Le esequie dell’Arcivescovo ciellino Luigi Negri il 5 gennaio a Ferrara. «Quando un amico se ne va | cavalcando il suo destino | l’anima inizia a vibrare | perché si riempie di freddo»

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Oggi ritorniamo sul lutto di Capodanno degli amici di Comunione e Liberazione, per la morte a 80 anni il giorno di San Silvestro dell’Arcivescovo Luigi Negri, uno dei primi allievi di Mons. Luigi Giussani. Ora vie dipinto dai radical chic, la nota lobby e i catto-fluidi come fanatico e integralista. Invece era un combattente per la fede e un uomo vero, pieno di gioia. Certo, il coraggio non gli faceva difetto, dice suo amico e confratello Renato Farina e – come ha commentato Messainlatino.it – «la Chiesa Cattolica, in Italia e non solo, perde una delle sue menti più lucide, tra i pochi ancora capaci di pensare e parlare controcorrente».

Ricordiamo la figura i Mons, Negri con la testimonianza di due suoi amici, confratelli, più che degli amici. Un sacerdote e un laico. Innanzitutto, Don Gabriele Mangiarotti [*] e poi l’amico e collega Renato Farina. Lui ha posto la domanda cruciale: “Mons. Luigi Negri se ne giace lì inerte e benedetto, ma allora perché insistono ancora nell’ucciderlo?”. Per un giornalista di razza, porsi – e porre – delle domande significa avere preconoscenza delle risposte. Antica regola del giornalismo, che fu. Inoltre, poter comunicare le risposte verificate, autorevolmente, in modo semplice e comprensivo. In questo caso, alla domanda la risposta poteva essere solo multipla. In un Postscriptum aggiungiamo ancora una risposta supplementare (vi ricordato le 10 domande di Libero all’Espresso sul caso Becciu a cui abbiamo aggiunto 2 domande supplementari… fino ad oggi rimaste senza risposta; ma ponendo le domande, la preconoscenza della risposta c’era, e come c’era): Mons. Negri e la Fraternità Sacerdotale della Familia Christi, il commissariamento e la successiva soppressione.

La domanda di Farina ci ha fatto pensare alla locuzione latina damnatio memoriae (propriamente, condanna della memoria), la condanna che si decretava nella Roma antica in casi gravissimi, per effetto della quale veniva cancellato ogni ricordo (ritratti, iscrizioni) dei personaggi colpiti da un tale decreto (questo, oggi, con Internet non è più possibile). O – per rimane nell’ambito, indicata con la frase di Farina, «“La Santa Chiesa”. La chiamava così, amandola come sposa di Cristo, ma poi memore di un’invettiva di Sant’Ambrogio, aggiungeva testualmente “che è diventata un casino”» – la sua domanda fa ricordare il “Sinodo del cadavere” o “Concilio cadaverico”, il processo per sacrilegio istruito post mortem a carico di Papa Formoso (891-896). Nei primi mesi dell’897, su decisione di Papa Stefano VI, il corpo del Pontefice fu riesumato, sottoposto a un macabro interrogatorio e quindi a esecuzione postuma dopo essere stato formalmente giudicato colpevole”. Questo, ormai, è più vicino alla forma mentis e il modus operandi dei (mala) tempora currunt (sed peiora parantur)

Damnatio memoriae o “Concilio cadaverico”: rimane l’imbarazzo della scelta, ma son cose che non ci toccano – da credenti. Invece, quelle che ci fa sentire male – da credenti – è un’altra frase di Farina, con cui rivela che i confratelli di Mons. Negri “l’avevano scaricato”. Ecco, perché “la Santa Chiesa è diventato un casino”. Ma, purtroppo, visto che “il peggio non è mai morto”, è diventato ancora più grave, come mi disse qualche tempo fa un alto funzionario dello Stato Pontificio: “Prima era un casino, oggi è diventato un bordello”. Queste, invece, son cose che ci toccano, perché noi, “la Santa Chiesa” la amiamo come madre e vederla trattata così da uomini di Chiesa ai più alti livelli, è come ricevere una pugnalata nel cuore. E «l’anima inizia a vibrare | perché si riempie di freddo». Me lo disse un’amico esorcista, che la presenza del Maligno non si manifesta con le fiamme dell’inferno sotto i piedi, ma con l’anima che si gela. Come quando un’amico se ne va.

