«Fidem servare», preoccupazione a prima vista. E «Assegnare alcune competenze». Sempre «di propria iniziativa»

Condividi su...

Come ho già osservato in precedenza, c’è sempre troppo a cui dare – la giusta – attenzione e possiamo occuparci solo di alcune cose ogni giorno (che in certi casi vanno anche seguito nel tempo, mentre altre rimangono indietro o devono essere accantonate). Oggi ritorniamo sull’ennesima [1] (se abbiamo tenuto bene il conto, il numero 36) Lettera Apostolica in forma di Motu proprio di Papa Francesco, questa volta Fidem servare (Custodire la fede) dell’11 febbraio 2022, con la quale viene modificata la struttura interna della Congregazione per la Dottrina della Fede, entrato in vigore il 14 febbraio 2022 e pubblicato quel giorno sul Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede N. 106 [QUI]. Riportiamo a proposito il commento a firma di Enrico Roccagiachini pubblicato dal blog MiL-Messainlatino.it.

Poi, il giorno successivo, il 15 febbraio 2022 il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede N. 109 [QUI] ha pubblicato la 37ª Lettera Apostolica in forma di Motu proprio Assegnare alcune competenze, con la quale vengono mutate alcune norme del Codice di Diritto Canonico e del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali [2], sempre dell’11 febbraio 2022, entrato in vigore il 15 febbraio 2022.

A proposito di «Fidem servare»: qualche (preoccupata) osservazione a prima lettura
di Enrico Roccagiachini
MiL-Messainlatino.it, 14 febbraio 2022


Come preannunciato ieri da MiL [QUI], che sin dal 15 dicembre scorso aveva anche anticipato il contenuto della riforma [Purghe di Francesco in Curia romana], con il Motu Proprio «Fidem servare», pubblicato oggi, il Sommo Pontefice ha modificato la struttura interna della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF).

Se consideriamo l’importanza della materia, la Lettera Apostolica pare un testo piuttosto smilzo, che potrebbe quasi passare inosservato, o ritenersi una mera anticipazione dell’attesa e mai realizzata riforma complessiva della Curia romana.

Tuttavia, ad una prima e veloce lettura almeno un passaggio può attirare la nostra attenzione. Si tratta di questo (è il punto 2. del Motu Proprio): «La Sezione Dottrinale, attraverso l’Ufficio dottrinale, si occupa delle materie che hanno attinenza con la promozione e la tutela della dottrina della fede e della morale. Essa, inoltre, favorisce gli studi volti a far crescere l’intelligenza e la trasmissione della fede al servizio dell’evangelizzazione, perché la sua luce sia criterio per comprendere il significato dell’esistenza, soprattutto di fronte alle domande poste dal progresso delle scienze e dallo sviluppo della società».

Alla “nuova” CDF, dunque, compete un’attività in qualche modo promozionale (“favorire gli studi”), in particolare nel senso precisato dal Motu Proprio: la Lettera Apostolica sembra indicare ai teologi lungo quali linee orientare la riflessione scientifica, segnalando altresì quali siano le questioni che si ritengono meritevoli di particolare approfondimento, a servizio dell’evangelizzazione. A tal proposito, colpisce, in particolare, la volontà di far crescere l’intelligenza e la trasmissione della fede per comprendere il significato dell’esistenza (sic) soprattutto (si badi: soprattutto) di fronte alle domande poste dal progresso delle scienze e dallo sviluppo della società.

A fronte di tutto ciò, pur senza trascurare il taglio inopinatamente esistenzialistico dell’assunto, quasi che la miglior intelligenza della fede serva più che altro per sentirsi a proprio agio nella condizione esistenziale in cui ci si trova, piuttosto che a conseguire la salvezza acquistataci dal Signore col sacrificio redentivo della Croce, non ho potuto non pensare a quanto leggevo lo scorso 10 febbraio sul blog di Sandro Magister, che menzionava la seguente dichiarazione del Card. Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo (con sottolineature mie): «Le posizioni della Chiesa sulle relazioni omosessuali come peccaminose sono sbagliate. Credo che la fondazione sociologica e scientifica di questa dottrina non sia più corretta. È tempo per una fondamentale revisione dell’insegnamento della Chiesa e il modo con cui papa Francesco ha parlato dell’omosessualità può condurre a un cambiamento nella dottrina» [QUI].

È esagerato il timore che il richiamo “alle domande poste dal progresso delle scienze e dallo sviluppo della società”, inserito proprio nell’atto riformativo della Congregazione per la Dottrina della Fede, possa preludere ad un allineamento alle pretese teorie scientifiche circa la normalità dell’orientamento omosessuale, e, così, alla tanto attesa disapplicazione, in nome di una rinnovata dottrina science-friendly, degli scomodissimi insegnamenti paolini sulla sodomia?

