49° Viaggio di Solidarietà e di Speranza della Fondazione Santina – Arminda. La storia di violenza mai incontrata prima – Terza Parte

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Sabato 13 e domenica 14 novembre 2021 Mons. Luigi (Don Gigi) Ginami ha visitato le famiglie che terminano il programma di adozione 2018-2022 in febbraio 2022. Lunedì 15 novembre 2021 ha incontrato il nuovo #VoltoDiSperanza N. 35 e ha iniziato la visita alle famiglie del nuovo programma di adozione febbraio 2022-2025, proseguendo anche mercoledì e venerdì 17 e 19 novembre. Scrive Don Gigi, dandomi un pugno nello stomaco, parlando a nostra Anima: «Ciao! Sto mangiando in una famiglia. Abbiamo comperato pizza. In questa casa ci sono 6 vivi e 6 morti. Il video che segue ascoltalo con attenzione. Mando tanti ma tanti troppi messaggi. Questo video non devi perderlo e pregare quando l’avrai visto. Dura 10 minuti ma è la totale e cruda verità di questa terra. Per favore regala 10 minuti alla tua Anima e prega per loro! La storia mi ha sconvolto. Il prossimo volto di speranza è proprio ARMINDA… ascolta. Arminda è la storia di violenza che mai ho incontrato prima».

Arminda, #VoltiDiSperanza N. 35. La storia di violenza mai incontrata prima.

Martedì 16 novembre 2021 al mattino Don Gigi ha celebrato la Santa Messa all’Obitorio SEMEFO e ha incontrato il personale. Nel pomeriggio ha iniziato gli incontri con le vittime di violenza dei programmi di adozione della Fondazione Santina, proseguendo nel pomeriggio di giovedì 18 novembre 2021, quando c’è stato anche la cena di festa con Romina, Miroslava e Sofia per il compleanno di Magda Larumbe, Socio Responsabile dell’Associazione Amici di Santina Zucchinelli Onlus per il Messico. Mercoledì 17 novembre 2021, dopo la Santa Messa nella parrocchia a La Laja, Don Gigi ha visitato l’Ospizio Buon Samaritano ricostruito da Fondazione Santina. Giovedì 18 novembre 2021 a mezzogiorno ha partecipato alla Celebrazione dell’ammissione agli ordini di Juan Antonio nel Seminario di Acapulco. Venerdì 19 novembre 2021 alle ore 18.00 ha celebrato la Santa Messa di saluto nella parrocchia a La Laja in conclusione del 49° Viaggio di Solidarietà e di Speranza.

La Prima Parte abbiamo scritto sulla base del racconto di Don Gigi nel Report 49/1 (Misteriosi segni) [QUI] e la Seconda Parte con i Report 49/2 (Il primo bacio dalla Santina messicana), 49/4 (L’acqua che libera dalla morte. Il battesimo di Santina contro la cultura de la Santa Muerte) e 49/6 (Santina dal carcere al mare) [QUI].

#VoltiDiSperanza – Dedichiamoci a cose belle. La Fondazione Santina ha inaugurato il 15 novembre 2021 la palestra nella sezione femminile del Carcere di Las Cruces ad Acapulco.

Oggi, nella Vigilia del Santo Natale in attesa della venuta del Salvatore, in questa Terza Parte Don Gigi torna a parlarci direttamente con i Report 49/3 (Arminda, #VoltoDiSperanza N. 35) e 49/6 (Daniel e la Isola de La Roqueta) da cui usciranno altri pugni nello stomaco, che faranno ancora più male di quelli che assesta nella Seconda Parte. Questi Report sono da voltastomaco, come mi aveva avvisato Don Gigi, raccontando della famiglia di Arminda, nella colonia di La Laja: «Da tanti anni mai avevo visto tanti morti in una unica famiglia». Poi, si è aggiunta la storia della famiglia di Daniel, il venditore di mariscos 19enne sull’Isola de La Roquete, nella baia di Acapulco: «“Se non avessimo la storia potente di Arminda, non averi alcun dubbio sul dedicare il nostro libro a Daniel: un vero ed autentico uomo messicano pur nella sua giovane età. Mille stelle ci illuminano. Nel cuore do il nome ad una stella e la chiamo Daniel, un grande #VoltoDiSperanza».

A queste tre Parti aggiungeremo domani una Parte supplementare, una cosa bella, per il giorno di Natale, giorno di consolazione e di speranza: José Alfredo. L’emigrato clandestino seminarista ad Acapulco – Postscriptum. Questa Parte supplementare riporta il testo dell’ultimo capitolo del nuovo instant book della Fondazione Santina, Arminda, #VoltiDiSperanza N. 35. La storia di violenza mai incontrata prima, la traduzione italiana a cura di Don Gigi della testimonianza commovente dell’emigrato messicano José Alfredo García Aguirre, che aveva traversato illegalmente il confine degli Stati Uniti, per poi rientrare in Messico per farsi prete. E che è stato adottato dalla Fondazione Santina nell’ambito del programma di adozioni a distanza in Messico della Fondazione Santina si arricchisce della presenza di cinque seminaristi di Acapulco.

L’11 dicembre 2021 Don Gigi mi aveva scritto, rispondendo ad una mia domanda dopo aver letto il Report che riportiamo oggi: «Sono foto molto crude. Io le ho e se vuoi – solo perché tu possa capire lo schifo che provo e il tormento nella mia testa – ti giro due foto ed un video disgustoso, che ti daranno disgusto. Ma se vuoi scrivere bene come sai fare tu… devi vedere cosa fanno questi narcos macellai, gli stessi che mi hanno messo un proiettile in una busta fuori dal memoriale alle vittime, che abbiamo costruito anni fa con i soldi della Diocesi di Bergamo».