Alle ore 18.00 di domani, martedì 4 gennaio 2022, presso la basilica di San Francesco a Ferrara, l’Arcivescovo di Ferrara-Comacchio, Mons. Gian Carlo Perego presiederà una Messa di suffragio in presenza della salma di Mons. Negri e alle ore 21.00 una Veglia di preghiera. Dalle ore 19.00 alle 22.30 la Basilica resterà aperta per un ultimo saluto all’Arcivescovo emerito. Le esequie si terranno mercoledì 5 gennaio alle ore 10.00, nella stessa basilica di San Francesco, presiedute dal Cardinale Matteo Zuppi, Arcivescovo metropolita di Bologna e Presidente della Conferenza Episcopale dell’Emilia Romagna. La salma proseguirà per Milano dove è attesa alle ore 15.00 per Santa Messa di suffragio, presieduta dall’Arcivescovo metropolita di Milano, Mons. Mario Delpini, nella basilica di Sant’Ambrogio. Seguirà la tumulazione al cimitero di Vignate nella tomba di famiglia, secondo le volontà di Mons. Negri.

Quando un amico se ne va
resta un posto vuoto
che non può riempire
l’arrivo di un altro amico.

Quando un amico se ne va
resta un tizzone acceso
che non si può spegnere
neanche con l’acqua di un fiume.

Quando un amico se ne va
si è perduta una stella,
quella che illumina il posto
dove c’è un bimbo addormentato.

Quando un amico se ne va
si fermano le strade
ed inizia a ribellarsi
il docile folletto del vino.

Quando un amico se ne va
cavalcando il suo destino
l’anima inizia a vibrare
perché si riempie di freddo.

Quando un amico se ne va
resta un terreno incolto
che il tempo vuole riempire
con le pietre della noia.

Quando un amico se ne va
resta un albero crollato
che non torna più a germogliare
perché il vento l’ha vinto.

Quando un amico se ne va
resta un posto vuoto
che non può riempire
l’arrivo di un altro amico.

[Traduzione italiana della canzone “Cuando un amigo se va” di Alberto Cortez, 1969]

Mons. Luigi Negri (Milano, 26 novembre 1941 – Milano, 31 dicembre 2021), già Vescovo di San Marino-Montefeltro, Arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio e Abate emerito di Pomposa, era un filosofo, teologo e academico di altissima levatura. Ho avuto l’onore di conoscerlo, dopo che nel luglio 2005 aveva creato nella Serenissima Repubblica di San Marino la Fondazione Internazionale Giovanni Paolo II per il Magistero sociale della Chiesa.

Da alcuni giorni si trovava ricoverato nella casa di cura Sacra Famiglia a Cesano Boscone, dove è deceduto nell’ultimo giorno del 2021. Requiescat in pace. Che egli riposi in pace, dopo una vita dedicata a Cristo seguendo il carisma di Comunione e liberazione.

Mons. Negri nasce e cresce in una famiglia umile e semplice ma fortemente radicata nella fede e impegnata sul piano ecclesiale e sociale. Riceve la prima educazione cristiana nella parrocchia di Sant’Andrea in Milano partecipando alla vita ecclesiale diocesana. Dal 1955 al 1960 frequenta il liceo classico Berchet di Milano, dove incontra l’amico e ispiratore, Mons. Luigi Giussani di cui, dopo esserne stato uno dei suoi primi allievi, diventa uno dei primi e più stretti collaboratori entrando a far parte del Movimento Ecclesiale Gioventù Studentesca, fondato dallo stesso Giussani (nucleo originario di quella che sarà poi la Fraternità di Comunione e Liberazione). Si laurea a pieni voti in Filosofia nel giugno 1965 presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, discutendo una tesi sul problema della Fede e della Ragione in Tommaso Campanella. Nell’autunno 1967 entra nel Seminario Diocesano Ambrosiano di Venegono. Viene ordinato sacerdote il 28 giugno 1972 dal Cardinale Giovanni Colombo, Arcivescovo metropolita di Milano. Nell’ottobre 1972, dopo l’ordinazione, consegue la licenza in Teologia presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. Filosofo e teologo di grande spessore, è stato docente di Antropologia Filosofica, Storia della Filosofia Moderna e di Introduzione alla Teologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Nel 2005 Papa Giovanni Paolo II lo nominò Vescovo di San Marino-Montefeltro. Proprio sul Titano, su sua iniziativa, sorse la fondazione per lo studio dell’opera e del pensiero di Karol Wojtyła. Nel 2011 fu Mons. Negri ad accogliere in occasione della Visita Pastorale alla Diocesi Papa Benedetto XVI, che l’anno successivo lo nominò Arcivescovo metropolita di Ferrara-Comacchio e Abate di Pomposa. Il suo governo pastorale che terminò il 15 febbraio 2017, con la sua rinuncia – per raggiunti limiti d’età – accolta da Papa Francesco. Ma il suo impegno, in seno alla Chiesa Cattolica Romana, proseguì anche negli anni successivi, all’interno di istituzioni di altissimo livello di carattere teologico, accademico e sociale.

