Papa Francesco indica tre vie per giungere alla pace
Il messaggio per la pace del papa prende lo spunto dal profeta Isaia (‘Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace’), che ‘esprimono la consolazione, il sospiro di sollievo di un popolo esiliato, sfinito dalle violenze e dai soprusi, esposto all’indegnità e alla morte’, attraverso tre parole per costruire la pace: ‘il dialogo tra le generazioni, quale base per la realizzazione di progetti condivisi’; ‘l’educazione, come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo’ ed ‘il lavoro per una piena realizzazione della dignità umana’.
Il messaggio è stato presentato dal card. Peter Kodwo Appiah Turkson, prefetto del dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; suor Alessandra Smerilli, segretario ad interim del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; p. Fabio Baggio, sotto-segretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; il dott. Aboubakar Soumahoro, presidente di Lega Braccianti e Portavoce di Invisibili in Movimento.
Suor Alessandra Smerilli ha ripreso la frase del profeta Isaia con cui inizia il messaggio: “E’ l’annuncio di un profeta che sa che la ricerca e la costruzione della pace convive con la sofferenza di molti, troppi, uomini e donne ‘sfigurati’ nel loro aspetto e nella loro dignità. Noi continuiamo, insieme ad Isaia, ad annunciare la pace, ma non dimentichiamo il dolore di chi subisce le guerre e la mancanza di pace di questo mondo”.
Nel messaggio i protagonisti sono i giovani: “I giovani, che sono i primi protagonisti di questo messaggio, giovani che sono da sempre al centro del magistero di Papa Francesco, sanno ormai molto bene di trovarsi dentro questo conflitto tra noi e la terra.
Non lo hanno chiesto, non lo vorrebbero, ma sanno di star lottando per salvare il pianeta, e noi stessi esseri umani, da questo assurdo conflitto che il nostro Sistema economico ha dichiarato all’ambiente naturale. E il papa è con loro… E lo fanno cercando il dialogo con gli adulti, ci propongono un’alleanza”.
Altro punto in evidenza riguarda il lavoro: “Non c’è giustizia senza lavori giusti, senza lavoro per tutti, senza lavori decenti e rispettosi per tutti. Il lavoro è molto di più di un mezzo per guadagnarsi da vivere: il lavoro è espressione della nostra identità e dignità, della nostra vocazione sociale e relazionale, del nostro custodire e coltivare la terra, con Dio e con gli altri…
Ascolto, discernimento e messa in comune, creare le condizioni perché qualcosa di nuovo accada. Perché si costruisca la pace attraverso condizioni di lavoro dignitose per tutti”.
Ultimo punto è la cura, che non può essere sganciata dai primi due, come ha messo in evidenza il papa nell’enciclica ‘Fratelli tutti’: “Infine, la cura. Il lavoro non può essere più sganciato dalla cura. In una società globale che, grazie a Dio, vivrà sempre più a lungo, la cura, l’offerta e la domanda di cura, sarà la grande sfida della sostenibilità umana e spirituale della nostra forma di vita.
Se la lasceremo tutta al mercato, gli scartati aumenteranno, e saranno scartati dal reddito e dalla cura; dobbiamo rimettere la cura al centro del patto sociale, sapendo che c’è bisogno di una cura che resti e diventi dono e gratuità, espressione del principio di fraternità”.
P. Baggio ha sottolineato gli strumenti necessari per arrivare alla pace: “Il primo strumento è la comunicazione sincera, feconda e generativa tra le vecchie e le nuove generazioni.
La saggezza di chi ha più esperienza deve servire a moderare i facili entusiasmi di chi ne ha meno, così come la temerarietà dei più giovani deve servire di sprone a chi tende a fermarsi sul ‘si è sempre fatto così’.
La conoscenza della storia e dei processi è un elemento imprescindibile del discernimento, ma non deve mai essere d’impedimento alla crescita, alla creatività e all’innovazione”.
La comunicazione però necessita dell’educazione: “Il secondo strumento è l’educazione, intesa come insegnamento che genera cultura e assicura libertà e responsabilità. In questa ottica, il messaggio insiste particolarmente sull’educazione verso una cultura della ‘cura’, intesa come cura della casa comune e della famiglia comune.
Ogni essere umano è chiamato a prendersi cura del creato e dei fratelli e delle sorelle, come una vocazione personale, e per questo gli devono essere assicurate le conoscenze e le competenze necessarie”.
Infine il dott. Aboubakar Soumahoro ha sottolineato che la pace è un movimento capace di dare coraggio per affrontare le sfide: “Oggi, ci sono quasi 100.000.000 di persone in più (secondo la Banca Mondiale) a livello mondiale che vivono in stato di impoverimento a causa della pandemia da Covid-19.
Sicuramente la pandemia avrà acuito lo stato di impoverimento ma si tratta di una condizione già preesistente. Parliamo di persone che non riescono a soddisfare i propri bisogni vitali e di quelli delle proprie famiglie a causa delle crescenti disuguaglianze materiali”.
Queste tre ‘sfide’ del papa dà coraggio per ‘avviare’ una rivoluzione spirituale: “Per questo, abbiamo la responsabilità di metterci al servizio della nostra comunità umana al fine di edificare l’architettura di una pace ancorata alla giustizia sociale in armonia con la natura e dentro una prospettiva economica al servizio della persona.
Tutto questo richiede l’idea di un agire sociale e politico di respiro popolare e non populista. Una politica capace di ridare speranza e non di esasperare le sofferenze unendo e federando persone diverse ma accomunate da bisogni e sogni comuni”.