Ottava udienza del processo 60SA al Tribunale del Vaticano: terminati gli interventi delle parti. Domani, 1° marzo l’ordinanza del Presidente Pignatone sulle eccezioni e come procedere
Oggi ci è celebrata al Tribunale dello Stato della Città del Vaticano l’ottava udienza del processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato. Terminati gli interventi delle parti, domani il Presidente Giuseppe Pignatone emetterà l’ordinanza sulle eccezioni e deciderà come andare avanti con questo processo iniziato sette mesi fa e mai partito. Sull’ottava udienza di oggi condividiamo il resoconto rispettivamente di Andrea Gagliarducci su ACI Stampa e di Silere non possum, che in conclusione fa riferimento ad una frase di Tommaso da Kempis, che per intero recita: «Che altro sono, le parole, se non parole?: volano al vento, ma non intaccano la pietra».
A questi due interventi segue l’articolo a firma di Felice Manti su Il Giornale di oggi: Accuse false, prove inesistenti. Contro Becciu processo farsa. Non c’è traccia del peculato che costrinse Bergoglio a sfiduciare il cardinale allora alla Segreteria di Stato. Commenta Mario Becciu sul suo diario Facebook [QUI]: «DOPO QUASI DUE ANNI UN QUOTIDIANO ITALIANO RACCONTA LA VERITÀ. Becciu È INNOCENTE e Il PAPA è stato ingannato. Becciu condannato da tutti A PRESCINDERE. La macchina del fango, organizzata congiuntamente da ambienti giudiziari, dall’Espresso, Repubblica, La Stampa, Report, Le Iene e dai tanti replicanti prezzolati, in primis pessimi vaticanisti compiacenti, ha funzionato alla perfezione. Domani l’importante pronunciamento sul prosieguo del processo da parte del Presidente del Tribunale».
Ricordiamo quanto abbiamo ripetuto già più volte: gutta cavat lapidem, non vi sed saepe cadendo. Vedremo, dopo otto udienze e sette mesi con fiumi di parole, di cosa la pietra rimarrà intaccata. In pieno carnevale e prima dell’inizio della Quaresima.
«Contrariamente a quanto affermato oggi in aula dal Promotore di Giustizia, la difesa ribadisce che dopo 7 mesi non ha ancora avuto accesso a tutta la documentazione necessaria per svolgere il giusto processo. Tralasciamo le farneticanti enunciazioni di principio da parte di Flick sulla teocrazia e attendiamoci un atto di coraggio da parte del presidente del tribunale dott. Pignatone. Ci sono tutti gli elementi per annullare il processo, ma se dovesse proseguire ancor meglio. La Verità verrà proclamata finalmente in modo definitivo in tribunale» (Mario Becciu – Facebook, 28 febbraio 2022).
Comunicato stampa nell’interesse di Sua Eminenza il Cardinale Giovanni Angelo Becciu, 28 febbraio 2022
«Ribadiamo di non avere ancora ad oggi, dopo sette mesi di dibattimento, copia integrale dei dati contenuti nei dispositivi elettronici sequestrati, contrariamente a quanto affermato oggi dal Promotore di Giustizia, che li avrebbe dovuti mettere a nostra disposizione prima dell’avvio del processo come prescritto dalla legge. Rileviamo, sul punto, che quanto affermato dai Promotori in aula si discosta dalla loro precedente impostazione del 31 gennaio, quando, nel rispondere alla nostra eccezione, affermavano fosse sufficiente fornire alle difese solo gli atti di cui l’Accusa intende fare uso processuale. Continuiamo a ribadire la necessità di accedere agli atti nella loro integralità come condizione minima di legalità per praticare un diritto di difesa effettivo, nell’ambito di un giusto processo e non certo per sottrarci alla sua celebrazione.
Lo sottolineiamo a prescindere dalla assoluta infondatezza delle accuse e dell’innocenza del Cardinale, che è e rimane manifestamente estraneo ad ogni ipotesi di reato» (Avv. Fabio Viglione, Avv. Maria Concetta Marzo).