È sempre Magister a ricordare che in una recente conferenza stampa, il vescovo di Limburg e presidente della conferenza episcopale tedesca, mons. Georg Bätzing, ha riferito che «dopo un incontro avvenuto in Lussemburgo tra lui, Hollerich e il cardinale maltese Mario Grech, segretario generale del sinodo dei vescovi, è stato ricevuto in udienza da papa Francesco, che avrebbe incoraggiato la creazione di un gruppo di lavoro su come conciliare il sinodo tedesco con quello della Chiesa universale».

Sto formulando un giudizio temerario, se ipotizzo che la riforma della Congregazione della Dottrina della Fede sia stata pensata per arrotondare gli spigoli dottrinali che rendono difficile la fase attuale del pontificato, e consentire un qualche assorbimento del sinodo tedesco, anche a costo di adattare la dottrina agli aneliti fieramente eterodossi dell’episcopato teutonico? Ed è plausibile domandarsi quali ulteriori magnifiche sorti e progressive potranno essere aperte alla miglior comprensione della fede in base allo sviluppo scientifico e sociale, oggi particolarmente sensibili all’ambientalismo più radicale? Non è forse questo ciò che auspica da sempre il modernismo: la permanente riformulazione della dottrina al seguito dell’inarrestabile mutare delle teorie scientifiche e sociologiche?

Si tratta di preoccupazioni destinate ad acuirsi, se mai risultassero confermate le indiscrezioni che circolano circa i nominandi nuovi Prefetto della Congregazione e Segretario della Sezione Dottrinale [3]. Da parte mia, sarei davvero felice se le mie considerazioni potessero rivelarsi sbagliate; in ogni caso, mi permetto di suggerire di aggrapparci al Rosario. Il Motu Proprio reca la data dell’11 febbraio, festa della Madonna di Lourdes: possiamo essere certi che la Madre della Chiesa non permetterà che vada a buon fine nessun tentativo di associarLa a qualsivoglia attentato all’integrità della dottrina.

Enrico Roccagiachini

* * *

Quando Papa Francesco vuole
che si faccia qualcosa,
dimentica la retorica
sulla sinodalità e la collegialità;
lo fa lui stesso.

[1] Papa Francesco fino ad oggi ha firmato 37 Motu proprio in 9 anni, mentre San Giovanni Paolo II in 27 anni ne ha firmati 32. Poi – se non ci siamo dimenticato uno – fino da oggi altre due (dopo Fidem servare, ieri, 15 febbraio 2022 è arrivato Assegnare alcune competenze, con la quale vengono mutate alcune norme del Codice di Diritto Canonico e del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali) [2]. Non ci lascia nessun respiro, sembra una guerra di logoramento a ritmo di legislazione “di propria iniziativa”, quindi, per sua decisione personale senza coinvolgere alcun organismo della Curia Romana, come oltretutto è nelle facoltà del Papa regnante secondo il Diritto Canonico. Se saggio, è un’altra questione, ma sono iniziative legittime [V.v.B.].

[2] Una delle prime novità di Assegnare alcune competenze riguarda lo spostamento dalla Santa Sede al vescovo diocesano della facoltà di creare un seminario nel suo territorio senza dover più attendere l’approvazione da Roma ma semplicemente una sua conferma. Lo scopo, come viene definito nell’introduzione al motu proprio, è quello di favorire un “sano decentramento” che renda più dinamica l’assunzione di decisioni in campo ecclesiale.
Analoga possibilità viene riconosciuta ai vescovi circa la formazione sacerdotale (i vescovi possono adattarla “alle necessità pastorali di ogni regione o provincia”) e l’incardinazione dei sacerdoti, che d’ora in avanti potranno esserlo – oltre che in una Chiesa particolare o in un Istituto religioso – anche in una “Associazione pubblica clericale”, riconosciuta dalla Santa Sede, in modo da evitare che vi siano “chierici acefali e girovaghi”.
Al criterio del decentramento, ma anche della “prossimità”, risponde pure l’allungamento da 3 a 5 anni del periodo di “esclaustrazione”, cioè della possibilità che autorizza un religioso a vivere al di fuori del proprio Istituto per gravi motivi.
Tra le novità anche la competenza data alle Conferenze Episcopali di pubblicare catechismi.
Infine, viene trasferito dalla Santa Sede alle Chiese locali le decisioni su possibili riduzioni del numero di Messe da celebrare rispetto alle intenzioni ricevute [Agenpress, 15 febbraio 2022].

