Michael Hesemann ha letto le carte: «Su Benedetto XVI fake news, che poggiano su una deliberata disinformazione». La vecchia «strategia della calunnia»

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«Non giustificati!». Così il Dott. Michael Hesemann, esperto di Chiesa Cattolica Romana in Germania, saggista e studioso tedesco, descrive i recenti attacchi a Sua Santità il Papa emerito Benedetto XVI in seguito alle accuse formulate dallo studio legale Westpfahl-Spilker-Wastl di München. Il rappresentante dello studio legale in conferenza stampa ha sostenuto che il Cardinal Ratzinger avrebbe gestito male quattro casi di abuso sessuale durante il suo incarico come Arcivescovo metropolita di München und Freising.

«La sensazione è quella di trovarsi davanti non un rapporto giudiziario, ma il tentativo di confermare con i fatti i propri assunti teorici», ha concluso Federico Pichetto su Il Sussidiario del 21 gennaio 2022 [QUI]. In fondo, tutto questo chiasso è roba vecchia, minestra riscaldata già più volte in passato. «Strategia della calunnia», titolava Giuliano Ferrara su Il Foglio del 23 febbraio 2013. Ancora prima, intervistato da Andrea Tornielli e Paolo Rodari per Attacco a Ratzinger (Piemme 2010), il sociologo e saggista Massimo Introvigne spiegava: «Vengono presentati come nuovi fatti risalenti a molti anni orsono, in parte già noti… e che nascano furibonde polemiche, con un attacco concentrico… mostra bene come il panico morale sia promosso da “imprenditori morali” in modo organizzato e sistematico. Il caso di Monaco è a suo modo da manuale». Nihil sub sole novum.

Benedetto XVI stesso ha negato categoricamente ogni colpa. «Lui sostiene che non era a conoscenza di certi fatti, noi crediamo che non sia così». «Lui» è Benedetto XVI, il vero nemico della sporcizia nella Chiesa e «noi» sono gli avvocati di Westpfahl-Spilker-Wastl, lo studio legale incaricati dall’attuale Arcivescovo metropolita di München und Freising, Cardinale Reinhard Marx. Osserva Pichetto su Il Sussidiario: «Senza presentare alcun rapporto scritto, ma solo preannunciando l’arrivo di un dossier, l’avvocato Martin Pusch respinge con durezza la memoria di 82 pagine presentata da Ratzinger in cui il papa emerito afferma con forza la propria estraneità ai fatti più volte emersi sulla stampa tedesca nell’ultimo decennio: la reiterata accusa di aver coperto quattro preti pedofili, spostandoli semplicemente ad altre mansioni senza irrorare loro alcuna condanna, cozza terribilmente con la dura presa di posizione che ha contraddistinto non solo il Benedetto pubblico, primo pontefice a chiedere perdono per gli abusi del clero, ma anche il Ratzinger privato, quel cardinale che stigmatizzava la curia romana per l’eccessiva indulgenza quando, all’inizio degli anni duemila, si accendevano le prime luci sugli scandali sessuali d’oltreoceano.
Pusch, insomma, dà del bugiardo al Pontefice quando asserisce di non credere al fatto che furono altri ad ordire trame alle spalle del mite arcivescovo di Monaco, trame che ignorarono bellamente le dure prese di posizione di Ratzinger verso i sacerdoti incriminati, offrendo loro di nascosto nuove occasioni di ministero pastorale.
All’uomo che non ha avuto paura di fare un passo indietro rispetto al potere più grande della Chiesa, si rinfaccia di aver avuto paura di esercitare il proprio potere di arcivescovo per punire i colpevoli delle nefandezze emerse nel rapporto di Pusch. L’avvocato non sente ragioni: suo scopo è dimostrare che c’è una Chiesa brutta e cattiva che arriva a Benedetto XVI, una Chiesa che insabbia pedofili, nasconde assassini e spalleggia opachi banchieri. L’assunto è molto semplice: se si elimina il passato, e lo si carica di tutte le colpe del presente, allora è possibile purificarsi e rinascere.
Questo modo di vedere le cose nasconde una terribile tentazione che è vivissima in ciascuno di noi: che per correggersi bisogna farsi del male, bisogna censurarsi, bisogna sentirsi in colpa per la propria storia, le proprie scelte e la propria vita. La purificazione di questi signori nasce da un certo odio che essi nutrono per una Chiesa che non esiste, a cui hanno addossato tutto il male in modo tale da poterne prendere le distanze. Questa storia degli abusi, al contrario, c’è, esiste, perché la comunità cristiana possa fare i conti con il proprio male, possa prendere sul serio qualcosa che solo la Grazia può vincere e che noi ci illudiamo di addomesticare con buone strutture e ottimi ragionamenti.
La mitezza di Ratzinger, in questo caso, diventa parafulmine di una nuova ondata di fango, identificando nel papa tedesco l’epicentro di tutto il male. Una Chiesa che si guarda così, al pari di una persona è destinata ad implodere. I motivi di tale implosione potrebbero essere tanti, ma forse uno è più grande degli altri: una Chiesa così crede che risani di più la propria giustizia che il perdono di un Altro, una Chiesa così crede – insomma – di potersi purificare senza Dio.
Ratzinger, nel suo pontificato, indicò a tutti una strada; questi signori pensano di poter ritrovare la pace tracciando la scorciatoia più veloce verso il colpevole, verso il già scritto, verso ciò che si è deciso debba accadere già in partenza».

