Prigionieri armeni ostaggi in Azerbajgian. Azeri impegnati ad annientare gli Armeni, l’Armenia e l’Artsakh

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La questione dei prigionieri di guerra rappresenta, insieme alla definizione dei confini, una delle questioni più controverse tra Armenia e Azerbajgian sul piano diplomatico. Il rimpatrio era previsto nell’accordo trilaterale di cessate il fuoco, sottoscritto il 9 novembre 2020 dall’Armenia, da Azerbajgian e della Russia, dopo la guerra di aggressione contro la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh [La guerra scatenata dall’Azerbajgian (con il sostegno determinante della Turchia) contro la Repubblica di Artsakh non va dimenticata – 24 settembre 2021].

Ciononostante, l’Azerbajgian detiene ancora decine di soldati e civili armeni catturati durante e dopo la guerra della fine del 2020 in Artsakh. Era la terza delle guerre scatenate dall’Azerbajgian dal febbraio 1988, quando l’Artsakh/Nagorno-Karabakh, nel Caucaso meridionale sull’Altopiano armeno, a maggioranza armena cristiana, ha annunciato la sua secessione dalla Repubblica Socialista Sovietica dell’Azerbajgian, in cui fu incorporato da Stalin. Dal 1992 sono in corso negoziati per una soluzione pacifica del conflitto nel quadro dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) di Minsk, guidato da tre copresidenti, Russia, Stati Uniti e Francia.

Nonostante tutto, ogni tanto arriva dal Giardino della Montagna Nera anche qualche buona notizia. Il 12 novembre 2021 l’agenzia di stampa statale russa TASS ha riportato che dal dicembre 2020, l’Azerbajgian e l’Armenia si sono scambiati un totale di 122 prigionieri di guerra (di cui 105 sono tornati in Armenia e 17 in Azerbajgian), grazie alla mediazione delle forze di pace russe nel Nagorno-Karabakh.

Il 19 dicembre 2021, 10 prigionieri armeni catturati dagli Azeri durante attacco all’Armenia del 16 novembre 2021 sono stati rilasciati con mediazione dell’Unione Europea. Ricordiamo anche la Risoluzione del Parlamento Europeo del 20 maggio 2021 sui prigionieri di guerra all’indomani del più recente conflitto tra Armenia e Azerbajgian (2021/2693(RSP)), che riportiamo di seguito.

Il 20 dicembre 2021, 2 soldati azeri che erano penetrati nel territorio dell’Armenia e catturati il 18 dicembre 2021, con la mediazione russa sono stati riconsegnati due giorni dopo alla parte azera, nonostante le decine di prigionieri armeni ancora detenuti da Baku [++++ ULTIMA ORA ++++ Il ricatto del dittatore azero Aliyev: prigionieri armeni usati come ostaggi – 24 marzo 2021].

Il collega e amico Renato Farina l’11 gennaio 2022 nella sua rubrica Il Molokano su Tempi ha commentato in un articolo – che riportiamo di seguito – il rilascio di 10 prigionieri armeni grazie a un appello totuspartisan italiano. «Mi si dice: sono le classiche mosse pelose – scrive Farina -. Una dissimulazione, una trappola. No. Sono segni. Quelle persone sono reali. Vederle tornare a casa non è una chimera. Purché l’Europa intera impari questo metodo: non dare nulla per scontato, chiedere. Qualche volta si ottiene».

È certamente lodevole l’iniziativa dei 26 parlamentari italiani che lo scorso 10 dicembre avevano firmato un appello bipartisan al Presidente del Consiglio dei ministri Draghi, chiedendo di porre come presupposto del rapporto Unione Europea-Azerbajgian, nell’ambito del Partenariato orientale, il rilascio dei prigionieri di guerra e civili detenuti nel citato paese a seguito della guerra del Nagorno-Karabakh. Questo gruppo di deputati italiani si distingue onorevolmente dai loro colleghi che un anno prima si erano recati in missione a Baku, interessati agli idrocarburi e non al massacro dei cristiani nella Repubblica di Artsakh per mano azera-turca [QUI]. E dai diplomatici stranieri a Baku che si sono fatto portare in un tour nell’Artsakh occupata dall’Azerbajgian, partecipi nella propaganda del regime dittatoriale azero [QUI].

