Padre Claude Barthe: “Nel nome del sensus fidelium, dobbiamo opporci alla Traditionis custodes e alla sua chiarificazione attraverso la non accoglienza, perché è una legge dottrinalmente ingiusta”

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Sul Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede N. 860 di oggi, 18 dicembre 2021 sono state pubblica 11 Responsa ad dubia della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti su alcune disposizioni della Lettera apostolica in forma di Motu proprio Traditionis Custodes del Sommo Pontefice Francesco [QUI].

«Non c’è nessuna contraddizione tra l’una e l’altra edizione del Missale Romanum. Nella storia della Liturgia c’è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso» (Lettera di Sua Santità Benedetto XVI ai vescovi in occasione della pubblicazione della Lettera apostolica “Motu proprio data” Summorum Pontificum sull’uso della liturgia romana anteriore alla riforma effettuata nel 1970, 7 luglio 2007 [QUI]).

Condividiamo qui di seguito l’articolo sulla questione a firma di Edward Pentin sul National Catholic Register online di oggi, che riporta le prima reazioni di Padre Claude Barthe: «La giustificazione che ricorre di risposta in risposta è che il rito tradizionale è tollerato solo prima di essere un giorno totalmente proibito, in quanto non è l’espressione della lex orandi, dato che la sua unica espressione attuale è il nuovo rito”.

La reazione a caldo di Messainlatino.it: sono «usciti i “disastrosi” Responsa su Traditionis custodes. Terribili e vergognosi” Il disastro!».

Dr. Robert Moynihan ha scritto questa sera nella sua Lettera #181, 18 December 2021: Roche (nostra traduzione italiana dall’inglese): «Un giorno di una certa tristezza, pochi giorni prima di Natale – Oggi a Roma, una settimana prima del grande giorno santo che commemora l’incarnazione del Signore , che ha cominciato a distendersi e a superare la frustrazione di ogni vita umana sotto il peso e il dolore della caduta di Adamo ed Eva, è stato pubblicato un documento che inasprisce ulteriormente le già rigide restrizioni alla “Messa antica” e ai “sacramenti antichi” (perché la formulazione di ciascuno dei sacramenti è stata rivista anche nella riforma postconciliare degli anni Sessanta).

«La Santa Sede di oggi “contra Benedictum” (“contro Benedetto”) – La tristezza, anche durante la gioia dell’Avvento, deriva dalla sensazione che i preziosi e veri pensieri e le intuizioni di un venerabile vecchio – Papa Benedetto XVI – siano trattati in modo sprezzante e superficiale.

«La tristezza, anche durante la gioia dell’Avvento, è dovuta a una percezione che, nell’attuale dibattito sulla liturgia, le attuali autorità a Roma, hanno preso una decisione in diretta contraddizione con molte delle intuizioni e dei consigli del Papa emerito Benedetto XVI (che è ancora vivo).

«La tristezza, anche durante la gioia dell’Avvento, è dovuta alla sensazione che le convinzioni profonde — le coscienze religiose — di molte decine di migliaia di persone siano crudelmente snaturate e con nonchalance disattese da un gruppo di uomini potenti che potrebbero e dovrebbero essere più caritatevole, come era ed è Papa Benedetto XVI.

«A Roma oggi non si prendono in considerazione alcune verità che vanno considerate, verità che furono prese in considerazione e meditate da Papa Benedetto XVI quando pubblicò il proprio decreto di “compromesso” nel 2007, la Summorum Pontificum.

«Riconosco il pericolo di fare di qualsiasi liturgia – che è una cerimonia di ringraziamento a Dio per i doni e le grazie elargiti, e di adorazione di Dio per la sua intrinseca bontà e santità – una sorta di “esteriorizzazione” fredda e oscura “gabbia di forme rigide” all’interno della quale i fedeli possono scivolare, purtroppo, nel formalismo, forse nella credulità, forse anche in forme di superstizione.

«Ma… ma… bisogna riconoscere – come ha riconosciuto Papa Benedetto XVI, dopo anni di riflessione – che c’è anche il pericolo di orizzontalizzare e secolarizzare la liturgia, di diminuire il grado di riverenza per il Dio Onnipotente Tutto Santo.