Il “rapporto di München” contiene informazioni inquietanti sugli abusi sessuali a danno di 497 bambini nell’Arcidiocesi di München und Freising tra il 1945 e il 2019. Tutte le 1.893 pagine si trovano online, ma sfortunatamente solo in tedesco. Dott. Hesemann ha letto sia le 72 pagine che si riferiscono ai 5 anni in cui Joseph Ratzinger è stato Arcivescovo metropolita di München und Freising tra il 1977 e il 1982, nonché le sue 88 pagine di risposta alle domande degli inquirenti.

Dott. Hesemann è stato intervistato in esclusiva da Deborah Castellano Lubov per il sito Exaudi del 23 gennaio 2021. De seguito riportiamo alcuni stralci dall’intervista, nella nostra traduzione italiana dall’inglese: “Attacchi a Benedetto non giustificati”, afferma il Dott. Michael Hesemann.
Inoltre, facciamo seguire la nota di Hesemann pubblicata nella Lettera di Dott. Robert Moynihan N. 14 del 25 gennaio 2022, nella nostra traduzione italiana dall’inglese: Nella difesa di Benedetto. Ratzinger (Benedetto XVI) ha davvero insabbiato gli scandali sessuali? La campagna di odio dei media contro Papa Benedetto XVI è pienamente attiva – ma cosa dice veramente il “Rapporto di München”?

Infine, riportiamo la Lettera di un’ex guardia svizzera. “I due papi” e il vero Benedetto XVI, pubblicato il 17 gennaio 2020 sul blog Duc in altum da Aldo Maria Valli, rende giustizia all’uomo Ratzinger.

Analizzando i quattro casi e a come l’Arcivescovo Joseph Ratzinger li ha trattati, il Dott. Hesemann ha spiegato che se si studiano, si rimane “molto sorpresi nel vedere che non c’era nessuna vittima in nessuno di questi quattro casi, almeno non durante l’incarico di Ratzinger come Arcivescovo. In nessuno dei quattro casi, un prete è stato accusato di qualsiasi attività sessuale con un minore o un adulto, un ragazzo o una ragazza durante quei 5 anni!”.

Il Dott. Hesemann, oltre a spiegare il “rapporto di München”, mettere sotto la lente le affermazioni in esso contenute e verificare se hanno legittimità, ricorda come il Cardinal Ratzinger, quando era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e in seguito, quando era Papa, ha lavorato per contrastare gli abusi sessuali su minori da parte del clero nella Chiesa Cattolica Romana.

Chi non conosce il tedesco, innanzitutto non avrebbe dovuto prendere come ora colato le affermazioni dello studio legale auto-dichiarandosi “indipendente”. Invece, chi conosce il tedesco, avrebbe potuto «leggere con attenzione il rapporto ufficiale – dice il Dott. Hesemann -, riconoscere i pregiudizi e vedere la discrepanza tra i fatti riportati e quelli noti, le affermazioni degli investigatori e le affermazioni ancora più grandi e assurde durante la conferenza stampa di München. Questi quattro casi sono abbastanza forti da compromettere il lavoro della vita di Joseph Ratzinger? Sicuramente no! Ancora una volta: non ci sono vittime, non ci sono stati casi di molestie sessuali durante il suo incarico di Arcivescovo di München und Freising. Non uno. In due soli casi, la domanda è quanto bene sia stato informato in anticipo sul passato di due sacerdoti di altre diocesi, uno anche in un altro Paese. Dice che non conosceva i dettagli in questione e non ci sono prove che lo sapesse. In dubio pro reo è un principio universale e un Papa non ne è esentato. Nessuno degli ultimi attacchi contro Benedetto XVI è giustificato, perché non si basano su alcun fatto, ma solo su pregiudizi, calunnie e distorsioni. Nella migliore delle ipotesi, i quattro casi rivelano che la Chiesa è diventata più sensibile nell’affrontare gli abusi, e questa è una buona cosa. Ma quella, come ho già detto, è stata opera di Benedetto XVI. Tanto più assurdo, tanto più perfido è ora mettere in un angolo l’uomo che era responsabile della pulizia con i responsabili degli insabbiamenti!».