Nel frattempo ricordiamo, che le aggressioni azeri contro l’Armenia e l’Artsakh sono all’ordine del giorno. Dall’inizio di maggio 2021 è prepotentemente salita la tensione alla frontiera tra Armenia e Azerbajgian a causa della penetrazione di centinaia di soldati azeri che sono avanzati oltre la linea di confine e da allora occupano porzioni di territorio della Repubblica di Armenia [QUI]. È in atto un’operazione turco-azera per annientare l’Armenia e l’Artsakh.

Dopo aver occupato 2/3 dell’Artsakh, le ripetute aggressioni sono state giudicate esercitazioni di invasione azera in Armenia. L’alleato del turco Erdogan, l’azero Aliyev sogna nuove conquiste e solo la Russia difende l’Armenia cristiana. In un Briefing metà novembre 2021 per i Capi delle missioni diplomatiche accreditati in Armenia – di cui abbiamo riferito – il Ministro degli Esteri della Repubblica di Armenia, Ararat Mirzoyan, ha detto di ritenere che l’Azerbajgian stia cercando di distogliere l’attenzione della comunità internazionale dal conflitto del Nagorno-Karabakh spostando la tensione al confine tra Armenia e Azerbajgian. Poi, ha sottolineato ancora una volta, che la Repubblica di Armenia difenderà sia la sua integrità territoriale sovrano, sia il diritto degli Armeni della autoproclamata Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh all’autodeterminazione [QUI].

L’ennesima provocazione dell’Azerbajgian lungo la linea di confine con l’Armenia, il 10 gennaio 2022 è costata la vita a tre ragazzi armeni di 18/19 anni. Gli incidenti sono avvenuti all’altezza del villaggio di Verin Shorza nel territorio della Repubblica di Armenia. Gli Azeri hanno utilizzato artiglieria e droni killer. Nel pomeriggio gli azeri hanno sparato nella zona di Karmir Shuka-Taghavard nel territorio della Repubblica di Artsakh, colpendo un fuoristrada parcheggiato nei pressi di un asilo. Gli Azeri hanno continuato a sparare anche contro i vigili del fuoco.

Ormai la questione dell’Artsakh è passata in secondo piano: c’è una evidente volontà azera di eliminare l’Armenia e gli Armeni. Un poco alla volta. L’Unione Europea sostenga i diritti degli Armeni contro la dittatura guerrafondaia di Aliyev [A Baku un “Parco dei Trofei di Guerra” con i caschi dei soldati armeni uccisi durante l’aggressione militare azera-turca contro l’Artsakh/Nagorno-Karabakh. L’abuso di una sconfitta – 16 aprile 2021 | La narrazione agit-prop della diplomazia azera, alla luce delle parole di odio contro gli Armeni dell’arrogante dittatore guerrafondaio, ad un anno dalla fine della sua guerra contro l’Artsakh – 16 novembre 2021 | L’Azerbajgian, noto per la mancanza dello Stato di diritto, viola il diritto umanitario internazionale. A Ginevra la denuncia dei rappresentanti dell’Armenia – 25 giugno 2021].

Dopo la guerra nel Nagorno-Karabakh
Il rilascio di dieci prigionieri armeni grazie a un appello totuspartisan
di Renato Farina
Tempi/Il Molokano, 11 gennaio 2021


Desolatamente avevo citato nell’ultima mia lettera dal Lago Sevan due versi di Giuseppe Ungaretti: «Si sta come d’autunno/ sugli alberi le foglie». Avevo denunciato a voi, cari amici italiani, la nostra solitudine dinanzi ad un destino che la geopolitica ci induce a ritenere segnato. L’Armenia sarà preda del lupo grigio turco (più turco che azero). Abbandonati da tutti, con la sola protezione della Russia che però deve fare i conti con una Turchia alleata ormai della Cina, avevo finito con queste righe a futura memoria: «Ricordatevi che quei versi di Ungaretti riguardano adesso alcuni milioni di fratelli cristiani. Non siamo topi, abbiamo un’anima immortale, e la forza dei sacramenti. Resisteremo. E quand’anche ci conquistassero, riprovandoci con un genocidio, vorrà dire che la nostra croce fiorirà».

