Desmond Tutu: non c’è futuro senza perdono

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“Memore del suo servizio al Vangelo attraverso la promozione dell’uguaglianza razziale e la riconciliazione del suo nativo Sudafrica, Sua Santità affida la sua anima all’amorevole misericordia di Dio Onnipotente”: così ha scritto papa Francesco nel telegramma appena appresa la notizia della morte dell’arcivescovo anglicano Desmond Tutu, avvenuta domenica 26 dicembre, il cui funerale si svolge oggi.

Come ha scritto Domenico Quirico sulla Stampa, è stato un uomo che insieme a Mandela e De Klerk ha “realizzato uno dei pochi miracoli del feroce ventesimo secolo, aver cioè traghettato il Paese della bestemmia bianca dell’apartheid, senza vendette, nell’età dei diritti e dell’eguaglianza razziale…

Era l’ultimo rimasto dei tre coraggiosi, insieme a Mandela e al boero De Klerk, che hanno realizzato uno dei pochi miracoli del feroce ventesimo secolo, aver cioè traghettato il Paese della bestemmia bianca dell’apartheid, senza vendette, nell’età dei diritti e dell’eguaglianza razziale…

Divenne il portavoce dell’uomo che non poteva parlare, chiuso nell’isola da cui doveva, secondo i piani dei suoi carcerieri, uscire solo da morto. Lo minacciarono di espulsione, gli tolsero il passaporto. Tutto inutile. Implacabile, paradossale, irresistibile, cercava il corpo a corpo con il Potere.

Il premio Nobel della pace nel 1984 lo mise al di sopra di ogni minaccia, ma non lo consegnò alla imbalsamazione. Così, quando l’incredibile avvenne, Mandela libero, le elezioni, i neri al potere, il compito non era finito: fu lui l’anima della Commissione per la verità e la riconciliazione”.

A Repubblica l’arcivescovo di Bologna, mons. Matteo Zuppi, offre un ricordo personale di un incontro a Roma con la Comunità di Sant’Egidio: “Si commosse alla vista del mosaico al monastero di San Tommaso sul Celio in cui Gesù libera un bianco e un nero. Ecco, era quello che lui voleva: tutti subiscono la schiavitù e hanno bisogno di essere liberati.

La liberazione è interdipendente: è una delle lezioni che ci è rimasta, così come la grande indicazione che diede, e che fu esperienza importante per il Sudafrica, di non far mancare perdono e giustizia, di non permettere che la violenza continuasse con altre violenze. Una via d’uscita importantissima e intelligente che testimoniò nella Commissione Verità e Riconciliazione”.

Da Taizé frére Alois ha ricordato l’incontro di mons. Tutu con la comunità: “Siamo grati per l’amicizia che ha legato l’Arcivescovo e la nostra comunità per più di 40 anni. Dalla visita di frère Roger a Johannesburg nel 1978 e dalla sua stessa visita a Taizé nel 1979, siamo rimasti in comunione attraverso la preghiera, condividendo la stessa passione per risvegliare nuove generazioni di giovani alla fede in Cristo.

Nel 1980, quando le tensioni erano alte nel vostro paese, egli organizzò il viaggio di 144 giovani sudafricani di tutte le origini, denominazioni ed estrazione sociale in un pellegrinaggio di riconciliazione a Taizé.

Da allora, ha sostenuto fedelmente centinaia di giovani sudafricani inviati dalle loro chiese a rappresentare il loro paese nelle diverse tappe del pellegrinaggio di fiducia organizzato da Taizé. Due anni fa era ansioso di unirsi ai partecipanti all’incontro internazionale che avevamo preparato a Città del Capo”.

Nel libro ‘Non c’è futuro senza perdono’ il Premio Nobel per la Pace ripercorre le tappe che hanno portato allo sviluppo della Commissione per la verità e la riconciliazione: “La qualità della vita umana sul nostro pianeta non è altro che la somma totale delle nostre interazioni quotidiane gli uni con gli altri.

Ogni volta che noi aiutiamo qualcuno, e ogni volta che noi facciamo del male a qualcun altro, abbiamo un impatto drammatico sul nostro mondo. Poiché siamo esseri umani, alcune delle nostre interazioni andranno male, e quindi saremo feriti o feriremo, o accadranno entrambe le situazioni.

E’ la natura dell’essere umano, ed è inevitabile. Il perdono è il modo in cui impostiamo nel modo giusto queste interazioni. E’ il modo di riparare strappi nel tessuto sociale. E’ il modo in cui evitiamo alla comunità umana di scomporsi, disfarsi”.

Davanti a tante situazioni in cui l’umanità si trova a vivere l’unico soluzione è il perdono, capace di redenzione: “Nessuno nasce bugiardo, o stupratore, o terrorista. Nessuno nasce pieno di odio. Nessuno nasce pieno di violenza. Nessuno nasce con meno gloria o meno bontà di voi o di me.

Ma ogni giorno, in ogni situazione, in ogni dolorosa esperienza di vita, questa gloria e questa bontà possono essere dimenticate, messe in ombra, perdute.

E’ facile farci soffrire, distruggerci, ed è bene ricordarsi che è altrettanto facile essere quelli che fanno soffrire e distruggono. La semplice verità è che tutti commettiamo degli errori e tutti abbiamo bisogno di essere perdonati”.

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