«Benedetto XVI scriveva, nella sua Lettera esplicativa che accompagnava la Summorum Pontificum nel 2007, 14 anni fa: “Non c’è nessuna contraddizione tra l’una e l’altra edizione del Missale Romanum. Nella storia della Liturgia c’è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso” [QUI].

«L’esperienza di 50 e più anni (1970-2021) ci ha ora mostrato la possibilità che entrambi questi pericoli diventino reali: troppo rigorismo, o troppo lassismo.

«Preghiamo per la sapienza e la carità in questi tempi, perché queste ferite trovino guarigione, per la misericordia del Signore».

Le nuove linee guida della Santa Sede limitano ulteriormente i riti tradizionali
Le linee guida sono sotto forma di risposte a 11 dubia (domande), che secondo la Santa Sede sono “le domande più ricorrenti” che ha ricevuto sul recente Motu proprio Traditionis custodes di Papa Francesco
di Edward Pentin
National Catholic Register, 18 dicembre 2021

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Nelle linee guida emanate sabato [18 dicembre 2021] sull’interpretazione della Lettera apostolica Traditionis custodes (Guardiani della tradizione) di Papa Francesco, la Santa Sede ha chiarito che i sacramenti tradizionali dovrebbero essere celebrati solo nelle parrocchie personali approvate da un vescovo e che i tradizionali riti di cresima e ordinazione sono vietato senza eccezioni.

I chiarimenti, emessi dall’Arcivescovo Arthur Roche, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, e indirizzati ai Presidenti delle Conferenze Episcopali, sono stati pubblicati sotto forma di risposte (responsa) a 11 dubia — domande che richiedono semplici risposte “Sì” o “No”.

In una Nota che accompagna il testo, l’Arcivescovo Roche ha detto che stava emanando le linee guida in risposta a “diverse richieste” sulla corretta applicazione della Traditionis custodes, la Lettera di Papa Francesco del 16 luglio pubblicata Motu proprio (di sua iniziativa) che poneva restrizioni radicali sulla Messa tradizionale usata prima delle riforme liturgiche del 1970 di Papa Paolo VI.

I responsa sono alle “domande più ricorrenti” pervenute “da più parti e con maggiore frequenza” e dopo aver ricevuto l’assenso del Papa, ha detto l’Arcivescovo.

Sono stati approvati da Papa Francesco in un’Udienza privata con l’Arcivescovo Roche il 18 novembre e sono datati 4 dicembre, il 58° anniversario della promulgazione della Costituzione del Concilio Vaticano II sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium.

In sintesi, l’Arcivescovo Roche ha stabilito quanto segue:

– Se dei fedeli tradizionali non riescono a trovare una chiesa, un oratorio o una cappella per celebrare esclusivamente il rito più antico, un vescovo può chiedere alla Congregazione per il Culto Divino una dispensa per utilizzare una chiesa parrocchiale, ma se consentito, tale celebrazione non deve essere pubblicizzata in un orario delle Messe parrocchiali (non per emarginare i fedeli che preferiscono la forma tradizionale, ha insistito, ma per “ricordare loro che questa è una concessione per provvedere al loro bene… e non un’occasione per promuovere il rito precedente”).

– I sacramenti tradizionali del Rituale Romanum (es. battesimi, messe nuziali, estrema unzione, confessione) necessitano del permesso del Vescovo e possono essere celebrati solo nelle “parrocchie personali canonicamente erette” [Questo vale per quelli già esistenti, visto che l’erezione di future parrocchie di questo tipo non è consentita nella Traditionis custodes]. Un vescovo non è autorizzato a concedere il permesso di utilizzare il Pontificale Romanum, cioè i sacramenti celebrati dai vescovi, cioè le ordinazioni tradizionali e le cresime.

– Un sacerdote non può continuare a celebrare la Messa tradizionale se “non riconosce la validità e la legittimità della concelebrazione”, soprattutto nella Messa crismale. Un vescovo dovrebbe “avere cura di instaurare un dialogo fraterno” con il sacerdote prima di revocare questa concessione.

– Una riaffermazione che le letture devono essere proclamate in lingua volgare e una clausola che non possono essere pubblicati nuovi lezionari volgare che utilizzino il vecchio ciclo di letture.

– I Vescovi devono ottenere l’autorizzazione dalla Santa Sede per consentire ai sacerdoti ordinati dopo la pubblicazione della Traditionis custodes di celebrare la Messa tradizionale.