Il “compromiso” con il sangue del Messico
La storia dell’anello di Miroslava, Sofia e Romina:
l’impegno della vita in un anello d’oro

#VoltiDiSperanza – Compromiso con la sangre de Mexico – Impegno con il sangue del Messico. L’anello di Romina, Sofia e Miroslava, impegno con le vittime della violenza in Messico – 22 novembre 2021. «A Romina hanno ammazzato il marito davanti a me. L’anello che porto al dito ha i loro 3 nomi» (Don Gigi).

La parola spagnola “compromiso” ha diversi significati, usato qui nel senso di “obbligo contratto da una persona che promette o si impegna a qualcosa”, tradotto come “impegno”.

#VoltiDiSperanza – Un video per conoscere di più sull’anello straordinario.

Dal 19 maggio 2021 un anello d’oro proveniente dalla violenza in Messico si è trasformato nel “compromiso” con gli ultimi. Questo anello ha la sua forza nel sangue delle vittime nel Estado Libre y Soberano de Guerrero del Messico ed è segno di condivisione con le vittime della violenza in Messico.

#VoltiDiSperanza – L’Arcivescovo metropolita di Acapulco benedice l’anello del “compromiso” con il sangue del Messico.

L’Arcivescovo metropolita di Acapulco, Mons. Leopoldo Gonzales Gonzales conosce la storia dell’anello di Don Gigi e la conosce anche il Vescovo di Bergamo, Mons. Francesco Beschi, che il 19 maggio 2021 l’ha benedetto e l’ha messo al dito di Don Gigi, dicendogli: «Bentornato e benedetto».

#VoltiDiSperanza – L’impegno della vita in un anello d’oro.

Poi il 15 novembre 2021 Mons.Gonzales ha benedetto l’anello nel carcere di Las Cruces [QUI]. Il Cardinali Comastri e Parolin, come anche Mons. Gallagher e Mons. Pawloski della Segreteria di Stato, e tanti altri in diversi Paesi, lo hanno altresì benedetto.

Report 49/3
Arminda, #VoltoDiSperanza N. 35


«Il nostro nuovo #VoltoDiSperanza è lei: nata il 4 dicembre 1961. Si chiama Arminda ed è la nonna di Emiliano, Ashli, Daniela e Victor. Vive con un figlio disabile, che si chiama Victor anche lui, insieme con i 4 nipoti. In casa ci sono dunque 6 persone. Anche Ashli, che ha 17 anni, soffre di una malattia cronica autoimmune, che si chiama Lupus.

È la storia più terribile che ho sentito nei miei lunghi anni di frequentazione di vittime della violenza. Siamo già al terzo programma di adozione a distanza qui in Messico e sono decine le famiglie che ho conosciuto e nelle quali ho mangiato, dormito… e pianto. Ma questa storia ha davvero dell’incredibile.

Entrando in questa famiglia sembra di entrare in un fronte di guerra, dove i morti spuntano da tutte le parti, all’improvviso, senza che tu te ne renda conto. Stai parlando, ed Arminda aggiunge un morto. Alla fine della nostra estenuante chiacchierata, il conto dei morti giunge a sei. Esattamente il numero di persone che con Magda incontriamo.

Dovevamo stare in questa famiglia due ore ed invece ci abbiamo trascorso la giornata, offrendo un pezzo di pizza a questo tavolo di disperati. Lascio la casa con tre reliquie: due anelli di Violeta e una catenina di Teresa. Erano delle due figlie massacrate dalla violenza.

Arminda ci accoglie tormentata dalla violenza e dal dolore che ha sofferto, e che sta soffrendo. Ha la mia stessa età, sessanta anni, ma sembra molto più vecchia. Arminda ha uno sguardo dolce. La povera casa è ricca di cani: ce ne sono quattro che abbaiano e minacciano di mordere. Alla fine del racconto capirò il perché.

“Grazie Arminda di averci accolti qui e ci permetti di ascoltare la tua storia che ancora non conosciamo per nulla. Vogliamo ascoltarti prima di tutto, capire il tuo dolore e cercare di condividerlo. È duro condividere il dolore ma può essere davvero una liberazione, un riscatto, una rielaborazione della sofferenza”. Mentre parlo i suoi occhi si riempiono di lacrime. Tutta la giornata ed i suoi discorsi saranno pieni di lacrime.

Lentamente e faticosamente Arminda inizia a parlare, un discorso lungo e pieno di cadaveri, ad ogni passaggio una emozione, un colpo di scena.

“Ho tre figli: il 14 novembre 1980 nasce Violeta, oggi avrebbe 41 anni, era venditore ambulante. Poi mi è nata Maria Teresa il 2 febbraio 1987 e dunque oggi avrebbe 34 anni. Infine mi è nato Victor che oggi vive con me ed ha 28 anni, come vedi è disabile. Io non ho marito e sono sola, svolgo lavori occasionali durante il poco tempo che mi rimane dal seguire la casa con 5 persone di cui 2 malate”.

Fa molto caldo qui ad Acapulco e risento del fuso orario, che ha orologio indietro da Italia di 7 ore, e della forte umidità che molto assomiglia alla giungla del Vietnam. La nostra giornata sarà piena di bicchieri di acqua e di lacrime.