Non so come, questa croce inizia già a fiorire. Una solidarietà inaspettata ci è giunta dall’Italia. Ed è arrivata come un vento potente. Solidarietà viene da solidus, solido, che era la paga del milite al tempo di Costantino: da cui soldato. L’etimologia è tremenda. Congiunge gli opposti. Paradosso dell’animo umano. Lo sappiamo bene noi qui che siamo costretti ad essere tutti soldati. Ed io da molokano ne ricavo questa lezione: la solidarietà è la guerra più giusta. La solidarietà tra gli uomini asciuga le lacrime, costruisce cattedrali. E la cattedrale non è solo quella di Strasburgo – che sta nel cuore d’Europa per ricordarle il suo battesimo – ma è la fraternità che sola consente di fondare la pace. Solidarietà è roba materiale, che diventa spirituale. Come la bontà.

Trascrivo la notizia con lo stupore che il grande T. S. Eliot riserva al bambino davanti all’albero di Natale, e che il vostro Don Luigi Giussani vedeva negli occhi puri di Marcellino-pane-e-vino che guardava Gesù. Davvero c’è qualcosa che è più forte della logica delle forze, ed è quella del contagio di ciò che tutti, qualunque fede confessino o neghino, Misi dice: sono le classiche mosse pelose. Una dissimulazione, una trappola. No. Sono segni. Quelle persone sono reali. Vederle tornare a casa non è una chimera hanno dentro. Come definirlo? Cuore, dice la Bibbia. Non ce lo si può strappare. L’uomo è – lo voglia o no – più grande della sua malizia. È cattivo. Ma un misterioso desiderio di bontà c’è in tutti, una fiammella vi arde.

Trascrivo da una agenzia arrivata fin qui e apparsa sui giornali di Yerevan: «Armenia: soddisfazione 26 parlamentari per rilascio 10 prigionieri guerra e civili detenuti. Roma, 21 dic – “LAzerbajgian ha restituito all’Armenia – da quanto si apprende in un comunicato del portavoce del ministero degli Esteri armeno, Vahan Hunanyan – altri dieci prigionieri di guerra. Esprimiamo soddisfazione. Con la mediazione europea ci sono stati segnali importanti di miglioramento. Auspichiamo che sia solo l’inizio del rilascio di tutti i prigionieri detenuti illegalmente e che i negoziati di Renato Farina di pace proseguano per una risoluzione definitiva del conflitto del NagornoKarabakh”. Lo dichiarano in una nota congiunta i 26 parlamentari italiani che lo scorso 10 dicembre avevano firmato un appello bipartisan al presidente del Consiglio, Mario Draghi, chiedendo di porre come presupposto del rapporto Unione Europea-Azerbajgian, nell’ambito del Partenariato orientale, il rilascio dei prigionieri di guerra e civili detenuti nel citato paese a seguito della guerra del Nagorno-Karabakh: Enrico Aimi, Paola Binetti, Stefano Borghesi, Andrea Cangini, Massimiliano Capitanio, Emilio Carelli, Laura Cavandoli, Giulio Centemero, lari Colla, Vito Comencini, Andrea Del Mastro delle Vedove, Roberto Paolo Ferrari, Paolo Formentini, Niccolò Invidia, Alvise Maniero, Elena Murelli, Michele Nitti, Giuseppina Occhionero, Andrea Orsini, Alessandro Pagano, Tullio Patassini, Flavia Piccoli Nardelli, Catia Polidori, Alberto Ribolla, Matteo Salvini, Orietta Vanin».

Ho messo tutti i nomi. Su interne potrete verificare i partiti di appartenenza. L’agenzia dice: appello bipartisan! È una definizione onesta, ma imprecisa, è troppo politica. Bisognerebbe dire con una parola-macedonia, un po’ latino un po’ inglese, che questa iniziativa nasce da un battito cardiaco totuspartisan. Mi si dice: sono le classiche mosse pelose. Una dissimulazione, una trappola. No. Sono segni. Quelle persone sono reali. Vederle tornare a casa non è una chimera. Purché l’Europa intera impari questo metodo: non dare nulla per scontato, chiedere. Qualche volta si ottiene.