– Si “raccomanda” che la Messa tradizionale sia celebrata per un periodo di tempo definito fissato dal Vescovo il quale può valutare al termine di tale tempo se sussistono o meno motivi per prorogare o sospendere il permesso, a seconda di quanto “tutto è in sintonia” con la direzione di Traditionis custodes.

– Un vescovo può concedere il permesso di celebrare la Messa tradizionale solo nella propria diocesi.

– Se un sacerdote autorizzato a celebrare il rito più antico è indisponibile o assente, deve essere data formale autorizzazione anche al suo sostituto.

– Anche i diaconi e i ministri istituiti che partecipano a una celebrazione tradizionale devono avere il permesso del proprio vescovo.

– Un parroco o un cappellano che è autorizzato a celebrare la Messa tradizionale ma deve anche celebrare la Messa in forma ordinaria durante la settimana non può poi celebrare la Messa tradizionale nello stesso giorno (binate).

– Un sacerdote autorizzato a celebrare la Messa tradizionale non può celebrarla per un altro gruppo di fedeli nello stesso giorno, anche se quel gruppo ha ricevuto l’autorizzazione.

Nella sua Nota introduttiva, l’Arcivescovo Roche ha ribadito che la Traditionis custodes e la Lettera di accompagnamento di Papa Francesco “esprimono chiaramente le ragioni” della Lettera apostolica, e che la Messa di Paolo VI è “l’espressione unica della lex orandi del rito romano”. “È questa la direzione nella quale vogliamo camminare ed è questo il senso delle risposte che qui pubblichiamo”, ha detto l’Arcivescovo Roche. “Ogni norma prescritta ha sempre l’unico scopo di custodire il dono della comunione ecclesiale camminando insieme, con convinzione di mente e di cuore, nella linea indicata dal Santo Padre”.

Ha detto che è “triste” che l’Eucaristia diventi “motivo di divisione”, aggiungendo che è compito dei Vescovi, cum Petro et sub Petro (con e sotto Pietro), di “custodire la comunione “.

L’Arcivescovo inglese ha affermato che i Padri del Concilio Vaticano II hanno cercato le riforme affinché la liturgia “apparisse sempre più in tutta la sua bellezza e il popolo di Dio crescesse in una piena, attiva, consapevole partecipazione alla celebrazione liturgica”.

“Come Pastori non dobbiamo prestarci a polemiche sterili, capaci solo di creare divisione, nelle quali il fatto rituale viene spesso strumentalizzato da visioni ideologiche”, ha affermato l’Arcivescovo Roche. “Siamo, piuttosto, tutti chiamati a riscoprire il valore della riforma liturgica custodendo la verità e la bellezza del Rito che ci ha donato. Perché questo accada, siamo consapevoli che è necessaria una rinnovata e continua formazione liturgica sia per i presbiteri sia per i fedeli laici”.

Citando le parole di Papa Francesco nel 2017, in cui diceva: “possiamo affermare con sicurezza e con autorità magisteriale che la riforma liturgica è irreversibile”, ha affermato l’Arcivescovo Roche, il Papa “vuole indicarci l’unica direzione nella quale siamo chiamati con gioia ad orientare il nostro impegno di Pastori”.

Le prime reazioni

Le prime reazioni dei cattolici tradizionali alle linee guida dell’Arcivescovo Roche non sono state positive, anche se i divieti sulla celebrazione dei sacramenti tradizionali appaiono leggermente più blandi di quelli imposti nella Diocesi di Roma a ottobre [Il Cardinal Vicario di Roma emana norme per la severissima attuazione di “Traditionis custodes”. “Tempi duri per i fedeli romani e non solo”… La “mossa del cavallo” – 10 novembre 2021].

Padre Claude Barthe [*], storico, giurista ed esperto di liturgia tradizionale della Diocesi di Fréjus-Toulon in Francia, ha affermato che i responsa “aggravano notevolmente le disposizioni della Traditionis custodes, in quanto rendono chiara l’intenzione del legislatore”.

Ha aggiunto: “È vero che i divieti contro i sacramenti diversi dall’Eucaristia sono leggermente ammorbiditi dal fatto che possono essere consentiti nelle parrocchie personali, ma in genere non ci sono più battesimi tradizionali, non più matrimoni e, senza eccezione, niente più cresime e niente più ordinazioni”.