Magda con me è sorpresa. Arminda abita nella nostra colonia di La Laja, ma non conoscevamo la sua situazione. Capita così qui, accanto a te ci stanno morti, ma non lo sai… Arminda inizia da Violeta, la figlia più grande.

“Violeta si era sposata con Apolinar, erano felici pur nella povertà. La loro prima gioia è stata la nascita di mia nipote Fernanda, dopo è nato Diego ed infine il piccolino, Emiliano, che è nato il 2 marzo dell’anno 2013”.

Prendo nota e Magda cerca di vedere dai miei fogli scritti in italiano se tutto coincide bene…

Arminda parla di Apolinar. “Era un uomo buono, venditore ambulante, e lui è Violeta vivevano felici seppur nella povertà nella colonia Cuebradora qui vicina. Erano nati a loro due figli Fernanda e Diego. Una triste mattina molto presto alcuni uomini sfondarono la porta ed entrarono in casa. Apolinar viene preso e cerca come un leone di difendere la moglie ed i due bambini. Lo massacrano di botte, poi legano alla sedia Violeta, Fernanda e Diego e se ne vanno sequestrando Apolinar. Dopo parecchie ore, estenuati dalle urla, Violeta, Fernanda e Diego vengono liberati dai vicini. Apolinar non vi è più, scomparso. Iniziano ore frenetiche di ricerche. Vado da mia figlia, la trovo in lacrime e forse peggioro la situazione perché anche io inizio a piangere con lei. Porto fuori i due bambini per fare una passeggiata e togliergli lo spavento. Scendo in taxi alla Costera e comperiamo un gelato. Mentre sono fuori, Violeta mi chiama: “Mamma hanno ritrovato il cadavere di Apolinar, finito con tre colpi di pistola, vieni subito!”. Prendo il primo taxi e rientro a casa, con la testa spaccata tra il dover consolare mia figlia, riconoscere con lei il cadavere e i due bambini rimasti orfani tra le mie braccia. Ho passato alcune ore con loro, ho portato a dormire da me i bambini mentre mia figlia era occupata con la SEMEFO (Servicio Medico Forense).

Con Magda ci guardiamo: abbiamo visita moltissime famiglie negli anni e pensiamo che questo sia il cuore duro è orribile della storia. Arminda va nella povera cucina e ritorna con un certificato di morte che provvedo a fotografare per rendere conto a chi adotterà i bambini che dico la verità e che non ho assunto droga qui ad Acapulco. Il certificato sconvolge, descrive con macabri dettagli che vi risparmio il modo della morte di Apolinar. Ringrazio Arminda per il documento.

Magda interviene: “Che triste storia Arminda, capiamo il tuo dolore, stiamo visitando tante famiglie come la tua”. Arminda la guarda fisso negli occhi. Questa non è la storia, siamo solo all’inizio della catena di morte che incatena questa casa, il mio cuore e il cuore di tutti noi. “Dopo la morte di Apolinar. Violetta perde Diego, mio nipote per morte naturale… E la catena di morte continua; rimane sola e da una relazione nasce Emiliano, come ti ho detto nel marzo del 2013. E qui inizia la tragedia di una madre, come lo sono io. Era il 25 marzo 2018, Emiliano aveva da poco compiuto cinque anni. Violeta rientrava a casa in machina davanti sedevano lei è la figlia Fernanda di 15 anni, dietro dalla parte di Violeta stava Emiliano che guardava dal finestrino”.

Il bambino sta ascoltando, interrompe la nonna e con una voce ancora da bimbo continua: “Si nonna, stavo guardando dalla finestra i colori. Un’auto si avvicina a noi, vuole sorpassarci. Si accosta nel sorpasso e spara una raffica di colpi!”, inghiotte amaro il piccolo. Lo guardo e non immagino neppure cosa stia per dire e lui freddo, come fanno i bimbi presi da choc, continua: “Sento un dolore fortissimo al braccio sinistro e la mia mamma inchioda la macchina, perché quell’altra macchina dopo averci sorpassato ci chiude il passo. Ho un dolore forte nel braccio”.

Guardo il bambino. È troppo, non posso permettermi di sentire da lui la storia, significa riaprire in lui una ferita. Chiedo ad Ashli di portarlo fuori sulla terrazza. Lui obbedisce e segue la sorella a giocare, ma uscendo mi regala un forte bacio e un triste sorriso.

 “Arminda, raccontami tu! Scusa, non potevo ascoltare dal piccolino la storia”. Sono cioccato dalla ferita che il bimbo mi ha mostrato, il foro di pallottola sul braccio sinistro. Mio concentro su di lui come se lui fosse la storia e Arminda continua il suo triste racconto di morte, che ha del surreale: “La pallottola è entrata ed uscita dal braccio. Fortunatamente non ha leso nessun organo e il bambino oggi è normale nel suo corpo. Ma forse le pallottole più brutte per Emiliano sono le seguenti morti”.

La donna prosegue: “Mia figlia scende dalla macchina e domanda: ‘Perché ci avete sparato? Cosa vi abbiamo fatto?’. La risposta è tragica e silenziosa tre colpi di pistola stramazzano Violeta a terra sotto gli occhi di Emiliano e Fernanda. Ora è la volta della mia dolcissima Fernanda che aveva solo 15 anni! La ragazzina scende dalla macchina e domanda agli assassini: ‘Ma perché fate questo?’. La risposta è ancora freddo silenzio e tre infuocati proiettili che uccidono Fernanda sotto gli occhi di Emiliano! I sicari se ne vanno lasciando due cadaveri per terra e un bimbo di otto anni con una ferita e con negli occhi la morte della mamma e della sorellina”.

