Per Mencarelli la vita è sempre tornare

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E’ un percorso a ritroso, quello intrapreso da Daniele Mencarelli, non solo nel suo nuovo romanzo, ‘Sempre tornare’, ma anche nella trilogia ideale che questo crea con i precedenti: insieme, letti in una sequenza che costringe a forzare il naturale scorrere in avanti del tempo di ogni formazione, progressivamente riportano verso il nucleo originario della sete di vita e di domande del protagonista.

Il diciassettenne protagonista di questo nuovo romanzo decide di mollare i suoi amici a Misano Adriatico per rientrare a Roma da solo, non è carico soltanto del fardello della sua valigia verde pisello, intraprendendo un cammino con regole precise: niente sconti né scorciatoie, niente cedimenti (anche se ci si trova senza soldi e documenti, e in alcuni casi non è così facile restare saldi), sensi continuamente in allerta, per captare quella bellezza in cui forse si trovano nascoste le risposte agognate.

La narrazione di Mencarelli rimane ancorata alla realtà: i problemi del protagonista non sono solo esistenziali, ma anche molto concreti. ‘Sempre tornare’ è un romanzo di strade, di incontri salvifici o distruttivi, di meraviglie che si dispiegano davanti agli occhi ma anche di difficoltà (non solo interiori) da fronteggiare; un romanzo che ha il coraggio di dire i sentimenti, anche quelli più scomodi, anche quelli talmente confusi e impastati che il protagonista non riesce a definirli del tutto.

Allora, perché è necessario ‘sempre tornare’?

“Il giovane protagonista del libro dice che un viaggio che non prevede mai un ritorno è randagismo. Il protagonista diciassettenne sperimenta questo, perché accarezza l’idea del randagismo; però davanti alla realtà si rende conto di aver  bisogno del luogo che lo ha generato e degli affetti che lo possono sorreggere. Davanti ai bisogni non si può stare soli, quando si è ancora giovani; sente questo bisogno di tornare a quel luogo dove è stato generato e c’è qualcuno che lo aspetta”.

Cosa significa in questa sua trilogia la parola ‘generare’?

“Il viaggio ed il generare appartengono ai tre libri, permettendo di vivere. Il protagonista sente questo amore viscerale verso la madre, che è sempre generativa nei consigli, come fanno tutti i genitori per i figli”.

Quale posto ‘occupa’ la madre nei suoi romanzi?

“La madre è la grande generatrice. Quando guardiamo l’universo c’è chi spera nel Creatore e c’è chi mette come grande ordinatore un bing bang. Però un dato è incontrovertibile, a cui il protagonista si aggrappa: in questo mondo nessuno è generato dal nulla. Ognuno è generato da un altro essere umano: questo aspetto fornisce alla madre una dimensione sacra”.

Perché bisogna bruciare’come fiamma verso il cielo’?

“L’esperienza del vivere non può essere taciuta; rimane un meraviglioso ‘scandalo’; una meravigliosa opportunità. Possiamo permetterci tutto, tranne che vivere da fuochi spenti con un sentimento da ignavi. E’ bello bruciare alla ricerca di un significato di vivere. L’unica ragione imperdonabile è vivere da spenti”.

Si può interpretare il viaggio come cambiamento di vita?

“Il viaggio è una straordinaria metafora dell’esistenza. Il vero viaggio non si misura in chilometri, ma quello che misuri nella disponibilità che dai alla realtà ed all’arte dell’incontro, che ti può cambiare la vita. Triste è l’uomo che non è mai disposto a vivere in questa dimensione di cambiamento”.

‘Vorrei avere il coraggio di confessare ad Annamaria cos’è Dio nella mia vita. Non proprio lui, ma il desiderio di lui’: nel romanzo come scaturisce la preghiera?

“C’è un rapporto misterioso tra realtà e preghiera. Il protagonista racconta che spesso la realtà suggerisce la preghiera. Egli si trova a vivere esperienze, che gli chiedono di essere accolte attraverso la preghiera. Credo che il rapporto tra Parola e realtà sia misterioso, nel significato più bello del termine”.  

‘Gli animali. La natura. La bellezza sterminata delle cose. Devo capire. Io sono qui perché devo capire. Non posso più fare finta di niente’. A quale nuova vita si è chiamati?

“La pandemia ha, come ogni evento epocale che si rispetti, archiviato abitudini di colpo anacronistiche in virtù di nuovi fenomeni, desideri, sogni da inseguire. Di questa nuova tendenza se ne parla in tutto il mondo.

Sempre più individui, e non parliamo di ragazzi ma di adulti spesso oltre i cinquant’anni, sentono il bisogno di cambiare vita, a partire dalla professione che svolgono. Invece di cambiare vita, torniamo a essere veri esploratori della nostra. E cambieremo anche il mondo.

In questo senso, non occorre nessun cambiamento esterno, l’avventura sta tutta dentro di noi e chiede soltanto di essere vissuta in tutta la sua intensità, coinvolgendo i nostri simili, tutti quelli che non vogliono lasciarsi vivere. E’ questa la vita nuova, e chiede tutto l’ardore di cui siamo capaci”.

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