Ha predetto che il divieto delle ordinazioni tradizionali “avrà gravi conseguenze”, poiché probabilmente avrà un effetto gravemente dannoso sulle future vocazioni al sacerdozio, in particolare danneggiando gli istituti tradizionali.

“È chiaro che, nel nome del sensus fidelium, dobbiamo opporci alla Traditionis custodes e alla sua chiarificazione [le Linea guida di chiarimento e di interpretazione] attraverso la non accoglienza, perché è una legge dottrinalmente ingiusta”, ha detto Padre Barthe al Register. “Infatti, la giustificazione che ricorre di risposta in risposta è che il rito tradizionale è tollerato solo prima di essere un giorno totalmente proibito, in quanto non è l’espressione della lex orandi, dato che la sua unica espressione attuale è il nuovo rito”. Ha notato una contraddizione tra Traditionis custodes e Summorum Pontificum, il Motu proprio di Papa Benedetto XVI del 2007 [QUI], che permetteva a qualsiasi gruppo stabile di celebrare la Messa antica. Quest’ultimo, ha detto, “fa un’osservazione contraria” al primo, una realtà “sottolineata dai responsa. “Almeno”, ha affermato, “la Traditionis custodes è una legge relativa, quindi senza forza [senza forza legale, cioè nulla]”.

[*] Traditiones custodes: “Una nuova guerra liturgica nella Chiesa”. Intervista di Présent a Padre Claude Barthe. Ignorato il bene delle anime – 31 luglio 2021

«E allora si va a celebrare
nelle case dei buoni fedeli cattolici,
o nei garage, o all’aperto. Punto»

Reazioni ai “responsa ad dubia” del Vaticano su “Traditionis custodes”: “A un ordine ingiusto non si deve obbedire”
di Aldo Maria Valli
Duc in altum, 19 dicembre 2021


Con la grazia di Dio e il potente aiuto della preghiera occorre resistere a questa legge ingiusta. È quanto afferma l’Abbé Claude Barthe [QUI] dopo i responsa della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti circa i dubia su alcune disposizioni della lettera apostolica Traditionis custodes. Secondo l’Abbé Barthe, liturgista, docente all’Institut du Christ-Roi Souverain Prêtre, la resistenza va attuata ovunque, “sia nei seminari che nel campo dell’apostolato”. “Resto convinto – prosegue – che con Traditionis custodes gli intransigenti romani abbiano iniziato una guerra che possono solo perdere. Ma una guerra che può causare grandi danni, non dobbiamo nasconderlo. Dobbiamo quindi pregare intensamente per sostenere coloro che dovranno prendere decisioni”. L’Abbé Barthe, che è anche cappellano del Pellegrinaggio Summorum pontificum, non nasconde i rischi per tutti coloro che decideranno di resistere: vescovi, superiori, sacerdoti, seminaristi. Possibile la sospensione a divinis, e per le comunità la soppressione. “In ogni caso, i rapporti di forza oggi sono molto più favorevoli al mondo tradizionale di quanto non sembri”.

“L’abuso spirituale continua” titola Crisismagazine.com [QUI] affermando, in una nota di Eric Sammons, che “Papa Francesco continua la sua guerra alla celebrazione tradizionale dei sacramenti”. A proposito delle disposizioni stabilite dai vertici della Santa Sede, Sammons è esplicito: “C’è solo un modo per dirlo: questi sono ordini malvagi. Potrebbe essere diplomatico cercare di addolcire il commento, ma in tempo di guerra la diplomazia viene messa da parte. E non fraintendete: questa è una guerra perché l’ha dichiarata il papa stesso a qualunque cattolico fedele alle antiche forme della liturgia romana”. Inoltre, “questi sono comandi meschini e vendicativi. Assomigliano a un’epurazione sovietica dei dissidenti condotta nel 1988. I muri si stanno sgretolando intorno alla Chiesa, ma, invece di cercare di ripararli, il Papa e il Vaticano stanno abbattendo l’unico muro solido” e “il fatto che queste direttive siano state emanate una settimana prima di Natale non fa che amplificare la loro meschinità”. “Qualche anno fa – scrive ancora Sammons – un amico disse di ritenere che Papa Francesco sia un padre spiritualmente violento. Istintivamente ho rabbrividito. Per il mio innato senso cattolico, tale linguaggio era inappropriato nei confronti del Santo Padre. Ma ora non riesco a vedere come le azioni del Papa riguardo al vecchio rito possano essere viste come qualcosa di diverso da un abuso”.