Con Magda ci guardiamo, gli occhi di Magda si riempiono di lacrime, si alza e bacia Arminda. Io esco, prendo una forte boccata di aria umida. Mi forzo a sorridere. Mi avvicino a Emiliano che sta giocando con Ashli e bacio lentamente la sua cicatrice, che potete anche vedere nel video. Rientro e trovo Magda abbracciata con Arminda. Le due donne piangono. Offro loro un bicchiere di lacrime e la litania continua.

Arminda si alza, va in cucina e torna con due certificati di morte e un certificato della ferita da arma da fuoco del piccolo Emiliano. E io colleziono certificati di morte nel mio cellulare. “Arminda, te la senti di continuare?”. “Sì padre! Quel pomeriggio è ancora una voragine di angoscia nel mio cuore: la morte di una figlia, la morte di una nipote ed il ferimento del mio piccolino di 5 anni! Mi chiamano e corro in ospedale, lui ha bisogno di me, ma una parte del mio cuore vorrebbe vedere mia figlia uccisa, perché quando ad una madre uccidono una figlia un pezzo di te muore e il tuo cervello non è più quello di prima. E quel triste giorno, io mi fermo in ospedale la notte per vegliare sul mio piccolo dolce nipote che continua a piangere e lamentarsi per poi chiudersi in un silenzio incredibile”.

Quando Arminda parla di questi atteggiamenti, la mia memoria va all’Iraq ed agli occhi di Nasreen che aveva visto ammazzare dall’ISIS i suoi due genitori e che era affetta dal SPTS (Sindrome Post Traumatica da Stress). Davvero un inferno la storia di Arminda e la nostra collezione di morti e feriti continua. Prima Apolinar, poi Diego morto di morte naturale, poi Violeta e Fernanda, ed infine la ferita di Emiliano. Correggetemi nel conto sono 4 morti ed un ferito? Purtroppo il conto è giusto!

Si sta avvicinando mezzogiorno e con Magda ci sembra brutto invitarci a pranzo e Magda ha una intuizione: “Arminda, io e Don Gigi ci fermiamo a pranzo se ti fa piacere e mangiamo insieme un pezzo di pizza?”. Victor, uno dei tre fratelli, ci dice di sì sorridendo! Magda toglie dal portafoglio 200 pesos e inviamo Victor a comperare pizza per tutti. Pensiamo infatti che la disgrazia sia finita, ma non è così! Arminda, una delle forti donne di queste terre, del Guerrero, una messicana da capo a piedi ci domanda con tanta gentilezza: “Terminiamo dopo il racconto?”. La guardo sorpreso: “Ma non abbiamo finito???”. Con il capo fa cenno di no.

Ashli invia Emiliano con il fratello Victor a comperare la pizza e rientrando in casa continua: “Purtroppo no padre, ora è il mio turno nonna e voglio parlare io!”. La ragazza è decisa e chiara nel suo intento e non ammette di essere contraddetta. È una bella ragazza dai capelli lunghi, nata il 17 maggio del 2004 ed ha 17 anni. È la figlia maggiore di Rafael e Teresa, poi vi è Daniela nata il 25 maggio 2007 ed infine vi è Victor nato l’11 maggio del 2010. Ha un anno in più di Emiliano e con lui va a prendere la pizza.

“Don Gigi, io sono malata ed il mio papà Rafael due anni fa, nel 2019, mi accompagnava in macchina a Città del Messico per le mie cure. Ritornati a casa il giovedì, il giorno dopo esce di casa in macchina – era un tassista, e comperava e vendeva auto – con mia mamma Teresa ed il piccolo Victor: lo accompagnano a scuola. Rafael lascia mia mamma e mio fratellino alla scuola e dice a loro che va a far benzina e chiede a mia mamma di aspettarlo fuori dalla scuola. Alla stazione di benzina qualche sicario lo confonde con qualcun altro ed una raffica di colpi lo ammazza e lui va a sbattere contro il guardavia. Mia madre Teresa attende invano finché vedendo il correre di polizia ed ambulanza sospetta che sia successo qualche cosa a qualcuno. Una triste telefonata di un’amica la avvisa che hanno ucciso mio padre!”.

Guardo Ashli, ghiacciato da questa altra morte. Arminda si alza e va a prendere un nuovo triste foglio, che certifica la morte di una quinta persona in quella casa! Non posso credere a questa catena di morte, che mi prende le budella e anche Magda mostra grande sorpresa. Rimaniamo attoniti e la meravigliosa Ashli continua: “Mia madre tornò a casa in pianto e nonna passò la notte nella nostra casa alla colonia di Altamira”.

Miguel, ucciso davanti agli occhi di Don Gigi nella Colonia di La Zapata. Ha lasciato la moglie e due bambine.

Altamira, Quebradora, La Zapata, La Laja… sono tutte colonie e strade piene di morte e disseminate di croci: le conosco e purtroppo altri morti degli scorsi anni mi vengono alla mente. E la catena di terrore, pianto, buio e ghiaccio continua. Sono stordito, forse sto sognando. Ero in Kenya lo scorso mese e parlavo di storie fuori di testa, ma questa di gran lunga sta conquistando la medaglia di oro della tragedia nella mia raccolta di disperazione-speranza.

