinta che c’è sempre “tempo per la buona volontà, c’è ancora spazio per negoziare, c’è sempre un posto per esercitare una saggezza che può evitare il prevalere dell’interesse di parte, salvaguardare le aspirazione legittime di ciascuno e risparmiare al mondo la follia e gli orrori della guerra”.

Dalla Bielorussia la conferenza dei vescovi cattolici ha espresso solidarietà agli ucraini, perché la guerra è un crimine contro Dio e contro l’uomo: “Noi, vescovi cattolici della Bielorussia, insieme ai nostri fedeli siamo profondamente preoccupati per il fatto che il prolungato conflitto politico tra Russia e Ucraina sia entrato in una fase di guerra.

Di conseguenza, le persone muoiono, le città, gli insediamenti e le infrastrutture vengono distrutte, centinaia di migliaia di rifugiati sono costretti a cercare rifugio all’estero”.

Citando la costituzione apostolica ‘Gaudium et Spes’ hanno ricordato che la guerra è un crimine contro Dio e contro l’uomo: “Siamo solidali con il nostro vicino meridionale, l’Ucraina, che sta vivendo una tragedia. Sosteniamo gli appelli del Santo Padre Francesco e della Sede Apostolica, le misure diplomatiche e i negoziati tra Russia e Ucraina sul suolo bielorusso in vista di un’immediata cessazione delle ostilità e la ricerca di vie di riconciliazione. Ma affinché le parti possano ascoltarsi è necessario che le armi tacciano.

Siamo anche preoccupati per la guerra dell’informazione che causa non meno danni e provoca odio tra i popoli e le nazioni. Oggi, quando si decide non solo il futuro dell’Ucraina, bisogna fare tutto il possibile per trovare una soluzione pacifica al conflitto”.

Infine hanno invitato le persone a compiere alcune azioni: “Al digiuno e alla preghiera solidale nelle chiese del nostro Paese per la pace in Ucraina, cogliendo l’occasione. Inoltre l’adorazione del Santissimo Sacramento, il canto della supplica ‘Santo Dio’, il Rosario, la Via Crucis e altri servizi; con amore fraterno e solidarietà a prestare ogni possibile assistenza alle vittime. Preghiamo e chiediamo che coloro dai quali dipende questa crisi non permettano al nostro Paese di prendere parte a questa guerra”.

Anche un gruppo di 19 teologi, provenienti da Stati Uniti, Libano, Polonia, Sudamerica ha firmato un appello per fermare la aggressione militare russa contro l’Ucraina, condannando ‘questa Guerra contro lo Stato sovrano dell’Ucraina nei più forti termini possibili’, poiché l’attacco è “un crimine contro la legge internazionale, contro i diritti umani, contro la libertà e contro l’umanità”.

I teologi si schierano a fianco del popolo ucraino ‘in questo tragico momento della loro storia’, chiedono di pregare per l’Ucraina e gli ucraini ma anche per il popolo russo, “sia per quanti hanno il coraggio di contrastare il male, che per quelli che hanno subito lavaggio del cervello dalla viziosa propaganda diffusa dalla macchina mediatica del loro Stato e per questo si sono trasformati in strumenti dell’attività criminale del loro leader”.

L’appello chiede inoltre a tutti i leader mondiali di “esercitare la più forte pressione possibile sul Cremlino perché fermi immediatamente questa guerra e ritiri tutte le truppe dal territorio ucraino”. Nel testo, ci si rivolge anche ai leader religiosi di Russia perché “dicano chiare parole di condanna su questa guerra ingiusta e criminale e sulla sofferenza che il loro Stato ha portato ad una città vicina e all’Europa”.

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