L’enigma del singolare silenzio di Bergoglio su quella “riforma” della Curia Romana… desaparecida. «Adesso è il momento della rivoluzione»

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Luis Badilla – che, come ha ricordato Aldo Maria Valli, è un “osservatore delle cose vaticane che non può certamente essere accusato di pregiudiziale ostilità nei confronti del Pontefice regnante” – ha concluso la sua “Postilla della giornata” (Un piccolo grido di allarme) del 23 dicembre 2021 con “un pugno nello stomaco al Pontificato”, ci ha osservato un amico, attento e acuto osservatore delle cose vaticane: «Oggi il Papa con il suo singolare silenzio ha assestato al suo pontificato un duro colpo di fronte al quale resta una sola speranza: che presto dica qualcosa al riguardo e chiarisca queste tenebre prima possibile. Anche in questo caso si può applicare un richiamo del Papa che sulla crisi ecologica ha detto a più riprese: in una crisi anche la tempestività è fondamentale. Non basta una buona soluzione. Occorre farla nei tempi giusti. Non ci resta che aggiungere come ha detto il Cardinale Pietro Parolin pochi giorni fa: la Chiesa non è del Papa e neanche dei vescovi o preti. È dei battezzati. Noi vogliamo ricordare che questi battezzati sono chiamati in base alla legge suprema e perfetta, Cristo, a essere suoi discepoli e non sudditi di un sovrano».

La questione sollevata da Badilla è in riferimento al discorso di Papa Francesco alla Curia Romana per gli auguri di Natale, o più correttamente, a quanto in quel discorso era taciuto in toto: l’atteso annuncio della data di pubblicazione del testo della riforma della Curia.

Ne ha parlato lunedì scorso, 20 dicembre 2021, l’amico e collega Andrea Gagliarducci nell’articolo pubblicato sul suo blog Monday Vatican [QUI], che abbiamo riportato nella nostra traduzione italiana (Papa Francesco, è l’ora della riforma) [QUI]. Gagliarducci ha scritto: «C’è un dettaglio interessante nel comunicato stampa che ha fatto seguito all’ultimo Consiglio cardinalizio, tenutosi in Vaticano il 13, 14 e 15 dicembre [QUI]. Per la prima volta, il testo del comunicato non fa riferimento al Praedicate Evangelium, il testo della riforma della Curia, che è stato il principale argomento di discussione sin dall’istituzione del Consiglio. Un segnale? Possibile. Da almeno un paio di mesi, infatti, si vocifera che la riforma della Curia sarà pronta entro metà dicembre. Sembra quindi un segnale chiaro che il Papa incontra il gruppo di cardinali che (in teoria) dovrebbe assisterlo nel governo della Chiesa universale, e dialoga con loro “della situazione politica e sanitaria”, della pandemia e del cammino sinodale con la relazione esterna del Cardinale Mario Grech. Quando potrebbe essere pubblicato il testo della riforma della Curia? L’annuncio potrebbe avvenire proprio il 23 dicembre, nel canonico discorso di saluto di Papa Francesco alla Curia. Tutti gli indizi puntano a quella data ma senza alcuna certezza. Dopo l’annuncio della riforma, Papa Francesco potrebbe provvedere alle nomine dei nuovi Prefetti e poi convocare il Concistoro previsto da novembre, che potrebbe essere annunciato già il 2 gennaio, il giorno dopo la Giornata Mondiale della Pace».

Ed ecco, come già l’ultimo Consiglio cardinalizio del 13, 14 e 15 dicembre, neanche Papa Francesco nel suo discorso alla Curia Romana del 23 dicembre ha fatto accenno alla riforma della Curia Romana che bolle in pentola da 8 anni… assenza a cui Luis Badilla, il Direttore dell’aggregatore para-vaticano Il Sismografo ha dedicato la sua “Postilla della giornata”. Ha commentato l’amico e collega Aldo Maria Valli ieri sul suo blog Duc in altum: «Il 23 dicembre, come da tradizione, il Papa ha rivolto un discorso alla Curia Romana riunita per gli auguri di Natale e fine anno. È stato il suo nono discorso e, una volta ancora, Bergoglio ne ha approfittato per rimproverare tutti coloro che lavorano al suo servizio. Niente di nuovo. Ma il problema è che il Papa non ha speso nemmeno una parola per parlare della riforma della Curia, ormai in cottura da ben otto anni ma mai sfornata. Eppure sarebbe stata l’occasione propizia. Un silenzio prontamente notato da Luis Badilla, osservatore delle cose vaticane che non può certamente essere accusato di pregiudiziale ostilità nei confronti del Pontefice regnante. Con il suo “singolare silenzio – scrive Badilla – il Papa ha assestato al suo pontificato un duro colpo”. Un giudizio corredato da molte altre frecciate all’indirizzo dell’inquilino di Santa Marta».