Ashli mi guarda. Ci diamo il numero del cellulare e per cellulare mi invia le foto dei morti! Oltre i fogli di morte ora anche tristi fotografie di morte. E la storia continua con altre morti, purtroppo. Ashli vuole continuare: “Maria Teresa era mia mamma: io, Daniela e Victor abbiamo perso lo scorso anno anche nostra madre. Maria Teresa era nata il 2 febbraio 1987, vendeva torte e dolci in una tienda, un negozio. È morta l’anno scorso il 23 ottobre 2020. Errano le otto di sera, uno stanco cliente stava terminando di mangiare un dolce seduto al banco, chiedo a lui il permesso di chiudere la serranda, nel retro del bancone è seduto il dipendente che sta per andarsene. Mio zio Victor, cugino di mia madre, passa per caso a salutarla: bussa alla porta e mia mamma apre con il sorriso sulla bocca, lui entra, appena entrato la tragedia: tre uomini entrano e ammazzano con una raffica di colpi mia madre Maria Teresa, Victor ed il cliente. L’ unico superstite è l’impiegato che mi ha raccontato nello spavento quanto è successo. Lui ora è disabile mentale”, conclude Ashli.

Arminda mi consegna altri due certificati di morte e tristemente chiude la catena di morte: “Questo è tutto. Ti ho dato tutti i certificati di morte: Apolinar, Violeta, Fernanda, Rafael, Maria Teresa e Victor. Il certificato della ferita di Emiliano ed a questo elenco manca la morte naturale di Diego: se li conti tutti sono sette morti e un ferito!”.

Victor e Emiliano entrano con la pizza in mano e con gli occhi sorridenti: “Ecco la vostra pizza, mangiamo?”. Ashli rientra nella cucina e tiene in mano una piccola catena con un ciondolo falso Bulgari e mi dice: “Ti voglio lasciare in ricordo di mia mamma Maria Teresa: questa collanina!”. Lentamente me la mette al collo come mi aveva messo al collo la mia Miroslava nel 2018: nella sua testa eravamo io, Miroslava, Sofia e Romina. Ashli fa lo stesso gesto e al posto di Bulgari mi viene facile leggere Ashli, Daniela e Victor! Il povero Emiliano mi guarda e scappa in camera ritornando con due anelli. Sono di Violeta, uno di colore azzurro che entra nel mio dito e un altro che non riesce ad infilarmi. Troppo piccolo! Lui mi dice: “Questi due anelli erano della mia mamma, prendili e ricordati di me.

Usciamo dalla casa di Arminda nella colonia di Altamira nel pomeriggio alle quattro. È dalle dieci di mattina che stiamo ascoltando l’orrore e siamo tutti e due completamente confusi e disorientati. La notte seguente né io né Magda riusciamo a dormire, con sette morti ed un ferito in testa. È Miroslava a darmi un bacio ed a dirmi: “Dormi papà Gigi, domani devi incontrare altre storie e non puoi farlo stravolto! Non guardare i certificati di morte, dammi il cellulare e dormi. Mi abbraccia forte, mi metto a letto ma nella mente il tormento mi continua fino all’alba, come per Magda”.

Una piccola strepitosa aggiunta a tutto questo che vi raccontiamo. Ieri sera Ashli chiama Magda e al termine della telefonata mi dice: “Sai cosa mi ha detto Ashli?”. Magda ha le lacrime agli occhi. “Ashli mi ha detto che ha visto il tuo video in Tik Tok in cui dici Ave Maria con la piccola cieca Ainara. Dice che sua nonna si è commossa ed ha detto di dirti di destinare ad altri il denaro destinato a me ed a mio cugino Emiliano. La piccola cieca ne ha più bisogno. Mi sono permessa di dire a Lei di accettare quei nostri pochi soldi perché sono frutto dell’amore di Dio per loro”».

Qui termina il Report 49/3 e Don Gigi conclude: «Ci abbracciamo pieni di lacrime ed io e Magda inviamo a te che leggi il nostro forte abbraccio, per porti una domanda: ma questa donna, Arminda, una vera ed autentica donna messicana di 60 anni: non è per noi una luce ed una speranza nell’oceano di dolore in cui vive? Pur nella grande difficoltà, pur in mezzo a morti ammazzati, in questa notte tanto scura, ha acceso una luce di speranza in tutti noi. Se in quel l’inferno di vita riesce ancora a pensare agli altri, perché non lo puoi fare anche tu che vivi una situazione sicuramente migliore di lei? Se non ci riesci, ti do il suo numero di telefono. Chiamalo per sentirti cretino e non lamentarti mai più del bicchiere di acqua in cui affoghi tutti i giorni.

Ora il Report carico di morte e luce, di amarezza e di speranza lascia il Messico per entrare nel tuo cellulare o tuo pc.

Nel lungo tempo che hai letto sei stato qui con me e forse hai vissuto una parte di quello che ho vissuto con Magda. Ti invio una domanda: perché non adotti Emiliano? Perché non adotti Ashli?

Segue il certificato di ferita da arma da fuoco di Emiliano. Facci un quadro e guardali quando anneghi nelle tue stupidaggini».