«O figlio, sta saldo e fermo, e spera in me. Che altro sono, le parole, se non parole?: volano al vento, ma non intaccano la pietra. Se sei in colpa, pensa ad emendarti di buona voglia; se ti senti innocente, considera di doverle sopportare lietamente per amore di Dio. Non è gran cosa che tu sopporti talvolta almeno delle parole, tu che non sei capace ancora di sopportare forti staffilate. E perché mai cose tanto da nulla ti feriscono nell’animo, se non perché tu ragioni ancora secondo la carne e dai agli uomini più importanza di quanto sia giusto? Solo per questo, perché hai paura che ti disprezzino, non vuoi che ti rimproverino dei tuoi falli e cerchi di nasconderti dietro qualche scusa» [Il Signore, Capitolo 46 (Fiducioso ricorso a Dio quando si è bersagliati da ingiurie), Tommaso da Kempis, L’imitazione di Cristo].
Processo Palazzo di Londra, l’1 marzo si decide come proseguire
Ultima udienza interlocutoria sulle eccezioni delle nullità. Le ragioni delle parti civili. La risposta del Promotore di Giustizia
di Andrea Gagliarducci
ACI Stampa, 28 febbraio 2022
Si deciderà domani se il processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato andrà avanti, e secondo quale calendario. Dopo una ottava udienza durata 3 ore e 20 minuti, in cui sono state analizzate le ultime eccezioni di nullità, sono state ascoltate le parti civili ed è stato garantito diritto di replica al promotore di Giustizia, il presidente del Tribunale vaticano Giuseppe Pignatone, come previsto, si prende mezza giornata per rispondere. Ma, e lo fa mettere agli atti, non ritiene che le difese abbiamo fatto “ostruzionismo fino ad ora”, rispondendo direttamente ad una accusa, indiretta ma nemmeno velata, di aver rallentato la giustizia avanzata da una delle parti civili citando un discorso di San Giovanni Paolo II alla Rota Romana.
Ma il promotore di Giustizia Alessandro Diddi fornisce anche una stima delle perdite nell’investimento sul palazzo di Londra di Sloane Avenue, che è il filone più grande del processo. Le perdite ammonterebbero, secondo Diddi, a 217 milioni di euro. L’ultimo bilancio della Curia Romana ha affermato, comunque, che la Santa Sede ha venduto l’immobile, guadagnando anche il 10 per cento in più di quanto previsto.
Al centro del processo, vale la pena ricordarlo la vicenda dell’investimento della Segreteria di Stato in un immobile di lusso a Londra. Ci sono dieci imputati e quattro società coinvolte, e le accuse vanno anche a coprire reati diversi, facendo del processo un processo più ampio sul modo in cui venivano gestiti i fondi della Segreteria di Stato. Si sono costituite come parti civili la Segreteria di Stato, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, l’Istituto per le Opere di Religione e, ultima aggiunta con richiesta del 31 gennaio 2022, l’Autorità di Sorveglianza e Informazione Finanziaria.
Le eccezioni presentate dai difensori sentiti oggi hanno reiterato la difficoltà nel ricevere tutta la documentazione da parte della difesa, ma anche la denegata giustizia, la mancanza di una convocazione appropriata nel caso dell’avvocato Squillace (cui il promotore di giustizia ha risposto con forza, smentendo di non aver notificato interrogatori e sequestri) e vari altri errori procedurali.
L’avvocato Giovanni Flick, che rappresenta l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica costituitasi in parte civile, ha sottolineato che da sempre l’APSA è destinata a gestire i fondi della Santa Sede, ha parlato di “silenzio e reticenza” riguardo l’acquisto dell’immobile di Sloane Avenue a Roma,
L’avvocato Anita Titomanlio, che rappresenta l’ASIF, ha detto che è “stato gettato forte discredito” con ricadute reputazionali sull’Autorità di Sorveglianza e Informazione Finanziaria, con conseguenze sia nella sospensione dell’Autorità dal circuito Egmont, che raggruppa le Unità di Informazione Finanziaria di tutto il mondo, sia con una successiva ricaduta nel rapporto del comitato del Consiglio d’Europa MONEYVAL sulla Santa Sede / Stato Città del Vaticano – rapporto in cui, tra l’altro, il processo a due figure apicali dell’Autorità era messo in luce come un problema strutturale, e conteneva anche una critica dello stesso promotore di giustizia per come erano state condotte le indagini sull’Immobile di Londra.