Conclude il Dott. Hesemann: «Non posso che invitare tutti a leggere la relazione originale cum grano salis, con il dovuto scetticismo. Chiunque cerchi prove, indizi o anche fatti concreti che potrebbero condannare il Papa Ratzinger per aver mentito sarà deluso molto rapidamente. Ci sono cerchi in Germania che vogliono una Chiesa diversa, una Chiesa antropocentrica, più protestante, più “aperta al mondo”. Per loro Papa Benedetto è un simbolo, un simbolo della Chiesa “vecchia”, teocentrica. Per questo fanno di tutto per calunniarlo, screditarlo e tutto ciò che ci ha insegnato come teologo, vescovo, cardinale, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e Papa. Non si tratta affatto di quei quattro casi, ma di lui e dei suoi insegnamenti. Quindi per loro è il capro espiatorio perfetto. Possono distrarre tutta l’attenzione su di lui».

Scrive Maurizio Vitali nel suo Editoriale per Il Sussidiario del 24 gennaio 2022 (Ratzinger accusato di avere coperto preti pedofili è soltanto l’ultima operazione di un mondo, anche ecclesiastico, ferocemente nemico della Chiesa) [QUI]: «Robe da chiodi. Si ha l’impressione che importi fino a un certo punto dei 497 minori prevalentemente maschi vittime di abusi in quei 74 anni e dei 235 abusatori prevalentemente preti. Importa molto tirare in ballo il papa emerito, ricicciando accuse in parte già viste, di non aver preso provvedimenti in quattro casi quand’era, quarant’anni fa, arcivescovo di Monaco. Ignorando che le accuse note sono state smontate in una dettagliata memoria di 84 pagine. Ignorando anche la fermissima e straordinaria azione (non bla bla bla) di Benedetto contro la pedofilia della Chiesa».

“Attacchi a Benedetto non giustificati”, afferma il dottor Michael Hesemann
Estratti dall’intervista esclusiva al Dott. Michael Hesemann a cura di Debora Castellano Lubov per Exaudi, del 23 gennaio 2022 [QUI] https://www.exaudi.org/all-recent-attacks-on-benedict-are-not-justified-states-dr-michael-hesemann/ nella nostra traduzione italiana dall’inglese

DOTT. MICHAEL HESEMANN: Innanzitutto, c’è un’enorme discrepanza tra il rapporto stesso da un lato e la conferenza stampa di presentazione di giovedì scorso e la sua copertura internazionale dall’altro. Questo è significativo, perché ogni giornalista che ha riferito della conferenza stampa di Monaco ha ammesso di non aver ancora letto il rapporto. Certo che no, dal momento che nessuno può leggere 1.893 pagine in un giorno! Quindi ogni titolo era basato su ciò che è stato detto durante la conferenza stampa, ma questa in realtà era solo un’interpretazione distorta e malevola senza il supporto dei fatti presentati nel rapporto. Quindi, la maggior parte di quanto avete letto e sentito negli ultimi due giorni sono solo fake-news, che poggiano su una deliberata disinformazione da parte dei media. Come tutti sappiamo, il clamore mediatico si è concentrato su Papa Benedetto XVI, anche se non è affatto l’argomento principale del rapporto. Il rapporto tratta i casi di abuso sessuale di minori dal 1945 al 2019, in 74 anni, non solo nei 5 anni di episcopato Ratzinger. Tratta 65 casi, di cui solo 4 casi legati a Ratzinger. E se si studiano quei casi, Ratzinger è solo una figura secondaria, qualcuno che non ha avuto un ruolo importante in quanto successo, eppure tutti si focalizzano su di lui. Metterlo sotto i riflettori è, naturalmente, un modo facile per coprire la cattiva condotta di molti suoi successori, in particolare il Cardinale Marx, che è Arcivescovo di Monaco e Frisinga dal 2008.

