Lo “strano caso Zanchetta”. Al via il processo in Argentina a carico del Vescovo emerito di Orán. La Santa Sede non ha inviato i fascicoli del processo canonico richiesti su istanza della difesa

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Secondo il quotidiano argentino El Tribuno di Salta (che fece scoppiare il caso alla fine del 2018, con l’inchiesta della giornalista Silvia Noviasky) le autorità giudiziarie argentine hanno riferito, che il processo a carico del Vescovo emerito de la Nueva Orán, Monsignor Gustavo Óscar Zanchetta (Rosario, 28 febbraio 1964) verrà celebrato il 21 febbraio 2022. Lo “strano caso Zanchetta” è assegnato ai giudici María Laura Toledo Zamora, Raúl Fernando López e Héctor Fabián Fayos della II Sezione del Tribunale di Orán, la città dell’Argentina settentrionale dove Zanchetta è stato vescovo diocesano per quattro anni, dal 23 luglio 2013 al 1° agosto 2017. Zanchetta è accusato di abuso sessuale semplice, continuato e aggravato ai danni di due seminaristi, consumato tra il 2014 e il 2015. Nella richiesta di rinvio a giudizio, l’Unità per i Crimini contro l’Integrità Sessuale della Procura di Orán aveva scritto che secondo la perizia psichiatrica Zanchetta «denota una personalità con tratti psicopatici, indicatori di manipolazione, emozioni superficiali e poca capacità empatica» ed «è legato da interrelazioni disparate, esercitando il potere sull’altro». L’accusa, rappresentata dal Procuratore penale dell’Unità per i Crimini contro l’Integrità Sessuale di Orán, Maria Soledad Filtrín Cuezzo ha chiesto una condanna dai tre ai dieci anni di reclusione. Secondo El Tribuno, la sentenza sarà emessa il 25 febbraio 2022.

L’aggressione sessuale è sempre un attacco alla vita. L’aggressione sessuale su un bambino, un minore o un adulto vulnerabile è peggio.
L’aggressione sessuale su un bambino, un minore o un adulto vulnerabile da parte di un fidato leader spirituale è un tradimento traumatico al massimo.
Sempre grida vendetta al cospetto di Dio.
E sempre è un crimine che va perseguito.

Originalmente previsto per il 12 ottobre 2021, l’Udienza fu rimandata in attesa dei fascicoli relativi al processo canonico a carico di Zanchetta, iniziato nel 2019 presso la Congregazione per la dottrina della fede. Però, dopo quattro mesi di attesa, la magistratura argentina ha deciso di procedere a prescindere, visto che la Santa Sede non ha inviato i fascicoli, che sono stati richiesti su istanza del difensore di Zanchetta. Questo è una altro “caso strano”, visto che con il Rescriptum del 6 dicembre 2019, nell’Udienza concessa all’Arcivescovo Edgar Peña Parra, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, il giorno 4 dicembre 2019, Papa Francesco ha stabilito di emanare l’Istruzione Sulla riservatezza delle cause, allegata al Rescriptum e che e forma parte integrante, con cui ha deciso (all’Art. 1) che non sono coperti dal segreto pontificio le denunce, i processi e le decisioni riguardanti i delitti, tra altro, in materia di abusi su minori [QUI].

La Santa Sede inizialmente aveva contestato quando era venuto a conoscenza delle accuse contro Zanchetta, affermando ufficialmente di aver ricevuto per la prima volta segnalazioni di cattiva condotta solo nel 2018, anche se il clero locale ha affermato di aver avvertito la Nunziatura Apostolica della possibile cattiva condotta di Zanchetta già anni prima. Da parte sua, Papa Francesco nel maggio 2019 ha affermato che era a conoscenza delle immagini inappropriate sul telefono di Zanchetta nel momento in cui ha chiesto a Zanchetta di dimettersi nel 2017. Il Papa ha detto di aver inizialmente concesso il beneficio del dubbio, dopo che Zanchetta aveva affermato che il suo telefono era stato hackerato, da persone che volevano danneggiare l’immagine del Papa. «Prima che gli chiedessi di dimettersi, c’era stata un’accusa e l’ho fatto subito venire da me qui con la persona che lo accusava e spiegarlo», ha detto il Papa; confermando che aver accettato successivamente le dimissioni, perché Zanchetta aveva perso la capacità di governare il clero diocesano e di averlo mandato in Spagna per la valutazione psichiatrica. Nel gennaio 2019 la Santa Sede ha riconosciuto ufficialmente le accuse di abusi sessuali nei confronti di Zanchetta, e ha confermato che Papa Francesco aveva autorizzato l’indagine previa (Cann. 1717 – 1719) presso la Congregazione per i Vescovi e di aprire un processo canonico formale presso la Congregazione per la Dottrina della Fede.

Da allora la Santa Sede non ha fornito dettagli sull’andamento dell’indagine previa, né del processo canonico, e se e quando si fosse concluso. Fatto è che Zanchetta era tornato al lavoro in Vaticano all’inizio del 2020, prima di essere sospeso di nuovo un anno dopo, quando era diventato chiaro che avrebbe dovuto affrontare un processo penale per abusi sessuali e reati finanziari in Argentina. Questo silenzio della Santa Sede – ormai consueto – contrasta con quanto promesso dal Vescovo di Orán, Mons. Luis Antonio Scozzina, quando – comunicando il 7 febbraio 2019 che la Congregazione per i Vescovi aveva affidato all’Arcivescovo di Tucumán, Mons. Carlos Alberto Sánchez l’indagine previa sulle denunce di abusi sessuali e abuso di potere contro Mons. Gustavo Óscar Zanchetta. Il caso è poi passato per il processo canonico alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Mons. Scozzina aveva spiegato che il tempo e le modalità dell’indagine sarebbero state indicate tempestivamente.