Report 49/6
Daniel e la Isola de La Roqueta

«Vi ricordate l’Isola de la Roqueta? In quella isola ho portato la piccola Santina pensando che fosse un luogo sicuro perché frequentato da turisti e dove mi sembrava di essere al sicuro: le persone gentili, forse fin troppo, come del resto in tutto il mondo si è gentili quando appaiono turisti da spennare. Forse gli abitanti di Acapulco sono andati a scuola in Kenya, dove i Beach Boys sono artisti nello spennare i turisti bianchi e nel sedurre anziane signore di 70 anni che pensano ancora di essere avvenenti? Oppure gli africani sono venuti a scuola qui ad Acapulco? La risposta la lascio a voi, ma il tono del nostro comandante della piccola barca per turisti voleva essere simpatico, gentile, ma a me sembrava addirittura sfrontato: pensate che nella traversata la piccola imbarcazione si è fermata tre volte per dare la possibilità ad imbarcazioni più piccole di assaltare la barca. E tutti i turisti coglioni felici di comperare conchiglie, un piatto di frutti di mare, un assurdo souvenir dell’isola e il compiacente quanto sfrontato comandante a mettere a tacere con forza gli sventurati che dicevano di voler ripartire…. E poi quaranta minuti pieni di cazzate, millantate spiegazioni esclusive dell’Isola e di Acapulco: normale vita di turisti che una volta nella vita arrivano ad Acapulco e vanno a questa isola a me sconosciuta se non ci fosse stata la mia piccola Santina.

#VoltiDiSperanza – Santina, la figlia di due carcerati condannati a 50 e 70 anni, esce dalla prigione di Las Cruces ad Acapulco per la prima volta all’età di due anni.

Per le diverse ore passate nella spiaggia e nel tragitto mi sembrava di essere in una isola felice in mezzo alla devastazione dei narcos nella mie colonie di sfigati. E invece no, mi sbagliavo ed è Daniel un ragazzo di 19 anni che vende mariscos (frutti di mare) sull’isola a raccontarmi il vero volto di quella spiaggia e trasformarla in un luogo di estorsioni e di violenza. Lui era alla spiaggia quando arrivo con Santina, ma lui lo conosco solo la sera dopo a casa sua, entrando un’altra volta in un luogo di infernale dolore. Ma prima di parlare del suo infernale dolore, lasciamolo parlare di quell’isola e del contorno di estorsione che esiste.

Incontro Daniel nella sua casa, ha 19 anni. “Ciao Padre, so che ieri sei stato all’Isola portando una bambina figlia di due detenuti del carcere di Las Cruces. Me l’ha detto Magda. Avete fatto una cosa bellissima. Peccato che non ti ho incontrato prima, altrimenti vi avrei regalato una buona porzione di mariscos che vendo all’isola con l’aiuto saltuario di mia sorella Mariana, che ha 15 anni e che quando è libera dalla scuola mi aiuta”.

Il ragazzo ha una grande forza di carattere, unita a sorprendente dolcezza quando mi parla di Mariana, quasi di protezione. Gli dico: Ieri ho trascorso con la mia piccola Santina, con Magda, Dulce, Sofia e Romina alcune ore liete in un luogo sicuro, dopo le lunghe giornate di sangue e paura vissute in tutti i giorni della mia permanenza ad Acapulco”.

Daniel mi guarda triste e con la testa fa segno di no. “No padre, ti sbagli: la Roqueta non è un luogo sicuro e mi meraviglio che tu non riesca a capire che dove vi è denaro per la presenza di ingenui e creduloni turisti anziani l’estorsione è ancora più forte. Prima di parlarti del mio inferno, permettimi di parlarti meglio riguardo a dove collocare il mio inferno; nell’inferno dell’estorsione applicata nei confronti dei venditori come me, che vivono del lavoro sull’isola. Per farti capire questo, voglio descriverti quanto è successo davanti a me e a una folla di turisti spaventati. Ti voglio parlare di un crimine avvenuto davanti ai miei occhi, domenica 1° agosto scorso. Quella giornata era iniziata molto male. Ero arrivato presto al porto e gli amici mi dicevano che venti minuti prima, alle sette del mattino, due uomini che stavano aprendo uno stabilimento balneare erano stati ammazzati con colpi di arma da fuoco. Quando ti dicono questa notizia, ti spaventi e pensi che non avessero pagato la quota. Iniziai a lavorare, perché la domenica ed i fini settimana le spiagge e l’isola si riempie di gente. Vengono la maggior parte da Città del Messico o da altre grandi città per un momento di riposo. Il guadagno era buono ed ero contento del mio lavoro. Mia sorella Mariana non poteva venire in quel giorno, perché doveva accudire la nostra sorellina più piccola che si chiama Aylen e che il prossimo 2 dicembre compirà sette anni. E meno male che non era con me. Alle 14.30 mi chiama al cellulare un collega dal porto e mi dice che al vicino Mercato Centrale avevano ucciso un uomo all’uscita da un restaurante”.

Magda, che con me sta ascoltando tutto, mi ricorda che il Mercato Centrale è quello nel quale ero andato con Miroslava a comperare la statuetta della Madonna di Guadalupe per il carcere. Poi, Daniel continua il suo racconto: “Mio zio Bernabè lavorava in quel mercato e per me quel mercato ancora oggi puzza di morte. La notizia di un nuovo omicidio mi spaventa. Tra noi lavoratori di spiaggia ci conosciamo tutti e alle tre del pomeriggio un messaggio WhatsApp mi dice che sulla spiaggia Las Hamacas un venditore ambulante è stato ucciso e così in quella triste domenica i morti salgono a quattro. Un conoscente che abita alla colonia violenta di Renacimiento mi dice che nella sua via hanno ucciso un’altra persona. Una scia di sangue di cinque morti. Ma ascolta cosa succede. Sto camminando per la spiaggia, la stessa dove tu hai fatto il bagno con Santina. Bene, ti ho detto che la spiaggia era piena di gente e avevo il mio cesto di pesce quasi vuoto. Ad un tratto dal mare giungono due moto di acqua, scendono due ragazzi giovani, dubito persino che uno fosse maggiorenne. Sul braccio di uno si notava bene il tatuaggio della Santa Muerte, perché sono passati proprio ad alcuni metri da me. Si dirigono verso un ombrellone, individuano la vittima e senza alcuna pietà lo riempiono di proiettili davanti alla famiglia e ai turisti al sole. Succede il casino. Dopo i diversi spari viene ferito un mio collega da un proiettile vagante. La spiaggia in dieci secondi si svuota tra le urla e gli occhi sbarrati della gente dalla paura e dal terrore. Quella paura e quel terrore che abita in casa mia dal 2 gennaio di quest’anno. La cesta mezza vuota mi cade per il terrore dalle braccia e anche io come la gente cerco rifugio in una corsa insensata e frenetica all’imbarcadero. Una calca incredibile, tra urla e terrore. Una donna cerca inutilmente di rianimare il cadavere del marito. Una scena agghiacciante, che mai dimenticherò. I due sicari approfittando del terrore che genera il caos risalgono sulle due moto di acqua e se ne vanno. Li ritroveranno su una spiaggia non lontana di Acapulco. La vittima era il comandante della polizia, Edgard Carillo”.

