Papa Francesco racconta la bellezza della misericordia e della preghiera

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“Dammi o Signore, una buona digestione ed anche qualcosa da digerire. Dammi la salute del corpo, col buonumore necessario per mantenerla. Dammi o Signore, un’anima santa, che faccia tesoro di quello che è buono e puro, affinché non si spaventi del peccato, ma trovi alla Tua presenza la via per rimettere di nuovo le cose a posto. Dammi un’anima che non conosca la noia, i brontolamenti, i sospiri e i lamenti, e non permettere che io mi crucci eccessivamente per quella cosa troppo invadente che si chiama ‘io’. Dammi, o Signore, il senso dell’umorismo, concedimi la grazia di comprendere uno scherzo, affinché conosca nella vita un po’ di gioia e possa farne parte anche ad altri”.

Questa preghiera dell’umorismo di san Tommaso Moro può essere il compendio dell’intervista di papa Francesco (visto da a 6.700.000 di telespettatori con 25.41% di share, con picco di 8.700.000 con 32.3% di share) a Fabio Fazio durante la trasmissione domenicale ‘Che tempo che fa’, che ha fatto storcere il ’naso’ a molti, che si sono prodigati in moltissimi fiumi di parole con il rischio di inquinare l’etere.

Invece papa Francesco è stato semplice, perché raccontando di se stesso ha parlato di Gesù e di Chiesa, con aneddoti di vita privata, perché il buonumore è la migliore medicina per la vita: “Il senso dell’umorismo è una medicina. Il senso dell’umorismo ti fa relativizzare le cose e ti dà una grande gioia. Questo fa tanto bene”.

E subito il papa ha sottolineato che non è ‘superuomo’: “No, io sono uno che sopporta come tutta la gente sopporta. E poi non sono solo, c’è tanta gente che mi aiuta, tutta la Chiesa, i Vescovi, gli impiegati accanto a me, uomini e donne bravi che mi aiutano… per questo, ti dico la verità, non sono un campione di peso che sopporta le cose. Sopporto come la maggioranza della gente sopporta”.

Parole che sottolineano la necessità della Dottrina Sociale della Chiesa, scagliandosi contro la guerra, che produce distruzione: “La guerra è un controsenso della creazione; nella Bibbia è curioso: Dio crea l’uomo e la donna, andate in tutto il mondo, lavorate, fate figli, possedete la Terra. E subito dopo, una guerra fra fratelli.

Uno cattivo contro un innocente, per invidia; e poi una guerra culturale, diciamo così, con la torre di Babele… subito vengono le guerre. C’è come un anti senso della creazione, per questo la guerra è sempre distruzione. Per esempio, lavorare la terra, curare i figli, portare avanti una famiglia, far crescere la società: questo è costruire. Fare la guerra è distruggere. E’ una meccanica di distruzione”.

Un pensiero particolare è stato riservato al Mediterraneo con un linguaggio schietto e chiaro: “Quello che si fa con i migranti è criminale. Per arrivare al mare soffrono tanto. Ci sono dei filmati sui lager, e uso questa parola sul serio, lager, nella Libia, lager dei trafficanti. Quanto soffrono nelle mani dei trafficanti coloro che vogliono fuggire. Se volete vedere questi filmati, sono nella sezione migranti e rifugiati del Dicastero dello Sviluppo Umano”.

Un richiamo chiaro alla responsabilità politica dell’Europa: “Questo succede oggi. Una cosa è vera: ogni Paese deve dire quanti migranti può accogliere; questo è un problema di politica interna che deve essere pensato bene e dire ‘Io posso fino a questo numero’. C’è l’Unione Europea, bisogna mettersi d’accordo, così si fa l’equilibrio, in comunione.

Adesso c’è l’ingiustizia: vengono in Spagna e in Italia, i due Paesi più vicini, e non li ricevono altrove. Il migrante va sempre accolto, accompagnato, promosso e integrato. Accolto perché c’è la difficoltà, poi accompagnarlo, promuoverlo e integrarlo nella società. Quest’ultimo aspetto è molto importante”.

E’ un invito a non essere indifferenti davanti il prossimo, come nella parabola del buon Samaritano: “Quando Gesù ci parla di come dobbiamo comportarci col prossimo, ci dice la parabola del buon samaritano; ci parla prima di due persone brave: uno scriba e un dottore della legge, un uomo osservante della legge, che passa, vede e continua; un sacerdote, forse un buon sacerdote, passa, vede e continua. Soltanto un uomo, uno straniero, si ferma, tocca e se ne prende carico. Ci manca il toccare le miserie e toccare ci porta all’eroicità”.

Ed un pensiero al personale sanitario: “Penso ai medici, agli infermieri e infermiere che hanno dato la vita in questa pandemia: hanno toccato il male e hanno scelto di rimanere lì con gli ammalati. Questo è grande, ma se tu non tocchi… Toccare, farsi carico dell’altro. Ma se noi guardiamo senza toccare con le nostre mani cos’è il dolore della gente, non potremo mai trovare una soluzione a questo”.