Secondo le disposizioni della Santa Sede del 2020, i vescovi diocesani devono collaborare con la giustizia civile, ma non è chiaro se la Santa Sede si consideri vincolato dalle proprie disposizioni. Visto che la Santa Sede non ha reso noto si rilascerà o meno al Tribunale argentino i fascicoli del processo canonico a carico di Zanchetta. La Santa Sede ha qualche buona ragione, legale o meno, per non inviare gli atti del processo canonico a carico di Zanchetta al Tribunale argentino? Se ci sono delle ragioni, sarebbe opportuno venirne a conoscenza, anche perché dovrebbero collaborare con la giustizia argentina, in qualsiasi caso. Soprattutto perché l’ha chiesto il Tribunale argentino su istanza dell’Avvocato di Zanchetta. Quindi, nel caso di non collaborazione siamo in presenza di un altro caso di negazione dei diritti della difesa da parte della Santa Sede. Allo stato attuale non possiamo fare a meno di considerare la mancata risposta all’Argentina da parte della Santa Sede sia sospetta, nella migliore delle ipotesi.

Una premessa, prima di proseguire

Parlando di Zanchetta, amico stretto del Papa regnante, inevitabilmente arriverà l’accusa che si tratta di un “attacco a Papa Francesco”. Fatto è che la narrazione costruita attorno alla personalizzazione del Pontificato ha portato alla polarizzazione della comunicazione. Lo ha osservato Andrea Gagliarducci in modo magistrale nel suo articolo Papa Francesco, tra comunicazione giusta e polarizzazione ingiusta del 4 febbraio 2019 sul suo sito Monday Vatican: «Dicendo che c’è un complotto contro il Papa, il Papato è ridotto a una persona. La verità è che l’abuso sessuale da parte del clero è stata la ragione principale degli attacchi contro la Chiesa. I casi reali sono stati mescolati con casi esagerati o falsi. La strategia implicava la preventiva denigrazione dei preti prima che venisse fuori la vera sentenza di colpevolezza (o di non colpevolezza). Questo non fa parte di un complotto contro Papa Francesco. Questa è un complotto più ampia contro la Chiesa come istituzione.
Agendo come interprete ufficiale del pensiero del Papa, come parte della sua posizione di direttore editoriale che si presta a quella di un portavoce ombra, Tornielli in qualche modo legittima il fenomeno della personalizzazione. Pur ammettendo che l’atteggiamento anti-papale non è legato al pontificato, l’esito finale della sua logica sembra essere: chi critica il Papa ha una sorta di rancore verso il Papa. Non c’è via d’uscita da questa conseguenza. Tuttavia, è difficile stabilire chi sia effettivamente in linea con il pensiero di Papa Francesco e chi no.
La spinta per una corretta narrazione sul pontificato non si trasforma semplicemente in propaganda, ma anche in un’ulteriore polarizzazione della discussione.
La personalizzazione del pontificato sta portando a una polarizzazione della comunicazione. La narrazione costruita attorno al Pontificato viene quindi messa in discussione. Questa narrazione classifica le persone come buone e cattive, e ogni voce critica sollevata è considerata parte dell’opposizione o un seminatore di odio.
È ovvio, legittimo e sacrosanto che il Papa chiama accano a sé collaboratori di cui si fida e che tiene in grande considerazione. Ed è legittimo avere un cambio generazionale. È, tuttavia, difficile accettare il cambio generazionale quando si svolge in modo traumatico, senza considerare i risultati del passato e con il designo percepito per distruggere tutto ciò che è stato costruito nel passato.
Questi sono i frutti della polarizzazione della discussione e della personalizzazione su Papa Francesco.
Se l’istituzione della Santa Sede continua ad indebolire le sue fondamenta come risultato di alcune delle disposizioni che si dice siano in vista, è privata della possibilità di difendersi e obbligata a portare la croce anche quando le accuse contro di essa non sono vere.
L’immagine di Papa Francesco è così rafforzata. L’immagine dell’istituzione è indebolita. E molti, all’interno della Santa Sede, nel “Vaticano nascosto” che lavorano per l’istituzione, si stanno arrendendo» [QUI].

Si consiglia anche di rileggere I Pastori possono sbagliare, possono essere criticati? Una risposta alla luce del “favor veritatis et salus animarum suprema lex” – 7 febbraio 2022 [QUI].

Rotta l’omertà, scoppia lo “strano caso Zanchetta”

La giornalista Silvia Noviasky – che con tre articoli tra il 25 dicembre 2018 e il 4 gennaio 2019 ha rotto l’omertà sullo “strano caso Zanchetta), di cui era “proibito scrivere” a Salta – ha scritto il 6 febbraio 2022 sul quotidiano El Tribuno [QUI], che il processo a carico di Zanchetta partirà il 21 febbraio, anche in assenza degli atti del processo canonico, e che la sentenza è prevista per il 25 febbraio.

Noviasky ricorda che la prima udienza era stata fissata per il 12 ottobre 2021 ed era stata sospesa su richiesta del difensore di Zanchetta, l’Avv. Enzo Gianotti, che chiedeva ai giudici di attendere dalla Santa Sede gli atti del processo canonico, disposto da Papa Francesco dopo l’inchiesta pubblicata da El Tribuno in cui erano state evidenziate le denunce interne per cui Zanchetta aveva rassegnato le dimissioni, per poi essere richiamato in Vaticano.

«Poiché era già stato sospeso in attesa degli atti, il giudice ha deciso che l’udienza si dovesse tenere”, hanno affermato dalla Procura della Repubblica. La parte denunciante, invece, si era rammaricati per il ritardo delle pratiche richieste molto tempo fa. “Ci sono informazioni che sono schiaccianti”, ha detto a Noviasky una delle persone che hanno partecipato al processo canonico. “Per me il giudizio di Orán è una formalità”, ha detto a Noviasky una fonte ecclesiastica collegata al caso.