Cosa significa il silenzio di Bergoglio su quella riforma della Curia Romana… desaparecida? Ci aiuta a comprendere l’arcano Andrea Gagliarducci, che oggi, 27 dicembre, ritorna sulla questione dei “progressi” nella riforma della Curia”, con un nuovo articolo sul suo blog Monday Vatican (Verso una rivoluzione?). Come nel caso della “Postilla del giorno” di Luis Badilla del 23 dicembre, anche qui il botto arriva con la conclusione: «Siamo in un momento di passaggio di consegne, che sarà rapido, brutale e improvviso. Papa Francesco sembra aver deciso di non dare il tempo di reagire a coloro che considera suoi avversari – le persone che avrebbero tramato la sua successione mentre era in ospedale. Così, tutte le nomina arriveranno insieme, una dopo l’altra. (…) Adesso è il momento della rivoluzione. Non passerà per la riforma della Curia. Le solite voci dicono che il Consiglio cardinalizio non si è pronunciato perché è stato deciso che continuerà ad emendare il Pastor Bonus, senza un nuovo testo o comunque senza aggiornare il testo della Praedicate Evangelium. Quindi, il Papa si sentirebbe più libero di agire. Altre voci dicono che il Papa vuole introdurre nuovi punti all’ordine del giorno e addirittura assumere la guida ad interim della Congregazione per la Dottrina della Fede. (…) Questo Natale, per Papa Francesco, è un momento di transizione. Ma resta da vedere se la gente intorno a lui sarà in grado di mettere suo piano in azione».

Quello che si deduce, leggendo Gagliarducci, è che il testo della riforma della Curia Romana, che doveva essere legalizzata con la nuova Costituzione apostolica Praedicate Evangelium, è ancora incompleto, che con ogni probabilità così resterà e che dovrebbe uscire alla fine non in sostituzione (come si è sempre annunciato), ma come emendamento della vecchia Costituzione apostolica Pastor Bonus di San Giovanni Paolo II, formalmente ancora in vigore ma, come osserva Badilla,«decaduta nei fatti» e «non può essere applicata perché neutralizzata da decine di Motu proprio», quindi «la Chiesa oggi è senza una legge fondamentale». E questo è una situazione gravissima, mentre in questo modo Papa Francesco tiene le mani liberi come vuole, togliendo la questione dalle mani dei cardinali consiglieri e così decide tutto lui ora.

Per un attento lettore, lo scenario descritto da Gagliarducci nel suo “Monday Vatican” di oggi è quanto traspare anche dalla “Postilla del giorno” di Badilla: «Il Santo Padre non ha detto neanche una sola parola [nel discorso alla Curia Romana del 23 dicembre]. Eppure Francesco il 1° settembre in un’intervista a tutto campo con la catena radiofonica spagnola Cope, parlò ampiamente sulla questione dicendo cose che non aveva mai detto. È chiaro che Papa Francesco privilegia i media in generale e poco o nulla rivela o anticipa agli organi competenti della Chiesa e nemmeno ai suoi media, ai vertici della gerarchia, che sono soventi gli ultimi a sapere le cose».

E così, leggendo la nostra traduzione italiana del “Monday Vatican” di oggi di Andrea Gagliarducci (Verso una rivoluzione?), dopo la “Postilla del giorno” del 23 dicembre di Luis Badilla (Un piccolo grido di allarme), diventa chiaro cosa significa questa “riforma della Curia Romana” messo in atto da Bergoglio: una “rivoluzione” che «non passerà per la riforma della Curia», ma attraverso il «passaggio di consegne, che sarà rapido, brutale e improvviso».

