Sentinelle del mattino con “coraggio della Verità”, contro “ideologia della banalità” e stolti “annunciatori della parola che cambino il Vangelo con la scusa di adattarlo al nostro tempo”

La cultura dello scarto e della sciatteria, che domina nostro tempo, si fonda sull’ideologia della banalità e dell’effimero. Questa osservazione ci porta ad una riflessione, pensando al profilarsi dei salottini e dei talkshow che cercano la benedizione (share si dice) di Sant’Auditel, non con lo stupore per il bello, per il sacro e per il bene, ma stimolando l’attrazione per tutte le possibile banalità dei temi di questo mondo e la provocazione della dissacrazione con le volgarità come sistema di marketing.

Mentre cresce sempre di più l’ideologia della banalità, già da anni si lavora allo sviluppo dell’intelligenza artificiale. E contemporaneamente l’Homo sapiens sapiens diventa sempre più stupido. Sempre più vero è l’antico proverbio stultorum mater sempiter gravida (la madre degli stolti è sempre incinta) e, quindi, secondo le leggi della natura, stultorum infinitus est numerus (infinito è il numero degli stolti) che nascono, come ricorda San Tommaso al numero 651 del suo “Commento al Vangelo secondo Matteo Capitoli 1-14”. Il riferimento è a Qoélet 1,15, secondo la Vulgata. Nella traduzione contemporanea si leggono invece, conforme all’originale ebraico, due proverbi: «Ciò che è storto non si può raddrizzare e quel che manca non si può contare». Secondo il teologo Luca Mazzinghi, il primo proverbio viene forse dall’ambiente agricolo: ce ne sono di analoghi in Egitto, dove si legge che un legno storto non può essere raddrizzato neppure dal più abile artigiano. Il secondo proverbio è proprio dell’ambito commerciale: un contabile non può fare i conti con cose che non esistono. Questi due proverbi vogliono far capire che l’uomo è impotente di fronte ad una realtà che lo sovrasta, non può raddrizzare ciò che è storto e contare ciò che manca, ovvero l’essere umano è limitato. San Girolamo traducendo cambiò il testo, forse perché gli pareva troppo difficile, come ipotizza tra altro Mazzinghi. Quale che sia la causa dell’errore, Mazzinghi invita a prenderla con filosofia e ricorda “Della stupidità” di Dietrich Bonhoeffer, di una attualità sconcertante, da cui citiamo un brano: «La stupidità è un nemico del bene più pericoloso che la malvagità. Contro il male si può protestare, si può smascherarlo, se necessario ci si può opporre con la forza; il male porta sempre con sé il germe dell’autodissoluzione, mentre lascia perlomeno un senso di malessere nell’uomo. Ma contro la stupidità siamo disarmati. Qui non c’è nulla da fare, né con proteste né con la forza; le ragioni non contano nulla; ai fatti che contraddicono il proprio pregiudizio basta non credere (in casi come questi lo stupido diventa perfino un essere critico), e se i fatti sono ineliminabili, basta semplicemente metterli da parte come episodi isolati privi di significato. In questo, lo stupido, a differenza del malvagio, è completamente in pace con sé stesso; anzi, diventa perfino pericoloso nella misura in cui, appena provocato, passa all’attacco. Perciò va usata maggior prudenza verso lo stupido che verso il malvagio. Non tenteremo mai più di convincere lo stupido con argomenti motivati; è assurdo e pericoloso».

In un articolo apparso oggi, 8 febbraio 2022 su La Verità (Se l’uomo affida la propria coscienza alla tecnologia perde logica e morale) [il testo è stato ripreso da Marco Tosatto su Stilum Curiae [QUI], Ettore Gotti Tedeschi parla della tentazione dell’intelligenza umana di rafforzarsi con quella artificiale, con il rischio di erodere istinto e ragione, con la sempre più grande difficoltà a distinguere tra il bene e il male e di perdere la logica e la morale. L’economista, banchiere e accademico denuncia il rischio del “Grande Reset” (la proposta del World Economic Forum di Davos per ricostruire l’economia in modo sostenibile dopo la pandemia di COVID-19), che si baserà sull’intelligenza artificiale. Gotti Tedeschi ritiene che l’intelligenza artificiale contiene «un potenziale tale da poter arrivare a modificare la nostra percezione del concetto di realtà, rendendola ben superiore a quella finora percepita», ma avverte che «potrà modificare il concetto di bene-male, di responsabilità e pertanto di libero arbitrio». Nel rapporto tra fede e ragione, sul quale si è generato e implementato il mondo nelle precedenti ere, ci sarà presto un terzo “incomodo”: l’intelligenza artificiale «destinato a ridisegnare la stessa ragione umana, convincendo l’uomo che è possibile migliorarla e rafforzarla con una partnership, appunto con l’IA. Ciò potrà avvenire in pratica accompagnando la ragione umana con un sistema logico azionato dalla macchina».