“Un padre violento è un maestro nella manipolazione. Fa credere che il problema siano i figli. Distorce la realtà in modo che essi pensino di meritare l’abuso e, se osano sfidarlo, li presenta come membri della famiglia non amorevoli e divisivi. I suoi figli vivono in uno stato costante di insicurezza e confusione, e questo è il modo in cui il papa attuale tratta i suoi figli che sono fedeli al rito antico. Se essi trovano che la loro vita spirituale sia arricchita dalla frequentazione della Messa vetus ordo, lui suggerisce che hanno tendenze scismatiche. Se per loro la Messa parrocchiale novus ordo è insoddisfacente, li accusa di rifiutare il Vaticano II. E quando si lamentano del suo trattamento ingiusto nei loro confronti, dice che tutto ciò dimostra che hanno bisogno di ulteriori correzioni. È un abuso spirituale, puro e semplice”.

“Spero e prego – conclude Sammons – che i vescovi di tutto il mondo semplicemente ignoreranno queste ultime direttive. Non sarebbe la prima volta che i comandi vaticani vengono disattesi. Il canone 87 afferma che ‘il Vescovo diocesano, ogniqualvolta giudichi di contribuire al loro bene spirituale, può dispensare i fedeli dalle leggi disciplinari universali e particolari emanate per il suo territorio o per i suoi sudditi dalla suprema autorità della Chiesa’. Chiaramente, dispensare da queste direttive è per il bene spirituale di molti. Se un vescovo diocesano vuole evitare di essere lui stesso un padre abusivo, deve ignorare questi comandi e prendersi cura dei bisogni spirituali dei suoi figli”.

“Basta conoscere anche solo l’ABC della teologia morale – dice don Andrea Mancinella [QUI], eremita della diocesi di Albano – per sapere che a un ordine ingiusto e cattivo non si deve obbedire, perché l’obbedienza cesserebbe immediatamente di essere una virtù per tramutarsi in servilismo, che è invece un peccato”. “Quindi nessun panico, si deve seguire la dottrina cattolica, semplicemente. Per il resto Dio stesso provvederà: ci cacciano dalle parrocchie e dalle chiese? E allora si va a celebrare nelle case dei buoni fedeli cattolici, o nei garage, o all’aperto. Punto”.

Rieducationis Custodes: il nostro commento ai Responsa su #traditioniscustodes
Messainlatino.it, 19 dicembre 2021


Responsa della Congregazione per il Culto Divino sull’applicazione di Traditionis Custodes sono “apocalittici” (in senso etimologico), cioè pienamente rivelatori della dichiarazione di guerra lanciata dal Santo Padre contro i fedeli legati alla liturgia tradizionale.

Non è più possibile continuare a illudersi che non c’è nessun attacco o che in fondo sarebbe solo un ritorno all’indulto. Per chi ancora non lo avesse compreso chiaramente il 16 luglio, arrivano i Responsa pubblicati ieri a rendere evidente che:
– il Santo Padre vuole non solo regolamentare ma sradicare e  porre fine alla liturgia tradizionale;
– allo scopo intende frantumare la vita liturgica dei fedeli e delle comunità tradizionali (solo Messa, no altri sacramenti);
– la temporanea sopravvivenza è concessa al solo scopo di rieducarli affinché si decidano ad abbandonarla del tutto per frequentare solo ed esclusivamente il Novus Ordo;
– in altre parole, il Santo Padre desidera che a breve, nella Chiesa universale, non risuoni più nessun «Introibo ad altare Dei».

Il tutto col pretesto di una mentalità “anticonciliare” diffusa (senza mai dire quanti sono, in quali forme, eccetera, alla stregua di un grimaldello usato con kafkiana vaghezza per etichettare e colpire l’avversario, come avviene nei peggiori regimi che all’ora del declino infieriscono con particolare crudezza verso i “nemici del popolo”).

