Neanche con la settima udienza di oggi, il processo 60SA in Vaticano parte. Quanto c’era da capire sul processo contro Becciu in Vaticano, è stato capito

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Oggi si è svolta nello Stato della Città del Vaticano la settima udienza (che proseguirà il 28 febbraio 2022)  del processo 60 SA sull’investimento della Segreteria di Stato nel palazzo al numero 60 di Sloane Avenue a Londra, ovvero il processo contro il Cardinal Becciu.

Le novità di oggi:

Inoltre, è degno di nota quanto scritto dal sito Silere non possum (riassumendo l’udienza odierna come “l’ennesimo pugno di mosche”): «Emergono forti perplessità su un documento a firma di Alessandro Diddì che insinua un rapporto di amicizia fra il procuratore elvetico e la difesa di uno degli imputati per cui è stata avviata una rogatoria. Diddì vuole così che si dubiti della professionalità dei procuratori svizzeri, i quali si farebbero influenzare dalle loro amicizie. Come se Diddì non avesse pubblici ministeri suoi amici. Nelle aule di giustizia italiane, la maggior parte dei pubblici ministeri sono onorari, ovvero avvocati che rivestono il ruolo di pubblica accusa. Diddì vuole dire che tutti questi si fanno influenzare dal rapporto di amicizia che hanno con i colleghi?».

Dopo «il pugno di mosche» di oggi, il 28 febbraio 2022 riparte l’epicedio accompagnato da danze come era da costumo greco. In quell’occasione, il Promotore di Giustizia dovrà rispondere alle numerose eccezioni formulate oggi dalle difese, che hanno ribadito ancora una volta la nullità di molti atti.

Il 1° marzo 2022 è prevista una nuova Ordinanza del Tribunale in risposta alle eccezioni formulate dalle difese, «se e sottolineo se tutto sarà risolto», ha detto il Presidente Pignatone.

Condividiamo di seguito:

  • Processo Palazzo di Londra, un ulteriore rinvio. La settima udienza del processo sulla gestione di fondi della Segreteria di Stato si completerà il prossimo 28 febbraio. Una rogatoria dall’Italia per le indagini sulla diocesi di Ozieri. L’Autorità di Sorveglianza e Informazione Finanziaria si costituisce parte civile di Andrea Gagliarducci – ACI Stampa, 18 febbraio 2022

Poi, riportiamo alcuni interventi importanti, pubblicati nei giorni precedenti:

  • Ciò che ho capito del “caso Becciu” di Andrea Paganini – Il Sismografo, 17 febbraio 2022. L’autore spiega quello che ha capito (sembra che ha capito tutto, nel suo GRANDE “proprio piccolo”) e quello che non ha capito (ovviamente, perché anche lui non può prevedere il futuro e sa di non sapere): «NON HO CAPITO come andrà a finire, ma SO che vale la pena – nel proprio piccolo – impegnarsi affinché la verità venga alla luce. E “se questi taceranno, grideranno le pietre”».  Con l’occasione ricordiamo ancora una volta la lodevole iniziativa della Rassegna stampa sul “caso Becciu” curata con puntualità da Andrea Paganini [QUI]).
  • Nell’analisi di Galli Della Loggia il martirio bianco del cardinale Becciu e dei suoi familiari di Marco Felipe Perfetti – FarodiRoma,-17 febbraio 2022
  • L’interrogatorio di Mons. Alberto PerlascaSilere non possum, 14 febbraio 2022 (con alcune note del Blog dell’Editore)l


«Un vescovo ha fatto addirittura alcune considerazioni in merito ad una possibile evoluzione: “Qualora il Papa dovesse morire, non stento a credere che durante le Congregazioni i cardinali ammettessero nuovamente Becciu al Collegio perché un precedente del genere sarebbe devastante. Eliminare i diritti e mantenere i doveri? Tutto questo è senza alcun senso. Il Cardinale Segretario di Stato, il quale ormai non ha alcuna considerazione agli occhi di Francesco, ha più volte tentato di dire al Papa che questa situazione è veramente imbarazzante ma a Santa Marta sembra non importare nulla”» (Silere non possum).

Processo Palazzo di Londra, un ulteriore rinvio
La settima udienza del processo sulla gestione di fondi della Segreteria di Stato si completerà il prossimo 28 febbraio. Una rogatoria dall’Italia per le indagini sulla diocesi di Ozieri. L’Autorità di Sorveglianza e Informazione Finanziaria si costituisce parte civile
di Andrea Gagliarducci
ACI Stampa, 18 febbraio 2022


Non è ancora terminata la settima udienza del processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, che include dieci imputati, tra i quali il Cardinale Angelo Becciu. Sono stati intanto uniti i due tronconi dell’inchiesta, e fatti rientrare nel binario generale anche i quattro imputati stralciati per motivi di irregolarità e per i quali l’indagine era ripartita da zero. E due sono effettivamente le sostanziali novità del processo: una rogatoria internazionale per le indagini sulla diocesi di Ozieri, che ha coinvolto anche il Cardinale Becciu; e la costituzione in parte civile dell’Autorità di Sorveglianza e Informazione Finanziaria.