Cosa significa tutto questo per il Popolo di Dio (per usare un’espressione nello “spirito del Concilio Vaticano II”) e il sensus fidelium della Tradizione, po’ essere sintetizzato con le parole del Cardinale Pietro Parolin e di Luis Badilla, da farne un quadro e appenderlo al muro:

«La Chiesa non è del Papa
e neanche dei vescovi o preti.
È dei battezzati.
E i battezzati sono chiamati
a essere discepoli di Cristo,
non sudditi di un sovrano»

Obbedienza e coscienza, alla presenza di leggi ingiuste, che vengono avvertite come atti di violenza. Cosa devono fare i Cattolici Romani? – 25 dicembre 2021, Solennità del Natale del Signore

Certi Cattolici o non capiscono o non vogliono capire. Qui non si tratta nemmeno più di quello che fa il Regnante. Qui si tratta anche di quello che fanno i complici del Regnante insieme a lui.
E sì, perché è il caso di dirlo una volta per tutte. Certi Cattolici sono complici di questo caos. Non sono vittime. È ora di dissociarsi in modo fermo. Noi ci dissociamo da certi atteggiamenti.
Ci dissociamo dalla foto opportunity con l’Uomo Nero che Veste di Bianco con le sempre prevedibili e disastrose conseguenze. Ci dissociamo dal menefreghismo, dalla leggerezza dalla noncuranza, dalla mancata cautela [QUI].
Ci dissociamo da chi mette il prosciutto sugli occhi quando si tratta di eventi vaticani, diffondendo la velina del giorno sotto forma di “editoriale”, con la narrazione che fa passare per bianco quello che è nero, dichiarando “giusto processo” quello che è la negazione dello stato di diritto [QUI].
È ora di dissociarsi chiaramente e di prendere una posizione.
A questo punto, chi non prende una posizione chiara e ferma è complice.
E chi è complice va definito complice.

Vatican Media – Videoregistrazione dell’dienza alla Curia Romana per gli auguri di Natale di Papa Francesco, 23 dicembre 2021: QUI.

La Postilla della giornata: il silenzio di Francesco sulla riforma della Curia e sulla annunciatissima, da otto anni, nuova Costituzione Apostolica. Un piccolo grido di allarme
di Luis Badilla
Il Sismografo, 23 dicembre 2021


Con il suo nono discorso alla Curia Romana, in occasione degli scambi augurali per il Natale 2021, il Pontefice, come in numerose allocuzioni precedenti, è tornato a martellare sui difetti, vizi, insufficienze e malcostumi di centinaia di persone – in maggioranza preti, religiosi e religiose, tra cui cardinali, arcivescovi e vescovi – che sono tutti i suoi collaboratori nel governo universale della Chiesa che lui presiede nella carità. Si tratta di un discorso che Papa Bergoglio ribadisce dai lontani tempi in cui era, come successore del Cardinale Antonio Quarracino, Arcivescovo di Buenos Aires. Buona parte di tutto questo che Francesco va dicendo da due decenni è una forte denuncia che si colloca alla base della molto amplificata riforma della Chiesa che, oltre alla conversione dei cuori – cosa che diceva già Gesù oltre 2000 mila anni fa – passa attraverso il cambio radicale delle strutture e delle regole. In concreto, passa anche e in modo determinante attraverso una Costituzione Apostolica nuova, dinamica, arricchita dal mutare dei tempi, dopo i trent’anni della precedente di San Giovanni Paolo II chiamata Pastor Bonus. Sulla nuova, che sappiamo dal Papa stesso che si intitola o si intitolerà Evangelium praedicate, a otto anni dall’inizio della sua elaborazione da parte del Consiglio dei cardinali (prima nove e ora sette), davanti alla Curia, il Santo Padre non ha detto neanche una sola parola. Eppure Francesco il 1° settembre in un’intervista a tutto campo con la catena radiofonica spagnola Cope, parlò ampiamente sulla questione dicendo cose che non aveva mai detto. È chiaro che Papa Francesco privilegia i media in generale e poco o nulla rivela o anticipa agli organi competenti della Chiesa e nemmeno ai suoi media, ai vertici della gerarchia, che sono soventi gli ultimi a sapere le cose.

La nuova Costituzione Apostolica è una cosa molto seria, anzi serissima poiché la Chiesa oggi è senza una legge fondamentale. La vecchia Costituzione, decaduta nei fatti, non può essere applicata perché neutralizzata da decine di Motu proprio. La nuova, fino alla sua promulgazione, è come se non esistesse. Questa situazione è delicatissima e insidiosa, in particolare in un momento in cui all’interno della Chiesa e della stessa gerarchia crescono le divisioni, l’antagonismo e addirittura cresce anche l’odio reciproco fra le parti in disaccordo.