Fin dagli inizi del suo apostolato, spende energie ed entusiasmo per i giovani e la scuola. La sua opera educativa contribuisce alla nascita, negli anni Settanta, di una significativa presenza cristiana nelle scuole medie e superiori in Italia. Sono gli anni della battaglia per promuovere la libertà di educazione e un’autentica libertà di insegnamento. In questo campo, senza mai far venir meno il rispetto per altre posizioni politico-culturali, conduce un lavoro non facile e controcorrente rispetto all’associazionismo tradizionale e alla mentalità corporativa dominante, che vede la scuola solo come serbatoio di posti di lavoro. In questo quadro nascono i primi due grandi convegni nazionali di Comunione e Liberazione del 1975 e del 1976, con la partecipazione di migliaia di insegnanti e di figure autorevoli della cultura e della politica scolastica di quegli anni.

Mons. Negri ha dedicato la sua vita soprattutto a far conoscere il Cristianesimo, in particolare fra i giovani, così come fece il suo maestro e amico Mons. Luigi Giussani, di cui fu uno dei primi discepoli, come ha raccontato nel suo ultimo libro Con Giussani. La storia & il presente di un incontro.

Quando un amico se ne va. In memoria di Mons. Luigi Negri
di Don Gabriele Mangiarotti
CulturaCattolica.it, 1° gennaio 2022


Ho mandato ai giornali sammarinesi queste poche righe in ricordo di un padre e maestro, amico nel cammino della fede e della presenza cristiana, sostegno nell’affascinante compito di comunicare la bellezza e la ragionevolezza della fede.

Quando un amico se ne va
resta un posto vuoto
che non può riempire
l’arrivo di un altro amico.

Quando un amico se ne va
resta un tizzone acceso
che non si può spegnere
neanche con l’acqua di un fiume.


Certamente per me è stato infinitamente più di un amico, da quando l’ho conosciuto a Varigotti, alla quattro giorni di settembre, alla fine del primo anno di liceo. Una storia e una avventura entusiasmanti, dal primo giorno in Seminario, a Saronno e poi a Venegono, fino ai giorni a San Marino, dove mi ha chiamato a collaborare con lui nel suo nuovo incarico di Vescovo.

Con lui ho affrontato i primi anni di sacerdozio, dentro una amicizia e una cordiale collaborazione di fronte ai problemi che sorgevano in un quartiere, dove ero stato inviato come coadiutore di un parroco straordinario, in cui si intravvedevano già i cambiamenti che poi avrebbero investito la Chiesa e la società. Ricordo le assemblee parrocchiali sul tema della educazione, infuocate e chiarissime, per una proposta di un cristianesimo da protagonisti, con un confronto tenace con la cultura laicista che stava diffondendosi (era un quartiere residenziale, di nuova concezione, e il tentativo di rendere la Chiesa come punto di giudizio sulla realtà trovava accaniti oppositori, ma anche appassionati “combattenti”).

Ogni volta che gli chiedevo aiuto per le varie iniziative era un sostegno incrollabile e fedele, saggio e soprattutto realista, di quel realismo coraggioso della fede che abbiamo imparato a conoscere anche a San Marino.

Certamente avremo tempo per riprendere tutto quanto ci è stato donato dalla sua presenza. E quando sono arrivato qui in Diocesi di San Marino, perché mi aveva chiesto di accompagnarlo in questa sua nuova responsabilità, ho visto in azione un pastore capace di entrare in dialogo e confronto con una realtà così diversa da come era abituato a condividere. Un pastore con l’«odore delle pecore», non sentimentalmente, ma nella durezza delle situazioni condivise. Una bontà – per chi lo ha conosciuto – anche sotto una scorza a volte ruvida, capace di comprendere e condividere situazioni difficili e nascoste.

Ma soprattutto un pastore per cui la fede non era un orpello del passato, ma la forza persuasiva di un presente, capace di giudizio e di efficacia. Ricordo l’entusiasmo suo quando gli ho letto quella frase straordinaria di s. Giovanni Paolo II: «Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta».

Questa fede ci ha indicato la via per una presenza cristiana che sapesse parlare al cuore dell’uomo, incontrandolo nelle varie situazioni, indicando la strada del compimento di sé.