Guardo incredulo Daniel e mi chiedo se mi trovo nella guerra del maggio 2017 in Iraq e mi convinco che il Messico è peggiore dell’Iraq. La bomba che esplose in aprile la sera prima di partire all’aeroporto di Erbil era di fanatici dell’ISIS e mi sono spaventato a morte. Ma qui ad Acapulco il nemico non è circoscritto, lo trovi ovunque, alle tue spalle, davanti, dietro, in un negozio e muori solo per il fatto che sei presente. Oppure rimani ferito come il piccolo Emiliano o come il collega di Daniel.

È l’ultima sera caldo ad Acapulco del mio viaggio e non pensavo di terminare in modo così violento, con racconti che ti sbranano il cervello come questo. Dico a Magda: “Meno male che non sapevo di questo casino, altrimenti non avrei portato la mia piccola Santina in un luogo così pericoloso”. Dulce tristemente ride, ricordando Felix, il suo marito comandante della polizia ucciso anni fa: “Dimmi un luogo sicuro qui ad Acapulco o qui nel Guerrero. Ora noi usciamo mentre dei sicari stanno per uccidere un uomo, noi passiamo vicini e rimaniamo ferito o uccisi solo per il fatto casuale di essere passati di lì”.

Magda prosegue: “Ha ragione Dulce, Gigi, è da anni che vieni ad Acapulco e conosci tutti i luoghi di morte. Grazie per quello che fai per noi”. Poi si rivolge a Daniel e dice: “Grazie per il duro racconto che ci hai offerto come testimone. Vuoi raccontarci cosa hanno fatto alla tua famiglia?” Il ragazzo abbassa gli occhi lentamente e quando li rialza sono pieni di lacrime. È ancora un adolescente ma il cuore è tormentato come quello di un vecchio. Mi avvicino a lui e Daniel chiama le due sorelle, che vengono a sedere con noi.

Gli dico: “Non ti preoccupare Daniel, ti voglio dire una cosa per darti un conforto prima che inizi a parlare. Ho ascoltato con attenzione il tuo racconto, che sembrava un bollettino di guerra. Domenica 1° agosto 2021 ad Acapulco e nell’Isola la Roqueta sono avvenuti 6 omicidi e un ferimento vero? Bene! Io e Magda vogliamo dirti che in questi giorni abbiamo ascoltato la vicenda terrificante di Arminda, che ha perso in questi anni 6 persone ed hanno ferito il suo nipotino di 8 anni: Maria Teresa e Violeta sono le sue due figlie, Rafael e Apolinar sono i mariti delle figlie, Fernanda è la figli di 15 anni di Violeta, uccisa anche lei dai narcos con la madre, Javer è il cugino di Teresa ammazzato con la cugina in una tienda ed infine vi è lui: Emiliano che ha visto uccidere la madre e la sorella davanti e che è stato ferito al braccio sinistro!”.

Daniel ascolta con molta attenzione e scuote la testa. “Spero Daniel, che la tua storia non sia tanto grave come la loro. Se ti va iniziamo dalla data che tu hai detto: il 2 gennaio 2021, meno di un anno fa. Mi hai detto che da quella data la paura ed il terrore abita in questa casa, perché?”.

Il ragazzo guarda alle due sorelle minori ed inizia il suo racconto: “Mia mamma si chiamava Gloria ed aveva 40 anni e mio padre si chiamava Daniel de Jesus ed aveva 37 anni loro vendevano all’isola la Roqueta mariscos e si rifornivano dei frutti di mare da mio zio Bernabè al Mercato Centrale. Questo lavoro era il lavoro con il quale mantenevano noi: Daniel, poi mia sorella Gloria Ester che oggi ha 17 anni e che questa sera purtroppo non è in casa, Mariana che ha 15 anni ed infine la piccolina Aylen di 8 anni. Da parte di mia mamma Gloria abbiamo una sorella avuta da un altro uomo che si chiama Monica”.

Mentre parliamo appaiono nel cortile la nonna Gualberta di 78 anni, madre di Daniel de Jesus e Blanca la moglie di Bernabè, tutti riuniti per salutare i tre ospiti che vogliono dare un aiuto alla loro miseria. Sono concentrato sul racconto del ragazzo, saluto cortesemente i parenti. Daniel si alza e va verso un altarino che nel mese dei morti in ogni casa si fa per onorare il ricordo dei cari defunti. Il tavolino è colmo di fiori e di ceri, e ci sono solo tre fotografie

Daniel prende la prima foto: è una bellissima ragazza ed è la madre Gloria, bacio con devozione questa immagine, poi Daniel mi passa la foto di Daniel de Jesus ed infine la foto dello zio Bernabè.