Zanchetta è accusato di abuso sessuale semplice, continuato e aggravato (per essere stato commesso da un ministro religioso riconosciuto) ai danni di G.G.F.L. e C.M., due ex seminaristi che stavano svolgendo gli studi presso il Seminario costruito davanti al vescovado durante il governo pastorale di Zanchetta. Opportunamente si è posto l’accento sulla situazione di vulnerabilità in cui si trovavano i denuncianti, uno dei quali orfano e un venditore ambulante. “Si trovano ancora nella stessa situazione”, ha detto a Noviasky una fonte vicina ai denuncianti.

Altre accuse che gravano su Zanchetta sono di irregolarità economica nei confronti dello Stato. I dipendenti del Seminario hanno denunciato una cattiva gestione economica; hanno accusato Zanchetta di aver inventato l’esistenza di divisioni per la riscossione dei sussidi statali. Queste accuse hanno fatto scattare una perquisizione nel Vescovado da parte della Procura penale 3 di Orán, rappresentata da Mónica Viazzi e dell’Unità per gli attacchi gravi contro le persone di Orán,  rappresentato da Claudia Carreras, per presunta frode allo Stato e amministrazione fraudolenta. Non ci sono novità in questo caso.

La cronistoria dello “strano caso Zanchetta”

2013

23 luglio 2013. Poco dopo la sua elezione, Papa Francesco ha nominato il 49enne Zanchetta Vescovo di Orán. Ha ricevuto la consacrazione episcopale il 19 agosto 2013. Apparteneva alla “cerchia di amici” del Cardinale Jorge Bergoglio, lavorando con lui a stretto contatto nella Conferenza Episcopale Argentina. Fu nominato nonostante le numerose testimonianze negative che pervennero al Nunzio Apostolico in Argentina e alla Santa Sede. Più che “pastore con l’odore delle pecore”, numerosi fedeli lo descrissero come “pastore con la pelle di lupo”, portando alla luce i suoi traffici economici e gli abusi di potere praticati nella Diocesi di Quilmes, nella quale aveva prestato servizio come Vicario episcopale degli Affari Economici, Procuratore generale della Curia vescovile e Rappresentante legale di tutti i collegi diocesani. Quando arrivò ad Orán si presentò come “l’amico di Papa Francesco” ed era così che parlavano di lui i media locali. Nella Provincia di Salta la Chiesa è un punto di riferimento importante e riveste da sempre un ruolo centrale nella società.

2014

Dicembre 2014. Zanchetta fu coinvolto in una disavventura che ebbe una forte ripercussione pubblica sui giornali locali, ma che è stata ignorata dalla gerarchia ecclesiastica. Accadde quando si servì della sua carica ecclesiastica e delle sue relazioni politiche, per non sottomettersi ad un controllo alcolemico e antidroga su una strada provinciale di Salta, in un posto di blocco della Gendarmeria nazionale.

2015

21 settembre 2015. Il laico Luis Armando Diaz, un segretario di Zanchetta, trova sul cellulare di Zanchetta delle foto pornografiche di sesso omosessuale tra giovani che si facevano selfie nudi in atteggiamenti masturbatori. Otto giorni dopo Diaz informa l’allora Vicario Generale, Mons. Gabriel Acevedo. Tutto il materiale salvato su una chiavetta Usb fu inviato all’Arcivescovo metropolita di Buenos Aires e Primate dell’Argentina, il Cardinale Mario Aurelio Poli.

3 ottobre 2015. Papa Francesco convoca Zanchetta a Roma la prima volta, per riferire della vicenda, secondo l’ex Vicario Generale Juan José Manzano.

2016

26 aprile 2016. Delle sue – per ora presunte – malefatte, sapevano in Vaticano a seguito della denuncia inviata alla Nunziatura Apostolica in Argentina da cinque sacerdoti, di cui tre ex Vicari Generali della Diocesi di Orán.

La denuncia interna del 26 aprile 2016, indirizzata alle Autorità ecclesiastiche locali e alla Nunziatura Apostolica, formalizzata da cinque sacerdoti della Diocesi di Orán: Diego Calvisi, Andres Buttu e tre ex Vicari Generali, Gabriel Acevedo, Juan José Manzano e Martín Alarcón. Il documento è stato pubblicato da El Tribuno il 21 febbraio 2019.

2017

Luglio 2017. Zanchetta si era allontanato dalla diocesi, giustificandosi qualche giorno dopo con una Lettera del 29 luglio 2017, protocollata col numero 0597/17, adducendo “problemi di salute” non meglio precisati, che lo obbligavano a presentare le sue dimissioni, perché quei problemi “non mi permettono di attendere pienamente il ministero pastorale che mi è stato affidato, soprattutto considerando la vasta estensione del nostro territorio diocesano e le enormi sfide che come Chiesa abbiamo nel nord del Paese”. Qualche giorno dopo Mons. Gabriel Acevedo, Vicario Generale della Diocesi di Orán ha comunicato alla Conferenza Episcopale Argentina che Zanchetta era ospite di Monsignor Andrès Stanovnik, OFM Cap (consacrato dal Cardinale Jorge Bergoglio, già Segretario Generale e Secondo Vice Presidente del CELAM), Arcivescovo di Corrientes, a 800 km di distanza. Due mesi e mezzo dopo la “fuga” dalla sua diocesi e l’improvvisa rinuncia, Zanchetta è riapparso a Madrid alla cerimonia di apertura dell’Anno accademico dell’Università ecclesiastica di San Damaso (UESD), dimostrando un apparente buono stato di salute e di non avere alcuna necessità di rimanere a Corrientes per le cure. Pensare male si fa peccato ma si indovina bene, che i “problemi di salute” erano in realtà un tentativo di occultare i veri problemi e di sviare dagli accusi di abusi sessuali, poi denunciati.
Nell’intervista concessa alla giornalista Valentina Alazraki per la Tv messicana Televisa del 28 maggio 2019, Papa Francesco ha detto: «Prima di chiedergli la rinuncia, l’ho fatto venire subito qui (…) e si è difeso bene. Allora, di fronte all’evidenza e a una buona difesa, resta il dubbio, ma in dubio pro reo. Dopo la denuncia alla Nunziatura (…) l’ho fatto venire qui e gli ho chiesto la rinuncia».