Ricordo l’entusiasmo con cui ha preparato la visita di Papa Benedetto, una visita che avrebbe segnato il volto cristiano della Repubblica sammarinese. E credo che il suo impegno avrebbe potuto trovare, oltre ai tanti amici convinti delle sue posizioni, anche uomini e donne capaci di mettersi in discussione: forse alcuni che lo hanno ascoltato hanno poi avuto timore a rischiare un serio confronto e una collaborazione che avrebbe aperto spazi inimmaginabili di novità creativa.

Ho visto, negli anni con cui ho vissuto da vicino con lui, un uomo coraggioso, non per attitudine naturale, ma per convinzione di fede autentica. Là dove era in questione la verità dell’uomo, la fede e i principi non negoziabili, allora era una roccia. E non lo hanno fermato le sciocche considerazioni di coloro che, pur proclamandosi cristiani preferivano il compromesso con la mentalità mondana.

E se era chiaro il giudizio era ugualmente chiara l’attitudine a riprendere il cammino comune. Non considerava nemici gli avversari, e spesso cercava un confronto senza finzioni.

Mentre scrivo, però, affiorano alla mente tanti episodi di quel cammino comune per cui la vita cristiana era una avventura senza confini, tante occasioni in cui ha saputo valorizzare anche chi gli si opponeva, tanti tentativi di creare occasioni di vita. Quanti, allora giovani, ricorderanno, a San Marino, l’incontro con Don Benzi, il giorno prima della sua morte, nella discoteca per celebrare coi giovani un modo diverso di vivere Halloween?

Quando un amico se ne va… per grazia rimangono i momenti vissuti insieme, che non si perdono ma che col tempo rivivono per tutta la loro bellezza. E questo ce lo ha garantito il Signore ed è l’esperienza più bella della vita cristiana.

[*] Don Gabriele Mangiarotti è sacerdote dal 1973, insegnante di religione dallo stesso anno. Di formazione scientifica (frequentò il Liceo Scientifico S. Vittorio Veneto di Milano), si interessa del rapporto scienza e fede. Ha curato con amici l’edizione del libro Galileo: mito e realtà, giunto alla terza edizione e la mostra sempre sullo stesso tema al Meeting di Rimini del 2000. Dal 1995 è presente in Internet con il sito L’insegnamento della religione cattolica e dal 2001 con CulturaCattolica.it http://culturacattolica.it/, di cui è Redattore responsabile, che ha raggiunto una notorietà a livello nazionale. Con Nicola Incampo ha contribuito alla discussione sul problema dello Stato giuridico degli Insegnanti di religione cattolica. Ha prodotto i DVD di Sr. Gloria: Il Codice dell’Amore (vincitore del I premio al Festival Internazionale di Niepokalanov) e L’Agnello mistico. Ora è responsabile dell’Ufficio di Pastorale scolastica e della Cultura nella Diocesi di San Marino – Montefeltro. È collaboratore del quotidiano Repubblica.sm di San Marino.

Mons. Luigi Negri se ne giace lì inerte e benedetto, ma allora perché insistono ancora nell’ucciderlo?
di Renato Farina
Libero Quotidiano, 2 gennaio 2021


L’Arcivescovo Luigi Negri è morto a 80 anni il giorno di San Silvestro, e se ne giace lì inerte e benedetto, ma allora perché insistono ancora nell’ucciderlo, scotennandone la memoria, trattandolo come un fanatico, con il filo di ferro tra i denti, un integralista fautore di morte? Ma no, era un uomo pieno di gioia. Era un combattente, di sicuro, ed era certo un cavallo scalpitante anche da vecchio fuoriclasse a riposo, ma era un uomo che seminava gioia e dava pace. Inquieto e datore di pace. Mistero del cristianesimo che è tutto un paradosso di spada e tenerezza. L’ultimo messaggio di Monsignor Negri lo ha ripreso un telefonino. Don Luigi si trovava in uno dei rari momenti di lucidità che il buon Dio aveva imposto alla sua malattia di lasciargli. Quel minuto di parole pronunciate sul balcone di casa sua lo mostra profondamente contento, di una strana letizia. Dentro quella bestia che comincia per A. e gli sfasava la mente erompe dolcemente una fontana di speranza, gli brillava negli occhi e nel sorriso, mentre guardava sotto di sé Milano e gli amici oltre l’Iphone che lo riprendeva. Trascrivo le parole: «Cari amici, il saluto che vi mando è pieno di affezione e di volontà di condividere la vostra esistenza. Vi sento vicino a me, forse in un modo nuovo, perché il tempo passa, ma non ci lascia. Il tempo passa, ma si ripropone ogni giorno di più come una cosa nuova, piena di senso e di significato. Ecco, amici miei, portate lietamente il peso delle iniziative di Dio nella vostra vita. Portate anche il peso delle fatiche di Dio che coinvolgono la vostra vita. Il tempo che passa è perché il tempo passi, scusate il giro di frase, ma è proprio così. Il tempo che passa è perché il tempo di Dio passi e si affermi potente in noi la grazia di Cristo. Grazie a tutti voi e ci vedremo presto. Arrivederci». Arrivederci. Addio! Ultimo triste regalo del 2021 è stata questa morte. Ma il 2022 è cominciato con la serenità che comunicano queste parole pronunciate già da un Altro Mondo in questo mondaccio.