L’udienza sarà comunque terminata il 28 febbraio, e, se tutto andrà bene, ci sarà una ordinanza il 1° marzo, e questo, ha detto Giuseppe Pignatone, presidente del Tribunale Vaticano, “se e sottolineo se tutto sarà risolto”. Parole che lasciano pensare anche alla possibilità che vengano recepite alcune delle eccezioni di nullità, anche se in realtà sembra molto più plausibile che si entri nel vivo del processo appena possibile.

Al centro del processo, vale la pena ricordarlo la vicenda dell’investimento della Segreteria di Stato in un immobile di lusso a Londra. Ci sono dieci imputati e quattro società coinvolte, e le accuse vanno anche a coprire reati diversi, facendo del processo un processo più ampio sul modo in cui venivano gestiti i fondi della Segreteria di Stato.

L’ASIF diventa dunque il quarto ente vaticano a costituirsi parte civile, dopo Segreteria di Stato, Istituto per le Opere di Religione e Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. I motivi della costituzione in parte civile, depositata lo scorso 31 gennaio, non sono stati esplicitati, perché l’intervento dell’avvocato ASIF Anita Titomanlio è stato rinviato all’udienza del prossimo 28 febbraio. In quell’udienza, ci sarà anche un altro intervento, e poi le repliche del promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi, profondamente chiamato in causa nel corso di quattro ore e mezza di dibattimento intervallate da due sospensioni, di cui una particolarmente lunga.

Gli avvocati di Enrico Crasso, il broker che gestiva gli investimenti della Segreteria di Stato, del Cardinale Angelo Becciu, di Monsignor Mauro Carlino, dell’ex officiale di Segreteria di Stato Fabrizio Tirabassi e, per la prima volta, anche di Gianlugi Torzi (per il quale è caduto il legittimo impedimento) hanno tutti opposto varie eccezioni di nullità del processo, parzialmente già affrontate in precedenza: la non disponibilità per la difesa di tutte le trascrizioni e i video degli interrogatori nonché dei documenti e dunque l’impossibilità di potersi difendere fino in fondo; il non rispetto dei criteri della legittima difesa, in particolare anche nell’arresto di Gianluigi Torzi avvenuto durante l’interrogatorio, un mandato di cattura definito nullo perché non c’è stata possibilità di impugnare la decisione del tribunale.

Tra le altre eccezioni di nullità, anche l’assenza di uno Stato di diritto, con particolare riferimento all’utilizzo dei quattro rescritti di Papa Francesco che sono intervenuti proprio sulle regole del processo, andando a modificare le norme a processo in corso. E gli avvocati hanno fatto notare che il Papa è “sovrano assoluto, ma non è assoluto il processo”. L’avvocato di Monsignor Carlino ha contestato l’illegittimità della Costituzione in parte civile dello IOR, in quanto non ci può essere danno dato che lo IOR non gestiva i fondi oggetto del processo.

Non c’è stato tempo per le repliche del promotore di Giustizia Alessandro Diddi, dell’avvocato di Fabrizio Tirabassi, dell’avvocato del broker Mincione, che aveva gestito il palazzo di Londra all’inizio dell’investimento, e delle dichiarazioni delle parti civili, in particolare, dell’ASIF, che è la novità di questo processo.

Tutto, dunque, dipenderà dall’andamento dell’udienza del 28 febbraio. Il 1° marzo, oltre all’ordinanza, il Tribunale vaticano comincerà a ragionare su un piano dei lavori del processo, e ha già chiesto di far sapere quali degli imputati si rendono disponibile ad un interrogatorio.

A margine del processo, il Cardinale Becciu, presente al processo, ha rilasciato una dichiarazione sulle perquisizioni fatte dalla procura di Sassari nella diocesi di Ozieri. Le indagini punterebbero ai fondi destinati alla Cooperativa e alla Caritas, e poi ai fondi dell’8 per mille alla diocesi. Il Cardinale Becciu ha detto di essere “fiero e orgoglioso di aver trovato fondi per sostenere questa cooperativa che dà lavoro a 60 ragazzi e ragazze che, come li chiama il Papa, sono ‘scarti’ della società: ex drogati, ex carcerati, ragazzi con problemi di salute”. L’accusa di aver favorito la cooperativa, braccio destro della Caritas di Ozieri, è respinta dal Cardinale Becciu “con la stessa documentazione dei magistrati che è contenuta nella citazione a giudizio: loro hanno accertato che sono stati inviati alla Caritas nel 2013 100 mila euro, nel 2015 25 mila euro, nel 2018 100 mila euro. Accertano gli stessi che i 100 mila euro del 2018 sono fermi, bloccati, sono ancora nel conto della Caritas perché il vescovo deve iniziare la costruzione di una casa di servizio per i poveri che inizierà a breve. Casa che sorgerà su un terreno donato dal comune di Ozieri”.

