Papa Francesco alla Rota Romana chiede di ascoltare le difficoltà

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Giovedì scorso papa Francesco ha inaugurato l’anno giudiziario, ricevendo in udienza i prelati uditori, gli officiali, gli avvocati ed i collaboratori del Tribunale della Rota Romana, incentrando l’intervento sulla sinodalità nei processi di nullità matrimoniale:

“Il percorso sinodale che stiamo vivendo interpella anche questo nostro incontro, perché coinvolge anche l’ambito giudiziario e la vostra missione al servizio delle famiglie, specialmente di quelle ferite, quelle bisognose del balsamo della misericordia. In questo anno dedicato alla famiglia come espressione della gioia dell’amore, abbiamo oggi l’occasione di riflettere sulla sinodalità nei processi di nullità matrimoniale.

Il lavoro sinodale, infatti, anche se non ha natura strettamente processuale, tuttavia va posto in dialogo con l’attività giudiziale, al fine di favorire un più generale ripensamento dell’importanza che l’esperienza del processo canonico ha per la vita dei fedeli che hanno vissuto un fallimento matrimoniale e, al tempo stesso, per l’armonia delle relazioni all’interno della comunità ecclesiale”.

Il camminare insieme permette di superare una “visione distorta delle cause matrimoniali, come se in esse si affermassero dei meri interessi soggettivi, va riscoperto che tutti i partecipanti al processo sono chiamati a concorrere al medesimo obiettivo, quello di far risplendere la verità su un’unione concreta tra un uomo e una donna, arrivando alla conclusione sull’esistenza o meno di un vero matrimonio tra di loro. Questa visione del camminare insieme verso un fine comune non è nuova nella comprensione ecclesiale di questi processi”.

La ricerca della verità deve caratterizzare le tappe del processo giudiziario: “La disponibilità ad offrire la propria versione soggettiva dei fatti diventa fruttuosa nel quadro di un’adeguata comunicazione con gli altri, che sa arrivare anche all’autocritica.

Perciò non è ammissibile una qualsiasi volontaria alterazione o manipolazione dei fatti, volta a ottenere un risultato pragmaticamente desiderato… Andare insieme, perché c’è in gioco il bene della Chiesa, il bene della gente! Non è un negoziato che si fa. Scusatemi, ma questo aneddoto mi ha illuminato tanto”.

E la sinodalità implica un esercizio costante di ascolto nel processo: “Anche in quest’ambito occorre imparare ad ascoltare, che non è semplicemente sentire. Bisogna cioè comprendere la visione e le ragioni dell’altro, quasi immedesimarsi con l’altro.

Come in altri ambiti della pastorale, anche nell’attività giudiziale bisogna favorire la cultura dell’ascolto, presupposto della cultura dell’incontro. Perciò sono deleterie le risposte standard ai problemi concreti delle singole persone.

Ciascuna di esse, con la sua esperienza spesso segnata dal dolore, costituisce per il giudice ecclesiastico la concreta ‘periferia esistenziale’ da cui deve muoversi ogni azione pastorale giudiziale”.

Per questo i giudici devono possedere un cuore ‘pastorale’: “In questo senso, nella vostra azione di ministri del tribunale, non deve mai mancare il cuore pastorale, lo spirito di carità e di comprensione verso le persone che soffrono per il fallimento dalla loro vita coniugale.

Per acquisire un tale stile occorre evitare il vicolo cieco del giuridicismo (è una sorta di pelagianesimo legale; non è cattolico, il giuridicismo non è cattolico), cioè di una visione autoreferenziale della legge. La legge e il giudizio sono sempre a servizio della verità, della giustizia e della virtù evangelica della carità”.

In questo cammino sinodale per i giudici è fondamentale il discernimento: “Ci vuole la capacità di discernere. E non è facile il discernimento. Si tratta di un discernimento fondato sul camminare insieme e sull’ascolto, e che permette di leggere la concreta situazione matrimoniale alla luce della Parola di Dio e del magistero della Chiesa.

La decisione dei giudici appare così come un calarsi nella realtà di una vicenda vitale, per scoprire in essa l’esistenza o meno di quell’evento irrevocabile che è il valido consenso sul quale si fonda il matrimonio”.

Tale percorso porta alla sentenza: “L’esito di questo cammino è la sentenza, frutto di un attento discernimento che conduce a un’autorevole parola di verità sul vissuto personale, mettendo quindi in luce i percorsi che da lì si possono aprire.

La sentenza perciò deve essere comprensibile per le persone coinvolte: solo così si porrà come momento di speciale rilevanza nel loro cammino umano e cristiano”.

Il discorso del papa è un incoraggiamento: “Vi incoraggio, dunque, a proseguire con fedeltà e operosità rinnovate il vostro ministero ecclesiale al servizio della giustizia, inseparabile dalla verità e, in definitiva, dalla salus animarum.

Un lavoro che manifesta il volto misericordioso della Chiesa: volto materno che si china su ogni fedele per aiutarlo a fare verità su di sé, risollevandolo dalle sconfitte e dalle fatiche e invitandolo a vivere in pienezza la bellezza del Vangelo.

Rinnovo a ciascuno la mia stima e la mia gratitudine. Chiedo allo Spirito Santo di accompagnare sempre la vostra attività e di cuore vi benedico”.  

(Foto: Santa Sede)

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