Fede e spada

Dolcezza, gioia, e insieme passione per cui la fede “si brandisce” come usava dire Don Giussani. Si brandisce in modo disarmato, senza far male a nessuno, ma servendo il bisogno di tutti, che è sì quello di pane ma senza Dio il pane è cattivo, senza Cristo la vita è priva del suo “caldo” come dice Dante parlando del ventre della Madonna gravido di Cristo.

Conservatore, integralista? Una vecchia storia, molto comoda per sistemare ideologicamente un’essenza irriducibile. E lo è stata specialmente in quella forma di Cattolicesimo data dallo Spirito (dice la Chiesa, non io) a Don Luigi Giussani e da lui consegnata ai suoi allievi del liceo Berchet negli anni ‘50 e poi tracimata nei cinque continenti. Fu poi ufficialmente riconosciuta come “Fraternità di Comunione e Liberazione” da Giovanni Paolo II. Ma prima ancora, anche se lo si dimentica, fu incoraggiata da Paolo VI.

Non tutti i figli di Don Gius (1922-2005), com’è chiamato ancora mentre è in corso la causa di beatificazione, hanno il temperamento che aveva Don Negri, diventato nel frattempo Arcivescovo di Ferrara (lo volle lì Benedetto XVI nel 2012 fino alla pensione per modo di dire nel 2017) e prima ancora Vescovo di San Marino (nominato da Giovanni Paolo II nel 2005). Non c’è dubbio che questo sacerdote milanese di Porta Romana fosse pugnace, poco diplomatico, ferrigno come le Grigne, ma del tipo “ribelle per amore”, non per odio, mai.

È stato tanta roba per la Chiesa e per migliaia e migliaia di giovani Don Negri. Nei punti di svolta della storia, era lì. Nelle università insegnava filosofia (alla Cattolica) e teologia. Ricordo la sua presenza rincuorante quando ci rincorrevano per le strade a noi ciellini, magari allora vivevamo simmetricamente alle proposte dei gruppi extraparlamentari, ma c’era un’altra cosa a tenerci insieme che non era la politica. Vedi le parole di cui sopra, quelle dell’ultimo messaggio del vescovo morente nel suo canto profetico.

Negri era accanto a Don Giussani quando in Piazza San Pietro nell’aprile del 1975, la Domenica delle Palme, Papa Montini, avendo convocato tutte le associazioni giovanili, si ritrovò lì solo 17mila ragazzi di CL (quorum ego). Riferì Don Giussani: “Finita la Messa, era circa mezzogiorno, mi sentii chiamare da un prelato. «Don Giussani, il Papa la vuole». Ero nel pronao della Basilica di San Pietro, avevo la pisside con le ostie consacrate tra le mani, e sentii quella voce. Tentai di affibbiare, nell’emozione, la pisside ad un alabardiere, che si ritrasse”. La mise in mano a Don Negri. “Finalmente potei correre verso il Papa. Ricordo con precisione solo queste parole: «Coraggio, questa è la strada giusta: vada avanti così»”.

Negri fremeva, sentiva il sangue ribollire constatando che si era persa tra i cristiani la voglia di comunicare l’annuncio di Cristo presente qui e ora. Denunciava l’odio per la fede. Le cordate di potere che vampirizzavano la fede. Questo suscitava in lui “tristezza”, ma restava anche nella decrepitezza degli anni che passano “una letizia profonda la cui radice Don Giussani mi ha ricordato migliaia di volte: «Il mio cuore è lieto perché tu, Cristo, vivi»”. Lo aveva conosciuto in prima liceo classico nel 1957. Non l’ha più mollato.