1° agosto 2017. Papa Francesco – dopo aver convocato Zanchetta per la seconda volta – chiede le sue dimissioni e nomina Amministratore apostolico sede vacante ad nutum Sanctae Sedis della Diocesi di Orán, l’Arcivescovo metropolita di Corrientes. Il 6 aprile 2018 Papa Francesco nomina il successore di Zanchetta, Mons. Luis Antonio Scozzina, O.F.M.

19 dicembre 2017. Quattro mesi dopo aver richiesto e accettato le dimissioni di Zanchetta, Papa Francesco lo chiama a Roma e crea per lui una carica ad hoc, come Assessore dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA). “Il ruolo di Assessore di questo dicastero era del tutto inedito. Perciò non è chiaro quali sarebbero state esattamente le sue funzioni né se per adempiervi avrebbe dovuto trasferirsi necessariamente a Roma” (Andres Beltramo Álvarez, Vatican Insider). Non era chiaro il profilo del nuovo incarico, non era chiaro il ruolo nel quale era stato inquadrato, ma non è chiaro nemmeno quale sia stato il percorso lavorativo di Zanchetta all’APSA.

2018

25 dicembre, 28 dicembre 2018 e 4 gennaio 2019. Il quotidiano El Tribuno di Salta pubblica in esclusiva l’inchiesta della giornalista Silvia Noviasky (“Vietato scrivere di Zanchetta: così ho rotto l’omertà”, ha raccontato), che ha svelato come l’allora Vescovo di Orán non avesse rassegnato le dimissioni per problemi di salute, ma fondamentalmente per vari casi (tra i 9 e i 10) di abusi sessuali su seminaristi della diocesi, commessi tra il 2014 e il 2015, denunciati il 26 aprile 2016 alla Nunziatura Apostolica da cinque sacerdoti, tra cui tre ex Vicari Genarali (tra cui il Rettore del Seminario diocesano): .

2019

4 gennaio 2019. Zanchetta è sospeso dall’incarico come Assessore dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA) in seguito all’annuncio dell’indagine previa per l’accuso di abusi sessuali.
Il neo Direttore ad interim della Sala Stampa della Santa Sede, Alessandro Gisotti (appena nominato il 31 dicembre 2018), con una dichiarazione ha smentito totalmente le affermazioni di Zanchetta, rilevando che aveva rinunciato a causa delle “sue difficoltà nella direzione del clero diocesano e le tese relazioni con i sacerdoti”, come a dire, che i problemi di cui soffriva erano a causa del suo “autoritarismo”.
Ciò che colpiva di questa dichiarazione è che per la prima volta venivano ufficialmente comunicati i motivi delle dimissioni di Zanchetta. Questo significa che la Santa Sede e il Papa sapevano dei problemi “sacerdotali” che lo affliggevano, poi denunciato, i quali non solo non hanno impedito di coprirlo (si chiama insabbiare), ma gli hanno dato persino responsabilità maggiori e ancor più delicate. E sicuramente in questo caso non si può dire che il Papa non avesse informazioni di prima mano, né che fosse all’oscuro di tutti o che veniva raggirato dai suoi collaboratori.
Gisotti ha precisato (a sua discolpa ricordiamo che il Direttore della Sala Stampa della Santa Sede dichiara quanto gli viene detto di dichiarare): «Mons. Zanchetta non è stato rimosso dalla Diocesi di Orán. Fu lui a dimettersi. La ragione delle sue dimissioni è legata alla sua difficoltà nel gestire i rapporti con il clero diocesano e in rapporti molto tesi con i sacerdoti della diocesi. Al momento delle sue dimissioni vi erano state contro di lui accuse di autoritarismo, ma non vi era stata contro di lui alcuna accusa di abuso sessuale. Il problema emerso allora era legato alla incapacità di governare il clero. Dopo le dimissioni ha trascorso un periodo di tempo in Spagna. Dopo il periodo in Spagna, in considerazione della sua capacità gestionale amministrativa, è stato nominato Assessore dell’APSA (incarico che non prevede comunque responsabilità di governo del Dicastero). Nessuna accusa di abuso sessuale era emersa al momento della nomina ad Assessore. Le accuse di abuso sessuale risalgono infatti a questo autunno. Sulla base di queste accuse e delle notizie emerse di recente sui media, il Vescovo di Orán ha già raccolto alcune testimonianze che devono ancora arrivare alla Congregazione per i Vescovi. Qualora venissero confermati gli elementi per procedere, il caso sarà rimesso alla Commissione speciale per i vescovi. Durante l’investigazione previa, Mons. Zanchetta si asterrà dal lavoro».

6 gennaio 2019. “Copertura Vaticana” per Zanchetta, doppio “autogol” per Francesco: John Allen ha formulato l’impressione che Papa Francesco abbia fornito “copertura dal Vaticano” all’Arcivescovo argentino Gustavo Zanchetta (di 54 anni), che sta “sfuggendo alle accuse di molestie”. Scrivendo su CruxNow.com del 6 gennaio 2018, Allen suggerisce che la nomina di Zanchetta all’APSA, di fatto la banca di investimenti del Vaticano, ponga anche dei dubbi sulla serietà della riforma finanziaria di Francesco, in quanto Zanchetta è anche accusato di malversazione coi fondi diocesani. Per Allen, il comportamento di Francesco minaccia di diventare un raro doppio “autogol”, che creerà ferite autoinflitte alla sua credibilità in materia morale e finanziaria. Zanchetta è stato uno dei primi vescovi nominati da Francesco nel luglio 2013. Si è dimesso in agosto 2017. Cinque mesi dopo, Francesco ha creato per lui una posizione speciale all’APSA. Il portavoce del Santa Sede Alessandro Gisotti ha affermato il 4 dicembre che le accuse contro Zanchetta sono emerse solo nei mesi recenti, implicando così che Francesco non ne sapesse nulla prima. Questo non può essere vero. Francesco tiene sotto stretto controllo l’Argentina, la sua patria, e il Nunzio locale era già informato nel 2014 e nel 2015 sulle avventure omosessuali di Zanchetta, incluse immagini di nudo.