[Quindi, Dott. Hesemann nell’intervista dà un’occhiata ai quattro casi e a come Ratzinger li ha affrontati. Per questo rimandiamo alla sua Nota pubblicata da Dott. Robert Moynihan nella sua Lettera N. 14 del 25 gennaio 2022]

DOTT. MICHAEL HESEMANN: Se li studi [i 4 casi], rimarrai molto sorpreso dal fatto che non ci siano state vittime in nessuno di questi quattro casi, almeno non durante l’incarico di Ratzinger come Arcivescovo. In nessuno dei 4 casi, un sacerdote è stato accusato di attività sessuale con un minore o un adulto, un ragazzo o una ragazza durante quei 5 anni! Questo è un fatto molto importante, poiché generalmente si sostiene che la Chiesa chiude un occhio sulle vittime. Nella relazione non ci sono nomi (anche nella risposta di Benedetto i nomi sono oscurati), ma il famigerato Padre Peter Hullermann è l’esibizionista nel secondo caso.

[L’intervista passa a quando Ratzinger ha lasciato München e ad alcuni dei suoi passi più importanti contro gli abusi mentre guidava la Congregazione per la Dottrina della Fede]

DOTT. MICHAEL HESEMANN: Il rapporto ha accusato Ratzinger di non aver denunciato quei 4 casi a Roma. Ma in realtà questo non era il modus operandi negli anni ’70. Solo quando Ratzinger divenne Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede nel 1982, inserì l’Istruzione Crimen sollicitationis del 1982 nel Codice di Diritto Canonico riformato del 1983. Tuttavia, ci volle fino alla metà degli anni ’90 prima che le diocesi seguissero effettivamente questa istruzione, perché Ratzinger insistette. Prima, quei casi erano solo insabbiati dai vescovi locali. Dopo il Concilio Vaticano II, il principio era che il vescovo doveva “guarire, non punire”; coloro che agivano diversamente erano considerati troppo rigidi e intolleranti. Solo quando i casi di abuso hanno creato uno scandalo negli Stati Uniti, i vescovi americani hanno chiesto a Ratzinger se dovessero disciplinare internamente i preti pedofili o coinvolgere le forze dell’ordine.
Quando Papa Giovanni Paolo II ha temuto un abuso politico dei casi, è stato Ratzinger a chiedere chiarimenti e persecuzioni senza compromessi. Nel 2001, infatti, convinse il Papa a promulgare regole più severe. Nella sua istruzione De delictis gravioribus, ha obbligato al dovere di denunciare alle autorità quei casi di contrasto secondo le leggi nazionali – immediatamente, non dopo un processo canonico! Un anno dopo, Giovanni Paolo II ordinò a 13 vescovi americani di recarsi a Roma per informarli sulla nuova “politica di tolleranza zero” della Santa Sede.

[Successivamente l’intervista elabora sul fatto che nel 2010 Papa Benedetto XVI ha compiuto passi enormi per combattere la pedofilia nella Chiesa]

DOTT. MICHAEL HESEMANN: Fin dall’inizio del suo pontificato, ha imposto questa “politica di tolleranza zero”, anche in un caso importante come quello di Padre Marcial Maciel Delgado. Nel 2010, quando si è saputo che le sue istruzioni erano state ignorate da diversi vescovi, ne ha applicate ancora più severe. Il termine di prescrizione è stato prorogato, ad esempio, da 10 a 20 anni. I casi gravi dovevano essere denunciati allo stesso Papa, che avrebbe rimossi dal clero i colpevoli. Inoltre, ha incaricato i seminari di scegliere con maggiore cura i candidati e di rifiutare gli uomini con tendenze pedofile o omosessuali. Qualsiasi insabbiamento è stato dichiarato “assolutamente inaccettabile” da Benedetto XVI.
Per dare l’esempio e porre fine a questa “perversione del sacerdozio”, come la chiamava lui, ha laicizzato quasi 400 preti pedofili.

Nella difesa di Benedetto
Ratzinger (Benedetto XVI) ha davvero insabbiato gli scandali sessuali?
La campagna di odio dei media contro Papa Benedetto XVI è pienamente attiva – ma cosa dice veramente il “Rapporto di München”?
di Michael Hesemann
Lettera di Dott. Robert Moynihan N. 14, 25 gennaio 2022

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Le accuse contenute nel rapporto sugli abusi dello studio legale di München, Westpfahl Spilker Wastl contro Papa Benedetto XVI sono così assurde e inverosimili che, a quanto pare, non si è nemmeno tentato di nascondere il loro perfido scopo: usare l’importanza dell’ingiustamente accusato per distrarre l’attenzione dai fallimenti di altri, primo fra tutti l’attuale Arcivescovo metropolita di München und Freising. E per infliggere il colpo mortale alla Chiesa che rappresenta Ratzinger, cioè un cattolicesimo teocentrico, e per insediare al suo posto la chiesa protestante, antropocentrica dello Zeitgeist del “Cammino sinodale”.