E ancora, Becciu fa sapere che i 25 mila euro sono stati utilizzati per comprare un macchinario per panificio. “I 100 mila euro del 2013, ammettono loro stessi, erano un prestito dello Ior che io avevo chiesto e che ho restituito. Li avevo inviati in attesa che arrivassero i finanziamenti della Cei, la Cooperativa mi ha già restituito 50 mila euro e 50 mila li ho lasciati in donazione per aiutare le loro opere socio caritative. Quindi alla fine sono 125 mila euro che dall’Obolo di San Pietro sono arrivati. Questi 125 mila euro sono lì, quali soldi sono arrivati ai miei familiari?”.

Per quanto riguarda il fondo CEI, il Cardinale sottolinea che quello lo ha destinato “la Cei perché, a detta dello stesso economo del tempo interrogato adesso dai magistrati, il progetto era buono e da sostenere. Hanno fatto la rendicontazione e tutto è stato speso regolarmente. Io cosa c’entro? Io devo rispondere solo di quei 125 mila euro. Centomila sono ancora non spesi nel fondo della Caritas, i 25 mila sono stati usati per comprare il macchinario del panificio”.

Becciu ha detto che la Guardia di Finanza e il procuratore di Sassari “sono stati molto gentili. Hanno fatto capire che era un atto dovuto, dopo una segnalazione venuta dall’ufficio del Promotore di Giustizia del Vaticano. A distanza di sei mesi un’altra ispezione, un’altra indagine: è un’umiliazione per la diocesi e per il vescovo. Voglio manifestare tutta la mia solidarietà per il vescovo che ha patito queste umiliazioni”.

Ciò che ho capito del “caso Becciu”
di Andrea Paganini
Il Sismografo, 17 febbraio 2022


«È avvenuto più volte, che anche le buone ragioni abbian dato aiuto alle cattive, e che, per la forza dell’une e dell’altre, una verità, dopo aver tardato un bel pezzo a nascere, abbia dovuto rimanere per un altro pezzo nascosta» (Alessandro Manzoni, La colonna infame).

Sono passati più di sedici mesi dal 24 settembre 2020, quando il cardinale Giovanni Angelo Becciu venne fatto dimettere dalle sue cariche e spogliato dei suoi diritti. Nei mesi successivi abbiamo assistito a una campagna martellante in cui gli sono state addossate numerose colpe. Lui si è proclamato innocente e ha trovato la vicenda surreale. Il processo – iniziato il 27 luglio 2021 – sinora non è entrato in materia, poiché i Promotori di Giustizia non hanno ottemperato a quanto ordinato dal Presidente del Tribunale Vaticano (consegnare il materiale probatorio nella sua integrità, affinché la difesa abbia «una conoscenza completa degli atti»). Io – che ho seguito con attenzione la vicenda – vorrei riassumere, per amore di verità, quanto ho capito finora. Forse a qualcuno può essere utile.

HO CAPITO che una certa stampa è stata sollecitata a condurre una campagna di diffamazione d’una violenza inaudita – altrimenti detta macchina del fango, killeraggio mediatico, mascariamento o character assassination – contro un uomo che, fino a prova contraria, è innocente.

HO CAPITO che si è praticata una sistematica manipolazione della verità finalizzata ad ingannare i destinatari di tale cattiva informazione.

HO CAPITO che anche vicino al Papa ci sono persone che stanno conducendo un gioco molto sporco.

HO CAPITO che tante persone – a tutti i livelli – sono state ingannate e che molte di esse si sono messe a urlare “crucifige!”.

HO CAPITO che con il tempo numerose accuse si sono rivelate inconsistenti, ma solo dopo aver ottenuto terra bruciata attorno al malcapitato preso di mira.

HO CAPITO che né Becciu né la sua famiglia si sono arricchiti e che le accuse di peculato – per cui apparentemente il cardinale è stato “decapitato” – sono andate via via sciogliendosi come neve al sole.

HO CAPITO che gli organi giudiziari vaticani (pagati con l’Obolo di San Pietro) intervengono in modo selettivo, accanendosi contro qualcuno e chiudendo invece gli occhi su altri, benché regolarmente denunciati.

