Mons. Soddu a Terni come fratello e, per grazia di Dio, padre

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“Oggi nasco vescovo qui, in questa Chiesa, in questa comunità ecclesiale. Accoglietemi e sentitemi uno di voi, fratello, amico e per grazia di Dio anche padre”: così mons. Francesco Antonio Soddu, direttore di Caritas italiana, ha salutato, mercoledì 5 gennaio, la comunità diocesana di Terni-Narni-Amelia, a lui affidata da papa Francesco, che nella Cattedrale di Santa Maria Assunta a Terni è stato consacrato vescovo per l’imposizione delle mani di mons. Giuseppe Piemontese, concelebranti l’arcivescovo di Sassari, mons. Gian Franco Saba, e il segretario generale della Cei, mons. Stefano Russo, alla presenza anche dell’esarca apostolico per i fedeli cattolici ucraini di rito bizantino residenti in Italia, Dionisio Lachovicz.

Nell’omelia mons. Piemontese si è rivolto con queste parole al suo successore: “Simbolicamente ti consegno una Chiesa acquistata dal sangue di Cristo e nel passato guidata e custodita da innumerevoli pastori, molti dei quali a cominciare da Valentino, Giovenale, per essa, sull’esempio di Gesù, hanno versato il sangue.

Io, durante i sette anni e mezzo di ministero, ho cercato francescanamente di amarla, custodirla, servirla e abbellirla con tutte le mie povere forze, nella relazione tra le persone fino ad oggi, confidando nella misericordia e nella guida di Gesù, il Buon Pastore”.

Mons. Piemontese ha ricordato la fedeltà del vescovo al Vangelo ed al popolo: “Hai voluto pronunziare la professione di fede e il giuramento di fedeltà, primo adempimento previo ad ogni passo successivo, alla presenza del pastore e dei fedeli nella chiesa sorella di Sassari, che ti è madre nella vita cristiana e nel ministero; ora davanti ai vescovi concelebranti e a tutto il popolo di Dio della Chiesa che ti viene affidata, dovrai pronunziare e proclamare il tuo amore per il Signore e le promesse di cura e di fedeltà al gregge di Dio, come premessa e fedele garanzia del tuo servizio”.

Lo ha esortato ad avere cura del popolo: “ Abbi cura di tutto il gregge nel quale lo Spirito Santo ti ha posto come vescovo a reggere la Chiesa di Dio. Reggere qui è da intendere non tanto nel senso di governare, quanto nel senso interpretato da Francesco d’Assisi, che nel sogno di papa Innocenzo regge la Chiesa, la porta sulle spalle, la sostiene, la ripara con la parola, con la carità e la fraternità, la tiene in continua manutenzione con la preghiera, la rende bella con la celebrazione dei santi misteri nella liturgia”.

Ed ha ricordato che l’Umbria è una regione di Santi: “Sarai inserito in una regione, l’Umbria, che è terra di santi, uomini e donne, che, come pochi altri, hanno ‘retto’ la Chiesa nel primo e secondo millennio: Benedetto, Francesco e Chiara d’Assisi, e tanti altri; prossimi a noi i Protomartiri Francescani, tutti originari del territorio diocesano.

Non temere! Il Signore, che ti ha chiamato, come testimonia il profeta, ti guiderà e ispirerà le parole giuste e i gesti di amore capaci di essere sale e luce, di dare sapore e senso al ministero e alla vita delle persone e della comunità. Posso confidarti di aver sperimentato tutto ciò in prima persona”.

Infine un invito alla comunità diocesana di sostenerlo nell’impegno: “A tutti voi confratelli nell’episcopato, presbiteri, diaconi e popolo di Dio, rivolgo l’invito a considerarvi in questa festa non come spettatori curiosi benché devoti, come spesso avviene nelle celebrazioni nuziali, ma come familiari e amici dello sposo.

La nostra presenza qui oggi è segno di affetto, ma anche assunzione di responsabilità. Siamo qui per sostenere il vescovo Francesco Antonio nel suo ministero, rassicurarlo che da oggi prendiamo l’impegno di stargli vicino nelle prove, di accompagnarlo con la preghiera e l’incoraggiamento nella missione grande di… reggere questo popolo di Dio”.

E nella festività dell’Epifania mons. Soddu ha sottolineato il significato della luce: “Il verbo alzarsi da una parte: richiama l’atteggiamento successivo al riposo e dall’altro proprio questo verbo viene assunto dalla parola ispirata per significare la risurrezione.

Il rivestimento conseguente al risveglio e all’alzata, lo abbiamo sentito, non è dato da una veste qualunque ma da un abito singolare e insolito. E’ impalpabile ma comprensibilmente sontuoso, ‘rivestiti di luce’ vien detto; e il motivo di tale singolare rivestimento è: perché viene lo tua luce.

Il Signore che è luce si propone quindi come vesti mento adatto ed unico per coloro che, destati dal sonno, non intendono rimanere (oggi diremmo in pigiama) ma adeguatamente attrezzati per affrontare degnamente la giornata e la vita quotidiana”.

Una luce che Gerusalemme non riesce a scorgere: “l lato drammatico è dato dal fatto che i magi (i quali si misero in viaggio perché sollecitati dalla luce della stella) neanche loro, che pur l’avevano vista durante tutto il loro percorso, neanche loro riescono a scorgerla all’interno delle mura di Gerusalemme; essa scompare misteriosamente; come se si fosse spento un faro per mancanza della necessaria alimentazione; come se fosse capitato un repentino blackout. Per tale motivo, non avendo più il necessario orientamento, chiedono informazioni intorno, fino ad arrivare alla reggia del re”.

I Magi esprimono un desiderio che Gerusalemme non gradisce: “Drammaticamente, invece, Gerusalemme non era rivestita di luce e continua a dormire nel proprio torpore anche nel momento in cui la luce vera veniva nel mondo.

Inoltre contribuisce da dare maggiore risalto alla drammaticità di questo dato il fatto che teoricamente o concettualmente, senz’altro in maniera unicamente astratta, tutti ad iniziare dai sacerdoti e scribi erano comunque a conoscenza del luogo dove sarebbe dovuto nascere li Messia”.

(Foto: diocesi di Terni)

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