Cosa ha prodotto il vertice di Sochi tra Russia, Azerbajgian e Armenia? Al vaglio della Corte Europea il coinvolgimento di mercenari siriani nella guerra dell’Azerbajgian contro l’Artsakh
Il Segretario generale delle Nazioni Uniti Antonio Guterres ha accolto con favore l’incontro trilaterale del 26 novembre 2021 tra il Primo Ministro dell’Armenia, il Presidente dell’Azerbajgian e il Presidente della Federazione Russa, e prende atto della loro dichiarazione congiunta. Inoltre, “nota con apprezzamento il ruolo della Federazione Russa nel facilitare i contatti e il dialogo continui”. Lo ha dichiarato in una nota Farhan Haq, Vice portavoce del Segretario generale delle Nazioni Uniti. “Il Segretario generale è incoraggiato dalla ripresa dell’impegno diretto al più alto livello tra Armenia e Azerbaigian e dal loro impegno a dare piena attuazione alle dichiarazioni trilaterali del 9 novembre 2020 e dell’11 gennaio 2021 e ad adottare misure concrete volte ad aumentare la stabilità nella regione “, ha detto il Vice portavoce.
“Ribadisce la posizione di principio dell’ONU secondo cui una pace duratura può essere raggiunta solo attraverso il dialogo ed esorta le parti a risolvere le questioni in sospeso a tal fine attraverso tutti i formati disponibili, anche sotto gli auspici dei Co-presidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE. Le Nazioni Unite sono pronte a sostenere tutti questi sforzi, anche attraverso la fornitura di assistenza umanitaria, di recupero e di costruzione della pace sul campo”, ha aggiunto Farhan Haq.
Cosa ci lascia il vertice di Sochi tra Russia, Azerbajgian e Armenia
Il vertice trilaterale tra il Presidente russo Vladimir Putin, il Presidente dell’Azerbajgian Ilham Aliyev e il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan a Sochi il 26 novembre 2021 [QUI] – convocato anche per rispondere alla mossa dell’Unione Europea che, improvvisamente destatasi dal suo torpore aveva annunciato un incontro tra Pashinyan e Aliyev per il prossimo 15 dicembre – si è concluso con una dichiarazione che, nel consueto linguaggio diplomatico, dice tutto e niente al tempo stesso. Riportiamo di seguito l’analisi per sommi capi quali siano i punti focali del documento, a cura di Iniziativa italiana per l’Artsakh, l’associazione che ha come scopo di far conoscere all’opinione pubblica italiana la autoproclamata Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh (cristiana armena) e il suo diritto all’autodeterminazione.
A prescindere dalle frasi di circostanza – ovvero l’impegno a dar seguito ai precedenti accordi, l’apprezzamento per la missione di pace russa (indicazione rivolta principalmente alla parte azera che dei caschi MIR farebbe volentieri a meno) e l’attività di Mosca per fornire assistenza alla parti – sono due i punti fondamentali della dichiarazione.
1. Istituzione di una commissione bilaterale Azerbajgian-Armenia con la partecipazione consultiva della Federazione Russa sulla delimitazione e successivamente la demarcazione, del confine di stato tra la Repubblica di Armenia e la Repubblica di Azerbajgian. Sostanzialmente, le parti – per dirla con le parole di Putin dopo il vertice – hanno “concordato di creare meccanismi per la demarcazione e delimitazione del confine tra i due Paesi entro la fine di quest’anno”. In poco più di un mese, Armeni e Azeri devono concordare un metodo di lavoro che possa essere utilizzato per disegnare fisicamente e in modo definitivo la frontiera fra i due Stati. Possiamo avventurarci nell’ipotizzare che saranno utilizzate le geolocalizzazioni di epoca sovietica (dati presumibilmente custoditi a Mosca) con qualche aggiustamento che, in termini di compromesso, possa portare a un accordo finale, ad esempio alla questione delle exclavi, talune postazioni in altura e (forse) la strada nel sud dell’Armenia. Nulla però si sa sui tempi di applicazione di questo criterio di mappatura che certo non sarà semplice.