HO CAPITO che i promotori di giustizia del Vaticano, guidati da un ostinato pregiudizio, hanno preso difilato un granchio dopo l’altro, commettendo errori (orrori) pacchiani e ingiustificabili in un Paese civile.

HO CAPITO che la legislazione del Vaticano è stata ciononostante modificata ad hoc per i loro comodi, sicché “la legge non è uguale per tutti”.

HO CAPITO che l’accusa ha fatto affidamento su falsari pregiudicati e comici da cabaret per formulare le sue ipotesi incriminanti.

HO CAPITO che gli inquirenti hanno seguito cocciutamente un disegno sofisticato per incastrare la loro preda con strumenti invasivi e scorretti, con metodi investigativi illegali (e purtuttavia a quanto pare inefficaci).

HO CAPITO che gli elementari principi di diritto per un processo equo sono stati ripetutamente violati.

HO CAPITO che il materiale probatorio è stato manipolato in maniera inammissibile, con tagli e omissis ridicoli, oltre che colpevoli.

HO CAPITO che sono stati cooptati falsi testimoni e accampate ricostruzioni fantasiose, del tutto prive di fondamento logico (su Pell, su Moro, su Marogna…).

HO CAPITO che – per quanto emerso finora – le accuse si basano su insinuazioni e calunnie, non su fatti reali.

HO CAPITO che il processo, benché sia iniziato da più di mezzo anno (cosa vale un anno nella vita di una persona?), non è ancora entrato in materia perché i pdg non hanno ottemperato a quanto ordinato loro dal Presidente del Tribunale Giuseppe Pignatone fin dalla prima udienza, consegnare cioè il materiale probatorio in forma integrale (cosa hanno da nascondere?).

HO CAPITO che qualcuno ha cercato di contrapporre non solo un cardinale a un altro, ma Becciu al Papa, mentre il cardinale ha dimostrato d’essere pronto a dare la vita per lui, anche quando si è sentito – immagino – abbandonato.

HO CAPITO che la vittima di questa sordida operazione non è solo un cardinale, ma anche il Papa stesso – indotto in errore – e la Chiesa tutta.

HO CAPITO che tra i giornalisti – pure cattolici – regna un servilismo vile: che abbondano i don Abbondio e scarseggiano i fra Cristoforo.

HO CAPITO che in astratto tutti si riempiono la bocca di parole come “garantismo”, “presunzione d’innocenza” o “diritti umani”, ma poi nel concreto nessuno – o quasi – è disposto a muovere un dito.

HO CAPITO che il clericalismo e la cortigianeria proliferano anche perché gli appelli del Papa alla parresia e alla sinodalità cadono rovinosamente nel vuoto.

HO CAPITO che la cronologia dei fatti svela una regia occulta – dentro e fuori il Vaticano – che da tempo regge le fila di una trama malvagia.

HO CAPITO che anche oggi si preferisce sacrificare un essere umano – magari innocente – piuttosto che riconoscere di essere nel torto: come 2000 anni fa, probabilmente si salverebbe Barabba e si crocifiggerebbe Gesù.

NON HO CAPITO come andrà a finire, ma SO che vale la pena – nel proprio piccolo – impegnarsi affinché la verità venga alla luce. E «se questi taceranno, grideranno le pietre».

Nell’analisi di Galli Della Loggia il martirio bianco del cardinale Becciu e dei suoi familiari
di Marco Felipe Perfetti
FarodiRoma,-17 febbraio 2022


Fra gli studiosi che si stanno interrogando in merito a quanto sta accadendo Oltretevere, una voce che spicca per autorevolezza è quella di Ernesto Galli della Loggia, professore di Storia contemporanea ed editorialista del Corriere della Sera [*].

Galli, molto critico sull’operato dei promotori di giustizia vaticani, tuona nel suo editoriale dicendo: “Questo processo, un effetto sicuro lo sta avendo. Che nessuno, se fosse chiamato a rispondere di una qualsiasi imputazione – dall’omicidio volontario all’eccesso di velocità – accetterebbe mai, potendo scegliere, di essere processato da un tribunale vaticano.”

Abbiamo visto che nello Stato della Città del Vaticano, in questi ultimi anni, c’è stato un vero e proprio ribaltamento di qualsiasi principio di diritto. Il Santo Padre ha deciso, spinto da alcuni avvocati italiani che oggi rivestono il ruolo di pubblica accusa in Vaticano, di modificare le procedure nel corso stesso delle indagini. Sostanzialmente, ogni qualvolta Giampiero Milano ed Alessandro Diddì avevano bisogno, si recavano a Santa Marta a far firmare una modifica del codice di rito perché sennò non avrebbero potuto ordire l’agguato all’ex “numero tre” del più piccolo stato del mondo. Una sorta di “martirio bianco” quello che stanno subendo il cardinale Becciu e i suoi familiari, come sostiene il direttore di FarodiRoma e vaticanista di lungo corso, Salvatore Izzo.