Risoluzione del Parlamento europeo del 20 maggio 2021 sui prigionieri di guerra all’indomani del più recente conflitto tra Armenia e Azerbajgian (2021/2693(RSP))

Il Parlamento europeo,
– viste le sue precedenti risoluzioni sull’Armenia e l’Azerbajgian,
– viste la riunione del consiglio di partenariato UE-Armenia, del 17 dicembre 2020, la riunione del consiglio di cooperazione UE-Azerbajgian, del 18 dicembre 2020, e le rispettive conclusioni,
– viste la Carta delle Nazioni Unite, la convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, la convenzione europea dei diritti dell’uomo e la convenzione di Ginevra (III), relative al trattamento dei prigionieri di guerra,
– vista la dichiarazione trilaterale di cessate il fuoco formulata da Armenia, Azerbajgian e Russia il 9 novembre 2020, entrata in vigore il 10 novembre 2020,
– vista la relazione di Human Rights Watch, del 19 marzo 2021, dal titolo “Azerbaijan: Armenian POWs Abused in Custody” (Azerbajgian: i prigionieri di guerra armeni vittime di abusi in detenzione),
–  vista la dichiarazione dell’UE, del 28 aprile 2021, in merito ai prigionieri del recente conflitto tra Armenia e Azerbajgian,
– viste le dichiarazioni dei copresidenti del gruppo di Minsk dell’OSCE, del 25 ottobre 2020, 30 ottobre 2020, 14 dicembre 2020, 13 aprile 2021 e 5 maggio 2021,
– vista la notifica da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo al comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, del 9 marzo 2021, formulata a norma dell’articolo 39 del regolamento della Corte, relativa a misure temporanee concernenti il recente conflitto armato tra Armenia e Azerbajgian,
– visti l’articolo 144, paragrafo 5, e l’articolo 132, paragrafo 4, del suo regolamento,
A. considerando che, sin dalla prima guerra che ha interessato il Nagorno-Karabakh tra il 1988 e il 1994, la comunità internazionale cerca di negoziare un accordo di pace duraturo e globale per il conflitto del Nagorno-Karabakh, sotto la guida dei copresidenti del gruppo di Minsk dell’OSCE;
B. considerando che il più recente conflitto armato tra Armenia e Azerbajgian, avvenuto tra il 27 settembre e il 10 novembre 2020, ha provocato la morte di oltre 5 000 soldati, il ferimento e l’uccisione di centinaia di civili e lo sfollamento di migliaia di persone; che tale conflitto continua a ripercuotersi sulla popolazione a causa della mancanza di informazioni in merito al luogo in cui si trovano i rispettivi familiari, del rilascio soltanto parziale dei prigionieri di guerra e di altre persone in stato di detenzione, di problemi con la restituzione delle spoglie umane, degli ostacoli all’accesso all’assistenza umanitaria e della distruzione delle infrastrutture di base;
C. considerando che le persone colpite da tale conflitto di lunga durata hanno già subito eccessive sofferenze; che, nel complesso, il conflitto ha provocato un numero elevato e inaccettabile di vittime civili;
D. considerando che le ostilità hanno avuto fine dopo 44 giorni, a seguito di un accordo tra Armenia, Azerbajgian e Russia relativo a un cessate il fuoco completo nel Nagorno-Karabakh e nelle zone limitrofe, firmato il 9 novembre 2020 ed entrato in vigore il 10 novembre 2020;
E. considerando che il punto 8 della dichiarazione trilaterale di cessate il fuoco prevede che si debba procedere allo scambio dei prigionieri di guerra, degli ostaggi e degli altri detenuti, come pure delle salme delle vittime; che gli scambi dovrebbero interessare tutti i detenuti, sulla base del principio “tutti in cambio di tutti”;
F. considerando che sia l’Armenia che l’Azerbajgian sono parti della convenzione di Ginevra (III) relativa al trattamento dei prigionieri di guerra, la quale sancisce, all’articolo 118, che i prigionieri di guerra devono essere liberati e rimpatriati senza indugio dopo la cessazione delle ostilità attive; che, a norma dell’articolo 13 della convenzione di Ginevra (III), i prigionieri di guerra devono essere trattati umanamente in ogni circostanza e sono vietati e saranno considerati come gravi violazioni della suddetta convenzione tutti gli atti od omissioni illeciti, compiuti dalla potenza che esercita la detenzione, che causino la morte di un prigioniero di guerra affidato alla sua custodia o ne pongano gravemente a repentaglio la salute; che la convenzione protegge i prigionieri di guerra anche dagli atti di violenza o intimidazione, dalle ingiurie e dalla curiosità pubblica;