E se anche fosse questo a spingerlo, allora un conto è adottare singole misure per un singolo problema, ben altro invece è voler estinguere ex abrupto una liturgia che per secoli ha scandito la vita della Chiesa cattolica, e che dovrebbe essere venerata piuttosto che perseguitata da un Papa.

Premessa

Tracciamo qui una rapida panoramica, divieto per divieto, dell’ultimo assalto del prefetto del Culto Divino, monsignor Roche, con l’assenso del Papa nell’udienza del 18 novembre, datato il 4 dicembre e apparso ieri, 18 dicembre, sul bollettino della Sala Stampa della Santa Sede.

Innanzitutto, colpisce la forma: non un’istruzione applicativa, ma appunto quella dei responsa ad altrettanti dubia posti da alcuni (uno, nessuno, centomila?) vescovi. Una sollecitudine mai riscontrata per ben altri e più noti dubia di 4 cardinali, due dei quali sono entrati nell’eternità prima di ricevere risposta. La parte discorsiva iniziale non fa che ribadire la bontà e l’irreversibilità dell’«unica espressione della lex orandi», vale a dire la liturgia riformata, voluta dai padri conciliari (senza però mai e poi mai interrogarsi sulla concreta applicazione di questa riforma, sull’effettiva rispondenza alla costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium e soprattutto senza mai chiedersi se dopo 50 anni le chiese si siano riempite o svuotate). È ivi compresa anche la constatazione di quanto sia «triste vedere come il vincolo più profondo di unità [cioè la Messa] diventi motivo di divisione»: è vero, è triste, ma chi ha fomentato questa divisione? I fedeli che nella liturgia antica hanno scoperto maggior nutrimento spirituale rispetto alla media di celebrazioni parrocchiali la cui mediocrità è sotto gli occhi di chiunque? Oppure certa gerarchia che si accanisce contro una liturgia densa di spiritualità, che ha l’unica colpa di essere “preconciliare”?

Primo dubium

Il primo dubium riguarda la possibilità di derogare al divieto di celebrare la Messa tradizionale in chiese parrocchiali, laddove non siano presenti oratori, cappelle o altri edifici non parrocchiali. A prima vista appare qui un miglioramento, ma solo a prima vista. In realtà è il più istruttivo sul fine e i mezzi. La Congregazione concede infatti il permesso di celebrare in parrocchia, se non si dispone di altri edifici, ma il permesso deve venire dalla Congregazione stessa, valutando «con scrupolosa attenzione» ed evitando che i fedeli “ordinari” ne vengano “contaminati” al punto da suggerire: «non è opportuno che venga inserita nell’orario delle Messe parrocchiali essendo partecipata solo dai fedeli aderenti al gruppo». Manca solo la raccomandazione di sigillare le porte.

Questo punto termina con l’ipocrita excusatio non petita (accusatio manifesta) che «In queste disposizioni non vi è alcuna intenzione di emarginare i fedeli che sono radicati nella forma celebrativa precedente: esse hanno solo lo scopo di ricordare che si tratta di una concessione per provvedere al loro bene (in vista dell’uso comune dell’unica lex orandi del Rito Romano) e non di una opportunità per promuovere il rito precedente». Oltre a ribadire il fine di “rieducazione” alla famigerata «unica forma» della lex orandi, ribadisce anche l’opinione (errata) di mons. Roche per cui le aperture di San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI intendevano solo contenere i gruppi esistenti e non promuovere in alcun modo il rito tradizionale – a smentirlo basterebbe l’invito di San Giovanni Paolo II a rispettare «l‘animo di tutti coloro che si sentono legati alla tradizione liturgica latina, mediante un’ampia e generosa applicazione delle direttive» (Ecclesia Dei, 2 luglio 1988); e la constatazione di Benedetto XVI che «anche giovani persone scoprono questa forma liturgica, si sentono attirate da essa e vi trovano una forma, particolarmente appropriata per loro, di incontro con il Mistero della Santissima Eucaristia» (Lettera ai vescovi, 7 luglio 2007) oltre all’auspicio dell’arricchimento reciproco tra le due forme del rito. «Anche giovani persone»: questa motivazione, che aveva spinto Benedetto XVI ad ampliare le precedenti concessioni, spinge ora Francesco a restringerle. Infatti, la giovane età media dei fedeli tradizionali, inversamente a una presenza giovanile piuttosto rarefatta nelle celebrazioni secondo l’«unica espressione» della lex orandi, smentisce sia il cliché dei pochi “nostalgici” che richiederebbero il Vetus ordo sia il “mito fondativo” della liturgia postconciliare come “Messa dei giovani”. Semmai, i giovani li ha fatti scappare.