Papa Francesco con un Motu Proprio cambia il diritto canonico
Ancora un aggiornamento sulla via del decentramento

Prosegue la “riforma a pezzi” di Papa Francesco con un altro Motu Proprio che questa volta cambia il Diritto Canonico, legge fondamentale della Chiesa Cattolica.
Il testo è ovviamente per soli addetti ai lavori, e non è stata prevista alcuna conferenza stampa per illustrare il dettagli e spiegare la ratio della decisione personale del Papa.
Perché un Motu Proprio è un documento del Papa che non è stato proposto da alcun organismo della Curia Romana. La locuzione latina significa, “di propria iniziativa”.  E del resto Secondo il Codice di Diritto Canonico il Papa è dotato di tutti i poteri per esercitare sovranità immediata su tutta la Chiesa universale, su ciascuna Chiesa particolare e in materia di dottrina.
Questa volta si tratta di competenze “volte a garantire – come si legge nella Lettera- l’unità della disciplina della Chiesa universale, alla potestà esecutiva delle Chiese e delle istituzioni ecclesiali locali, corrisponde alla dinamica ecclesiale della comunione e valorizza la prossimità”. Si tratterebbe di decentramento. “Ho ritenuto conveniente – scrive il Papa- apportare cambiamenti alla normativa finora vigente circa alcune specifiche materie, attribuendo le rispettive competenze.
Si intende così innanzitutto favorire il senso della collegialità e della responsabilità pastorale dei Vescovi, diocesani/eparchiali o riuniti in Conferenze episcopali o secondo le Strutture gerarchiche orientali, nonché dei Superiori maggiori, e inoltre assecondare i principi di razionalità, efficacia ed efficienza. In tali modifiche normative si rispecchia ancor più l’universalità condivisa e plurale della Chiesa, che comprende le differenze senza omologarle, con la garanzia, per quanto riguarda l’unità, del ministero del Vescovo di Roma. Nel contempo si incoraggia una più rapida efficacia dell’azione pastorale di governo da parte dell’autorità locale, agevolata anche dalla sua stessa prossimità alle persone e alle situazioni che la richiedono”.
In alcuni casi si tratta del cambiamento della parola “approvata” con “confermata” dalla Sede Apostolica. Ad esempio l’Articolo 8 cambia il canone 775 § 2 CIC “circa la pubblicazione di catechismi per il proprio territorio da parte della Conferenza episcopale sostituisce il termine approvazione con il termine conferma risultando così formulato: § 2. Spetta alla Conferenza Episcopale, se pare utile, curare che vengano pubblicati catechismi per il proprio territorio, previa conferma della Sede Apostolica” [Angela Ambrogetti – ACI Stampa, 15 febbraio 2022].

Questo Motu proprio segna la fine dell’unità del Cattolicesimo Cattolico Romano. In pochi anni ci saranno tanti cattolicesimi quante Diocesi e o Conferenze Episcopali. E quando terminerà la Successione Apostolica, questi vescovi e loro “chiese” non potranno più essere chiamate “cattoliche”.
«Sorgi, Signore, nel tuo sdegno,
levati contro il furore dei nemici,
alzati per il giudizio che hai stabilito.
Poni fine al male degli empi;
rafforza l’uomo retto,
tu che provi mente e cuore, Dio giusto»
(Salmi 7 7,10).

[3] NEWS. “Riforme” alla CDF. Ormai in Vaticano un Motu Proprio alla settimana? Nostre fonti, in altissimo loco, ci informano che sarebbe imminente, forse già domani (14 febbraio), l’uscita di un motu proprio (l’ennesimo!) che riguarda la Congregazione per la Dottrina della Fede. Infatti, sarebbe confermata la notizia, anticipata da MiL [QUI] della divisione della CDF in due settori: uno dottrinale che avrebbe come segretario il calabrese mons. Armando Matteo, teologo del momento del S. Padre, e uno disciplinare (compresi i delitti relativi all’omosessualità e alla pedofilia) che avrebbe come segretario un canonista di una importante diocesi lombarda. Sempre le nostre fonti aggiungono che sarebbe quasi certa la nomina, a luglio o forse poco prima, di Mons. Scicluna [4] a prefetto della CDF in sostituzione dell’effimero card. Ladaria. Luigi [MIL, 13 febbraio 2022].

[4] Mons. Charles Jude Scicluna (Toronto, 15 maggio 1959) dal 21 gennaio 2015 è Presidente del Collegio per l’esame dei ricorsi alla Sessione Ordinaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, dal 27 febbraio 2015 Arcivescovo metropolita di Malta e dal 13 novembre 2018 Segretario aggiunto della Congregazione per la Dottrina della Fede.

«Accogliendo l’invito del Presidente della Repubblica di Malta, delle Autorità e della Chiesa Cattolica del Paese, Papa Francesco compirà un Viaggio Apostolico a Malta nei giorni 2 e 3 aprile 2022, visitando le città di La Valletta, Rabat, Floriana e l’isola di Gozo. Il programma e gli ulteriori dettagli della visita saranno resi noti prossimamente» (Dichiarazione del Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede N. 98 del 10 febbraio 2022) [V.v.B.].

Free Webcam Girls
151.11.48.50