G. considerando che il personale militare e i civili detenuti prima del cessate il fuoco e successivamente allo stesso godono di status diversi ai sensi del diritto internazionale; che, da un lato, i soldati catturati prima e dopo il cessate il fuoco dovrebbero essere riconosciuti come prigionieri di guerra e dovrebbero beneficiare della protezione garantita dalle convenzioni di Ginevra; che, dall’altro, ai civili detenuti durante il conflitto deve essere attribuito lo status di persone protette e che essi sono tutelati anche dalle convenzioni di Ginevra; che i civili detenuti dopo il cessate il fuoco sono invece protetti dal diritto internazionale dei diritti umani;
H. considerando che dopo la sospensione delle ostilità sono stati portati a termine diversi scambi di prigionieri, sia militari che civili, l’ultimo dei quali ha avuto luogo il 4 maggio 2021;
I. considerando che, secondo notizie preoccupanti, circa 200 armeni sono tenuti prigionieri dall’Azerbajgian; che la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha dichiarato di aver ricevuto denunce in merito a 249 armeni catturati dall’Azerbajgian; che la CEDU ha applicato misure provvisorie rispetto a 229 armeni e che 183 di esse sono tuttora in vigore; che il 9 marzo 2021 la CEDU ha concluso che l’Azerbajgian non aveva rispettato le suddette misure, giudicando le informazioni fornite troppo generiche e limitate; che le autorità azere hanno riconosciuto di tenere prigionieri 72 cittadini armeni; che l’Azerbajgian non ha trasmesso alcuna informazione alla CEDU relativamente ad altre 112 persone; che il destino degli altri prigionieri di guerra armeni è sconosciuto; che dalla cessazione delle ostilità 73 prigionieri di guerra e civili armeni sono stati rimpatriati in Armenia;
J. considerando che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha altresì ricevuto denunce relative alla presunta cattura di 16 azeri in Armenia, 12 dei quali sono stati rimpatriati nel dicembre 2020; che la CEDU ha sospeso la valutazione a norma dell’articolo 39 nei confronti delle altre quattro persone, in ragione della natura delle informazioni ricevute dal governo armeno;
K. considerando che, secondo segnalazioni attendibili, taluni membri del personale militare e civili armeni sono stati catturati anche dopo la cessazione delle ostilità, avvenuta il 10 novembre 2020; che le autorità azere sostengono che gli ostaggi e i prigionieri in questione sono terroristi e non meritano lo status di prigionieri di guerra ai sensi della convenzione di Ginevra;
L. considerando che, secondo una relazione di Human Rights Watch del 19 marzo 2021, le forze armate e di sicurezza azere hanno perpetrato abusi nei confronti dei prigionieri di guerra armeni, sottoponendoli a trattamenti crudeli e degradanti e a torture al momento della cattura, durante il trasferimento o nel periodo di reclusione in varie strutture di detenzione; che le forze azere hanno fatto ricorso alla violenza per trattenere i civili e li hanno sottoposti a torture e condizioni di detenzione disumane e degradanti, che hanno provocato la morte di almeno due prigionieri detenuti dall’Azerbajgian; che le forze azere hanno arrestato tali civili anche in assenza di prove a dimostrazione del fatto che essi rappresentassero una minaccia per la sicurezza tale da giustificarne la detenzione ai sensi del diritto internazionale umanitario; che l’Azerbajgian respinge le accuse secondo cui i prigionieri di guerra armeni sono stati oggetto di trattamenti che violano le convenzioni di Ginevra;
