Papa Francesco invita ad abbracciare Gesù

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“La Giornata per la vita consacrata, che culminerà il 2 febbraio con la celebrazione eucaristica presieduta da papa Francesco nella Basilica di San Pietro, sarà un’opportunità d’incontro segnato dalla fedeltà di Dio che si manifesta nella perseveranza gioiosa di tanti uomini e donne, consacrate e consacrati”: è quanto hanno scrtto, in una lettera, il card. João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, e il segretario del dicastero, mon. José Rodríguez Carballo.

Nel documento si sottolinea che il cammino sinodale, da poco intrapreso e incentrato sul tema ‘Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione’, interpella ogni comunità vocazionale: “Chi sono le sorelle, i fratelli che ascoltiamo e, prima ancora, perché li ascoltiamo? Una domanda che siamo chiamati a farci tutte e tutti, perché non possiamo dirci comunità vocazionale e ancor meno comunità di vita, se manca la partecipazione di qualcuna o di qualcuno”.

E nella messa vespertina per la XXVI Giornata della Vita Consacrata papa Francesco ha invitato a coltivare una visione rinnovata della vita consacrata, senza rigidità che è una grave perversione, partendo dall’episodio evangelico di Simeone ed Anna:

“Due anziani, Simeone e Anna, attendono nel tempio il compimento della promessa che Dio ha fatto al suo popolo: la venuta del Messia. Ma la loro attesa non è passiva, è piena di movimento. Seguiamo dunque i movimenti di Simeone: egli dapprima è mosso dallo Spirito, poi vede nel Bambino la salvezza e finalmente lo accoglie tra le braccia. Fermiamoci semplicemente su queste tre azioni e lasciamoci attraversare da alcune domande importanti per noi, in particolare per la vita consacrata”.

Il papa ha invitato ad essere mossi dallo Spirito Santo: “Lo Spirito Santo è l’attore principale della scena: è Lui che fa ardere nel cuore di Simeone il desiderio di Dio, è Lui che ravviva nel suo animo l’attesa, è Lui che spinge i suoi passi verso il tempio e rende i suoi occhi capaci di riconoscere il Messia, anche se si presenta come un bambino piccolo e povero.

Questo fa lo Spirito Santo: rende capaci di scorgere la presenza di Dio e la sua opera non nelle grandi cose, nell’esteriorità appariscente, nelle esibizioni di forza, ma nella piccolezza e nella fragilità. Pensiamo alla croce: anche lì è una piccolezza, una fragilità, anche una drammaticità. Ma lì c’è la forza di Dio”.

Allora la domanda è quella che fa ‘ardere’ il cuore: “Mentre lo Spirito porta a riconoscere Dio nella piccolezza e nella fragilità di un bambino, noi a volte rischiamo di pensare alla nostra consacrazione in termini di risultati, di traguardi, di successo: ci muoviamo alla ricerca di spazi, di visibilità, di numeri: è una tentazione. Lo Spirito invece non chiede questo.

Desidera che coltiviamo la fedeltà quotidiana, docili alle piccole cose che ci sono state affidate. Com’è bella la fedeltà di Simeone e Anna! Ogni giorno si recano al tempio, ogni giorno attendono e pregano, anche se il tempo passa e sembra non accadere nulla. Aspettano tutta la vita, senza scoraggiarsi e senza lamentarsi, restando fedeli ogni giorno e alimentando la fiamma della speranza che lo Spirito ha acceso nel loro cuore”.

Papa Francesco ha spiegato come opera la fede negli occhi: “Ecco il grande miracolo della fede: apre gli occhi, trasforma lo sguardo, cambia la visuale. Come sappiamo da tanti incontri di Gesù nei Vangeli, la fede nasce dallo sguardo compassionevole con cui Dio ci guarda, sciogliendo le durezze del nostro cuore, risanando le sue ferite, dandoci occhi nuovi per vedere noi stessi e il mondo.

Occhi nuovi su noi stessi, sugli altri, su tutte le situazioni che viviamo, anche le più dolorose. Non si tratta di uno sguardo ingenuo, no, è sapienziale; lo sguardo ingenuo fugge la realtà o finge di non vedere i problemi; si tratta invece di occhi che sanno ‘vedere dentro’ e ‘vedere oltre’; che non si fermano alle apparenze, ma sanno entrare anche nelle crepe della fragilità e dei fallimenti per scorgervi la presenza di Dio”.

Ed ecco l’invito a coltivare una nuova visione della vita consacrata: “Né Simeone né Anna erano rigidi, no, erano liberi e avevano la gioia di fare festa: lui, lodando il Signore e profetizzando con coraggio alla mamma; e lei, come buona vecchietta, andando da una parte all’altra dicendo: ‘Guardate questi, guardate questo!’.

Hanno dato l’annuncio con gioia, gli occhi pieni di speranza. Niente inerzie del passato, niente rigidità… Noi apriamo il cuore, con coraggio, senza paura. Apriamo il cuore. Guardiamo a Simeone e Anna: anche se sono avanti negli anni, non passano i giorni a rimpiangere un passato che non torna più, ma aprono le braccia al futuro che viene loro incontro”.

E’ un invito a prendere in braccio Gesù: “E quando le braccia di un consacrato, di una consacrata non stringono Gesù, stringono il vuoto, che cercano di riempire con altre cose, ma c’è il vuoto. Stringere Gesù con le nostre braccia: questo è il segno, questo è il cammino, questa è la ‘ricetta’ del rinnovamento. Allora, quando non abbracciamo Gesù, il cuore si chiude nell’amarezza…

Ma noi dobbiamo stringere Gesù in adorazione e domandare occhi che sappiano vedere il bene e scorgere le vie di Dio. Se accogliamo Cristo a braccia aperte, accoglieremo anche gli altri con fiducia e umiltà. Allora i conflitti non inaspriscono, le distanze non dividono e si spegne la tentazione di prevaricare e di ferire la dignità di qualche sorella o fratello. Apriamo le braccia, a Cristo e ai fratelli! Lì c’è Gesù”.

(Foto: Santa Sede)

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