«Come l’IA può senza dubbio crescere le facoltà umane, può anche ridurle», assorbendo e di fatto sostituendo alcune funzioni cerebrali fondamentali per l’umanità. «Erodendo la ragione umana, riducendo la capacità di riflessione, la volontà, l’istinto creativo, la capacità di riconoscere e correggere l’errore, l’umiltà di riconoscerlo, la capacità di distinguere bene e male, decidendo solo tra efficiente e inefficiente, utile non utile». Per Gotti Tedeschi esiste il rischio dell’illusione di trovare, con l’intelligenza delle macchine, le “risposte” ai dubbi e le crisi irrisolte è sempre più vicino: non solo, la tecnologia davvero sarà in grado di permettere all’uomo di creare «una forma logica non umana che superi quella di chi l’ha creata?». Teme che «la macchina potrebbe non essere più solo uno strumento, ma potrebbe diventare partner indispensabile della ragione umana, che cesserebbe perciò di comprendere e descrivere da sola tutta la famosa realtà». Ed ecco la vecchia profezia di San Giovanni Paolo II, riaffermata successivamente anche dal Papa emerito Benedetto XVI, che «l’uomo ha molto investito in scienza e conoscenza ma poco in sapienza».
Dello stesso tema si è occupato Markus Krienke, Docente di Storia della Filosofia moderna e di Etica sociale presso la Facoltà Teologica di Lugano e di Antropologia filosofica presso la Pontificia Università Lateranense, in un articolo del 15 aprile 2020 apparso su Aggiornamenti Sociali (I robot distinguono tra bene e male? Aspetti etici dell’intelligenza artificiale) [QUI]. L’etica e la dottrina sociale della Chiesa si confrontano con le sfide dell’intelligenza artificiale. La responsabilità umana nel progettare i nuovi dispositivi resta al centro della riflessione: si tratta infatti di incorporare dei criteri etici nei parametri decisionali delle “macchine intelligenti”. Gli scenari aperti dal progresso tecnologico nell’ambito dell’intelligenza artificiale e dall’impatto che esso avrà sulla società sollevano questioni etiche e antropologiche con cui la riflessione filosofica e teologica e la dottrina sociale della Chiesa sono chiamate a misurarsi. Le macchine intelligenti acquisteranno anche la capacità di distinguere il bene dal male? Dovremo quindi considerarle soggetti con una propria responsabilità? O la responsabilità morale resterà una caratteristica peculiare dell’essere umano? Sono le domande di cui si è occupato il Prof. Krienke nell’articolo.
«La fede ci mette dinanzi alla visione dell’uomo più impegnativa che possa esistere. Dobbiamo ricordarci di questa nostra pretesa; essa si scontra con tutte le parvenze di libertà che vengono proposte e che, di fatto, limitano la formazione della persona perché ne impediscono il suo vero sviluppo. È per questo che stiamo sotto il fuoco incrociato perché ciò che proponiamo è scomodo, controcorrente e impedisce di ridurre l’uomo a un puro oggetto di mercato e l’amore a un puro fatto transeunte di un fine settimana. Nessuno di noi, tuttavia, potrebbe prendere sul serio la consegna di Cristo se non comprendesse che questa comporta l’essere trascinati con lui in un’offerta di amore che sa consegnarsi a ciò che agli occhi del mondo appare come sconfitta e fallimento. Possiamo esser emarginati, ma questo può essere anche la nostra forza. Certamente ci saranno molti che comprenderanno che dinanzi all’ideologia della banalità e dell’effimero che sa solo offrire concerti dell’ultima ora o divertimento sfrenato senza più regole, è necessaria un’opposizione profetica, tipica delle sentinelle che siamo chiamati ad essere e che ci rende non solo davvero moderni dinanzi al decadimento attuale, ma lungimiranti nel saper rispondere agli interrogativi che sorgono in tanti coetanei al termine di un lugubre fine settimana (cfr J.Ratzinger, Sale della terra, 271). Saremo veramente «sentinelle del mattino» se avremo in noi il coraggio per la Verità» (Rino Fisichella, 3 maggio 2006).
