Il Covid 19 ed il rispetto del proprio corpo

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Prudenza, fiducia e unità; senza dimenticare l’importanza della vaccinazione per combattere la nuova ondata della pandemia: questi i concetti base su cui il primo ministro, Mario Draghi, ha concentrato la conferenza stampa chiusa poco fa a Roma in cui ha parlato degli ultimi provvedimenti anti-Covid adottati dal Governo:

“Vogliamo essere cauti ma vogliamo anche minimizzare gli effetti economici e sociali della pandemia, soprattutto riguardo i ragazzi che hanno risentito più di tutti di questa situazione”. Di scuola ha infatti concentrato la prima parte dell’incontro, una scuola che a suo parere ‘non va abbandonata’, ringraziando chi sta facendo sacrifici perché queste possano riaprire, con l’invito alla vaccinazione:

“Non dobbiamo mai perdere di vista una costatazione: gran parte dei problemi è legata al fatto che ci sono non vaccinati”. Grazie alla vaccinazione, infatti, “la situazione è molto diversa dal passato. Ci sono meno morti rispetto al 2021, l’economia è in crescita, le scuole hanno riaperto, come hanno fatto gli altri grandi paesi d’Europa. La circolazione del virus mette di nuovo in una situazione di pressione gli ospedali, soprattutto a causa dei non vaccinati”.

Le nuove misure anti-covid, compreso l’obbligo vaccinale per gli over 50, sono basate su una ‘base scientifica’, coadiuvata anche da una sorta di mediazione politica: “Quando si fanno provvedimenti di questa portata, occorre tentare di arrivare ad un’unanimità. Sono provvedimenti che hanno molti risvolti etici, per questo bisogna arrivare all’unanimità, se possibile”.

Proteggere la propria salute e proteggere la salute degli altri sono le ragioni che Draghi ha utilizzato per spiegare queste nuove decisioni molto dibattute in questi giorni: “Il grado di costrizione sociale a cui siamo sottoposti se il virus supera una certa soglia, dipendono dai parametri dell’ospedalizzazione. Quindi, quanto più riusciamo a ridurre la pressione, tanto più possiamo essere più liberi”.

Riguardo le polemiche sulla riapertura delle scuole il premier ha evidenziato in modo netto come le ‘scuole aperte in presenza’ siano una ‘priorità del governo’: “Basta vedere gli effetti della diseguaglianza tra scolari tra chi era in DAD lo scorso anno e chi no, per capire che questo sistema, che è necessario in caso di emergenze drammatiche, provoca diseguaglianze fra giovani destinate a restare.

Diseguaglianze che si riflettono su tutto il loro futuro della vita lavorativa. Non ha senso chiudere la scuola prima di chiudere tutto il resto. Probabilmente ci sarà un aumento delle classi in DAD, ma quello che bisogna respingere è un discorso di chiusura generalizzata”.

Ma un altro elemento emerge dalla situazione pandemica: il rifiuto delle cure che salvano la vita e una supina accettazione dell’eutanasia, come ha evidenziato nell’ultimo giorno dello scorso anno un rapporto della SIAARTI (Società Italiana di Anestesia ed Analgesia e Terapia Intensiva: “Questa nuova fase della pandemia da Sars-Cov-2 sta ancora una volta causando un rapido incremento dei ricoveri ospedalieri e nelle Terapie Intensive del nostro Paese…  

Poiché sempre con maggior frequenza sono segnalati casi di pazienti con quadri clinici severi correlati a Covid-19 che rifiutano il ricovero in Terapia Intensiva e/o di sottoporsi a trattamenti di supporto vitale giudicati utili e appropriati dai curanti, riteniamo opportuno richiamare alcuni elementi di carattere generale riguardanti il consenso alle cure e il relativo percorso decisionale”.

L’associazione ha sottolineato che “nessun trattamento sanitario può essere imposto a chicchessia, anche se il trattamento diagnostico o terapeutico proposto sia per lui/lei un trattamento ‘salva vita’. Anche sotto il profilo etico, non è possibile ipotizzare condotte differenti. Una volontà del paziente consapevole e pienamente informata, e (laddove le circostanze lo consentano) ribadita nel tempo, deve pertanto essere sempre rispettata”.

Comunque è dovere del medico offrire ‘chance di vita e di salute’, valutando la proporzionalità delle cure: “E’ opportuno sottolineare come questi siano, sia sul piano etico sia su quello deontologico, comportamenti irrinunciabili per il medico, e che essi riguardano tutti i curanti coinvolti nelle cure al paziente (e, dunque, non solo l’intensivista).

Il processo decisionale relativo alla valutazione di un possibile aggravamento del quadro clinico e dell’eventuale necessità di terapie di supporto vitale deve avvenire in modo tempestivo, sin dalle fasi iniziali dalla degenza nei Reparti di area medica”.

Quindi tutte le tappe del processo decisionale sono parte integrante del percorso clinico del paziente e devono essere documentate, anche il rifiuto delle cure, che rappresenta un aspetto ‘doloroso’ per il medico:

“Il rifiuto di trattamenti di supporto vitale da parte di persone appartenenti al cosiddetto mondo ‘negazionista’ o ‘no-vax’ rappresenta oggettivamente un aspetto gravoso e doloroso per i medici e per gli infermieri delle nostre Terapie Intensive, che sono impegnati con dedizione ogni giorno in uno strenuo lavoro per curare i pazienti e cercare di offrire loro chance di guarigione e di vita piena. Ciò nonostante non deve mai venir meno un atteggiamento rispettoso e non giudicante”.

Non per questo deve venire meno la necessità della cura: “Per quanto le circostanze possano essere difficili e faticose, al rifiuto ripetuto e ostinato del paziente non deve far seguito il suo ‘abbandono’. Deve piuttosto essergli sempre garantito un adeguato livello di cure e, qualora necessario, la loro rimodulazione in chiave palliativa”.

Davanti a tale nuova situazione, che potrebbe aprire le porte all’introduzione di fatto dell’eutanasia, la prof.ssa Assuntina Morresi dalle pagine di Avvenire notava che i ‘no-vax’ pongono seri problemi alla bioetica: “Il riferimento è all’arcipelago no-vax e negazionista che, in tutte le sue articolazioni e sfumature, è la vera novità di quest’anno: non tanto di per sé (i no vax nascono insieme alle vaccinazioni) ma sicuramente per le problematiche che queste convinzioni pongono.

E i no-vax contribuiscono a spezzare il fil rouge della bioetica di questi ultimi decenni: il principio di autodeterminazione individuale, il cuore delle ultime leggi e sentenze su rifiuto delle cure e fine vita, dalla Legge 219 al pronunciamento della Consulta sul suicidio assistito, e di due proposte referendarie”.

E conclude con una domanda, che necessita di risposte serie e ragionate: “Inevitabile a questo punto una domanda: perché tali problemi dovrebbero riguardare solo i no-vax, che tra l’altro rivendicano di essere liberi e informati? Siamo sicuri che altri malati che rifiutano le cure o addirittura chiedono di morire lo facciano in modo perfettamente libero e consapevole e autodeterminato?

Non deve valere per tutti la ‘ragionevole insistenza’ nell’offrire una chance di vita? Forse, persino inconsapevolmente, qualche nodo di una certa bioetica sta venendo al pettine. Sul confine tra vita e morte, tra buona scienza e arroganze anche crudeli, il Covid ci aiuta a capire che di tutto c’è bisogno meno che di paraocchi”.

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