La Chiesa e il casino

Scrivono adesso su quasi tutti i siti copiando una qualche velina in cui si evoca questo vescovo come “integralista”. Si cita Il Fatto quotidiano e una frase che avrebbe detto proprio al sottoscritto, e che invece Negri non ha mai pronunciato. Di tutta una grande vita, di uomo, prete, intellettuale, pastore di anime e di corpi, Rainews riesce a estrarre un solo virgolettato per avvilirne la testimonianza utilizzando una delazione sconcia e fasulla. Ha scritto il sito della tivù del servizio pubblico mettendogli in bocca questo augurio di morte per Papa Francesco: “«Speriamo che con Bergoglio la Madonna faccia il miracolo come aveva fatto con l’altro», con riferimento a Papa Luciani, morto dopo un mese dal suo insediamento. Dopo il clamore mediatico, Negri chiese udienza al Papa”. Me l’ero trovata sulla prima pagina del Fatto quotidiano questa roba. Ho smentito istantaneamente scrivendo al Fatto e, conoscendo come funzionano il Vaticano e le Curie, ho scritto a indirizzi personali di cardinali e funzionari, chiarendo e spiegando. Mi invitarono a evitare di coinvolgerli i simili faccende. Traduco: l’avevano scaricato. Lui non volle difendersi in pubblico, riteneva non ci si dovesse umiliare a smentire una qualsiasi conversazione privata malamente intercettata. Si sarebbe entrati in un gioco utile solo a “la Santa Chiesa”. La chiamava così, amandola come sposa di Cristo, ma poi memore di un’invettiva di Sant’Ambrogio, aggiungeva testualmente “che è diventata un casino”.

Ricordo il suo coraggio. Fu il primo prelato in Occidente a esporre sull’ingresso del palazzo arcivescovile un grande stendardo. Vi erano tracciate sopra una «ن» verde, la venticinquesima lettera dell’alfabeto arabo, corrispondente alla «n» dell’alfabeto latino. Vuol dire Nazareno. Era la scritta dipinta sulle porte delle case dei cristiani a Mosul dall’ISIS, nell’inerzia del mondo e di tanta parte dei Cattolici. Mi ricordo che mia moglie avendolo saputo, comprò un grande telo, pennellò quella N e lo appese al balcone. Una signora chiese, cosa volesse dire. Saputolo disse: “Ma è pericoloso, stia attenta”. Grazie Don Negri, che non stavi mai attento.

Postscriptum

Mons. Negri e la Fraternità Sacerdotale della Familia Christi, il commissariamento e la successiva soppressione

Domenica 6 maggio 2018 è stato celebrato il 500° anniversario della consacrazione dell’altare della Basilica Canonicale di Santa Maria in Vado e Santuario del Prodigioso Sangue nel centro storico di Ferrara. La Basilica-Santuario ingloba per volontà della Famiglia d’Este la cappella dove, di fronte all’icona bizantina risalente al V secolo della Madonna detta “di Costantinopoli”, si verificò il Miracolo Eucaristico del Prodigioso Sangue della Pasqua del 1171, quando dall’Ostia spezzata dal Canonico Pietro da Verona – che dubitava della Presenza Reale – sprizzò un’imponente flusso del Sangue Preziosissimo del Nostro Signore e Redentore Gesù Cristo che tuttora è visibile sulla volticina.

Con l’Assistenza Pontificale di un visibilmente commosso Mons. Luigi Negri, Arcivescovo Emerito di Ferrara-Comacchio (di cui ricorreva quel giorno il 13° anniversario di ordinazione episcopale) e con grande afflusso e partecipazione attiva ed orante di popolo, è stata celebrata una Messa Solenne in tertio del Preziosissimo Sangue, officiata da Don Riccardo Petroni, Superiore Generale della Fraternità Sacerdotale della Familia Christi, assistito da Don Mattia Tanel, FSFC (in qualità di diacono) e dal Chierico Pietro Pomatto FSFC (in qualità di suddiacono), come previsto dalle norme liturgiche del venerabile Rito Tradizionale Romano.

Nella sua omelia, Mons. Negri ha sottolineato la bellezza, la profondissima interiorità e l’attualità del Rito Romano Antico, che ha prodotto tanta santità nei secoli passati e che ancora oggi continua – e continuerà in futuro – ad attrarre soprattutto giovani – non già per una presunta esteriorità di forme, ma al contrario per la sua portata di Fede autentica ed interiormente vissuta. La bellezza, va ricordato, è caratteristica di Dio.

Ordinazioni nella Fraternità l’11 ottobre 2014.