L’avvocato Nicola Lipari dello IOR ha sottolineato di aver fornito “la provvista” per i fatti destinati dello stesso processo, vedendo ledere la sua immagine di “custode dei beni finanziari della Chiesa”. L’avvocato si riferisce alla donazione fatta dallo IOR al Santo Padre di circa 50 milioni l’anno. Manca di notare, però, che la provvista al Santo Padre è diminuita nel corso degli anni, con un calo di profitti dello Istituto difficilmente ascrivibili solo alla vecchia gestione, almeno stando ai dati dei bilanci pubblicati ogni anno.
L’avvocato Annichiarico, sempre dello IOR, ha invece difeso la legittimità dei rescritti del Papa – sono quattro – perché fatti in maniera emergenziale, come è successo anche in altri casi in Italia. Nessun “tribunale speciale, quindi”.
Diddi ha risposto punto per punto alle eccezioni, ha respinto l’accusa di non aver fornito la documentazione della quale è stata fornito “un indice dettagliato” andando oltre ai suoi compiti, e che comunque le parti civili avevano trovato i documenti di cui le difese parlavano, dunque non c’erano eccezioni da fare.
Sui rescritti, ha sottolineato che sono quattro e riguardavano diversi processi, perché diversi erano i filoni di indagine, e poi erano stati riconfermati uguali quando le varie indagini erano state riuniti.
Sulla selezione delle carte, ha detto che si è trattata di “una tempesta in un bicchiere di acqua”, che atti e documenti sono stati messi a disposizione di tutti, e addirittura digitalizzati, e che li ha riscontrati “solo la parte civile”, e non è venuto nessuno a riscontrare gli atti.
Domani, ordinanza del presidente del Tribunale Pignatone. E poi il processo dovrebbe finalmente entrare nel vivo.
«Chi non ha spirito di interiorità e non tiene Iddio dinanzi ai suoi occhi, questi si lascia scuotere facilmente da una parola offensiva. Chi invece, senza ricercare il proprio giudizio, si affida a me, questi sarà libero dal timore degli uomini. Sono io, infatti, il giudice, cui sono palesi tutti i segreti; io so come è andata la cosa; io conosco, sia colui che offende sia colui che patisce l’offesa. Quella parola è uscita da me; quel che è avvenuto, è avvenuto perché io l’ho permesso, “affinché fossero rivelati gli intimi pensieri di tutti” (Lc2,35). Sono io che giudicherò il colpevole e l’innocente; ma voglio che prima siano saggiati, e l’uno e l’altro, al mio arcano giudizio» [Il Signore, Capitolo 46 (Fiducioso ricorso a Dio quando si è bersagliati da ingiurie), Tommaso da Kempis, L’imitazione di Cristo].
Sloane Avenue: Ottava udienza
Silere non possum, 28 febbraio 2022
Oggi si è celebrata la ottava udienza del processo vaticano sul palazzo londinese in Sloane Avenue. Dalle 10.00 alle 13.30 le parti hanno terminato i loro interventi. Domani, alle 10, il presidente del tribunale vaticano, dott.Giuseppe Pignatone ha riferito che emetterà un’ordinanza su tutte le eccezioni sollevate dalle difese. In aula oggi solo Sua Eminenza Rev.ma il Sig. Card. Angelo Becciu.
Gli interventi
La difesa di Raffaele Mincione, ha chiesto al tribunale di riconoscere la nullità e ha detto che le scelte dell’ufficio del Promotore di giustizia sono una “eclatante assurdità e insostenibilità. Si tratta di un sequestro nel sequestro, di un’incredibile brutalità. Il tribunale rassicuri che tale idea non abbia cittadinanza nello Stato della Città del vaticano”.
La difesa di Nicola Squillace, ha invocato la nullità denunciando incongruenze nelle notifiche ricevute per l’interrogatorio del suo assistito, che “da anni non risiede più in Italia ma a Londra, ha chiuso la partita Iva e non esercita più l’attività di professionale di avvocato in Italia”. Anche oggi sono state sollevate perplessità sulla fine che hanno fatto gli oggetti sequestrati: “nulla è stato restituito, compreso il sequestro dei beni che riguardavano i suoi soci in affare”, ha detto l’avvocato Aiello. L’interrogatorio di Squillace, secondo la difesa, “sarebbe stato molto utile all’accusa”, in quanto Squillace “è un raffinato giurista che conosce molto bene gli istituti giuridici anglosassoni che sono alla base delle transazioni londinesi”.