Nessun’altra conclusione può essere raggiunta da chi ha visto oltre la campagna mediatica delle “voci” dalla conferenza stampa di München e si concentra invece sulla lettura del rapporto originale, che dovrebbe contenere prove per le accuse sbandierate con sicurezza nel mondo, programmate per provocare immediata ostilità contro la Chiesa. Ma chiunque cerchi prove, prove circostanziali o anche fatti concreti che potrebbero condannare il Papa Ratzinger per aver mentito sarà deluso molto rapidamente. Perché a München le montagne bavaresi urlavano potentemente, ma era nato solo un topo ridicolo, così piccolo che nessun gatto romano gli sarebbe mai andato dietro.

Vediamo dunque più da vicino i quattro casi – ben quattro su un totale di 65 (!) – in cui l’allora Arcivescovo metropolita di München und Freising, il Cardinale Joseph Ratzinger (dal 1977 al 1982), è accusato di fallimento in carica – o, per essere più precisi, di non aver reagito “secondo le regole o opportunamente” ai casi di abuso. Già qui, però, la trappola dell’anacronismo minaccia quando gli esperti cercano di valutare la gestione dei casi di abuso di mezzo secolo fa secondo gli standard odierni. Perché il fatto che una “pandemia di abusi” sia caduta sulla Chiesa Cattolica è solo una presa di coscienza del XXI secolo, ed è stato Benedetto XVI, tra tutte le persone, a reagire con maggiore veemenza e a ripulire le stalle di Augia.

Durante il suo pontificato, almeno per quanto riguarda l’Europa, sono stati trattati i primi casi di abuso in ambito ecclesiastico e sono stati adottati i provvedimenti disciplinari più severi fino ad oggi, dalla riduzione dallo stato clericale di 384 sacerdoti carnefici fino alla cooperazione (per la prima volta) con le forze dell’ordine secolari.

Ma quale persona può essere biasimata per non aver posseduto nel 1977 la conoscenza e la sensibilità per un problema allora praticamente sconosciuto che abbiamo oggi, nel 2022? Non era inconcepibile per tutti noi in quale abissa l’eccessiva sessualizzazione della nostra società, la “rivalutazione dei valori” del 1968 avrebbe fatto sprofondare anche le anime dei sacerdoti? L’idea che potessero esserci preti pedofili non era impensabile per tutti noi in quel momento? Non c’erano altre spiegazioni per voci che sembravano più probabili sulla base della conoscenza dell’epoca? E le persone di elevata integrità personale non mostrano spesso una certa ingenuità quando si tratta delle profondità delle anime criminali? Non è per questo che impostori e truffatori hanno un gioco così facile?

Certamente un arcivescovo non è uno psicologo criminale e corre il rischio di vedere prima il bene in una persona. L’ammonimento di Gesù di trattenersi ad ogni lapidazione e di dare una seconda possibilità anche ai trasgressori pentiti porta almeno ogni vescovo in un conflitto di coscienza quando ha a che fare con gli abusatori. Quindi è piuttosto ovvietà quando Benedetto XVI afferma anche nella sua risposta alle domande degli esperti che è tuttavia inevitabile «classificare storicamente correttamente gli atti di quel tempo e inquadrarli nel contesto di quel tempo, nella situazione giuridica di quel tempo, nello spirito di quel tempo e nei concetti morali che prevalevano in quel tempo”.

Ciò include il fatto che sono colpevoli solo coloro che hanno violato le norme legali in vigore al momento della loro responsabilità. Nulla culpa sine lege (nessuna colpa senza legge) è un principio giuridico del diritto romano che dovrebbe essere noto anche a uno studio legale di Monaco, ma purtroppo è stato spazzato via, almeno in conferenza stampa.

Così, l’istruzione Crimen sollicitationis, che Ratzinger avrebbe violato tra il 1977 e il 1982, è entrata in vigore del tutto solo con il Codice di diritto canonico del 1983, per la cui adozione nientemeno era responsabile il Cardinale Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. È stato applicato pure solo dalla fine degli anni ’90. Ma questo almeno chiarirebbe perché Ratzinger non abbia denunciato a Roma i casi in questione, ammesso che gli fossero stati affatto conosciuti – a quel tempo non si trattava né di un ordinamento né di una pratica comune!