Il professore Galli della Loggia rimane interdetto davanti a questo modus agendi e dice che alcune certezze le abbiamo: “che proprio come in Alice nel paese delle meraviglie nello Stato del Vaticano le pene vengono comminate prima della condanna (Becciu è stato privato di tutti i diritti connessi al cardinalato ex abrupto dal Papa senza che ci fosse stato in precedenza nei suoi confronti alcun atto giudiziario di alcun tipo); che in Vaticano — sempre come nel paese delle meraviglie — chi dispone del potere di farlo può  cambiare come vuole le regole del processo nel corso del medesimo: e non una, ma due, tre, quattro volte, tramite appositi pronunciamientos chiamati rescritti; che il principale indiziato, tale monsignor Perlasca, non solo può diventare magicamente il principale testimone dell’accusa e così non solo evitare ogni imputazione ma persino il fastidio di comparire in tribunale per ribadire le sue accuse; che chi ha in mano l’effettiva direzione del processo non è il presidente del Tribunale bensì l’Accusa, la quale può infischiarsene delle disposizioni tassative impartite dal presidente suddetto e così, ad esempio, stabilire lei quando presentare la documentazione richiesta e darne una parte solo e scegliere quale sempre a suo piacere; infine che di conseguenza in quell’aula i tempi del processo sono quanto di più aleatorio possa immaginarsi (perfino peggio che in Italia, che è tutto dire).”

Il sistema penale del Papa, si sta rivelando un enorme boomerang che fa perdere di credibilità allo stesso Stato Vaticano. Galli della Loggia non risparmia neppure Giuseppe Pignatone e i giornalisti che non si premurano di tirarsi indietro rispetto a queste gravi violazioni. “A tutti questi aspetti singolari della giustizia vaticana, scrive il professore, non mi sembra che la stampa italiana abbia fin qui deciso di prestare eccessiva attenzione, e tanto meno si è mai chiesta come sia possibile, ad esempio, che autorevoli membri della magistratura del nostro Paese accettino, una volta in pensione, di far parte di un sistema giudiziario fondato in ultima istanza sul… diritto divino.”

Ieri, il sito Silere non possum ha pubblicato ulteriori atti di indagine dei promotori di giustizia. Fra questi emerge l’interrogatorio dell’arcivescovo di Fermo che viene sentito come persona informata dato che al tempo in cui vennero elargiti fondi da parte della CEI alla diocesi di Ozieri, lui era economo della Conferenza episcopale italiana [1]. Ai difensori, violando qualsiasi diritto di difesa, è stato consegnato un verbale con tutta una serie di omissioni. Pagine nere. Da ciò che è permesso leggere, però, non emerge alcuna attività illecita messa in atto né da Becciu né dalla diocesi e i suoi fratelli.

È stato pubblicato anche l’interrogatorio (integrale) di Mons. Alberto Perlasca [QUI] [**] e si evince in modo molto chiaro come i promotori di giustizia abbiano condotto questi incontri con l’ex capo ufficio della Segreteria di Stato. Ci sono diverse domande che sono chiaramente volte a far emergere nomi e cognomi di persone che Perlasca neppure aveva immaginato inizialmente. Basti comparare quell’interrogatorio con quello, pubblicato in parte dal Corriere, dove Perlasca dice “escludo in modo più assoluto un interesse personale di chiunque”.

Ernesto Galli della Loggia parla anche di un problema alla base del sistema. Nonostante con il Concilio Ecumenico Vaticano II ci si è chiesto come aggiornare il proprio modo di rapportarsi con il mondo, poco si è fatto per aggiornare la propria organizzazione. «Ma molto, decisamente molto meno fu fatto, dice, invece per aggiornare e mutare il modo d’essere interno della Chiesa, intendo il modo di pensare, di sentire e di agire, la qualità umana di coloro che vivevano nelle sue tante articolazioni. Di fare entrare aria fresca nelle ammuffite stanze dei seminari, infatti oggi ormai deserti; di dare agli ordini religiosi regole compatibili con i tempi e con la dignità delle persone, di circoscrivere e circostanziare un obbligo di obbedienza troppo facile a convertirsi di continuo in sopraffazione e conformismo, di modulare diversamente il ferreo principio di cooptazione inevitabile fonte di camarille e di omertà e in definitiva di un’autorità non legittimata realmente».

Marco Felipe Perfetti

[*] I molti aspetti singolari della giustizia vaticana di Ernesto Galli della Loggia – Corriere della Sera, 17 febbraio 2022 [QUI].

