La Santa Sede ha venduto il palazzo 60SA a Londra. Il Corriere della Sera rivela un lavoro di indagine della magistratura vaticana in territorio italiano non verbalizzato e illecito

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In attesa che l’epicedio accompagnato da danze come era da costume greco si aggiorna il prossimo 18 febbraio al Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, oggi ci occupiamo della notizia che la Santa Sede ha venduto il palazzo al numero 60 di Sloane Avenue a Londra, con una perdita che non è stato reso nota, ma che dovrebbe oscillare fra un minimo di 66 e un massimo di 150 milioni di sterline (rispettivamente 73 e 166 milioni di euro). Su questo punto riportiamo i dati forniti dal Prefetto della Segreteria per l’Economia (28 gennaio 2022), da The Financial Times (8 novembre 2021) e dal Presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Santa Sede (31 ottobre 2020). Infine, riportiamo l’articolo L’INCHIESTA. Vaticano, 007 in campo sul palazzo di Londra: spie nei telefoni e pranzi registrati a firma di Mario Gerevini e Fabrizio Massaro sul Corriere della Sera del 29 gennaio 2022; un’inchiesta giornalistica che rivela un fatto grave per più di un motivo.

Giorgio Mottola in collaborazione di Norma Ferrara annuncia [QUI], che la prossima puntata di Report di lunedì 31 gennaio 2022 alle 21.20 su Rai 3 sarà dedicata al tema Pacco, contropacco, doppio paccotto: «Attraverso gli interrogatori inediti dei protagonisti, interviste ai principali imputati e documenti esclusivi, Report ricostruisce uno dei più grandi scandali della storia recente del Vaticano. Doveva essere un affare sicuro e vantaggioso, si è trasformato in uno dei più grandi scandali della storia recente del Vaticano. L’acquisto dei prestigiosi ex magazzini Harrods a Londra ha generato finora perdite superiori ai 100 milioni di euro. Secondo i magistrati si tratta di una colossale truffa in cui sarebbero rimasti impigliati cardinali, monsignori, funzionari della Santa sede e spregiudicati uomini d’affari. I soldi dei fedeli sono finiti, infatti, in un grottesco schema fraudolento che ricorda molto da vicino la trama del film “Pacco, doppio pacco e contropaccotto”. Attraverso gli interrogatori inediti dei protagonisti, interviste ai principali imputati e documenti esclusivi, Report ricostruisce l’intera vicenda».

Sul Fatto Quotidiano di oggi, 29 gennaio 2022 Vincenzo Bisbiglia scrive [QUI]: «Vaticano, “Il palazzo valeva 170 mln, Mincione sapeva” – Nuovi elementi contro l’uomo che lo fece comprare alla Santa Sede a 230 milioni di sterline. Ieri la vendita a 120 milioni di euro – La telenovela è finita, ma il processo va avanti. Il Vaticano ieri ha annunciato di aver venduto il famoso “palazzo di Londra”, al prezzo di circa 120 milioni di euro, confermando dunque la perdita di 100 milioni messa a bilancio nei mesi scorsi dalla Santa Sede».

Ovviamente, leggendo queste righe, occorre fare fact-checking, come si dice oggi con un termine inglese, come è di moda.

Sorvoliamo sulla mancanza di chiarezza nel riportare i numeri (170 mln, 230 milioni di sterline e 120 milioni di euro), con il risultato che non si riesce a capire un bel niente. Vero è che è stato venduto il palazzo al numero 60 di Sloane Avenue a Londra, al centro del processo iniziato al Tribunale dello Stato della Città del Vaticano (ma dopo sei udienze non ancora partito), sulla compravendita (con presunta truffa) con i fondi (allora) della Segreteria di Stato. Questa notizia è stata data dal Prefetto della Segreteria per l’Economia della Santa Sede, Padre Juan Antonio Guerrero Alves, S.I., nel giorno in cui la Sala Stampa della Santa Sede ha diffuso come “Info utile” il Comunicato della Segretaria per l’Economia con la presentazione del Bilancio di Missione 2022, ovvero il l Bilancio Preventivo 2022 della Santa Sede.