6 gennaio 2019. Silvia Noviasky scrive su El Tribuno: «Caso Zanchetta: il clero di Orán smentisce il Vaticano – I sacerdoti assicurano che le accuse di abusi sessuali risalgono al 2015. Da Roma sostengono che le accuse sono recenti. La determinazione del Vaticano di rimuovere l’ex Vescovo Gustavo Zanchetta ha portato calma ai sacerdoti di Orán, per considerano “la causa vinta”. Anche se, d’altra parte, hanno smentito i tempi con cui il Vaticano ha giustificato l’ascesa di Zanchetta nonostante le lamentele a suo carico. Assicurano che le gravi accuse di abusi sessuali sono vecchie e che stanno cercando di salvare il Papa. Nel luglio 2017, quando il sacerdote ha lasciato il suo incarico a notte fonda, senza salutare nessuno; ha generato una coltre di dubbi che nessuno sapeva come scacciare. In seguito Zanchetta affermò di essersi dimesso per “problemi di salute”. Pochi mesi dopo è stato nominato Assessore dell’APSA a Roma».

21 gennaio 2019. Le notizie che arrivano dall’Argentina sul caso Zanchetta continuano ad essere ben poco rassicuranti per Papa Francesco. Mons. Juan Jose Manzano, ex Vicario Generale della Diocesi di Orán in una intervista esclusiva a The Associated Press, smonta le affermazioni della Santa Sede, secondo cui le accuse di abusi sessuali a carico di Zanchetta erano state formulate solo pochi mesi prima. Afferma che la Santa Sede ha ricevuto informazioni nel 2015 e nel 2017 secondo le quali Zanchetta si era fatto dei selfie nudo, aveva mostrato un comportamento “osceno” ed era stato accusato di cattiva condotta con i seminaristi. Manzano, uno dei cinque sacerdoti di Orán, che hanno inviato in Vaticano le segnalazioni su Zanchetta con la loro denuncia del 26 aprile 2016, a cui è assurdo rispondere con la tesi del complotto, all’AP ha detto che Papa Francesco conosceva bene le accuse nei confronti di Zanchetta, tanto da averlo incontrato due volte, nel 2015 e nel 2017, subito dopo l’arrivo in Vaticano delle informazioni, per discutere con lui il da farsi. Nel 2015, lo stesso Manzano aveva fatto arrivare in Vaticano attraverso vescovi amici dei selfie che Zanchetta si era fatto in posizioni oscene, mentre nel 2017 oltre alla gestione autoritaria e irrazionale della diocesi le denunce includevano molestie e abusi nei confronti dei seminaristi (uno degli accusatori è proprio il Rettore del seminario).
Nel 2015 Zanchetta si giustificò dicendo che il suo telefonino era stato hackerato e che c’erano persone che stavano cercando di mettere in cattiva luce il Papa. Zanchetta infatti era molto legato all’Arcivescovo Bergoglio, che era stato anche il suo confessore, ed è stato Sottosegretario esecutivo della Conferenza Episcopale Argentina quando Bergoglio ne era il Presidente. Proprio questa amicizia gli spalancò la porta all’episcopato una volta che Bergoglio divenne Papa Francesco, malgrado ci fossero molte accuse di abusi di potere quando ricopriva la carica di economo nella Diocesi di Quilmes.
Dopo l’incontro con il Papa del 2017 invece, Zanchetta diede improvvisamente le dimissioni per motivi di salute, sparì dalla circolazione e poi, come detto, gli fu dato un posto importante in Vaticano.
Queste ulteriori rivelazioni costituiscono un oggettivo imbarazzo per il Papa, a maggior ragione in quel periodo di preparazione al vertice sugli abusi sessuali che si stava per svolgere in Vaticano dal 21 al 24 febbraio. Sebbene Monsignor Manzano scagioni completamente Papa Francesco, considerandolo una vittima dell’arte manipolatoria di Zanchetta, i fatti purtroppo suggeriscono anche altre considerazioni. Ancora una volta infatti si è alle prese con reticenze e bugie: si è voluto far credere che le accuse di abusi sessuali fossero recenti, invece emerge che erano ben note dal 2015 ma il Papa non vi aveva dato ascolto, e anche nel 2017 aveva protetto il suo amico Zanchetta, addirittura dandogli un incarico di prestigio in Vaticano.
Non è la prima volta che accade: era già successo con il Vescovo di Osorno, Juan de la Cruz Barros, e ancora con il Cardinale Theodore McCarrick. Casi che si presentano tutti allo stesso modo: promozioni e incarichi speciali a vescovi amici, malgrado le accuse di abusi sessuali; l’inevitabile scoppio dello scandalo; la giustificazione che il Papa nulla sapeva delle accuse precise; infine i testimoni che smentiscono la ricostruzione del Papa o dei suoi collaboratori. In un altro caso invece, quello del Cardinale Cormac Murphy O’Connor, fonti della Congregazione per la Dottrina della Fede, mai smentite, hanno affermato che il Papa in persona aveva bloccato un’indagine per abusi.
È una situazione che diviene sempre più ingestibile, e a questo punto ci si può legittimamente aspettare che altri casi possano deflagrare: ad esempio, la vicenda del Cardinale Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga, accusato di coprire abusi sessuali del suo ausiliare e anche di appropriazione indebita di fondi della diocesi, è ancora foriera di sviluppi. E non è l’unico.
Se si vuole accettare la buona fede di Papa Francesco, bisogna almeno dire che è prigioniero della “sindrome da complotto” che i suoi più stretti collaboratori gli hanno cucito addosso e con cui rispondono ogni volta alle testimonianze che emergono. Quando i suoi amici e “grandi elettori” in Conclave vengono accusati, scatta la tesi della difesa secondo cui si tratta sempre di accuse ideologiche che, attraverso i collaboratori più stretti, intendono colpire il Papa. Si tratta ormai di una strategia difensiva assurda, perfino patetica, che danneggia anzitutto Papa Francesco e la sua credibilità. E non basterà certo la riduzione allo stato laicale di McCarrick per diradare le pesanti ombre che si stanno addensando su questo pontificato (con elementi da un Editoriale di Riccardo Cascioli, La Nuova Bussola Quotidiana).