Oggi il Papa con riferimento alla Curia, al suo lavoro e al suo servizio, ha parlato di partecipazione, comunione e missione. Sono tutte cose sacrosante e ben proposte e ribadite, ma, cosa si dice della riforma specifica, della sua codificazione giuridica, dello spirito dei cambiamenti allo studio da otto anni? Cosa si dice sui cronogrammi e perché? Come sarà nel futuro questa diaconia e cosa possono attendere le Chiese particolari da questo servizio?

Oggi il Papa con il suo singolare silenzio ha assestato al suo pontificato un duro colpo di fronte al quale resta una sola speranza: che presto dica qualcosa al riguardo e chiarisca queste tenebre prima possibile. Anche in questo caso si può applicare un richiamo del Papa che sulla crisi ecologica ha detto a più riprese: in una crisi anche la tempestività è fondamentale. Non basta una buona soluzione. Occorre farla nei tempi giusti.

Non ci resta che aggiungere come ha detto il cardinale Pietro Parolin pochi giorni fa: la Chiesa non è del Papa e neanche dei vescovi o preti. È dei battezzati. Noi vogliamo ricordare che questi battezzati sono chiamati in base alla legge suprema e perfetta, Cristo, a essere suoi discepoli e non sudditi di un sovrano (Luis Badilla).

Papa Francesco, verso una rivoluzione?
di Andrea Gagliarducci
Monday Vatican, 28 dicembre 2021


Non ci sono stati annunci a sorpresa nel discorso degli auguri di Natale alla Curia di Papa Francesco. Nessun accenno alla riforma della Curia [QUI]. Nessun accenno a ciò che è stato fatto. Tuttavia, lo stesso giorno, Papa Francesco ha formalmente licenziato il Cardinale Peter Turkson dal suo incarico di Prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, insieme ai suoi collaboratori. Al suo posto, una direzione ad interim, composta dal Cardinale Michael Czerny, già Sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati, e da Suor Alessandra Smerilli, da poco Segretario del Dicastero.

Come si è concluso il periodo di Curia del Cardinale Turkson [QUI] merita una riflessione. Non è che il Cardinale ha dovuto lasciare il suo incarico dopo 12 anni di Curia. Invece è come è avvenuta questa rinuncia che colpisce.

Per qualche tempo, nel Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale c’erano insieme due cardinali: il Cardinale Peter Turkson, Prefetto, e il Cardinale Michael Czerny, che era entrato nel Dicastero dopo Turkson e che in seguito si guadagnò la fiducia del Papa e che fu primo il capo di una sezione ad hoc, quella dei Migranti e dei Rifugiati, e poi fu creato cardinale.

Era un segno. L’ex collaboratore divenne cardinale, e quindi gli equilibri di potere si stavano ribaltando. Papa Francesco non è nuovo a iniziative del genere. Ad esempio, il Papa creò cardinale Gualtiero Bassetti, Arcivescovo di Perugia [QUI], quando era ancora Vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana. Era un chiaro segnale di chi volesse al posto del Cardinal Bagnasco come Presidente. L’idea è che, con quel tipo di pressione, prima o poi le persone si arrendono. Il Cardinal Turkson continuò il suo lavoro, così come Bagnasco. Entrambi hanno sempre pensato che il Papa avrebbe dovuto chiedere loro esplicitamente di andarsene, se era questo che voleva il Papa. Non è successo, anche perché il Papa sapeva che ciò avrebbe provocato reazioni.

All’avvicinarsi della data del ritiro del Cardinal Turskon, Papa Francesco istituì una Commissione per ispezionare il Dicastero [QUI]. A capo della Commissione c’era il Cardinale Blaise Cupich, Arcivescovo di Chicago [QUI], assistito da Suor Helen Alford, Vicerettore della Pontificia Università Angelicum, e da Pier Francesco Pinelli, ingegnere divenuto manager e che era coinvolto nello studio e nella costituzione del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale.

Era la terza ispezione che Papa Francesco ha ordinato nei Dicasteri, ma il primo con una squadra vera. Le conclusioni dell’ispezione non sono note e nulla può essere formalmente ricondotto a tale ispezione. Tuttavia, la presenza di tre ispettori ha creato un precedente, che avrebbe destato meno sospetti quando ci sarebbero state le immancabili porte girevoli, e alcuni dei protagonisti della scena se ne sarebbero andati.