Ma anche in caso contrario, c’è abbastanza spazio per l’interpretazione nei cinque casi di cui Ratzinger è accusato. Lo devono ammettere anche i periti, che addirittura rimettono in prospettiva il numero dei casi citati, letteralmente: “Di questi, due casi riguardano atti commessi durante l’incarico dell’Arcivescovo Cardinale Ratzinger e tre casi quelli commessi prima del suo incarico e in parte al di fuori del territorio dell’Arcidiocesi. Dei casi trattati in questo volume, i sospetti espressi dagli esperti non sono stati confermati in un caso. Nel Caso N. 41 presentato separatamente (che è trattato separatamente e non fa parte del rapporto vero e proprio), il sospetto è stato solo parzialmente confermato.

Il primo dei quattro casi – numerato N. 22 nel rapporto – coinvolge un sacerdote che era stato condannato al carcere negli anni ’60 per pedofilia omosessuale. Dopo il suo rilascio, il predecessore di Ratzinger, il Cardinale Julius Döpfner, lo aveva trasferito all’estero. Durante l’incarico di Ratzinger, chiese di tornare nella sua nativa Baviera per andare in pensione. Gli fu concesso alla fine degli anni ’70. La perizia insinua che Benedetto XVI conoscesse l’abusatore perché aveva trascorso le vacanze nella sua ex parrocchia e, inoltre, conosceva il suo successore.

Inoltre, al momento del suo pensionamento, gli aveva conferito il “titolo onorario di ‘parroco’”. Ed è qui che iniziano le assurdità. Perché, certo, “parroco”, a differenza, diciamo, di monsignore, protonotario apostolico o prelato, non è un titolo onorifico, ma un titolo di lavoro. “Parroco in pensione” è ciò che può definirsi qualsiasi sacerdote che abbia guidato una parrocchia. Quindi anche Ratzinger non glielo conferì; quando il Vicariato Generale dell’Arcivescovo gli accordò il trasferimento in pensione fu indicato con il suo corretto titolo professionale.

Pretendere che Ratzinger abbia indagato sul passato e sulla fedina penale durante la sua unica vacanza nella sua ex parrocchia non è solo un’insinuazione, ma una costruzione perfida: la vacanza in questione avvenne nell’agosto del 1982, cioè sei mesi dopo Ratzinger aveva rassegnato le dimissioni dalla carica di Arcivescovo per lavorare a Roma come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede su richiesta di Giovanni Paolo II. Quindi, anche se – cosa poco probabile – avesse appreso qualcosa sulla vita precedente dell’autore del reato in quel momento, ciò non avrebbe potuto influenzare la sua azione tre o quattro anni prima.

Se Ratzinger abbia mai saputo perché la suddetta persona avesse agito all’estero è più che discutibile. Lui stesso lo nega con veemenza e non c’è motivo di non credergli. Ma non ci sarebbe stato nemmeno motivo di rifiutare a un uomo che aveva scontato la pena e non aveva mai avuto una ricaduta, di tornare a casa e andare in pensione con una lettera standard e un saluto corretto. Ma Ratzinger non fece nemmeno questo; la lettera formale è rimasta senza la firma del cardinale! Dunque, anche gli esperti devono ammettere che Benedetto XVI è da considerarsi «in quanto tutto esonerato».

Nel secondo caso, N. 37, un sacerdote della Diocesi di Essen era stato condannato per “tentata fornicazione con bambini e reato (sessuale)” all’inizio degli anni ’70, cioè sotto il predecessore di Ratzinger, il Cardinale Julius Döpfner. Immediatamente la Diocesi lo tolse dal ministero dell’insegnamento. Cinque anni dopo, ora sotto Ratzinger, ci fu una seconda condanna per atti esibizionisti. Ratzinger aveva convenuto che il sacerdote rimanesse comunque al suo posto, dove ebbe una ricaduta un anno dopo.

Poi il tribunale lo ha condannato a una pena detentiva sospesa. Dopo aver ricevuto cure mediche specialistiche, è stato successivamente assunto da una scuola privata come insegnante di religione. Mentre Benedetto XVI nega di essere stato pienamente informato sul caso, è comprensibile almeno il comportamento del suo Vicario Generale: il sacerdote in questione era stato condannato solo per essere un esibizionista durante l’incarico di Ratzinger, quindi non aveva commesso atti contro i bambini. Un trasferimento era fuori questione perché stava subendo un trattamento psichiatrico in loco. Quando ebbe una ricaduta, fu dimesso dal ministero pastorale; insegnò poi in una scuola commerciale privata, dove, a detta del preside, si comportava in modo impeccabile.