M. considerando che su Internet e sui social media sono stati diffusi video che documentano presunti abusi e maltrattamenti dei prigionieri da parte di membri delle forze armate di entrambe le parti; che nulla indica che le autorità azere o armene abbiano condotto indagini tempestive, pubbliche ed efficaci in merito a tali incidenti o che tali indagini, laddove si fossero svolte, abbiano portato all’avvio di procedimenti penali; che sono state formulate accuse secondo cui i prigionieri di guerra e altre persone protette sarebbero stati vittime di esecuzioni sommarie, sparizioni forzate e vilipendio di cadaveri;
N. considerando che il 17 maggio 2021 la Commissione ha annunciato lo stanziamento di ulteriori 10 milioni di EUR in aiuti umanitari per sostenere i civili colpiti dal recente conflitto nel Nagorno-Karabakh e nelle zone limitrofe, portando l’assistenza dell’UE alle persone bisognose a oltre 17 milioni di EUR dall’inizio delle ostilità, nel settembre 2020;
O. considerando che tutte le parti dovrebbero fornire mappe aggiornate dei campi minati per consentire ai civili di fare ritorno nelle regioni precedentemente interessate dal conflitto;
P. considerando che, secondo le segnalazioni, il “Parco dei trofei militari”, inaugurato a Baku il 12 aprile 2021, espone attrezzature militari armene, manichini di cera che rappresentano soldati armeni deceduti e morenti e modelli di prigionieri di guerra armeni incatenati in una cella, il che potrebbe essere interpretato come un’esaltazione della violenza e rischia di istigare ulteriori sentimenti di ostilità, incitamento all’odio o persino trattamenti disumani dei restanti prigionieri di guerra e degli altri civili armeni detenuti, perpetuando così l’atmosfera di odio e contraddicendo le dichiarazioni ufficiali sulla riconciliazione;
Q. considerando che il 12 maggio 2021 le truppe dell’Azerbajgian sono entrate temporaneamente sul suolo armeno, il che costituisce una violazione dell’integrità territoriale dell’Armenia e del diritto internazionale; che tale violazione della sovranità territoriale armena fa seguito a preoccupanti dichiarazioni dei rappresentanti azeri, tra cui il presidente, che sembrano sollevare rivendicazioni territoriali e minacciare l’uso della forza, compromettendo in tal modo gli sforzi a favore della sicurezza e della stabilità nella regione;
R. considerando che negli ultimi mesi le salme sono state rimpatriate ed è stata fornita assistenza umanitaria alle popolazioni gravemente colpite dal conflitto;
S. considerando che sono necessari rinnovati sforzi per costruire la fiducia tra i due paesi e compiere progressi verso una pace sostenibile;
1. chiede il rilascio immediato e incondizionato di tutti i prigionieri armeni, militari e civili, detenuti durante e dopo il conflitto, e che l’Azerbajgian si astenga dal procedere in futuro a detenzioni arbitrarie; esorta le parti ad attuare pienamente la dichiarazione tripartita di cessate il fuoco del 9 novembre 2020, che prevede uno scambio di prigionieri di guerra, di ostaggi e di altri detenuti, nonché delle spoglie di coloro che sono stati uccisi durante le ostilità;
2. deplora le violenze che hanno avuto luogo durante l’ultima guerra tra Armenia e Azerbajgian sul Nagorno-Karabakh; esprime solidarietà alle vittime e ai loro familiari; deplora la violazione del cessate il fuoco, che ha determinato ulteriori sofferenze umane, decessi e distruzione; condanna tutti gli attacchi contro i civili e ricorda l’obbligo degli Stati, ai sensi del diritto internazionale umanitario, di proteggere le vite dei civili;
3. esorta il governo dell’Azerbajgian a fornire elenchi esaustivi di tutte le persone che detiene in prigionia nell’ambito del conflitto armato e a fornire informazioni sul luogo in cui si trovano e sulla loro salute, comprese quelle che sono morte in detenzione;
4. ricorda che la mancata divulgazione di informazioni sul destino e sul luogo in cui si trovano le persone scomparse può costituire una sparizione forzata, che sia l’Azerbajgian che l’Armenia si sono impegnate ad impedire; invita tutte le parti a chiarire il destino e il luogo in cui si trovano le persone scomparse e a trattare i cadaveri con dignità;