Tuttavia, Padre Guerrero, rispondendo ad una domanda al riguardo nell’intervista per i media vaticani [QUI], a cura del Direttore editoriale del Dicastero per l’Informazione (Guerrero: abbiamo ridotto i costi, faremo vedere i nostri conti. Contenimento delle spese, senza ridurre la carità del Papa, ma anzi aumentandola. Presto un resoconto sull’Obolo, che si prevede sia diminuito nel 2021 del 15%), non ha né rivelato il prezzo di vendita (secondo Il Fatto Quotidiano sarebbe di «circa 120 milioni di euro»), né l’ammontare delle perdite finora generate (secondo Report sarebbero «superiori ai 100 milioni di euro»), tantomeno «confermando dunque la perdita di 100 milioni messa a bilancio» (come scrive Il Fatto Quotidiano).

Andrea Tornielli: «Come si è conclusa la questione del palazzo di Sloane Avenue a Londra?»
Padre Juan Antonio Guerrero Alves, S.I.:
«È stata un’operazione condotta in piena trasparenza e secondo le nuove regole dei contratti vaticani. Sono stati assunti un broker a Londra e uno studio legale, entrambi con una gara ristretta, così come una persona di fiducia a Londra per accompagnare il processo e rappresentare i nostri interessi. Il processo è stato accompagnato da un team della Santa Sede con alcuni aiuti professionali esterni da Roma. Sono state ricevute sedici offerte, quattro sono state selezionate, dopo una seconda tornata di offerte, è stata scelta la migliore. Il contratto di vendita è stato firmato, abbiamo ricevuto il 10% del deposito e tutto sarà concluso nel giugno 2022. La perdita della presunta truffa, di cui si è parlato molto e che ora è sottoposta al giudizio dei tribunali vaticani, era già stata presa in considerazione nel bilancio. L’edificio è stato venduto al di sopra della valutazione che avevamo in bilancio e della valutazione fatta dagli istituti specializzati. Sia il trasferimento dei beni della SdS all’APSA che la vendita di Sloane 60, così come altre operazioni economiche speciali della Santa Sede, hanno rappresentato e rappresentano un lavoro di squadra interno con degli aiuti di professionisti esterni di cui abbiamo avuto bisogno. Abbiamo imparato molto gli uni dagli altri e abbiamo trovato un metodo di lavoro di squadra che non era molto praticato nella Santa Sede. E questo aiuta».

Quindi, quello che sappiamo dal Prefetto della Segreteria per l’Economia (SpE) della «perdita della presunta truffa» è soltanto:
1. che «era già stata presa in considerazione nel bilancio»;
2. che «l’edificio è stato venduto al di sopra della valutazione che avevamo in bilancio e della valutazione fatta dagli istituti specializzati».

Poi, va ricordato che il Presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Santa Sede (APSA), Mons. Nunzio Galantino, Vescovo emerito di Cassano all’Jonio e Presidente della Fondazione per la Sanità Cattolica, aveva stimato che le perdite per l’affare immobiliare di Sloane Avenue in un’intervista esclusiva a cura di Mimmo Muolo per Avvenire del 31 ottobre 2020 [QUI]: «La quantificazione delle perdite dipende dalle valutazioni riguardanti le azioni della società che possedeva il palazzo e il valore del palazzo stesso. Stime indipendenti fanno oscillare le perdite tra fra 66 e 150 milioni di sterline [73 e 166 milioni di euro rispettivamente]. Comunque è importante dire che le perdite hanno avuto ricadute sul fondo di riserva della SdS [Segreteria di Stato], non su altri fondi né sul Fondo dell’Obolo di San Pietro che viene utilizzato, anno per anno, per le spese della missione del Papa».

Ma soprattutto – ha detto Mons. Galantino -, da un lato l’immobile conserva il suo valore, anzi probabilmente lo ha incrementato, e dall’altro – particolare fino a quel momento poco noto – ormai per quell’affare il debito è stato riportato all’interno della Santa Sede, che si è liberata così di interessi su mutui contratti con le banche «particolarmente esosi».

«Certo, – ha aggiunto Galantino – bisogna riconoscere che alle perdite subite in questo investimento hanno contribuito anche errori, altrimenti non ci troveremmo qui a parlarne. Sarà il Tribunale a stabilire se si è trattato di errori, di imprudenza, di azioni truffaldine o di altro. E sarà lo stesso Tribunale a dirci se e quanto si potrà recuperare». In questa intervista Mons. Galantino ha ragionato anche sulla destinazione dell’Obolo («un modo per partecipare alla missione universale del Papa»), sull’opportunità di investimenti fatti con lo spirito del buon padre di famiglia e sulle riforme volute dal Papa («si è avviato un lavoro di squadra votato all’efficienza e alla trasparenza che sta dando frutti».