[**] L’interrogatorio di Mons. Alberto Perlasca
Silere non possum, 14 febbraio 2022

Dal 2013 oltre Tevere vige un clima di terrore. Non è una novità, infatti, che tutti quei laici o ecclesiastici che hanno sollevato perplessità sui metodi utilizzati da Francesco sono stati accompagnati, con biglietto di sola andata, alla porta. I ricorsi all’ULSA sono numerosi e i dipendenti sono esausti. Per non parlare dei preti e dei vescovi, i quali si ritrovano, dall’oggi al domani, indirizzati a diocesi sparse per il mondo solo perchè hanno osato contestare il modus agendi di Bergoglio. Il processo alle persone coinvolte nello scandalo del palazzo di Sloane Avenue è diventato il pretesto per spettegolare. Il promotore di giustizia, su mandato di Qualcuno, non si limita a fare domande in merito ai capi di imputazione (come prevede il codice di rito) ma indaga a tutto spiano. Un’indagine che si concentra anche sul gossip da corridoio, come spiega bene Perlasca nel suo memoriale. Un memoriale, corposo, che l’ex capo ufficio della Segreteria di Stato ha consegnato ai Promotori di giustizia il 31 agosto 2020. Perlasca si presentò davanti ai magistrati vaticani, in qualità di indagato, senza il proprio avvocato [QUI e QUI].
Lo stesso scrive: “Voglio premettere che questa mattina, 31 agosto e.a., mi presento in modo spontaneo ai Magistrati, che ringrazio per l’attenzione e il tempo che vorranno dedicarmi. Per rendere la seguente deposizione, non ho ricevuto alcun tipo di pressione da parte di chicchessia, né ho ricevuto la promessa di eventuali favori. Preciso altresì di non essere mosso da rancore o da sentimenti di vendetta nei confronti di chiunque, anche di chi non solo ha posto in essere delle condotte molto scorrette, ma mi ha addossato responsabilità a me ignote, inimmaginate ed inimmaginabili, compromettendo gravemente la mia posizione processuale. Ho quindi scelto di presentarmi a questo Tribunale vaticano al solo scopo di svolgere un sincero servizio alla verità, al Santo Padre e ai miei Superiori, particolarmente al Card. Parolin e a S. E Mons. Edgar Peña Parra”.
Excusatio non petita, accusatio manifesta
Anche Girolamo nelle sue epistole (n.4) scriveva: “dum excusare credis, accusas”. Come mai Perlasca ci tiene a fare la precisazione per cui nessun favore gli sarebbe stato offerto? In realtà il favore lo abbiamo visto con l’archiviazione della sua posizione, il monsignore comasco è passato da imputato a grande accusatore nel giro di quattro mesi.
Il metodo di Francesco per scovare i dissidenti
Perlasca riferisce anche che il Cardinale Becciu gli aveva rivelato un metodo utilizzato in Vaticano per scovare i dissidenti. Come abbiamo detto, Francesco non ama chi lede la sua immagine e anche nella vicenda di Sloane Avenue sta lavorando tantissimo i giornalisti. La maggior parte si vede bene dallo scrivere che il Pontefice era parte attiva della vicenda ed ha trattato personalmente per poter evitare lo scandalo. Ma anche su questo punto è molto chiaro il monsignore, nel suo memoriale spiega che vi erano persone che sapevano ingraziarsi i giornalisti. Questa sarebbe la stampa italiana? Il giornalismo è fatto di ricerca della Verità oppure di “contentini”?
Un accordo per insabbiare?
Ma sono molteplici le affermazioni inquietanti fatte da questo prete. Arriva a sostenere che il Cardinale Becciu gli avrebbe riferito di un accordo al fine di fermare questa indagine. Ora è inutile rammentarlo ma in Vaticano la giustizia dovrebbe procedere senza alcuna pressione e senza altro fine se non la ricerca della Verità. I magistrati dovrebbero procedere senza alcun interesse. Allora perchè Perlasca dice queste cose? Il problema qui è duplice: il Card. Becciu avrà veramente detto questa cosa? Anche qualora l’avesse detta, Mons. Perlasca ha il serio convincimento che in Vaticano le cose si possano insabbiare in questo modo? L’operato dei promotori di giustizia quindi non è autonomo, ma ha un input dall’alto? Viene difficile fidarsi del loro operato leggendo queste dichiarazioni, visto e considerato che sono loro a ritenerlo attendibile. Quale deposizione di Becciu?
Perlasca parla di deposizione contro di lui ad opera di Becciu? Di cosa parla? Becciu non è mai stato sentito dai PdG. Forse gli hanno fatto credere il contrario per indurlo a parlare? Non sarebbe nuova come tecnica. Diddì e Milano hanno visto molti film americani, parlando del dott. Milanese hanno fatto così [QUI].
Perlasca specifica, ad inizio memoria, che non è lì perché mosso da rancore o sentimenti negativi. Subito dopo però spiega di dover riferire “un’ulteriore menzogna propinatagli da Becciu” solo dopo aver visto sui giornali degli articoli sui suoi conti in Svizzera. Il monsignore, quindi, non agisce per il bene della Chiesa, dei superiori, come aveva dichiarato poche righe prima ma con il chiaro intento di attaccare a sua volta. Una guerra fra bande quindi. Può un bravo magistrato credere a soggetti che affermano cose solo per scagionarsi?
Dopo un breve trattato sul grooming, non si sa quali competenze abbia Perlasca per parlare di queste tecniche, il prelato spiega di aver capito solo durante l’interrogatorio la gravità dei fatti. Non sapeva forse che gestire tutti quei soldi era un incarico gravoso? Non sapeva ciò che accadeva nella Terza Loggia? Ma poi, l’interrogatorio dell’imputato serve ad ottenere informazioni oppure a dargliele? Non è mica chiaro questo aspetto. Ci sono una serie di monologhi di Milano e Diddi che raccontano la loro visione dei fatti e tentano di tirare fuori con le pinze dichiarazioni al prete.