«L’”inattualità” della Chiesa, è, da un lato, la sua debolezza – essa viene emarginata – ma può essere la sua forza. Forse gli uomini possono percepire che contro l’ideologia della banalità, che domina il mondo, è necessaria un’opposizione, e che la Chiesa può essere moderna, proprio essendo antimoderna, opponendosi a ciò che dicono tutti. Alla Chiesa tocca il ruolo di opposizione profetica ed essa deve anche averne il coraggio. Proprio il coraggio della verità è in realtà la sua grande forza – anche se questo, all’inizio, sembra danneggiarla, togliendole popolarità e spingendola in una sorta di ghetto» (Joseph Ratzinger, Il sale della terra. Cristianesimo e Chiesa Cattolica nella svolta del millennio, San Paolo Edizioni 1997).
A proposito di opposizione profetica, incontrando i giornalisti ammessi al Volo Papale in viaggio verso Praga il 26 settembre 2009, alla domanda posta da un giornalista: «Santità, la Repubblica Ceca è un Paese molto secolarizzato in cui la Chiesa cattolica è una minoranza. In tale situazione, come può contribuire la Chiesa effettivamente al bene comune del Paese?», Papa Benedetto rispondeva: «Direi che normalmente sono le minoranze creative che determinano il futuro, e in questo senso la Chiesa cattolica deve comprendersi come minoranza creativa che ha un’eredità di valori che non sono cose del passato, ma sono una realtà molto viva ed attuale. La Chiesa deve attualizzare, essere presente nel dibattito pubblico, nella nostra lotta per un concetto vero di libertà e di pace. Così, può contribuire in diversi settori. Direi che il primo è proprio il dialogo intellettuale tra agnostici e credenti. Ambedue hanno bisogno dell’altro: l’agnostico non può essere contento di non sapere se Dio esiste o no, ma deve essere in ricerca e sentire la grande eredità della fede; il cattolico non può accontentarsi di avere la fede, ma deve essere alla ricerca di Dio, ancora di più, e nel dialogo con gli altri ri-imparare Dio in modo più profondo. Questo è il primo livello: il grande dialogo intellettuale, etico ed umano. Poi, nel settore educativo, la Chiesa ha molto da fare e da dare, per quanto riguarda la formazione. In Italia parliamo del problema dell’emergenza educativa. È un problema comune a tutto l’Occidente: qui la Chiesa deve di nuovo attualizzare, concretizzare, aprire per il futuro la sua grande eredità. Un terzo settore è la “Caritas”. La Chiesa ha sempre avuto questo come segno della sua identità: quello di venire in aiuto ai poveri, di essere strumento della carità. La Caritas nella Repubblica Ceca fa moltissimo nelle diverse comunità, nelle situazioni di bisogno, e offre molto anche all’umanità sofferente nei diversi continenti, dando così un esempio di responsabilità per gli altri, di solidarietà internazionale, che è anche condizione della pace».
«Noi non abbiamo bisogno di annunciatori della parola che cambino il Vangelo con la scusa di adattarlo al nostro tempo, ma di annunciatori che tentino ogni giorno, magari riuscendoci poco, di cambiare se stessi per essere ogni giorno più conformi al Vangelo che non cambia» (Cardinale Giacomo Biffi, Lettere a una carmelitana scalza (1960-2013), Edizioni Itaca 2017).
Foto di copertina: Fool’s World Map, Royal Museums Greenwich, London. Nel quadro ci sono diversi citazioni latine. Sotto la mappa si legge: Stultorum infinitus est numerus. Un’altra citazione di Qoèlet (1,2) è mostrata incisa nella coppa in cima al bastone del giullare a destra: Vanitas vanitatum et omnia vanitas (Vanità delle vanità, tutto è vanità). I distintivi sulla cintura decorativa che attraversano la spalla della figura a sinistra recitano: O curas hominum, O quantum est in rebus inane (Oh, le preoccupazioni del mondo; oh, quanta banalità c’è nel mondo), che è l’apertura delle Satire di Aulus Persius Flaccus.