Inoltre, negli anni ’70 si riteneva che l’esibizionismo e la pedofilia fossero malattie curabili che potevano essere curate con cure psichiatriche. Quindi, ancora una volta, non ci sono prove di alcun illecito o negligenza da parte dell’Arcivescovo Ratzinger.

Il terzo caso, N. 40, scagiona Benedetto XVI piuttosto che incriminarlo. Un sacerdote di una Diocesi estera e parente del vescovo era stato condannato con la sospensione della pena nel suo Paese d’origine per abusi sessuali su bambini. Il Vescovo, suo zio, ha quindi cercato di inviare il colpevole del reato a München per continuare i suoi studi o il dottorato, richiesta accolta dall’Arcivescovo Ratzinger. Nella procedura, era stato anche assegnato come cappellano nella cura pastorale. Quando fu visto mentre faceva il bagno nudo e cercava un contatto privato con i chierichetti, gli fu proibito di svolgere qualsiasi celebrazione in parrocchia e alla fine fu licenziato.

Il parere insinua all’Arcivescovo Ratzinger, dichiaratamente senza uno straccio di prova o anche solo una prova indiziario, che doveva essere stato a conoscenza della condanna del giovane sacerdote all’estero. È molto più probabile, tuttavia, che suo zio l’abbia nascosto deliberatamente. Ora, né fare il bagno nudo, né il “fare uno sforzo per stabilire un contatto” sono abusi sessuali, per non parlare di un reato penale. Tuttavia, la Diocesi ha agito preventivamente.

Il quarto caso, N. 42, coinvolge un sacerdote accusato di aver scattato “fotografie oscene” di ragazze sotto i 14 anni, che poi ha portato a una condanna. Ne era stato informato l’Arcivescovo Ratzinger, che decise di mettere d’ora in poi l’imputato in una casa per anziani e in un ospedale. Il parroco che lo accolse nella sua parrocchia gli permise di celebrare anche nella chiesa parrocchiale. Rimane aperto come gli esperti vogliano dedurre un errore di Ratzinger o addirittura “indifferenza e disinteresse” dal trasferimento punitivo avvenuto, tanto più che non c’è mai stato questione di atti sessuali con minori.

L’intero passaggio del rapporto di München sul Cardinale Ratzinger, ben 72 pagine, non tratta di un solo caso di abuso sessuale, almeno per quanto riguarda la sua Diocesi e il periodo del suo incarico. Non c’era una sola vittima di ciò, né ragazzo né ragazza, uomo o donna, né minore né adulto. È quindi assurdo accusarlo di non aver tutelato le vittime.

Bastano questi quattro casi per danneggiare l’opera di una vita di uno dei Papi più intelligenti della storia della Chiesa? Nella migliore delle ipotesi, rivelano che la Chiesa è diventata più sensibile nell’affrontare gli abusi, e questa è una buona cosa. Ma, come abbiamo già detto, questa è stata proprio l’opera di Benedetto XVI, che rende più assurdo e perfido mettere ora la persona illuminata nello stesso angolo degli insabbiamenti!

Lettera di un’ex guardia svizzera
“I due papi” e il vero Benedetto XVI
Duc in altum, 17 gennaio 2020


Qualche settimana fa ho visto I due papi su Netflix e devo dire che, in quanto ex guardia svizzera pontificia al servizio di Benedetto XVI durante tutto il suo pontificato, sono stato colpito dall’accurata ricostruzione del Vaticano. Però man mano che proseguivo nella visione la mia buona impressione diminuiva. Sono rimasto sorpreso e dispiaciuto nel vedere un Benedetto XVI presentato come avido, cattivo, meschino, animato da una incontrollabile sete di potere. Nel profondo del mio cuore ho pensato: ma questo non è il papa che ho conosciuto e ho servito! In questi giorni poi, leggendo i resoconti giornalistici sulla vicenda del libro scritto dal cardinale Sarah, ho provato la stessa sensazione e lo stesso dispiacere: spesso la stampa ci presenta un Benedetto XVI che non esiste. Quelle che ci spacciano sono vere e proprie bufale, come se i giornalisti descrivessero il papa Benedetto della finzione cinematografica e non quello reale.