7 febbraio 2019. Il Vescovo de la Nueva Orán, Mons. Luis Antonio Scozzina, OFM, comunica che la Congregazione per i Vescovi ha affidato all’Arcivescovo di Tucumán, Mons. Carlos Alberto Sánchez, il compito di portare avanti l’investigazione previa sulle denunce contro Mons. Gustavo Óscar Zanchetta. Mons. Scozzina, come riporta l’agenzia Aica, ha spiegato che il tempo e le modalità dell’indagine saranno indicati tempestivamente. Il caso poi passò alla Congregazione per la Dottrina della Fede. Di indicazioni ad oggi non abbiamo avuto notizie, alla faccia del “tempestivamente”.

19 febbraio 2019. L’Ufficio del Procuratore generale della Provincia di Salta comunica che i pubblici ministeri hanno aperto un’indagine penale per presunti abusi sessuali contro Mons. Gustavo Óscar Zanchetta.

21 febbraio 2019. Silvia Noviasky scrive su El Tribuno [QUI], che un documento interno della Chiesa (del 26 aprile 2016, riportato sopra) dimostra che le Autorità dell’Istituzione, incluso Papa Francesco, conoscevano le accuse di abusi sessuali e di cattiva gestione economica a carico dell’ormai ex-Vescovo di Orán, prima di trasferirlo a Roma e assegnargli una posizione elevata in Vaticano. Il vescovo ha inviato foto intime dal suo cellulare, ha molestato dei seminaristi, non ha registrato la vendita di un’importante proprietà e gestito fondi diocesani discrezionalmente, secondo la prima denuncia formale in campo ecclesiastico fatta da cinque rinomati sacerdoti di Orán, documento pubblicato da El Tribuno.

24 febbraio 2019. Nel corso dell’ultimo briefing sui lavori dell’Incontro La Protezione dei Minori nella Chiesa in Vaticano, la giornalista Ines San Martin di Crux Now prende la parola e domanda: “Come possiamo credere che questa sia la fine della copertura degli abusi se, a fine giornata, abbiamo saputo che Papa Francesco stesso ha coperto un Vescovo che aveva sul cellulare foto gay porno che coinvolgevano anche minori?”.

12 marzo 2019. Abusi, al ritiro spirituale con Papa Francesco anche il vescovo argentino sotto indagine – In Vaticano nominare Zanchetta suscita enormi imbarazzi. Non fosse altro perché l’Arcivescovo argentino molto amico di Papa Francesco – chiamato a Roma nel 2017 a ricoprire un importante incarico all’APSA – è sotto indagine da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede per una serie di abusi sessuali. Sul suo cellulare sono state trovate fotografie porno, selfie in compagnia di giovani. Insomma, un caso scomodo non solo per la faccenda degli abusi, ma perché getta una luce obliqua persino su Papa Francesco, responsabile della sua promozione nonostante le chiacchiere che in Argentina tutti conoscevano. Zanchetta però è stato invitato ugualmente dal Papa a unirsi agli esercizi spirituali nella Casa del Divin Maestro ad Ariccia. Come se niente fosse. La notizia che inizialmente è circolata su alcuni giornali anglosassoni, tra cui il Catholic Herald, ha iniziato a fare il giro del mondo, suscitando sconcerto. Le denunce contro Zanchetta sono presentate alla nunziatura di Buenos Aires e indicano abusi in seminario. Per il neo Direttore ad interim della Sala Stampa della Santa Sede, Alessandro Gisotti, le notizie sono giunte mesi dopo la nomina da parte del Papa. Ma secondo quanto racconta il giornale El Tribuno di Orán, la diocesi di provenienza di Zanchetta, diversi preti della diocesi affermano che una denuncia era stata presentata già nel 2015, e che di ciò si parlava apertamente nella diocesi e fra i preti. Il Papa, dunque, allude El Tribuno, non poteva non sapere (Franca Giansoldati, Il Messaggero).