MEMORIALE REV.DO MONS. PERLASCA: QUI.
Le medaglie nella cantina di Tirabassi
Emblematico è l’interrogatorio dove si inizia a sproloquiare sulle medaglie rinvenute nella cantina di Fabrizio Tirabassi.
Ci sono interi minuti in cui Diddi fa illazioni sulla provenienza di queste medaglie. Quando Perlasca dichiara che queste sono in vendita agli uffici numismatici l’avvocato rimane sorpreso. In primis perchè non ha idea di cosa siano e in secundis è deluso perchè non ha ottenuto la risposta che desiderava.
Sia ben chiaro, Silere non possum non ha mai detto che qui stiamo parlando di soggetti del martirologio romano. Nessuno ha mai pensato di ritenere che le persone coinvolte in questa vicenda siano a tutti i costi innocenti o stinchi di santo. La questione è un’altra. Bisogna partire dalla concezione che tutti sono innocenti sino a prova contraria e questa prova si deve ottenere legalmente. Fine.
Non è quindi concepibile che la pubblica accusa cerchi spasmodicamente i dettagli pruriginosi per colmare le proprie aspettative. Ci troviamo innanzi a soggetti che sembrano quei preti in confessionale che quando si tratta di de sexto iniziano a scavare, scavare alla ricerca di non si sa bene cosa. Il compito del promotore di giustizia è quello di scoprire la verità non di assecondare la propria idea.
San Alberto Perlasca, vergine e martire
In questo caso, invece, era il Superiore a non comportarsi correttamente e quindi per l’inferiore era molto più difficile rendersi conto delle irregolarità in quanto non spetta all’inferiore vigilare sul superiore né valutare o contraddire le sue scelte.
Le parole di Perlasca sembrano uscite fuori dalla bocca di una santa martire del quattrocento. Chiunque bazzichi per le sacre stanze, e qui ahi noi ce ne sono pochi che possono dire di farlo, sa benissimo che tutto è conosciuto e tutto è chiaro a tutti. Semplicemente si tace e si procede. Se un cardinale o il Papa stesso fanno una cosa, anche il semplice “minutante”, come dice Perlasca, lo sa. Se il monsignore aveva sospetti e non condivideva l’operato di Becciu poteva benissimo farlo presente e denunciarlo. Questo però all’ambizioso prelato non conveniva, è chiaro. Allora ora è inutile fingersi estranei al sistema.
La critica all’Ufficio del Promotore di giustizia
Alberto Perlasca non risparmia neppure l’Ufficio del Promotore di giustizia. Il monsignore ha un timore assurdo nei confronti di Alessandro Diddi, durante l’interrogatorio, quando l’avvocato entra nella stanza, si alza e non si siede fino a quando non lo invita a farlo. Mai lo abbiamo visto così rispettoso, neppure con i cardinali di Santa Romana Chiesa. Ebbene, ciò dimostra che la paura è tanta e, proprio come insegna la Madre Chiesa, i sudditi si tengono a bada molto più facilmente incutendo il terrore piuttosto che con la misericordia. Non serve neppure parlare più di inferno. Nonostante la paura, Perlasca critica coloro che hanno guidato il processo “Vatileaks 2“. Perlasca lamenta il modo in cui fu trattata Francesca Immacolata Chaouqui, la quale fu arrestata proprio da loro [1].
Si parla anche di Vatileaks 2
“Un conto è far ballare una farfalla, un conto è far ballare un elefante”. Così monsignor Perlasca parla della Pontificia Commissione referente di Studio e di indirizzo sull’organizzazione della struttura Economico-Amministrativa.
In riferimento al COSEA il monsignore riferisce che la maggior parte delle persone volute dal Papa “erano persone che non avevano mai avuto un’esperienza di Chiesa e che si sono inseriti nella Curia Romana come se si trattasse di un’azienda o un’amministrazione statale”. Critiche che erano state mosse a Francesco proprio prima che tutto scoppiasse. Ma il Papa era convinto e ci dovette sbattere la testa [2].
Nella memoria scrive: “C’erano troppe persone che non sapevano neppure cosa fossero le Nunziature”. Nulla di più e nulla di meno che Alessandro Diddi e Giampiero Milano. Durante l’interrogatorio in cui chiesero a Perlasca delle medaglie di Tirabassi, Diddi non sapeva neppure cosa fossero i trittici di medaglie che vengono prodotte per lo stesso Capo di Stato e i suoi più stretti collaboratori.
La personalità di Perlasca
Una memoria che è chiaramente piena di livore e una serie di menzogne, addirittura Perlasca arriva a fare del Body–shaming e a manifestare il metodo usato dalla Segreteria di Stato per fregare i propri partners. Addirittura del razzismo. In riferimento al cardinale Becciu riferisce: “la cosa rientra perfettamente in una persona quasi ossessionata dal bisogno di riscattarsi e di mostrarsi grande, nonostante la piccola statura.”
Parlando del Bambin Gesù e del progetto finanziato dall’Emiro del Qatar il prelato scrive: “Uscito il Bambino Gesù, ecco che referente di Qatar foundation diviene l‘IDI. Va evidenziato che per il Qatar l’aspetto essenziale dell’operazione era che la controparte fosse il Vaticano, per il cui il Bambino Gesù andava bene, l’IDI, tralasciando sottigliezze di carattere giuridico (di fatto l ‘IDI non è assolutamente “Vaticano”, ma gli arabi non avrebbero capito la differenza).
VERBALE DELLA SESTA UDIENZA DEL 25 GENNAIO 2022: QUI.

