Gli italiani ricordano gli infoibati

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“Il Giorno del Ricordo richiama la Repubblica al raccoglimento e alla solidarietà con i familiari e i discendenti di quanti vennero uccisi con crudeltà e gettati nelle foibe, degli italiani strappati alle loro case e costretti all’esodo, di tutti coloro che al confine orientale dovettero pagare i costi umani più alti agli orrori della Seconda guerra mondiale e al suo prolungamento nella persecuzione, nel nazionalismo violento, nel totalitarismo oppressivo”.

Lo ha detto il presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, ricordando le vittime delle foibe e gli esuli giuliani-dalmati: è stata una delle pagine più tragiche della storia italiana, quando l’Istria e la Dalmazia tra il 1943 e il 1947 divennero teatro di stragi. Le foibe sono cavità carsiche di cui è costellato il territorio della Venezia Giulia ma a loro sono ormai associati i massacri contro le persone in fuga dai territori contesi della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia, firmati dai partigiani jugoslavi di Tito.

In quelle cavità furono gettati i corpi delle vittime, rendendo spesso difficile se non impossibile il loro ritrovamento. Secondo le stime furono tra i 5.000 e i 10.000 gli italiani vittime delle foibe. Agli eccidi seguì l’esodo giuliano dalmata, l’emigrazione forzata della maggioranza dei cittadini di etnia e di lingua italiana in Istria e nel Quarnaro, esodo che si concluse solo nel 1960: secondo le stime, sarebbero tra i 250.000 ed i 350.000 gli italiani costretti a lasciare le loro case.

Simbolo della tragedia nazionale è la foiba di Basovizza, località nel comune di Trieste, un pozzo minerario profondo oltre 200 metri e largo circa 4, che durante le fasi finali della seconda guerra mondiale divenne un luogo di esecuzioni sommarie da parte dei partigiani di Tito. Qui, in ricordo di tutte le vittime delle foibe è stato costruito un Sacrario. Il 3 novembre 1991 il presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, rese omaggio alle vittime lì sepolte e mai ritrovate: mentre nel 1992 il presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, dichiarò il pozzo monumento nazionale.

Per il presidente Mattarella è doveroso ricordare la tragedia: “E’ un impegno di civiltà conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli istriani, dei fiumani, dei dalmati e degli altri italiani che avevano radici in quelle terre, così ricche di cultura e storia e così macchiate di sangue innocente. I sopravvissuti e gli esuli, insieme alle loro famiglie, hanno tardato a veder riconosciuta la verità delle loro sofferenze. Una ferita che si è aggiunta alle altre”.

Però il presidente della Repubblica ha sottolineato le cause che ha causato tale odio: “La sciagurata guerra voluta dal fascismo e l’occupazione nazista furono seguite, per questi italiani, da ostilità, repressione, terrore, esecuzioni sommarie aggravando l’orribile succedersi di crimini contro l’umanità di cui è testimone il Novecento. Crimini che le genti e le terre del confine orientale hanno vissuto con drammatica intensità, generando scie di risentimento e incomprensione che a lungo hanno segnato le relazioni tra popoli vicini”.

In conclusione ha auspicato che tale memoria possa diventare un ‘seme di pace’: “Il ricordo, anche il più doloroso, anche quello che trae origine dal male, può diventare seme di pace e di crescita civile. Questo è l’impegno di cui negli ultimi anni il nostro Paese si è reso protagonista insieme alla Slovenia e alla Croazia per fare delle zone di confine una terra di incontro e prosperità, di collaborazione, di speranza”.

Infine ha sottolineato con favore la scelta di capitale della cultura europea una città di confine: “La scelta di Gorizia e Nova Gorica, che saranno congiuntamente Capitale della Cultura europea 2025, dimostra quanto importante sia per l’intera Unione che la memoria delle oppressioni disumane del passato sia divenuta ora strada dell’amicizia, della comprensione, del primato della dignità delle persone, nel rispetto delle diversità e dei diritti”.

Anche il presidente nazionale dell’ANLA, Edoardo Patriarca, ha sottolineato la necessità della memoria storica: “Oggi, rileggendo le dichiarazioni dei Presidenti Napolitano e di Mattarella, dei presidenti delle Camere e di tanti leader politici, condividiamo il ‘ricordo’ di quegli eventi drammatici nonostante le contrapposizioni ideologiche di alcune minoranze che annebbiano quel passato e non aiutano la comprensione di quanto è accaduto. Piccole frange ancora tentate di utilizzare la storia di quel dramma per un uso politico becero e strumentale”.

Però la memoria deve far emergere la verità sul periodo storico: “Al contrario le commemorazioni sono celebrate per unire nel nome della dignità inviolabile della persona, vero bersaglio di tutte le persecuzioni,  e del no alle guerre come strumento di risoluzione  dei conflitti internazionali. Noi di ANLA celebriamo questa giornata con compostezza, nel ricordo delle migliaia di connazionali uccisi, torturati e violentati. Vegliando soprattutto!

Rifuggendo dalla retorica stucchevole degli italiani ‘brava gente’: furono tanti quelli che accettarono la logica predatoria di un regime disumano come quello fascista, furono tanti quelli che simpatizzarono per un regime altrettanto disumano come quello comunista-titino. E ci opponiamo a coloro che vedono la tragedia delle Foibe come un improbabile contrappeso ai lager nazisti, o chi vorrebbe derubricarla a una punizione, tutto sommato meritata, ai fascisti”.

E’ un invito a non dimenticare per le generazioni future: “Noi siamo da un’altra parte, commossi e partecipi, vicini alle famiglie toccate da questa violenza inenarrabile. E vegliamo come ‘anziani’ (in latino antenaus o antianus deriva da antea che significa ‘prima’), di quelli ‘chi ci sono da prima’. A noi antianus spetta  il compito di vegliare e fare memoria, a tenere alto lo sguardo, aiutando coloro che sono ‘giunti dopo’ (i nostri figli, i nipoti, le giovani generazioni) a non dimenticare e a vigilare”.

Ed a Trieste mons. Giampaolo Crepaldi ha pubblicato una preghiera rivolta a tre martiri cristiani, vissuti in quel tragico periodo: “don Francesco Bonifacio, italiano, Lojze Grozde, sloveno e don Miroslav Bulesić, croato, le cui immagini ho collocato nella Cappella della Madre della Riconciliazione in via Cavana. La Chiesa li ha beatificati perché con il loro sangue di martiri, il sangue del perdono e dell’amore, essi riscattarono e purificarono le nostre terre imbrattate dal sangue dell’odio.

Dal loro martirio giunge a noi la condanna ferma dell’odio etnico che non è altro che il frutto velenoso di una visione distorta della civiltà, il monito ad operare instancabilmente per la riconciliazione tra i nostri popoli italiano, sloveno e croato e alcuni attualissimi e preziosi insegnamenti cristiani.

Questi: ogni uomo e ogni donna, creati ad immagine e somiglianza di Dio, esigono il massimo del rispetto; Dio è Padre e ogni uomo e ogni donna sono fratello e sorella in umanità; non si può mai usare la violenza per imporre la propria verità;

l vero martire non è quello che uccide in nome di Dio, ma quello che si lascia uccidere piuttosto che rinnegare la sua fede in Dio. Affidiamo questo Giorno del Ricordo alla Vergine Maria che invochiamo come Madre della riconciliazione”.

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