La Fraternità Sacerdotale della Familia Christi fu eretta nel 2014 come Associazione Pubblica di Fedeli dall’allora Arcivescovo metropolita di Ferrara-Comacchio, Mons. Luigi Negri e l’8 settembre 2016, giorno in cui la Chiesa fa memoria della Natività della Beata Vergine Maria, come Società di Vita Apostolica Clericale di Diritto Diocesano. Il 1° ottobre 2016 Mons. Negri affidò alla Fraternità la cura pastorale della Parrocchia di Santa Maria in Vado e la Rettoria del Santuario del Prodigioso Sangue.

A seguito di una Visita Canonica alla Fraternità – realizzata in un primo momento tramite un Visitatore Delegato tra il 20 e il 22 febbraio 2018, proseguita successivamente con la raccolta di informazioni fino al 30 settembre 2018 e conclusa con la consegna al Presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei (competente nel caso, perché la Fraternità celebrava con il Rito Romano Antico), il Cardinale Luis Ladaria Ferrer, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, di una relazione da parte di Mons. Gian Carlo Perego, Arcivescovo metropolita di Ferrara-Comacchio –  il 1° dicembre 2018 il Cardinale Ladaria ha nominato Mons. Daniele Libanori, SI, Vescovo ausiliare di Roma (e ferrarese d’origine) “Commissario plenipotenziario, Delegato della Santa Sede sulla Fraternità Sacerdotale della Familia Christi”.

Mons. Libanori fu chiamato a tre compiti specifici:
1. Assumere il governo della Fraternità in sostituzione del Superiore e del Consiglio generale durante il periodo del commissariamento.
2. Verificare la fondatezza degli elementi e delle conclusioni emersi dalla Visita canonica “alla medesima Società” (cioè, la Fraternità).
3. Determinare, in collaborazione con la Pontificia Commissione Ecclesia Dei, eventuali futuri percorsi per la Fraternità.

Mons. Gian Carlo Perego, Arcivescovo metropolita di Ferrara-Comacchio – si leggeva in una nota del 3 dicembre 2018 dell’Ufficio stampa diocesano – “ringrazia la Santa Sede per la premura e l’attenzione al bene dei fedeli della nostra Chiesa e invita tutti a pregare, perché l’operato del Commissario porti frutti di grazia alla nostra Chiesa di Ferrara-Comacchio”.

L’Associazione culturale San Michele Arcangelo, nel prendere atto del comunicato diramato in data 3 dicembre 2018 dall’Ufficio stampa della Curia arcivescovile di Ferrara – Comacchio sulla nomina di Mons. Daniele Libanori, SI, Vescovo ausiliare di Roma, a Commissario plenipotenziario e Delegato della Santa Sede sulla Fraternità Sacerdotale della Familia Christi, ha espresso completa solidarietà, stima e amicizia ai Sacerdoti e ai Seminaristi della Fraternità. Nella certezza soprannaturale che il Signore farà trionfare la Verità e la Giustizia, nei modi e nei tempi a Lui conosciuti, l’Associazione ha rinnovato i sentimenti di ammirazione per lo zelo e la correttezza del Superiore Generale Don Riccardo Petroni, la cui fedeltà alla Chiesa e alla sua Sacra Gerarchia, pur in questa difficile congiuntura, è motivo di profonda edificazione spirituale per tante anime.

Poi, il 20 giugno 2019, il Commissario “avendo verificato le difficoltà oggettive per assicurarne lo sviluppo” disponeva “dal giorno 1° luglio 2019 la chiusura dello Studentato e del Noviziato (compresi gli ospiti, i probandi, i novizi e quanti non incardinati in questa Società di Vita Apostolica)”. Nel frattempo, in data 6 giugno 2019, la Congregazione delle Cause dei Santi aveva revocato a Don Riccardo Petroni l’ufficio di Postulatore per le Cause dei Santi. Infine, si è arrivati al Decreto della Congregazione per la Dottrina della Fede, confermato il 6 febbraio 2020 da Papa Francesco in forma specifica, di soppressione della Fraternità Sacerdotale della Familia Christi, concludendo l’iter canonico durato due anni.

Ecco i “frutti di grazia” portati dal Commissario: l’ennesima soppressione di una realtà tradizionale, tempo prima della Traditionis custodes, auspicata da Mons. Gian Carlo Perego, Arcivescovo metropolita di Ferrara-Comacchio, il successore di Mons. Luigi Negri, che ha concorso al commissariamento e alla successiva soppressione della Fraternità Sacerdotale Familia Christi (7 sacerdoti e 13 seminaristi).