Così, poco dopo l’ispezione, ma con un’azione che si dice pianificato in anticipo, Padre Augusto Zampini si è dimesso [QUI]. Era stato nominato Segretario Aggiunto del Dicastero con una comunicazione arrivata, in modo inusuale, alle 8 di sera, come aggiunta al Bollettino formale del mezzogiorno dove sono incluse tutte le nomine. Un modo per dire che quella decisione non poteva essere rimandata al giorno dopo, doveva succedere quel giorno.

La caduta di Zampini seguì l’uscita dell’altro Segretario, Padre Bruno Maria Duffé. Se ne andò alla soglia dei 70 anni, un anno prima della fine del suo mandato, apparentemente per divergenze interne.

Nel frattempo era arrivata come Sottosegretario Suor Alessandra Smerilli. Quando i due Segretari lasciarono la scena, Suor Smerilli divenne Segretario. Ha ora assunto la direzione del Dicastero ad interim, insieme al Cardinale Michael Czerny.

E il Cardinale, in un comunicato diffuso dalla Sezione Migranti e Rifugiati, ha affermato che il Dicastero affronta “numerose e pressanti sfide” nel nostro mondo, “che privilegia la globalizzazione dell’indifferenza rispetto alla solidarietà mentre calpesta la nostra casa comune e l’universalità della famiglia umana”.

Il Cardinale ha aggiunto che “il buon lavoro svolto nella Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero si offre oggi come un fruttuoso approccio alle sfide appena menzionate”.

Queste sono parole che danno l’idea di una sorta di colpo di Stato pianificato: prima una sezione ad hoc posta direttamente sotto la direzione del Papa, e poi la sostituzione del Prefetto, perché tutto il Dicastero prendesse quella linea.

Sarà così? Papa Francesco, infatti, ci ha abituato a diverse situazioni di questo tipo, dove nuovi personaggi si pongono a modello, si affiancano a quelli vecchi, e poi li sostituiscono.

C’è da chiedersi, dunque, quale sarà il destino del teologo Armando Matteo, chiamato dal Papa a essere Sottosegretario della Congregazione per la Dottrina della Fede e patrocinato dal Papa al termine del discorso di saluto alla Curia. O a quale carica è destinato il teologo Luigi Maria Epicoco, i cui libri sono già stati donati due volte alla Curia e da Papa Francesco nominato Assistente ecclesiastico del Dicastero per la Comunicazione ed Editorialista dell’Osservatore Romano (titolo che, del resto, non è mai stato conferito dal Papa, e certo non in un Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede)?

Siamo in un momento di passaggio di consegne, che sarà rapido, brutale e improvviso. Papa Francesco sembra aver deciso di non dare il tempo di reagire a coloro che considera suoi avversari – le persone che avrebbero tramato la sua successione mentre era in ospedale. Così, tutte le nomina arriveranno insieme, una dopo l’altra.

Il discorso alla Curia non aveva questi spunti ma aveva un richiamo costante all’umiltà, come era già successo nel 2019. Il fatto che non ci fossero temi specifici dava l’idea di un discorso crepuscolare, come se il Papa, e di conseguenza, il pontificato, non aveva più nulla di nuovo da dire.

Ma il Papa si è soffermato anche su alcuni passaggi. Ha rimarcato su suoi attacchi al clericalismo e alla mondanità spirituale, e probabilmente stava pensando agli attacchi, di cui sente di essere il destinatario.

Adesso è il momento della rivoluzione. Non passerà per la riforma della Curia. Le solite voci dicono che il Consiglio cardinalizio non si è pronunciato perché è stato deciso che continuerà ad emendare il Pastor Bonus, senza un nuovo testo o comunque senza aggiornare il testo del Praedicate Evangelium. Quindi, il Papa si sentirebbe più libero di agire. Altre voci dicono che il Papa vuole introdurre nuovi punti all’ordine del giorno e addirittura assumere la guida ad interim della Congregazione per la Dottrina della Fede.

In attesa del trasferimento in diocesi dell’Arcivescovo Morandi, numero due dell’ex Sant’Uffizio, e del ritiro del numero uno, il Cardinal Ladaria; mentre altre cinque Congregazioni della Curia attendono nuovi capi; il Papa potrebbe anche decidere ulteriori cambiamenti, e farli presto, convocando già il 2 gennaio un Concistoro per febbraio. Non sarà una breve lista di cardinali, una decina, a concludere il passaggio generazionale.

Questo Natale, per Papa Francesco, è un momento di transizione. Ma resta da vedere se la gente intorno a lui sarà in grado di mettere suo piano in azione (Andrea Gagliarducci).

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