Io posso dire di aver servito un Benedetto XVI buono, magnanimo, gentile, del tutto disinteressato alle questioni legate al potere e all’apparire. L’ho fatto per otto lunghi anni e ne conservo un ricordo pieno di riconoscenza e tenerezza.

Tanti i momenti di cui potrei parlare: le celebrazioni pubbliche in piazza San Pietro, gli incontri nel palazzo apostolico, le udienze, ma anche momenti privati, come quando, in una notte di Pasqua, Benedetto battezzò un mio caro amico e io feci da padrino, o quando ebbi la possibilità di presentare al papa il mio papà e la mia mamma. E poi ho impressi nella memoria i giorni trascorsi a Castel Gandolfo, dove una volta, nel giorno del mio onomastico, papa Benedetto si ricordò di me e mi fece pervenire i suoi auguri tramite il segretario! O come quando, dopo cena, faceva mettere da parte alcune porzioni del dessert che era stato servito e le destinava alle guardie svizzere impegnate nel turno di notte.

Ricordo ancora una sera: stavo gustando lo strudel di mele che il papa mi aveva fatto arrivare e sentii il suono di un pianoforte. Era Benedetto XVI che suonava Mozart! Una vera scena da film!

E come potrei dimenticare il 28 febbraio 2013, l’ultimo giorno del pontificato attivo? Quel giorno anch’io conclusi il mio servizio come guardia svizzera, e Benedetto XVI, pur alle prese con una situazione tanto delicata, si ricordò di me e si assicurò che avessi trovato un nuovo lavoro.

Ecco perché, caro Valli, dico che il papa che ho conosciuto io non ha nulla a che fare con quello che ci viene presentato nelle fiction e sulla stampa.

Aggiungo che negli otto anni del mio servizio ho conosciuto un papa che possedeva un altissimo senso di responsabilità, unito alla consapevolezza della dignità del ruolo che ricopriva e della grandezza del papato. Tutto ciò, come ho detto, non gli impediva di essere un uomo semplice e umile, ma lo metteva al riparo da ogni forma di demagogia e protagonismo.

Nel giorno della sua elezione si definì “un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore” e posso confermare che questa è la definizione che più gli si attaglia.

Più volte Benedetto ha detto che quando fu eletto interpellò il Signore: “Perché mi chiedi questo? Che cosa mi chiedi di fare?”, ma si affidò totalmente a Dio e accettò di essere guidato.

La scelta della rinuncia avvenne, secondo me, sempre nell’ottica del servizio alla Chiesa. Si comportò da servitore coraggioso, come sanno essere i veri leader.

Per me è stato un grande onore servirlo e gli sarò per sempre grato per ciò che mi ha dato in quegli anni. È stato per me un esempio che, nel mio piccolo, cerco di imitare.

Grégoire Piller

Postilla

Saldi nella fede affrontiamo la battaglia contro il male.
Vivremo le sofferenze e subiremo il dolore indicibile che lascerà nella nostra carne profonde e indelebili cicatrici.
Ma vinceremo.
Perché questo è sicuro.
Vinceremo.

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Editoriale del Direttore editoriale del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede: «Il rapporto di Monaco e la lotta di Ratzinger contro gli abusi» [ITALIANO, INGLESE, TEDESCO, FRANCESE, SPAGNOLO e PORTOGHESE] – 26 gennaio 2022
– La rivoluzione scismatica e eretica tedesca all’assalto delle mura leonine e dei muri maestri della Chiesa. Siamo tornati ai tempi dell’eresiarca Lutero – 25 gennaio 2022
– Il missile a Ratzinger è anche un’avvertimento a Bergoglio (che non difenda più i muri maestri, altrimenti sistemano anche lui). L’obiettivo finale: la Chiesa – 24 gennaio 2022
– «Quando muore il leone, gli sciacalli escono dal burrone» (Proverbio africano) – 23 gennaio 2022
– Lo hanno lasciato solo! – 23 gennaio 2022
– Siluro di fango. Qui prodest? Qui tacet consentire videtur! «Mi è stata messa una spina nella carne» (2Cor 12,7). «Quando sono debole, è allora che sono forte» (2Cor 12,10) – 22 gennaio 2022
– Il siluro lanciato dalla Baviera contro Ratzinger è di marca vaticana ed è alla Santa Sede che deflagra suo carico nauseabondo – 21 gennaio 2022

Foto di copertina: dopo la sua nomina ad Arcivescovo metropolita di München und Freising, Joseph Ratzinger incontro i fedeli davanti alla Ramersdorfer Marienkirche, il 23 maggio 1977 (Foto AP).

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