Alcuni commenti sul Blog.messainlatino.it:
“Qualcuno ha idea di quali siano “gli elementi e le conclusioni emerse dalla visita canonica”? Sicuramente non possono aver detto “sono troppo cattolici, celebrano in forma straordinaria, ecc”, deve esserci qualcosa di più sostanzioso per un commissariamento (come per i Francescani dell’Immacolata, i cui problemi ufficialmente riguardavano il governo della congregazione e le sue finanze)” (Anonimo).
“I perseguitati, accusati di latrocinio, escluso dai giudici italiani, dimostrano che il più ‘sostanzioso’ non esiste, visto che, dopo quattro anni, non è stato mai rilevato ai fedeli che avrebbero il diritto di sapere. Il disinvolto tentativo di far passare dei sacerdoti (solo i tradizionalisti, guarda caso) come degli sbandati pericolosi per la Chiesa è del tutto opinabile” (Anonimo).
“È una notizia che induce sentimenti di mestizia, perché aggiunge un tassello alle condizioni in cui versa oggi la Chiesa visibile. Un provvedimento di cui non si offrono le motivazioni, indispensabili per una corretta informazione” (Anonimo).
“Certo che la scelta del Plenipotenziario non stupisce: Libanori è di Ferrara, no? Un confratello mi riferisce che il Vescovo, mesi fa, aveva minacciato i sacerdoti di Familia Cristi che se avessero permesso anche ad un solo fedele di assistere alla Messa tridentina – anche a porte chiuse – li avrebbe immediatamente sospesi a divinis. Alla faccia del Summorum Pontificum… Dopo i Frati Francescani dell’Immacolata decimati, ecco un’altra prodezza del Satrapo, dinanzi alla quale i fedeli, come sempre, devono piegare il capo. E meno male che la setta conciliare sarebbe attenta alle richieste ‘della base’. A proposito: non era Bergoglio a criticare il clericalismo?” (Cesare Baronio).

Ulteriori informazioni nella Nota Facebook [QUI]:
– La misericordia colpisce ancora: commissariata Familia Christi a Ferrara. Troppa tradizione? Sgarbo a Negri? di Marco Tosatti – Stilum Curiae, 4 dicembre 2018.
Il vescovo di Ferrara in piazza con Arcigay di Giuliano Guzzo – Il Timone, 24 settembre 2018.

Il caso Rugolo

A questo punto va anche riportato alla memoria che l’Arcivescovo metropolita di Ferrara-Comacchio, Mons. Gian Carlo Perego, in accordo con il Vescovo di Piazza Armerina, Mons. Rosario Gisana, accolse nel novembre 2019 nella sua diocesi Don Giuseppe Rugolo, il prete della Parrocchia di San Giovanni Battista di Enna, dove sarebbero avvenute le violenze sessuali di cui è accusato. Attualmente sotto processo davanti al Tribunale di Enna per violenza sessuale aggravata a danno di minori [QUI], dal 27 aprile 2021 Don Rugolo è agli arresti domiciliare, residente a Vigarano Mainarda. Da quanto finora emerso, Mons. Gisana non ha mai segnalato il “caso Rugolo” alla magistratura. “Abbiamo appreso di questo caso solo quando la vittima ha presentato una denuncia alla polizia, nel dicembre 2020 – ha conferma a la Repubblica il Procuratore di Enna Dott. Massimo Palmeri -. E ci siamo subito attivati”. Il Vescovo di Piazza Armerina – pur “sapendo ogni cosa” – decise di traccheggiare e trasferire per due anni Don Rugolo al Nord, nell’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchia, con la motivazione ufficiale che doveva terminare gli studi teologici. Nei confronti di Don Rugolo non risulta che siano stati adottati provvedimenti disciplinari da parte dell’autorità ecclesiastiche competenti. La Rete L’Abuso ha scritto il 24 febbraio 2021, che l’Arcivescovo metropolita di Ferrara-Comacchio, “come si evince chiaramente dal materiale acquisito, permetteva di organizzare addirittura incontri per ragazzi dai 14 ai 17 anni, come quello organizzato dal Gruppo Giovani Vigarano della parrocchia Natività della Beata Vergine Maria. Certamente ora va verificato se Mons. Gian Carlo Perego fosse stato informato da Mons. Rosario Gisana dei reali motivi del trasferimento, che in caso emergesse fosse informato lo vedrebbero implicato nel favoreggiamento di Don Rugolo”.

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