Il dialogo del papa è un invito a prendersi cura attraverso la citazione di un incontro con i pescatori di San Benedetto del Tronto: “I pescatori di San Benedetto del Tronto che sono venuti da me hanno trovato in un anno 3.000.000 di tonnellate, o comunque una quantità enorme, di plastica.

Poi sono tornati e mi hanno parlato del doppio ma si sono organizzati e prendono ogni rifiuto dal mare per pulirlo, perché sentono che il mare è cosa loro, sono entrati in sintonia con la Terra e l’hanno curata. Buttare via plastica in mare è criminale, questo uccide la biodiversità, la Terra, tutto. Prendersi cura del Creato è un’educazione che dobbiamo imparare”.

E l’aggressività inizia con il chiacchiericcio: “Ma c’è un’aggressività distruttiva che incomincia anche con una cosa molto piccola ma voglio menzionarla qui: comincia con la lingua, il chiacchiericcio. Ma il chiacchiericcio, nelle famiglie, nei quartieri, distrugge. Un nunzio apostolico ha fatto uno studio del chiacchiericcio, molto buono, e nella copertina la stampa è questa: l’impronta digitale e uno che, come un filo, la  stira per distruggerla. Questo è il chiacchiericcio. Distrugge l’identità”.

Ha chiesto ‘vicinanza’ tra genitori e figli: “Ma la gratuità con i propri figli: giocare con i figli e non spaventarsi dei figli, delle cose che dicono, delle ipotesi, o anche quando un figlio, già più grande, adolescente, fa qualche scivolata, essere vicino, parlare come padre, come madre. La vicinanza”.

E Dio ha dato libertà all’uomo, mal’uomo ha diritto al perdono: “Dirò una cosa che forse farà scandalizzare qualcuno, ma dirò la verità: la capacità di essere perdonato è un diritto umano. Tutti noi abbiamo il diritto di essere perdonati se chiediamo perdono.

E’ un diritto che nasce proprio dalla natura di Dio ed è stato dato in eredità agli uomini. Noi abbiamo dimenticato che qualcuno che chiede perdono ha il diritto di essere perdonato. Tu hai fatto qualcosa, lo paghi. No!

Hai il diritto di essere perdonato, e se poi tu hai qualche debito con la società arrangiati per pagarlo, ma con il perdono. Il papà del figliol prodigo aspettava il figlio per perdonarlo, e il figlio aveva il diritto di essere perdonato, ma lui non lo sapeva, per questo dubitava tanto”.

Insomma è una Chiesa in pellegrinaggio, come è stata descritta da san Paolo VI nell’esortazione apostolica ‘Evangelii Nuntiandi’: “Io ho solo cercato di indicare la strada della Chiesa verso il futuro: una Chiesa in pellegrinaggio.

E oggi il male più grande della Chiesa, il più grande, è la mondanità spirituale. Una Chiesa mondana. Un grande teologo, il card. de Lubac, diceva che la mondanità spirituale è il peggio dei mali che possono accadere alla Chiesa, peggio ancora del male dei Papi libertini”.

Nella Chiesa ci sono due gravi atteggiamenti spirituali: “Sugli atteggiamenti pastorali ne dico solo due, che sono vecchi: il pelagianesimo e lo gnosticismo. Il pelagianesimo è credere che con la mia forza posso andare avanti. No, la Chiesa va avanti con la forza di Dio, la misericordia di Dio e la forza dello Spirito Santo.

E lo gnosticismo, quello mistico, senza Dio, questa spiritualità vuota… no, senza la carne di Cristo non c’è intesa possibile, senza la carne di Cristo non c’è redenzione possibile. Dobbiamo tornare al centro un’altra volta: ‘Il verbo si è fatto carne’. In questo scandalo della croce, del verbo incarnato, c’è il futuro della Chiesa”.

E la preghiera è la richiesta di un bambino che si sente in ‘pericolo’: “Ma se tu non credi che hai un papà, che hai una mamma vicino, non sai gridare, non sai chiedere. E pregare significa guardare i nostri limiti, i nostri bisogni, i nostri peccati, e dire: ‘Papà, guardami. Il tuo sguardo mi purifica, mi dà forza’. Pregare è entrare con la forza, oltre i limiti, oltre l’orizzonte, e per noi cristiani pregare è incontrare ‘papà’, come ‘Paolo’.

Questa parola non la invento io. San Paolo dice che Dio è padre, e noi diciamo ‘papà’, non padre. E quando tu ti abitui a dire ‘papà’ a Dio significa che stai andando bene, sulla strada della religione, ma se tu pensi che Dio è quello che ti annienterà nell’Inferno, se tu pensi che Dio se ne infischia della tua vita, che non gli importa, la tua religione sarà superstizione”.

(Foto: Rainews)

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