Secondo The Financial Times dell’8 novembre 2021, “il Vaticano perderà 100 milioni di sterline [116 milioni di euro] con la vendita del lussuoso edificio, situato a Londra, ora al centro di un’inchiesta penale internazionale”. Lo ha scritto il quotidiano finanziario britannico in prima pagina nella sua edizione europea, precisando che “il Vaticano è nelle fasi finali della vendita dell’edificio situato a 60 Sloane Avenue, nel quartiere londinese di Knightsbridge”, per una somma pari a “circa 200 milioni di sterline [232 milioni di Euro] al gruppo di private equity Bain Capital, secondo diverse persone che hanno familiarità con il dossier.

Secondo The Financial Times “la Santa Sede ha investito sul palazzo, tra il 2014 e il 2018, 300 milioni di sterline [348 milioni di euro], il che significa che la vendita dovrebbe confermare una perdita di circa 100 milioni di sterline [116 milioni di euro]”.

Il quotidiano finanziario britannico ha anche ricordato che “lo scandalo legato all’acquisto dell’edificio ha condotto il procuratore della Santa Sede ad aprire un procedimento nei confronti dell’ex banchiere Raffaele Mincione e di altri, tra cui un Cardinale” e “alla fine dello scorso anno Papa Francesco ha privato il potente ufficio dell’amministrazione centrale del Vaticano di un portafoglio di investimenti del valore di centinaia di milioni di euro costituito da donazioni dei cattolici”.

Riportiamo di seguito l’articolo L’INCHIESTA. Vaticano, 007 in campo sul palazzo di Londra: spie nei telefoni e pranzi registrati a firma di Mario Gerevini e Fabrizio Massaro sul Corriere della Sera del 29 gennaio 2022. Questa inchiesta giornalistica rivela un fatto grave per più di un motivo:

1. Si evince che si stava architettando di incastrare il Cardinale Angelo Becciu già da tempo, con l’ausilio anche di personale del Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano.

Ricordiamo, repetita iuvant, che in tutto ciò viene tirato dentro ad arte con carte false (vedi la nostra documentazione in Cinque Parti pubblicata il 18 novembre 2021: Procedimento penale n. 45/2019 RGP vaticano: il Papa tirato in ballo e tutto ridotto ad un’arrampicata sugli specchi. Uno spettacolo indecoroso con Becciu già giustiziato [QUI]), attraverso un procedimento penale intavolato con un dispendio di energia e di spesa mai visto nella storia dello Stato Pontificio prima e dello Stato della Città del Vaticano dopo. È oltremodo facile capire – con l’ausilio del Rasoio di Occam – che tutto questo pateracchio indecoroso del sistema giudiziario vaticano ha uno scopo solo e si tratta di un chiaro attacco. Becciu è stato attaccato direttamente e pubblicamente per due motivi:
a. Per distruggere Becciu stesso, per far fuori un cardinale scomodo per “qualcuno” e tenerlo fuori dal prossimo Conclave (perché i Papi vanno e vengono, ma soprattutto vengono eletti).
b. Per indurre il Papa in errore, allo scopo di destabilizzare il Pontificato, la Santa Sede e la Chiesa Cattolica Romana.

Nonostante abbiamo sempre anticipato gli eventi, non sarà il primo tra i nostri lettori e non sarà l’ultimo che ci dirà: «Ho la sensazione che c’è qualcosa che mi sfugge… chissà perché ho questa sensazione…». Ecco, questa sensazione è comprensibile, perché tutto questo scempio ha dell’incredibile e dell’inconcepibile.

2. L’operazione per incastrare Becciu veniva condotta oltretutto con un lavoro di indagine della magistratura vaticana in territorio italiano non verbalizzato e illecito. Da quanto detto dagli inquirenti giudiziari vaticani durante l’interrogatorio, che la magistratura vaticana compie attività in Italia è una certezza. Questo è un fatto grave, meritevole di richiesta di chiarimenti da parte delle autorità italiane. La domanda ora è: l’Italia lo sapeva? E se lo sapeva, questa attività era autorizzata o no? Noi pensiamo di no, ma attendiamo la risposta della autorità italiane, eventualmente tramite un’interrogazione parlamentare.

