Benedetto XVI ha dimostrato ancora una volta di essere un “padre”. E sarà riconosciuto, un giorno, tra i Padri della Chiesa

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L’anniversario della storica rinuncia di Benedetto XVI è stato oscurato dalle accuse di non aver gestito bene i casi di abuso nell’Arcidiocesi di München und Freising, di cui era stato Arcivescovo dal 1977 al 1983. E così Benedetto XVI, dopo aver già dato una risposta di 82 pagine con l’assistenza di alcuni avvocati, ha fatto fornire ulteriori chiarimenti dai suoi legali e – soprattutto – ha scritto una lettera personale in riferimento a tali chiarimenti [QUI].

In quella lettera si condensa tutto il pensiero di Benedetto XVI. Benedetto XVI, in quella lettera, si è comportato da Papa [QUI]. Ha affermato la veridicità delle sue affermazioni, ma non ha cercato scuse per la piaga degli abusi nella Chiesa. Al contrario, ha chiesto perdono. Ha guardato alla questione degli abusi nella Chiesa in modo più ampio, come fa generalmente.

Scrive Benedetto XVI: «Preghiamo il Dio vivente pubblicamente di perdonare la nostra colpa, la nostra grande e grandissima colpa. È chiaro che la parola “grandissima” non si riferisce allo stesso modo a ogni giorno, a ogni singolo giorno. Ma ogni giorno mi domanda se anche oggi io non debba parlare di grandissima colpa. E mi dice in modo consolante che per quanto grande possa essere oggi la mia colpa, il Signore mi perdona, se con sincerità mi lascio scrutare da Lui e sono realmente disposto al cambiamento di me stesso».

Queste sono le parole di chi non cerca una facile autogiustificazione. Ma, soprattutto, sono parole con cui Benedetto XVI dimostra il coraggio di assumersi tutte le responsabilità, di essere parte della comunità della Chiesa anche soffrendo per il peccato dei suoi membri. Crediamo insieme, soffriamo insieme, ci redimiamo insieme, dice Benedetto XVI. Nelle sue parole, la Chiesa diventa veramente una comunità di credenti.

Non c’è personalismo in Benedetto XVI. Non che fosse un Papa che non prendeva decisioni. Ma tutte le decisioni che ha preso sono partite prima di tutto dalla preghiera, dall’analisi della volontà di Dio. Niente doveva essere separato dal Vangelo. Niente dovrebbe dare la precedenza ai suoi pensieri personali.

A nove anni dalle sue dimissioni, ci rendiamo conto che il pensiero di Benedetto XVI era genuinamente rivoluzionario. In un’epoca di personalismo e individualismo, Benedetto XVI ha cercato di insegnare che la Chiesa non esiste grazie ai singoli, ma grazie a Cristo. Quando un governo forte sembrava inevitabile, Benedetto XVI ha gestito un pontificato durante il quale ha governato con leggerezza, guardando sempre prima alle persone e poi alle scelte.

La lettera in risposta agli abusi non sorprende, perché Benedetto XVI ha sempre operato in questo modo. Allo stesso modo, aveva scritto una lettera ai vescovi sulla revoca della scomunica di quattro vescovi lefevbriani [QUI]. Inoltre aveva scritto una lettera ai cattolici d’Irlanda [QUI], travolti dallo scandalo degli abusi.

La radicalità di Benedetto XVI si può leggere proprio nel suo essere sacerdote, prima di tutto, e quindi padre. È un uomo libero perché non è un uomo di potere. Ed è proprio attraverso queste lenti che va letta la rinuncia di nove anni fa.

Una rinuncia che testimonia che Benedetto XVI è veramente un uomo nuovo. Si parla molto di modernità e di rendere la Chiesa più moderna, più vicina al sentimento popolare. Ma il punto è che l’uomo nuovo è già qui ed è nato con Gesù Cristo. Qualsiasi spinta secolare non guarda avanti ma guarda indietro all’uomo vecchio. A un uomo, dopotutto, che non è stato liberato da Cristo.

Per questo motivo, Benedetto XVI è veramente il Papa della modernità. Nella biografia di Peter Seewald, Benedetto XVI risponde a chi diceva che il Papa era stato portato a rinunciare a causa di Vatileaks o di pressioni esterne.

Benedetto XVI spiega che «il raggio di percezione che un Papa può temere è molto piccolo» e che «la vera minaccia per la Chiesa e quindi per il servizio petrino non sta in queste cose, ma nella dittatura mondiale di ideologie apparentemente umanistiche, dove opporsi ad esse porta all’esclusione dal consenso sociale ultimo».

E ha aggiunto: «Cento anni fa qualcuno avrebbe pensato che fosse assurdo parlare di matrimonio tra persone dello stesso sesso. Oggi chi si oppone a questo viene socialmente scomunicato. Lo stesso vale per l’aborto e la produzione di persone nel laboratorio. La società moderna sta per formulare un credo anticristiano, e se ci si oppone si rimane colpiti dalla scomunica».

Benedetto XVI ha concluso: «Il timore di questa potenza spirituale dell’Anticristo è quindi fin troppo naturale, e per resistere ci vuole l’aiuto della preghiera della Chiesa universale».

Le sfide a cui sta pensando Benedetto XVI sono significative e profonde e vanno oltre le visioni del mondo. È un pensiero molto rilevante. E così torniamo alla lettera che ha accompagnato la sua risposta al caso degli abusi di München: se per resistere ci vuole la preghiera della Chiesa universale, allora siamo tutti responsabili dei peccati dell’altro. È un pensiero universale.

In un periodo di pressioni per cambiare la dottrina che viene anche dagli stessi vescovi (si pensi al “cammino sinodale” della Chiesa in Germania), in cui sembra concreta la venuta del Grande Umanitario preannunciata da Fulton Sheen (si pensi alle discussioni sulla Chiesa) [*], questo pensiero, così libero, così cristiano, così avanzato, è dirompente. Così Benedetto XVI diventa un bersaglio. Ma, nella sua risposta, ha dimostrato ancora una volta di essere un “padre”. E sarà riconosciuto, un giorno, tra i padri della Chiesa.

Questo articolo è stato pubblicato oggi dall’autore in inglese sul suo sito Monday Vatican [QUI], sotto il titolo Benedict XVI, his gaze towards the future (Benedetto XVI, il suo sguardo verso il futuro).

Il Venerabile Servo di Dio Fulton John Sheen.

[*] Fulton Sheen, i segni dei tempi, l’inganno del Grande Umanitario e le discussioni sulla Chiesa

Visto che Andrea Gagliarducci pubblica il suo sito Monday Vatican per un pubblico anglofono, quando fa il riferimento a Fulton Sheen, non tutti i lettori di lingua italiana conosceranno la figura del Venerabile Servo di Dio Fulton John Sheen (El Paso, 8 maggio 1895 – New York, 9 dicembre 1979), Arcivescovo titolare di Newport, già Vescovo di Rochester. Fu scrittore di decine di libri popolarissimi e uno dei primi e più celebri telepredicatori cattolici, prima via radio e successivamente per televisione, chiarissimo nei suoi giudizi sui “segni dei tempi”. Si calcola che abbia influenzato la conversione di 52 mila persone, tra le quali molti comunisti impegnati, come Bella Dodd. Una storia molto “americana”, che merita però di essere letta anche da un pubblico italiano. Più informazioni si possono trovare QUI [V.v.B].

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