“Se è disponibile a farci conoscere il diritto anglosassone, ne ha tutte le possibilità”, la risposta dal tono ironico del presidente del tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone.
La difesa di Tirabassi ha chiesto la nullità del processo per “derogata giustizia”, cioè per omesso deposito degli atti: ha riferito che sono stati imposti “divieti illegittimi che impediscono i diritti della difesa. Riferendosi agli omissis dell’interrogatorio di Perlasca, ha detto: La parzializzazione degli atti è inammissibile”. Ha poi lamentato che negli uffici di Tirabassi in Segreteria di Stato “sono stati sequestrati un centinaio di scatoloni di documenti, 39 dei quali nell’ufficio di Tirabassi: non sappiamo dove possano essere. Sempre in segreteria di Stato sono stati sequestrati più di due milioni e mezzo di documenti, di cui sono state fatte copie informatiche e non copie forensi. Anche se le copie forensi non sono previste in Vaticano ci sono regole anche nel processo”.
Sono poi intervenute le parti civili. L’avvocato Flick, difensore dell’Apsa, ha detto che “questo processo dura da sette mesi e un giorno, esclusivamente per le fasi preliminari e procedurali”: ciò ha dato luogo “ad un’attività speculativa che ha procurato ingenti perdite per la Santa Sede”. Come se questo contasse qualcosa ai fini del procedimento. Forse il giurista dovrebbe studiare un po’ tutto ciò che riguarda il giusto processo e, quale ex presidente di una corte costituzionale, farsi due domandine su cosa sia il conflitto d’interesse. È evidente che questi soggetti non sanno di cosa parlano.
Anche il difensore dell’ASIF, ha riferito che il processo “ha gettato forte discredito” sulla Santa Sede: “Costituirsi come parte civile è un dovere naturale, viste le ricadute reputazionali e i danni di immagine”. Gli avvocati Elisa Scarina e Roberto Lipari, la prima per la Segreteria di Stato e il secondo per lo IOR si sono uniti alle richieste. Lipari ha depositato una memoria per contestare le eccezioni di nullità.
L’intervento del Promotore di giustizia aggiunto
È poi intervenuto Alessandro Diddi, il quale da mesi sta ignorando gli ordini del tribunale, e ha detto che quanto lamentano le difese sarebbe “una tempesta in un bicchier d’acqua”. Magari poi ci spiega anche questi suoi detti che non fanno ridere nessuno.
“Il tentativo delle difese è una strumentalizzazione per distogliere l’attenzione sul merito delle questioni. Secondo una stima aggiornata, le perdite della Santa Sede ammontano a 217 milioni di euro. Il nostro obiettivo è di fare un processo il più possibile aderente alle regole: molte delle questioni sono tutto, fuorché di carattere procedurale. Siamo sereni per il nostro operato e ringraziamo la polizia giudiziaria, che ha fatto l’impossibile”.
Peccato però Diddi non dica il vero, in quanto il deposito degli atti è assolutamente una questione fondamentale per poter iniziare un processo penale con tutte le garanzie. Però, lo abbiamo visto in altri articoli, Diddi non conosce l’ordinamento giudiziario vaticano e purtroppo le sue parole sono, come diceva Tommaso da Kempis: volano al vento, ma non intaccano la pietra.
«La testimonianza degli uomini sbaglia frequentemente. Il mio giudizio, invece, è veritiero, resterà e non muterà. Nascosto, per lo più, o aperto via via a pochi, esso non sbaglia né può sbagliare, anche se può sembrare ingiusto agli occhi di chi non ha la sapienza. A me dunque si ricorra per ogni giudizio e non ci si fidi del proprio criterio. Il giusto, infatti non resterà turbato, “qualunque cosa gli venga” da Dio (Prov 12,21). Qualunque cosa sia stata ingiustamente portata contro di lui, non se ne darà molto pensiero, così come non si esalterà vanamente, se, a buon diritto, sarà scagionato da altri. Il giusto considera, infatti, che “sono io colui che scruta i cuori e le reni” (Ap 2,23); io, che non giudico secondo la superficiale apparenza umana. Invero, sovente ai miei occhi apparirà condannabile ciò che, secondo il giudizio umano, passa per degno di lode» [Il Signore, Capitolo 46 (Fiducioso ricorso a Dio quando si è bersagliati da ingiurie), Tommaso da Kempis, L’imitazione di Cristo].