5. chiede che il governo dell’Azerbajgian rispetti le garanzie giuridiche, consenta l’accesso di avvocati, medici e difensori dei diritti umani ai prigionieri armeni e faciliti le loro comunicazioni con i parenti;
6. esprime profonda preoccupazione per le notizie attendibili secondo cui i prigionieri di guerra armeni e altre persone in stato di prigionia sono stati e sono detenuti in condizioni degradanti e sono stati sottoposti a trattamenti disumani e a torture al momento della cattura o durante la detenzione; condanna tutti i casi di tortura e sparizioni forzate, compresi quelli perpetrati nei conflitti armati, nonché il maltrattamento e il vilipendio dei cadaveri;
7. invita le autorità azere a garantire che le persone ancora detenute ricevano tutte le tutele previste dal diritto internazionale in materia di diritti umani e dal diritto umanitario, compresa l’assenza di tortura e trattamenti disumani; invita le autorità armene e azere a condurre indagini indipendenti, tempestive, pubbliche ed efficaci e a perseguire tutte le accuse attendibili in merito a gravi violazioni delle convenzioni di Ginevra e ad altre violazioni del diritto internazionale e crimini di guerra, al fine di garantire che i responsabili rispondano delle loro azioni e che le vittime dispongano di adeguati mezzi di ricorso, eventualmente con l’assistenza di una missione internazionale specifica; invita il governo dell’Azerbajgian a cooperare pienamente con la Corte europea dei diritti dell’uomo per indagare sulla fondatezza delle segnalazioni di trattamento disumano dei prigionieri armeni e a chiamare i responsabili a rispondere delle loro azioni;
8. ricorda che attualmente non esistono informazioni attendibili pubblicamente disponibili sui prigionieri di guerra e i detenuti azeri sotto la custodia armena;
9. ricorda a tutte le parti coinvolte nel conflitto il loro obbligo di rispettare il diritto internazionale umanitario, che vieta la tortura e altri trattamenti degradanti o disumani, e ribadisce che la tortura e i maltrattamenti dei prigionieri di guerra costituiscono crimini di guerra;
10. condanna fermamente l’incidente avvenuto il 9 aprile 2021, quando le autorità azere hanno inviato un aereo vuoto che avrebbe dovuto rimpatriare i detenuti armeni; ritiene che si tratti di un atto altamente insensibile e che evidenzi, inoltre, un atteggiamento generalmente degradante da parte dell’Azerbajgian nei confronti dei detenuti armeni e delle loro famiglie;
11. insiste sull’urgente necessità di astenersi da qualsiasi retorica o azione ostile che possa essere percepita come istigazione all’odio o violenza pura o come sostegno all’impunità, o che rischi di compromettere gli sforzi volti a creare e promuovere un’atmosfera favorevole alla fiducia e alla riconciliazione, alla cooperazione e ad una pace sostenibile;
12. invita il governo dell’Azerbajgian a cooperare pienamente con la Corte europea dei diritti dell’uomo sulla questione dei prigionieri armeni e a rispettare le misure provvisorie della Corte, che ha ordinato all’Azerbajgian di fornire informazioni dettagliate sulle condizioni di detenzione dei prigionieri, sul loro stato di salute e sulle misure adottate per rimpatriarli;
13. esprime la propria convinzione che uno scambio completo dei prigionieri e delle spoglie dei defunti e la composizione definitiva di tale questione costituiscano un’emergenza umanitaria, in particolare per le famiglie delle persone colpite, e rappresenterebbero una prima misura di rafforzamento della fiducia, assolutamente necessaria, per portare un inizio di stabilità nella regione;
14. invita il governo dell’Azerbajgian a garantire l’accesso libero e senza ostacoli ai prigionieri per le organizzazioni internazionali competenti, quali il Comitato internazionale della Croce Rossa e il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti;
15. pone in evidenza l’urgente necessità di garantire che l’assistenza umanitaria possa raggiungere le persone in stato di bisogno, che sia garantita la sicurezza della popolazione armena e del suo patrimonio culturale nel Nagorno-Karabakh e che gli sfollati interni e i profughi possano ritornare al loro precedente luogo di residenza;