Secondo dubium

Al secondo responsum si frantuma l’unità di vita liturgica dei fedeli e delle comunità legati al rito antico. In generale è concessa soltanto la Messa, non altri sacramenti secondo l’uso tradizionale. Questi ultimi sono permessi solo alle parrocchie personali erette allo scopo ma – attenzione – solo il Rituale e niente Pontificale. Cioè, almeno queste ultime potranno celebrare battesimi, matrimoni eccetera (contenuti nel Rituale) in rito antico, ma non cresime e ordinazioni (divieto di usare il Pontificale)! In linea di principio, dunque, si concede per ora (passateci l’espressione) il diritto di sopravvivenza ma non quello di procreazione. Anche qui si ripete paternalisticamente l’intento di «accompagnare quanti sono radicati nella forma celebrativa precedente verso una piena comprensione del valore della celebrazione nella forma rituale consegnataci dalla riforma del Concilio Vaticano II».

Altri dubia

dubia seguenti riguardano la concelebrazione, motivo per revocare al presbitero la facoltà di celebrare in rito tradizionale qualora neghi la validità e la legittimità della concelebrazione. In realtà, in gran parte si tratta di sacerdoti diocesani, quindi concelebranti almeno saltuariamente nelle celebrazioni in rito nuovo; e a rigore di termini ricordiamo che anche i sacerdoti degli istituti di rito tradizionale nel giorno dell’ordinazione concelebrano (unico caso previsto secondo la liturgia tradizionale), per cui non ne negano in principio la legittimità e validità. Essa appare piuttosto un pretesto capzioso per togliere il permesso al sacerdote che legittimamente preferisce celebrare individualmente, come previsto anche dal canone 902.

Segue l’apologia del Lezionario, «uno dei frutti più preziosi della riforma liturgica», con un curioso cortocircuito: le letture del rito antico dovranno essere prese dal lezionario e dalla traduzione in vigore per il rito nuovo. Allo stesso tempo però, «Non potrà essere autorizzata nessuna pubblicazione di Lezionari in lingua vernacola che riporti il ciclo di letture del rito precedente» (sempre perché, detto tra le righe, lorsignori sperano che si estingua di qui a qualche anno, per cui non si può incoraggiare la pubblicazione di libri liturgici appositi per esso).

Neanche a dirlo, il vescovo non potrà concedere autonomamente il permesso di celebrare secondo il Messale antico, ma dovrà essere autorizzato dalla Sede apostolica. Questa è la migliore smentita su un ipotetico ritorno all’indulto giovanpaolino: quest’ultimo infatti lasciava ai vescovi grande libertà di concedere, invece Traditionis Custodes  lascia loro soltanto la libertà di negare, mentre non possono concedere nulla senza passare per la Sede Apostolica (cioè per Roche, che sarà ben lieto di negare il permesso, per mandato del Santo Padre). Ci risulta da fonti certe che la Congregazione ha l’ordine, da parte del Papa, di bocciare ogni richiesta in tal senso.

Seguono infine ulteriori casistiche, che si possono ben riassumere con questa massima: tutto ciò che non è proibito è obbligatorio (ma generalmente è proibito).

Ci sarebbe troppo da scrivere e da piangere di fronte a una gerarchia aperta a tutto e a tutti, ma pronta a cestinare qualsiasi cosa che emani eccessivo odore di Tradizione, dando un calcio a quei fedeli mai presi in considerazione ma etichettati a priori come “rigidi”, “pelagiani” eccetera, mentre il Santo Padre ci tratta da “figliastri” manifestando nei nostri confronti un livore degno di miglior causa. E intanto la Fraternità San Pio X e i sedevacantisti stappano champagne!

Redazione di Messa in Latino

Foto di copertina: Una Messa tradizionale celebrata nella Basilica di Santa Maria sopra Minerva a Roma il 15 settembre 2017 (Foto di Edward Pentin).

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