28 maggio 2019. Nell’intervista concessa alla giornalista Valentina Alazraki per la Tv messicana Televisa, Papa Francesco ha fatto riferimento al caso, comprese le critiche ricevute per aver nominato il 19 dicembre 2017 Zanchetta Assessore dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA) (carica che ha ricoperto fino al 10 luglio 2021).
Il Papa ha poi riconosciuto che alcuni hanno descritto il Vescovo come «despota, prepotente, beh, la gestione economica delle cose non sembra del tutto chiara, questo non è provato. Ma certamente il clero si sentiva non ben trattato da lui», per cui «come clero presentavano denuncia alla Nunziatura». In questo senso, il Pontefice ha detto di aver chiamato la Nunziatura e il Nunzio ha sottolineato che «la denuncia è grave per maltrattamenti, abuso di potere, potremmo dire, no?»; per cui mandò Zanchetta in Spagna «per fare un test psichiatrico».
Zanchetta risiedeva nel Domus Sanctae Marthae, a stretto contatto con Papa Francesco. Troppa vicinanza di un personaggio discusso? Una domanda alla quale ha risposto direttamente il Papa quando è stato intervistato da Valentina Alazraki. Su di lui «c’era stata un’accusa – ricorda – e, prima di chiedergli la rinuncia, l’ho fatto venire subito qui (…) e si è difeso bene. Allora, di fronte all’evidenza e a una buona difesa, resta il dubbio, ma in dubio pro reo. Dopo la denuncia alla Nunziatura (…) l’ho fatto venire qui e gli ho chiesto la rinuncia».
Riguardo alle critiche per la presunta cattiva gestione finanziaria di cui è accusato Zanchetta, il Papa ha affermato che «economicamente è stato un disastro, ma non c’è stata cattiva gestione finanziaria a causa dei lavori che ha fatto. Era disordinato, ma la visione era buona».
«L’ho mandato in Spagna a fare un test psichiatrico. Alcuni media hanno detto: “Il Papa gli ha regalato una vacanza in Spagna”. Ma è stato lì per fare un test psichiatrico, il risultato del test è stato nella norma, hanno consigliato una terapia una volta al mese. Doveva andare a Madrid e fare ogni mese una terapia di due giorni, per cui non conveniva farlo tornare in Argentina. L’ho tenuto qui». Quando poi è arrivata l’indagine previa, aggiunge Francesco, l’ho letta, e ho visto che era necessario fare un processo. Allora l’ho passata alla Congregazione per la Dottrina della Fede, dove stanno facendo il processo». E si difende: «Fin dal primo momento di questo caso, non sono rimasto a guardare. Ci sono casi molto lunghi, che hanno bisogno di più tempo, come questo, e (…) per un motivo o per l’altro, non avevo gli elementi necessari».
Papa Francesco ha poi concluso: «Come finirà il processo, non lo so, lo lascio nelle loro mani». Fino ad oggi la Santa Sede non ha fatto sapere l’iter di questo processo canonico e neanche se sia concluso o ancora in corso; e se concluso con quale sentenza.

6 giugno 2019. Zanchetta non può uscire dall’Argentina e se non rispetta alcuni divieti potrebbe essere arrestato. Il giudice argentino Claudio Parisi accusa formalmente Zanchetta di un grave reato: abuso sessuale su due seminaristi mentre era ordinario diocesano. Il giudice gli ha ritirato il passaporto e tutti i documenti che potrebbero aiutarlo ad uscire dall’Argentina. Il giudice ha disposto che Zanchetta resti a disposizione della giustizia argentina. Il tribunale ha dichiarato che Zacchetto sarebbe colpevole di un reato semplice e continuato, ma anche aggravato poiché è un ministro del culto. Infine, a Zanchetta sono stati imposti altri numerosi obblighi di reperibilità e domicilio nonché disponibilità per essere sottoposto a perizia psichiatrica. Zanchetta doveva presentarsi il 12 giugno 2019 per i primi accertamenti psichiatrici.

21 giugno 2019. Il Caso Zanchetta. Colpo di scena. Nel mezzo dell’indagine, il Vescovo Zanchetta è stato autorizzato a tornare in Vaticano. Il giudice Parisi gli ha concesso un permesso speciale per “motivi di lavoro”, anche se Zanchetta è sospeso dalle sue funzioni in Vaticano. Il giudice delle garanzie di 2ª nomina, Claudio Alejandro Parisi, ha autorizzato il ritorno di Zanchetta in Vaticano. Attraverso il difensore, l’Avv. Enzo Gianotti, Zanchetta aveva richiesto la revoca delle misure restrittive della libertà e il ritorno dei suoi documenti personali sequestrati per poter tornare al Domus Sanctae Marthae, l’albergo a cinque stelle in Vaticano, dove risiede con il Papa al quale rimane vicino. Il procuratore incaricato dell’indagine, Maria Soledad Filtrín Cuezzo si è opposto alla richiesta per l’importanza della fase investigativa in cui si trova il caso, perché l’accusa è in attesa di alcune prove che “potrebbe richiedere la sua presenza” (di Zanchetta). Il Giudice Parisi ha chiarito che riconoscere l’abrogazione delle misure restrittive “inciderebbe sui fini della procedura penale” e condivide il criterio con il procuratore Filtrín secondo cui “non sono presenti i requisiti” per consentire di ridare la libertà a Zanchetta. Quindi non ha ritirato le misure restrittive, ma gli ha concesso il permesso per un viaggio speciale con ritorno l’8 agosto alle 10 di mattina, quando dovrà comparire davanti ai tribunali. Le ragioni con cui il giudice ha giustificato il permesso erano “di natura lavorativa”. Anche se il vescovo, secondo quando dichiarato da Papa Francesco, è sospeso da qualsiasi funzione, in attesa del processo canonico autorizzato da lui (Silvia Noviasky, El Tribuno).

8 agosto 2019. Zanchetta si è presentato in Aula del Tribunale di Orán, per dieci minuti. Tanto è durata l’udienza in cui il giudice Parisi ha accettato di revocare, su richiesta della difesa, il divieto di espatrio. “L’imputato Zanchetta sta collaborando”, ha motivato il giudice. “Mantenere tali limitazioni alla sua libertà rappresenterebbe una coercizione, e gli impedirebbe di proseguire il suo lavoro quotidiano”. A pesare sulla decisione del giudice, un certificato datato 3 giugno 2019 e presentato dalla difesa. Secondo quanto riporta Silvia Noviasky su El Tribuno, il documento firmato dall’Arcivescovo Edgar Peña Parra, Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, e da Vincenzo Mauriello [*], riporta che Zanchetta è un “impiegato del Vaticano”, dove lavora presso l’APSA e “ivi abita, nella residenza di Santa Marta”. Nel certificato, però, non è menzionato un piccolo particolare: Zanchetta risulta sospeso dal suo incarico dal 4 gennaio 2019. Quindi perché sarebbe dovuto rientrare in Vaticano? Per quale “lavoro quotidiano”?

