Santa Lucia è una donna resistente

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La vergine e martire Lucia è una delle figure più care alla devozione cristiana: come ricorda il Messale Romano è una delle sette donne menzionate nel Canone Romano. Vissuta a Siracusa, sarebbe morta martire sotto la persecuzione di Diocleziano (intorno all’anno 304). Gli atti del suo martirio raccontano di torture atroci inflitte dal prefetto Pascasio, che non voleva piegarsi ai segni straordinari che attraverso di lei Dio stava mostrando.

Proprio nelle catacombe di Siracusa, le più estese al mondo dopo quelle di Roma, è stata ritrovata un’epigrafe marmorea del IV secolo che è la testimonianza più antica del culto di Lucia. Una devozione diffusasi molto rapidamente: già nel 384 sant’Orso le dedicava una chiesa a Ravenna, papa Onorio I poco dopo un’altra a Roma. Oggi in tutto il mondo si trovano reliquie di Lucia e opere d’arte a lei ispirate.

Lucia nacque a Siracusa verso la fine del III secolo, da una nobile famiglia cristiana. Sin da fanciulla, si consacrò segretamente a Dio con voto di perpetua verginità, ma (secondo le consuetudini dell’epoca) venne promessa in sposa a un pretendente, invaghito per la sua straordinaria bellezza.

Un giorno Lucia propose alla madre, di nome Eutichia, di recarsi insieme a lei in pellegrinaggio nella vicina città di Catania, presso il sepolcro dell’illustre vergine martire Sant’Agata, per domandare a Dio la grazia della guarigione della stessa Eutichia, da molto tempo gravemente ammalata.

Giunte in quel luogo il 5 febbraio dell’anno 301, pregarono intensamente fino alle lacrime implorando il miracolo. Lucia consigliò alla madre di toccare con fede la tomba della santa patrona di Catania, confidando nella sua sicura intercessione presso il Signore.

Subito dopo la visione, Eutichia constatò l’effettiva avvenuta guarigione miracolosa, e Lucia decise di rivelare alla madre il proprio desiderio di donare tutta la propria vita a Dio, rinunciando a uno sposo terreno ed elargendo tutte le proprie ricchezze ai poveri, per amore di Cristo.

Così Lucia da ricca che era si fece povera, e per circa tre anni si dedicò senza interruzione alle opere di misericordia d’ogni genere, a vantaggio dei poveri, degli orfani, delle vedove, degli infermi e dei ministri della Chiesa di Dio.

Per questo l’arcivescovo di Siracusa, mons. Francesco Lomanto, nell’omelia ai primi vespri della solennità della festa ha affermato che la santa è un esempio di resistenza: “Lucia ci è di esempio per la sua resistenza agli atti di violenza che ella subì per essersi sottratta alle lusinghe del potente di turno.

Oggi la violenza si va sempre più connotando quale diffuso atteggiamento che si manifesta spesso come aggressività verbale, che talora caratterizza ‘la voce più forte’ negli organi di stampa, il linguaggio dei social media, dove gli haters – gli odiatori hanno un grande seguito e colpiscono gli sventurati.

Dalla violenza verbale alla violenza fisica il passo non è certamente lungo. Penso, al momento, alle molte violenze che si consumano fra le mura domestiche, agli omicidi del partner; penso alla violenza contro i medici, gli infermieri e operatori sanitari che non riescono più a nascondere esasperazione e stanchezza; e penso alle minacce fisiche e aggressioni ai giornalisti che svolgono correttamente il loro servizio“.   

Quindi la santa può insegnare la via della non violenza: “S. Giovanni Battista e S. Lucia ci insegnano ad accogliere il Signore nella carità e nella verità della condivisione. Lʼamore per Dio ci spinge allʼattenzione verso lʼaltro e al rispetto di tutti, alla rinuncia di ogni forma di violenza, di prevaricazione e di estorsione.

Di fronte ai pericoli della pandemia e della post pandemia occorre evitare il rischio dell’individualismo e dell’egoismo e accrescere il senso dellʼunità, dellʼaiuto reciproco, dello stare insieme, del camminare insieme, del progredire insieme, perché ci si salva insieme. Come pure occorre aprirci al valore dellʼospitalità e alla prassi dellʼaccoglienza senza lasciare fuori dai confini chi bussa in cerca di una vita dignitosa e lontana dalla guerra e dai pericoli.

E non possiamo misconoscere la sofferenza che continua a prostrarci a causa delle recenti alluvioni che hanno danneggiato le case di tante famiglie, di tante attività produttive; hanno distrutto terre e mietuto vittime; hanno accresciuto le povertà che affliggono tanto il nostro popolo“. 

Da Venezia il patriarca Francesco Moraglia ha incentrato l’omelia sul significato di santità: “Lucia è nel gruppo di donne sante degli inizi della Chiesa che, accanto agli apostoli e ai primi martiri, sono esplicitamente citate con il loro nome (Felicita, Perpetua, Agata, Lucia, Agnese, Cecilia, Anastasia) nel Canone Romano, la prima ed antica preghiera eucaristica che guida e scandisce il cuore della celebrazione eucaristica che, a sua volta, è il cuore dell’intera vita della Chiesa. Non è, infatti, la Chiesa che in prima o ultima istanza ‘fa’ l’Eucaristia ma è l’Eucaristia che ‘fa’ la Chiesa.

Il martirio, in particolare, è una forma che potremmo definire ‘originaria’/esplicativa della santità; i primi santi della Chiesa sono stati così i martiri, ovvero coloro che non hanno avuto bisogno di una verifica attraverso i previsti procedimenti canonici (oggi necessari per sancire l’eroicità delle virtù dei santi) perché è l’evento finale e il compimento stesso della loro vita che si impone con forza dirompente come attestato di santità”.

La santità è un alimento per la resistenza: “Lucia, allora, ci è stata donata come esempio di giovane donna che sa resistere, non solo spiritualmente ma anche corporalmente, e alla fine vince.

E’, infatti, proprio del martire vincere soccombendo. Sarebbe poi un errore gravissimo ritenere che la santità, ed in particolare quella espressa con il martirio, sia un capitolo da relegare sulle pagine, di carta o virtuali, dei testi di storia, come se non fosse più attuale”.

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