3. Classica la risposta degli inquirenti vaticani da excusatio non petita accusatio manifesta sulla intercettazione al Ristorante Scarpone, che essendo in territorio italiano non può esistere. Visto che le prove contro Becciu sono costituite illecitamente dagli inquirenti giudiziari dello Stato della Città del Vaticano in territorio estero, queste non possono essere ammesse all’interno del processo penale. Dalla risposta di Mons. Perlasca si capisce bene che lui era al corrente della registrazione ambientale al Ristorante Scarpone, nel quale Becciu fu invitato con l’inganno; un evento creato appositamente per costituire prove contro di lui. Evento creato da chi? Altra bella domanda.

4. Ci sono due frasi di particolare interesse, che vengono citate nell’inchiesta del Corriere della Sera:
a. «Secondo alcune fonti si sarebbe trattato di una sorta di indagine autonoma del Papa attraverso persone di sua strettissima fiducia».
b. «Quando la persona gli ha detto “perché lo vuoi sapere?” lui ha risposto “perché io lavoro per il Santo Padre”. E io sono rimasto molto perplesso».
Questo fatto aggiunge un ulteriore elemento al già inquietante capitolo del diretto coinvolgimento del Papa regnante nel caso 60SA.

Una cosa è certa: l’inchiesta giornalistica del Corriere della Sera è un missile con testata atomica sul processo 60SA (Procedimento penale N. 45/2019 RGP) al Tribunale dello Stato della Città del Vaticano; ripetiamo, iniziato e mai partito.

E diventa sempre più chiaro il motivo degli omissis e dei tagli nelle registrazioni delle interrogazioni, oltre che il rifiuto dei Promotori di Giustizia vaticani di consegnare nella loro totalità le registrazioni effettuate: nascondere attività investigativa inaccettabile e inammissibile.

Ancora prima del 18 febbraio 2022, entro il 31 gennaio il Promotore di Giustizia, il Prof. Avv. Diddi deve depositare in Cancelleria tutti gli elementi a carico degli imputati, che ancora non ha depositato e messi a disposizione delle difese. Questo è il terzo sollecito da parte del Presidente del Tribunale vaticano. Siamo molto curiosi di vedere se il 31 gennaio 2022 l’accusa ottempera e obbedisce finalmente alla terza disposizione sullo stesso punto di Pignatone.

Poi, rimane ancora il tema degli omissis e dei tagli, posto dalle difese il 17 novembre 2021, che non è stato ancora risolto dal Tribunale. A prima vista, perché si potrebbe anche osservare, che il Tribunale in realtà già l’ha risolto:
1. Pignatone ha detto che le prove a carico degli imputati devono essere depositate tutte e tutte devono essere messe a disposizione delle difese. L’ha detto. Non è che ogni volta lo deve ribadire. Ha detto che le prove devono essere messe a disposizione. È chiaro che non devono essere manomesse e alterate ma depositate e basta. E su questo non ci piove.
2. I capi di imputazione sono fondamentali per capire se i tagli o gli omissis riguardano gli elementi che hanno costituito i capi di imputazione. Se nei tagli sono presenti gli elementi che costituiscono i capi d’imputazione, questi devono essere messi a disposizione delle difese. Non si può incolpare qualcuno senza fornire gli elementi su cui si basa l’incolpazione. Se i capi di imputazione sono stati costituiti su elementi che non vengono messi a disposizione delle difese il processo non è un giusto processo. Su questo non ci piove.
3. Se le prove sono state costituite illecitamente gli elementi che costituiscono queste “prove fasulle” non possono essere ammessi nel processo. Su questo non ci piove.
4. Se Diddi continua nella sua farsa perché si sente le spalle coperte dal monarca, non ha capito che la sua testa rotolerà presto giù dal Colle Vaticano, perché il monarca lo scaricherà subito non appena avrà capito che Diddi ha fatto male il suo lavoro. Diddi non sarà riuscito ad accusare Becciu senza evitare di tirare in mezzo il monarca, che ne voleva restare fuori nella zona di conforto al Domus Sanctae Marthae. Subito appresso a Diddi verranno fuori i nomi dei gendarmi che eseguono ordini illeciti senza battere ciglio… Il bello deve ancora avvenire…

Le difese hanno tanto lavoro da fare e hanno tempo solo fino al 18 febbraio per formulare contestazioni sul punto. Faranno molte contestazioni ne siamo certi. Tutte le contestazioni e le richieste che le difese faranno, metteranno sempre più a nudo il Re, i suoi servi e la manovalanza di bassa lega di cui si circonda… Le difese devono andare avanti come un treno in corsa senza fermarsi mai…devono arrivare fino all’ONU se necessario. La reputazione della Santa Sede a livello internazionale sarà l’unica arma da usare contro gente senza scrupoli; gente che si venderebbe la madre senza battere ciglio.