Accuse false, prove inesistenti. Contro Becciu processo farsa
Non c’è traccia del peculato che costrinse Bergoglio a sfiduciare il cardinale allora alla Segreteria di Stato
di Felice Manti
Il Giornale, 28 febbraio 2022
«Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli». Non sappiamo quanto spazio occupino le beatitudini evangeliche nelle preghiere del cardinale Giovanni Angelo Becciu. Ma a distanza di due anni e mezzo dall’esplosione dello scandalo per l’acquisto del palazzo di Sloane Avenue a Londra e del buco da 400 milioni nei conti del Vaticano, il processo che lo vede alla sbarra assieme ad altri dieci imputati per una raffica di reati (appropriazione indebita, abuso d’ufficio, truffa e riciclaggio) è ancora al palo.
Non certo per le schermaglie procedurali delle difese. Ma a causa di un mix di strategie del magistrato dell’accusa in Vaticano si chiama Promotore di Giustizia – tra complicazioni, violazioni del codice rilevate dal Tribunale (omessi interrogatori) e questioni sulla conoscenza degli atti tuttora da risolvere. Così chi si professa innocente, come Becciu, viene lasciato appeso al nulla. Senza neanche la possibilità di difendersi nel merito. Come spesso accade al di là del Tevere, la parità tra accusa e difesa è un miracolo incompiuto.
Il presidente del Tribunale vaticano, l’ex procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, deve intervenire a più riprese. Costretto a strigliare i Promotori di giustizia fino ad «ammonirli» con due ordinanze per mettere a disposizione delle difese tutte le prove e i documenti. Tutte: senza eccezioni, omissioni o riserve e depositi parziali com’è invece accaduto. È ancora così. Nell’ordinamento vaticano manca il filtro del gip, il dibattimento è sostanzialmente automatico, si chiama istruzione sommaria. Più di così proprio non può fare. Almeno fino a domani, 1° marzo, quando si deciderà se il processo può andare avanti o no.
L’affaire londinese sembra di fatto sfiorare appena Becciu, presto vedremo perché. A turbare il prelato, soprattutto, è la storiaccia del presunto peculato nel paese natale di Ozieri. E qui iniziano le stranezze. Il 24 settembre 2020 Becciu comunica che il Papa lo ha chiamato e sfiduciato perché si sarebbe impossessato di 100mila euro erogati nel 2018 alla diocesi di Ozieri a titolo caritatevole dall’Obolo di San Pietro. Peccato che i soldi siano ancora oggi accantonati in un conto corrente Caritas: serviranno per realizzare un centro polifunzionale a vocazione caritatevole, su un terreno donato dal Comune di Ozieri. In fasi successive, senza motivarne fino in fondo gli elementi, l’accusa contesta altri due bonifici a Becciu, 100.000 euro nel 2013 e 25mila del 2015. Il primo, in realtà, è un prestito privato del cardinale, in astratto neanche contestabile come peculato: serviva a finanziare la realizzazione di un panificio a vocazione sociale per far lavorare persone con un passato difficile come ex detenuti o ex tossicodipendenti. Il secondo era necessario per comprare un macchinario del forno distrutto in un incendio.
Ma per la stampa mainstream l’ombra del peculato si è ormai allungata. La reputazione di Becciu finisce calpestata senza motivi né prove, deve ammetterlo anche l’accusa del Santo Padre. «In sostanza, le accuse servite a sfiduciare Becciu, sotto un profilo fattuale, non esistono» dice al Giornale il suo legale, Fabio Viglione.