Note a cura del Blog dell’Editore

[1] Non è corretto parlare di “arresto” in questo caso (un “fermo di polizia” per gli accertamenti del caso non equivale un “arresto”, per essere precisi), come abbiamo scritto l’8 gennaio 2022 [QUI]: «In ogni caso, il suo definire “arresto” è improprio: non fu mai arrestata. Invece, fu posta in stato di “fermo di polizia” per gli accertamenti del caso, accertamenti che si sono protratti fino alla mattina seguente al giorno del fermo stesso. In questo provvedimento non c’entra per niente l’allora Sostituto Becciu, che ne fu informato, non gli fu chiesto il parere e tantomeno l’autorizzazione per trattenere la Chaouqui.
A noi risulta, che è stata trattenuta e interrogata presso il Comando del Corpo della Gendarmeria SCV per molte ore. Probabilmente è stata invitata quella sera stessa alla collaborazione con gli organi giudiziari vaticani, poiché gli inquirenti hanno creduto ad una parte della sua versione (anche se fu comunque rinviata a giudizio e nel processo condannata a 10 mesi, con la sospensione per 5 anni). Lei ha presentato molte delle sue chat con Balda, che ne usciva molto male. Questa collaborazione è stata apprezzata dagli inquirenti. Dopo il lunghissimo interrogatorio, quella notte l’avrà passata in una stanza confortevole dei padri penitenzieri con la cena calda e la colazione abbondante servita in camera, per poi la mattina seguente parlare con il Promotore di Giustizia come da prassi. Lei è stata poi rilasciata e non posta in arresto e successiva detenzione, come invece è toccato a Balda. Tutto ciò si può ricondurre al fatto che il Promotore di Giustizia ha considerato la Chaouqui persona collaborativa e utile ai fini delle indagini. La sua collaborazione è continuata per molto tempo durante tutto l’arco del procedimento penale. Lei si è sempre resa reperibile e disponibile. In questo modo, tramite questa sorta di “collaborazione” e la gravidanza (che lo sapeva solo lei di essere incinta, pare era la prima settimana di gestazione), ha evitato l’arresto e la detenzione. Riteniamo di poter definire la Chaouqui una sorta di “pentita” e “collaboratrice di giustizia vaticana”, mai arrestata».

[2] Un aperitivo con Francesca Immacolata Chaouqui – 12 novembre 2013 [QUI].

L’archivio della Cosea (Commissione defunta della Santa Sede) fu copiato, trafugato e “depositato presso un notaio” e ai Promotori di Giustizia vaticani non interessano le dichiarazioni della reo confessa? – 8 gennaio 2022 [QUI].

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