L’abbiamo scritto il 7 ottobre 2021, l’abbiamo ripetuto il 25 gennaio scorso e lo ripetiamo oggi, alla presenza di nuove eccezioni di nullità “assoluta e radicale”: «La farsa vaticana è diventata una tragicommedia, con un nuovo giro di valzer, come era da costume greco. E colui che sta in Altissimis – che ne ha il potere legittimo e interviene pure a favore dell’accusa – non si decide a tirare il sipario e farla finita. Il vero scandalo in Vaticano è tutto lì».

++++ AGGIORNAMENTO DEL 31 GENNAIO 2022 ++++

Oggi è il 31 gennaio 2022. Entro la giornata odierna, il Promotore di Giustizia Aggiunto, il Prof. Avv. Alessandro Diddi “deve” depositare tutti gli elementi richiesti. Ma non solo depositarli in Cancelleria. Deve metterli a disposizione delle difese. Perché pure su questo punto gioca molto. E pensa che non lo abbiamo capito. Noi l’italiano lo conosciamo e lo impariamo anche ogni giorno di più, perché vogliamo migliorarci. Oggi questa sarà la notizia. Su quello che farà o non farà Diddi. Le difese vigileranno su ogni singolo atto. Noi con loro.

Il video.

L’INCHIESTA
Vaticano, 007 in campo sul palazzo di Londra: spie nei telefoni e pranzi registrati
di Mario Gerevini e Fabrizio Massaro
Corriere della Sera, 29 gennaio 2022


Spy story, talvolta caserecce, si sono affiancate per quasi due anni alle indagini dei magistrati del Papa sul patrimonio dell’Obolo di San Pietro e sul palazzo di Londra. Dai file audio-video degli interrogatori, di cui il Corriere pubblica in esclusiva alcuni stralci significativi, emergono diversi esempi di questa intelligence parallela. Il numero tre del Vaticano, Edgar Peña Parra, che entra in possesso di foto tratte indebitamente dalle videocamere di un ufficio di Londra. Un monsignore che è stato ai vertici della Segreteria di Stato, Mauro Carlino, a contatto con maneggioni dell’intelligence. Il giallo del microfono nascosto durante il pranzo tra il grande pentito monsignor Alberto Perlasca e il cardinale Angelo Becciu, che di lì a pochi giorni sarà sfiduciato dal Papa. Il processo sullo scandalo, intanto, è appena ricominciato. E ieri padre Juan Antonio Guerrero, Prefetto per l’economia, ha annunciato la vendita («in perdita») del palazzo di Sloane Avenue e un deficit atteso di 33 milioni per il bilancio 2022 del Vaticano.

Le foto dell’ufficio di Torzi

Intorno a Natale 2018, nello studio del Palazzo Apostolico il Sostituto Pena Parra, numero tre del Vaticano, osserva sullo schermo del telefonino Gianluigi Torzi al lavoro nel suo ufficio londinese, con alcuni ospiti. Torzi è il broker che per conto del Vaticano ha rilevato il palazzo di Sloane Avenue da Raffaele Mincione e che a maggio 2019 riceverà 15 milioni dalla Segreteria di Stato. Ma come fa il Sostituto a controllare Torzi? Grazie a un accesso al sistema di videosorveglianza. Lo smartphone connesso è di Luciano Capaldo, l’ingegnere che aveva realizzato l’impianto delle telecamere. «In Segreteria di Stato e monsignor Carlino in particolare — ha confermato Capaldo ai magistrati — volevano informazioni su Torzi… (Le immagini) le abbiamo viste insieme anche con il Sostituto».

Il mistero Capaldo

L’ingegnere italo-britannico è una figura misteriosa: a lungo partner di Torzi, rompe con lui e subito dopo viene ingaggiato proprio dalla Segreteria per gestire l’immobile costato 300 milioni. Perché la rottura? Carlino, ex segretario di Becciu e poi di Pena Parra, la spiega così ai magistrati: «Perché non gli piaceva il modus operandi di Torzi», anche su suggerimento di «una persona legata all’intelligence, non so se servizi segreti o investigatore privato», tale Gianni O. (non lo citiamo perché estraneo alle indagini, ndr).