E Londra? Cosa c’entra davvero Becciu con la presunta speculazione edilizia e l’ammanco di 400 milioni di euro? Nulla, come vedremo. I fatti: monsignor Alberto Perlasca dal 2009 al 2019 è il capo dell’Ufficio amministrativo in forza alla Prima sezione della Segreteria di Stato, deputata agli Affari Generali. È lui che coordina le proposte d’investimento, parla con i consulenti finanziari esterni, ne verifica le proposte e le sottopone al suo superiore, il Sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato. Becciu, appunto, che poi diventa cardinale ed è sostituito da monsignor Edgar Peña Parra. Se c’è un buco o un problema tra i conti finanziari deve accorgersene e affrontarlo Perlasca in ragione della funzione e responsabilità del suo ufficio. Il monsignore, difatti, viene interrogato per sei volte in un anno, da imputato (quattro delle quali senza la presenza di un avvocato, cui lo stesso aveva rinunciato come permette, a differenza di giurisdizioni più moderne, il vetusto codice vigente oltre Tevere). Alla fine il Promotore di Giustizia decide di archiviare la sua posizione senza rinviarlo a giudizio. Molti mesi dopo si scoprirà perché: per i magistrati della Santa Sede Perlasca sarebbe stato «ingannato» dagli investitori, forse anche a «cagione di una negligenza mai trasmodata nella consapevolezza e, quindi, nella correità». Ma allora la stessa giustificazione non dovrebbe valere, a maggior ragione, per Becciu?
Di certo, l’operazione di Sloane Avenue è comunque portata avanti dal successore, monsignor Penha Parra. Non da Becciu. È Penha Parra a richiedere il prestito allo Ior da 150 milioni di euro che fa scattare l’alert alla magistratura vaticana. Neanche Penha Parra è indagato. Perché, prima dell’archiviazione di Perlasca, monsignor Parra consegna un memoriale in cui denuncia un «Sistema» interno all’Ufficio Amministrativo della Segreteria di Stato guidato dallo stesso Perlasca. Il dossier, va detto, chiama in causa perfino l’attuale Segretario di Stato Pietro Parolin: avrebbe avallato l’operazione Sloane Avenue in base ai documenti firmati di suo pugno emersi negli atti giudiziari. Parolin non è tra gli indagati.
Non solo. Agli atti del processo mancano valanghe di documenti. I Promotori di Giustizia non li hanno ancora depositati, eccepiscono le difese. Già era stato disposto dal Tribunale un parziale annullamento delle imputazioni «per ritenuta violazione dei diritti di difesa» visto che l’accusa non svolge una serie di interrogatori preliminari. Ora, dopo l’annullamento parziale e mesi di «limbo», il processo è di nuovo ripreso per tutti. Ma è sempre fermo alla fase delle questioni processuali.
Ad oggi alle difese non sono state consegnate né le registrazioni complete degli interrogatori di monsignor Perlasca, che risultano in alcune parti omissate, né le copie forensi delle centinaia di dispositivi informatici sequestrati, né larga parte degli atti e dei documenti raccolti nelle indagini. Di fronte alle proteste unanimi e ripetute dei legali, l’accusa ha invocato varie ragioni ostative, in principio la privacy degli interessati (in relazione, originariamente, alle registrazioni audiovideo degli interrogatori). Il Tribunale ha costretto al deposito della documentazione audio e video degli interrogatori, stando a quanto eccepito dai legali. Ma le registrazioni risultano ancora incomplete, financo censurate con omissis. Non basta. Sui 255 dispositivi informatici sequestrati, gli avvocati contestano la mancanza di 239 copie forensi. E le 16 rimanenti sono parziali. Strano, vero? E sulle registrazioni degli interrogatori «ad insondabile sindacato dell’Accusa in quei frangenti sarebbero stati trattati temi non pertinenti al processo, in altri (e non specificati) casi, andava tutelato il segreto investigativo per indagini allora in corso» lamenta la difesa. Sulle copie dei dispositivi informatici i legali eccepiscono lacune ancora più ampie: su un totale di tre terabyte di dati dei dispositivi di Perlasca, sono stati rilasciati solo tre gigabyte.
Una partita ad armi impari, insomma, con tante udienze a vuoto. Le ordinanze del Tribunale, però, sono molto chiare. L’accusa deve depositare tutti i documenti e metterli a disposizione delle parti. Si può fare il processo senza mettere a disposizione delle difese tutti gli atti e documenti? No, eppure…
A pensar male si fa peccato, soprattutto in quella sponda del Tevere. Di certo, questo balletto sul procedimento e sulla conoscenza completa dei documenti è nemico della verità. Anche di quella forse troppo frettolosamente sussurrata a Papa Francesco. Forse qualcuno dentro il Vaticano ha preferito sacrificare Becciu per salvare qualcun altro. Ma chi?
Come diceva Pio X, i nemici dentro la Chiesa sono i più dannosi.