Con questo semplice gesto dal sapore quasi liturgico, senza dire nulla il ragazzo mi racconta il dolore cupo e nero della morte di padre, madre e zio. Sbianco. Seppur abituato ad ascoltare storie di violenza in questi giorni, oppure proprio per l’abitudine ad esse, non ero riuscito a capire che il ragazzo stava per parlarmi dell’uccisione dei suoi genitori e del suo zio: tutti contemporaneamente.

Daniel continua a raccontare morte, ma questa volta non è la morte di altri, è la morte di un pezzo di te, della tua famiglia, di persone che sono parte della tua vita ed il racconto si irrora di lacrime: “Padre il racconto è drammaticamente semplice e non sappiamo molto del perché. Era il 2 gennaio mattino e mio padre mi dice: ‘Daniel abbi cura dei tuoi fratelli con la mamma andiamo all’isola a vendere e torniamo stasera, ma prima passiamo da zio Bernabè per prendere i mariscos’. Lo saluto frettolosamente, era sabato, e dovevo passare dalla scuola per incontrarmi con gli amici. Non avrei mai pensato che non gli avrei più rivisti”.

Blanca, la moglie di Bernabè vuole continuare lei il discorso e Daniel si sente quasi sollevato: “Mio marito Bernabè aveva 57 anni e abbiamo sei figli. Lavorava duro al mercato e grazie a Dio per il suo lavoro non ci mancava nulla. Quella mattina, mi chiama un vicino che ha un negozio attaccato al nostro nel Mercato Centrale e mi dice che tre uomini di grossa corporatura hanno preso il mio marito con Gloria e Daniel de Jesus. Mi precipito al negozio e lo trovo vuoto, abbandonato. Arriva gente e mi dice che hanno trovato i tre cadaveri poco lontani, ammazzati tutti con colpi di arma da fuoco. Corro verso quel luogo, stanno mettendo i cadaveri nel carro funebre del Servicio Medico Forense. Il furgoncino parte e dopo tre ore mi trovo alla SEMEFO in pianto per riconoscere tristemente i cadaveri”. Daniel continua dopo la zia: “Questa è la nostra storia, certo sono tre morti contro i sei di Arminda, ma per un figlio la morte dei genitori insieme è sempre forte!”.

Non so cosa fare, spiazzato dai racconti di morte della zia e del nipote abbraccio prima Daniel e poi Blanca, prendo in mano i tre quadretti uno per uno recito una preghiera e do la benedizione a quelle immagini e nel silenzio più completo il ragazzo ripone le fotografie all’altarino.

Ci sediamo. Sono ammutolito dal racconto e Daniel continua: “Da quel giorno ho smesso di andare a scuola e dopo un mese ho iniziato a fare il lavoro di mio padre all’isola con tante paure e tanto terrore nel cuore, ma dovevo pensare ai miei due fratelli che con me vivono Mariana e Aylen! Guadagno circa 1.400 pesos (circa 60 euro) la settimana. Quando va bene nel mese porto a casa circa 5.600 pesos (circa 240 euro), ma siamo in tre ragazzi a mangiare, sono 80 euro a persona al mese. È molto poco, ma per noi sono sufficienti”.

Nel profondo della triste sera mi guardo con Magda e Dulce, parliamo sotto voce: “Senti Magda e Dulce, credo che questa situazione è davvero terribile: lui ha 19 anni e i due ragazzi 15 e 8. La nonna ha 79 anni e la vediamo non molto autosufficiente, per non parlare di Blanca che deve ora accudire da sola sei figli, Che ne pensate se adottiamo i due minori: Mariana e Aylen?”. “Magda mi risponde: con questi due bambini arriveremmo ad otto, no superiamo il numero dei dieci per ogni programma, se non aiutiamo loro chi aiutiamo?” Dulce continua: “Abbiamo aiutato Arminda con due adozioni a distanza, aiutiamo anche questo caso: sono tre morti in una famiglia, ed è una storia forte!”

Torniamo da loro e Magda prende la parola: “Abbiamo da darvi una bella notizia: prendiamo in adozione a distanza Mariana e Aylen, sei contento Daniel?” Il ragazzo mi abbraccia forte forte e in quel ragazzo forte di 19 anni riemerge fragilità e paura che si sciolgono nell’abbraccio. “Ora Daniel devo prendere le foto dei tuoi fratelli e dobbiamo fare un piccolo video per mostrare agli italiani chi sono i due meravigliosi ragazzi che adottiamo!”.

Il ragazzo ci accompagna alla macchina e con grande riconoscenza ci saluta. Chiudiamo le porte della nostra macchina, allaccio la cintura di sicurezza e dico a Magda e Dulce: “Se non avessimo la storia potente di Arminda, non averi alcun dubbio sul dedicare il nostro libro a Daniel: un vero ed autentico uomo messicano pur nella sua giovane età. Ed ora andiamo a cena, vi offro una tequila. Ce la siamo meritata. Domani rientro in Italia e ci dobbiamo svegliare alle quattro”.

Nel buio della notte lasciamo quella casa. Nel cielo una fantastica luna e mille stelle ci illuminano. Nel cuore do il nome ad una stella e la chiamo Daniel, un grande #VoltoDiSperanza».

«Quando sono debole
è allora che sono forte»

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