[*] Ex funzionario della Segreteria di Stato della Santa sede che era indagato per peculato, abuso di autorità e corruzione. Dopo le prime fasi dell’inchiesta penale sugli investimenti della Segreteria di Stato, che ha portato al processo 60SA in Vaticano, iniziato e mai partito, domani alla settima Udienza, voluta da Papa Francesco nel 2019, Mauriello era stato sospeso con altri 4 dirigenti vaticani. Nel corso delle indagini, però, è emerso che il suo ruolo nella vicenda è stato limitato e il giudice istruttore del Vaticano ha disposto l’archiviazione del procedimento aperto a suo carico.
Tra le varie circostanze emerse dalle indagini degli inquirenti vaticani, c’è anche quella del Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, l’Arcivescovo Edgar Peña Parra, che, invece di rivolgersi alla Gendarmeria vaticana come prassi vorrebbe, si sarebbe avvalso dei servizi segreti italiani per bonificare dalle microspie i suoi uffici e per ottenere informazioni su una serie di soggetti “che stavano tentando di introdursi nelle strutture economiche della Santa Sede con intenti malevoli”. A raccontare la vicenda all’Ufficio del Promotore di Giustizia in una memoria difensiva dell’ottobre 2019 (e a confermarla nell’interrogatorio del 16 gennaio 2020) è l’ex funzionario Vincenzo Mauriello.

21 novembre 2019. Il procuratore Maria Soledad Filtrín Cuezzo – che rappresenta l’accusa nel processo per abusi sessuali, “aggravata” dallo status di Zanchetta come ministro del culto – aveva più volte sottolineato una preoccupazione. Tornando in Vaticano, Zanchetta avrebbe potuto sottrarsi al giudizio in Argentina, visto che non esiste un accordo di estradizione tra l’Argentina e lo Stato della Città del Vaticano. Ecco perché la procura ha chiesto, di fronte all’ impossibilità di procedere alla notifica a Roma degli atti processuali, che venisse emesso un mandato di cattura internazionale per l’imputato.

27 novembre 2019. Zanchetta è tornato in Argentina per 48 ore in occasione dell’Udienza prevista a Salta, per registrare le impronte digitali e comunicare il nuovo domicilio a cui inviare le notifiche processuali. La procura, infatti, non riuscendo a contattarlo agli indirizzi mail e telefonici precedentemente comunicati, aveva spiccato contro di lui un mandato di cattura internazionale. Il procuratore Filtrín aveva anche provato a chiedere il ritiro del passaporto diplomatico vaticano dell’indagato, ma il giudice aveva respinto quest’istanza.

2020

11 giugno 2020. Reintegrato nell’incarico come Assessore dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA). Lo strano caso del presunto abusatore Zanchetta, riapparso. E il processo promesso dal Papa a carico del suo amico? [QUI].

2021

22 marzo 2021. Si dimette il Vescovo argentino Cuenca Revuelta, complice di abusi. Caso Grassi e caso Zanchetta. Il codice del silenzio del Cardinale Bergoglio. Le presunte bugie e le protezioni di Papa Francesco [QUI].

13 aprile 2021. Le dimissioni del Vescovo Hoeppner per coercizione. La tolleranza zero di Papa Francesco per molti, ma non per tutti: il Vescovo Zanchetta gira ancora a piede libero in Vaticano [QUI].

27 maggio 2021. Dalla Spagna emerge la destituzione dalla carica di Preside della Facoltà di Scienze Umane e Religiose dell’Università Cattolica di Sant’Antonio di Murcia (UCAM) del sacerdote spagnolo Javier Belda Iniesta, che secondo il quotidiano spagnolo La Verdad non sarebbe stato in grado di dimostrare due delle lauree dichiarate nel suo Curriculum Vitae. Mentre lui cercava di difendersi, il Cardinale Carlos Osoro Sierra, Arcivescovo metropolita di Madrid ha aperto un’indagine interna. Oltre al caso delle fondazioni di Madrid e al processo Zanchetta in Argentina (era il difensore canonico e portavoce del Vescovo emerito di Orán), Belda è noto per essere un consigliere chiave del rifondato Pontificio Istituto Teologico “Giovanni Paolo II” per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia.

10 luglio 2021. Secondo delle indiscrezioni trapelate sulla stampa statunitense è terminato l’incarico di Zanchetta come Assessore dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA) e Zacchetta è ritornato in Argentina. Sul sito dell’APSA l’incarico risulta vacante [QUI].

2022

Il processo a carico del Vescovo emerito de la Nueva Orán, Monsignor Gustavo Óscar Zanchetta (Rosario, 28 febbraio 1964) sarà celebrato il 21 febbraio 2022 davanti ai giudici María Laura Toledo Zamora, Raúl Fernando López e Héctor Fabián Fayos della II Sezione del Tribunale di Orán, la città dell’Argentina settentrionale dove Zanchetta è stato vescovo diocesano dal 2013 al 2017. Zanchetta è accusato di abuso sessuale semplice, continuato e aggravato ai danni di due seminaristi, consumato tra il 2014 e il 2015. L’accusa, rappresentata dal procuratore Maria Soledad Filtrín Cuezzo, chiede una condanna dai tre ai dieci anni di reclusione.

Attendiamo la sentenza che sarà emessa il 25 febbraio 2022, secondo la coraggiosa giornalista Silvia Noviasky, che ha rotto l’omertà sullo “strano caso Zanchetta” (di cui era “proibito scrivere” a Salta) e lo fece scoppiare alla fine del 2018 grazie alla sua inchiesta su El Tribuno.

Da molto tempo aspettiamo Gustavo al varco, con quel bel faccione paffuto e sorridente, che attraversava via delle Fondamenta a piedi in direzione Domus Sancta Marthae, impavido e arrogante come nulla fosse accaduto.

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