16. insiste fermamente affinché entrambe le parti si astengano da qualsiasi azione volta a distruggere il patrimonio armeno in Azerbajgian e il patrimonio azero in Armenia; chiede la piena ricostruzione dei siti distrutti e un maggiore coinvolgimento della comunità internazionale nella protezione del patrimonio mondiale della regione;
17. ricorda gli sforzi profusi dalla comunità internazionale guidata dai copresidenti del gruppo di Minsk dell’OSCE per trovare una soluzione pacifica, duratura, globale e sostenibile sulla base dei principi fondamentali dell’OSCE del 2009 (rifiuto dell’uso della forza, integrità territoriale e parità dei diritti e autodeterminazione dei popoli) con l’obiettivo di determinare lo status futuro della regione del Nagorno-Karabakh; ricorda che tale obiettivo può essere raggiunto solo attraverso una soluzione politica negoziata con un reale impegno di tutte le parti interessate; invita le parti a riprendere quanto prima il dialogo politico ad alto livello, sotto l’egida dei copresidenti del gruppo di Minsk dell’OSCE; invita i governi armeno e azero, nonché i mediatori internazionali, a includere sistematicamente le donne nel processo di pace e a consultare i difensori dei diritti umani delle donne;
18. deplora il fatto che gli Stati membri dell’UE che partecipano al gruppo di Minsk dell’OSCE non fossero presenti quando è stato negoziato l’accordo di cessate il fuoco e che l’UE non abbia dato prova di leadership nel portare al tavolo dei negoziati due dei suoi partner orientali di grande prestigio;
19. deplora l’apertura del cosiddetto Parco dei trofei di Baku, aperto al pubblico dal 14 aprile 2021, in quanto intensifica ulteriormente i sentimenti ostili che esistono da lunga tempo e mina la fiducia reciproca tra Armenia e Azerbajgian; chiede, pertanto, che sia chiuso senza indugio;
20. invita il vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (VP/AR) e la Commissione ad offrire tutta l’assistenza necessaria sia all’Armenia che all’Azerbajgian per consolidare il cessate il fuoco e sostenere qualsiasi sforzo volto alla stabilità, alla ricostruzione, al rafforzamento della fiducia e alla ricostruzione postbellica, nonché a seguire da vicino l’attuazione delle disposizioni del cessate il fuoco, in particolare per quanto riguarda il suo meccanismo di monitoraggio; invita il Servizio europeo per l’azione esterna, la Commissione e gli Stati membri ad aumentare il loro sostegno e la loro cooperazione nei confronti della società civile e dei difensori dei diritti umani, in particolare per quanto riguarda le restrizioni al loro lavoro; ritiene che il rappresentante speciale dell’UE per il Caucaso meridionale abbia un ruolo importante da svolgere a tale riguardo;
21. invita la Commissione e gli Stati membri a continuare a sostenere la fornitura di assistenza umanitaria urgente e il lavoro delle organizzazioni internazionali in questo settore e sulla protezione del patrimonio culturale e religioso, nonché a sostenere le organizzazioni della società civile in Armenia e in Azerbajgian che contribuiscono realmente alla riconciliazione;
22. invita il VP/AR, insieme agli Stati membri, ad affrontare anche la questione della sicurezza, della stabilità e della cooperazione regionale nel Caucaso meridionale in occasione del prossimo vertice del partenariato orientale che si terrà nell’autunno del 2021;
23. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al vicepresidente della Commissione/alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, al Consiglio, alla Commissione, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri, al Segretario generale delle Nazioni Unite, al Segretario generale dell’OSCE, ai copresidenti del gruppo di Minsk, al Presidente, al governo e al parlamento dell’Armenia e al Presidente, al governo e al parlamento dell’Azerbajgian.

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