Il monsignore con il pallino dell’intelligence

Così, quando nel 2019 Carlino teme di avere telefono e mail sotto controllo, a chi chiede aiuto? A Capaldo. Che ha pronta la soluzione: sempre Gianni O. «Ho introdotto questo soggetto a monsignor Carlino — sostiene Capaldo — . Passa qualche giorno e il monsignore mi manda un numero di telefono e mi dice “puoi passarlo a Gianni”. Il numero è del direttore dello Ior», Gianfranco Mammì. I magistrati sono perplessi: «Ma non è che siccome O. era così esperto poteva in qualche modo intercettare il direttore dello Ior?». «Questo non lo so, non ho mai avuto la possibilità di verificare le competenze di O.», replica Capaldo. In quei mesi la Segreteria di Stato tentò, invano, di ottenere un prestito di 150 milioni dallo Ior per sistemare l’affare di Londra: Mammì si oppose e denunciò al Papa i suoi sospetti di reati, dando inizio così all’inchiesta.

Perlasca e il pranzo con Becciu

Anche il grande “pentito”, monsignor Perlasca finisce in un gioco di intelligence parallela: misteriosi emissari che nell’estate 2020, prima dell’inizio della sua collaborazione, lo avrebbero a lungo interrogato informalmente. Ce n’è traccia indiretta nel suo memoriale consegnato a fine agosto 2020 ai magistrati. Più volte scrive, fuori contesto, «Già risposto» o «Non saprei cosa dire». Come se il suo memoriale seguisse un canovaccio suggerito dal confronto con altri. Ma a chi stava rispondendo? Secondo alcune fonti si sarebbe trattato di una sorta di indagine autonoma del Papa attraverso persone di sua strettissima fiducia.

Una settimana dopo Perlasca invita il cardinale a un pranzo al ristorante Scarpone a Roma. È il 5 settembre. Il colloquio sarebbe stato registrato di nascosto. Ne fa cenno Genoveffa Ciferri Putignani detta Geneviève, amica di Perlasca e autodefinitasi ex agente segreto di base a Londra, in un’intervista a La Verità. Ma ciò che più conta è che lo stesso Perlasca, nell’interrogatorio del 31 novembre 2020 a un certo punto afferma: «…Comunque tutto questo è nella registrazione, su … dello Scarpone». Gli inquirenti non reagiscono, anzi lo correggono come se fosse un argomento scabroso: «Monsignore, lì non c’è nulla eh?, cioè sia ben chiara questa cosa qui». «Come, no?», si sorprende Perlasca. «No, voglio dire — incalza un gendarme — allo Scarpone c’è stato un incontro tra di voi qualcuno ha paventato l’idea che ci fosse una videoregistrazione ma non è stato fatto nulla, sia ben chiaro. Cioè noi in Italia non andiamo a fare alcun tipo di attività, nel modo più assoluto». «Ah, sì sì», annuisce Perlasca. Resta il giallo.

La lettera anonima nel Palazzo Apostolico

Racconta Peña Parra nella sua memoria ai magistrati in un passaggio dedicato al banchiere svizzero della Segreteria, Enrico Crasso: «Vorrei allegare, nonostante che la forma non si confà al nostro stile, una lettera anonima pervenutami in febbraio 2019, nella quale, in modo interessante, si parla del “sistema Enrico Crasso”. La lettera mi fu fatta trovare sotto la porta del mio ufficio». E non si è mai saputo chi l’abbia infilata.

Il “controspionaggio” di Torzi

Marco Simeon, manager vicino a Becciu e ben introdotto nella Santa Sede, viene sentito come persona informata sui fatti il 7 agosto 2020. Al termine aggiunge una confidenza «off the record»: «Siccome io ho dei rapporti abbastanza buoni con il mondo dell’intelligence italiano, come li abbiamo un po’ tutti qua… Il signor Torzi è intervenuto su un carabiniere che fa parte di un servizio e gli ha detto che voleva informazioni su un certo Crasso, un certo Simeon, un certo Becciu… Quando la persona gli ha detto “perché lo vuoi sapere?” lui ha risposto “perché io lavoro per il Santo Padre”. E io sono rimasto molto perplesso».

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