2. Sblocco di tutte le comunicazioni economiche e di trasporto della regione. Anzi, sempre per usare le parole del presidente russo, “lo sblocco dei corridoi di trasporto”. Il gruppo di lavoro congiunto che da qualche mese lavora sul tema dovrebbe dunque aver avuto il via libera su passanti ferroviari e stradali tanto cari alla parte azera che vuol collegare il Nakhchivan al resto dell’Azerbajgian e dar consistenza alle mire di un “corridoio turco” (il cosiddetto “Corridoio di Zangezur” [QUI]) attraverso il sud dell’Armenia. La previsione del ripristino dei collegamenti era stata già inserita nei famosi “Princìpi di Madrid” ma in questo nuovo postguerra è materia particolarmente accesa perché gli Azeri premono, anzi impongono, il passaggio e gli Armeni rischiano di vedere la loro sovranità fortemente limitata. C’è anche da dire che un conto è realizzare queste vie di transito (sul cui controllo andrebbe aperto un capitolo a parte) a pace conclusa ovvero con un Artsakh libero e indipendente, un conto è farlo in un clima ancora di odio e di assoluta incertezza sul destino di Stepanakert con le continue provocazioni azere all’ordine del giorno.
Nelle dichiarazioni post vertice si parla anche delle questioni umanitarie (presumibilmente la questione dei prigionieri di guerra armeni) di cui non vi è però traccia nella Dichiarazione finale del vertice di Sochi, segno che le modalità di risoluzione delle criticità sono legate presumibilmente allo scambio di mappe dei campi minati per prigionieri di guerra.
Salta all’occhio la mancanza di qualsiasi riferimento al territorio dell’Artsakh e al diritto della popolazione locale. L’assenza di neppure un cenno a Stepanakert pone la parte armena in una posizione di debolezza; ma forse in questo momento le priorità sono altre (in primo luogo garantire la sicurezza delle frontiere) e forse solo in un secondo tempo la road map russa porterà al centro dei colloqui il destino della regione.
“Lo status finale del Nagorno-Karabakh non è stato risolto, abbiamo deciso di mantenere lo status quo che esiste oggi”, aveva detto Putin in un’intervista a Rossiya 24 nel novembre 2020. “Quello che accadrà dopo deve essere deciso in futuro, o da futuri leader, futuri partecipanti a questo processo. Ma, a mio avviso, se si creano le condizioni per una vita normale, per il ripristino delle relazioni tra Armenia e Azerbajgian, tra la gente a livello familiare, soprattutto nella zona di conflitto, si creeranno le condizioni per determinare lo status del Nagorno-Karabakh”, ha aggiunto il Presidente russo nell’intervista nel novembre 2020.
La Dichiarazione finale del vertice di Sochi
(Tradizione italiana a cura di Iniziativa italiana per l’Artsakh)
Il Primo Ministro della Repubblica di Armenia Nikol Pashinyan, il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin e il Presidente dell’Azerbajgian Ilham Aliyev hanno adottato una Dichiarazione congiunta basata sulla riunione trilaterale, come riportato dal governo dell’Armenia. La Dichiarazione recita in particolare quanto segue:
“Noi, il Primo Ministro della Repubblica di Armenia N.V.Pashinyan, il Presidente della Repubblica dell’Azerbajgian I.H. Aliyev, Presidente della Federazione Russa V.V. Putin, si è riunito il 26 novembre a Sochi e ha discusso il processo di attuazione della dichiarazione del 9 novembre 2020 sul completo cessate il fuoco e la cessazione di tutti i tipi di operazioni militari nella zona di conflitto del Nagorno-Karabakh e nel processo di attuazione della dichiarazione dell’11 gennaio 2021 sullo sblocco di tutte le infrastrutture economiche e di trasporto della regione.
Abbiamo riaffermato l’impegno per l’ulteriore e coerente attuazione e l’osservanza incondizionata di tutte le disposizioni della dichiarazione del 9 novembre 2020 e della dichiarazione dell’11 gennaio 2021 a beneficio della stabilità, della sicurezza e dello sviluppo economico del Caucaso meridionale. Abbiamo convenuto di intensificare gli sforzi congiunti volti alla soluzione immediata delle restanti questioni derivanti dalle dichiarazioni del 9 novembre 2020 e dell’11 gennaio 2021.
Abbiamo menzionato il contributo significativo della missione di pace russa nella stabilizzazione della situazione e nel garantire la sicurezza nella regione.
Abbiamo convenuto di adottare misure per aumentare il livello di stabilità e sicurezza al confine azero-armeno, per spingere il processo di istituzione di una commissione bilaterale con la partecipazione consultiva della Federazione Russa basata sull’applicazione dei lati, sulla delimitazione e successivamente la demarcazione, del confine di stato tra la Repubblica di Armenia e la Repubblica di Azerbajgian.
Abbiamo molto apprezzato l’attività del gruppo di lavoro trilaterale sullo sblocco di tutte le comunicazioni economiche e di trasporto della regione, istituito in conformità con la dichiarazione dell’11 gennaio 2021 sotto la presidenza congiunta dei Vice Primi Ministri della Repubblica di Azerbajgian, Repubblica di Armenia e la Federazione Russa. Abbiamo sottolineato la necessità di avviare quanto prima programmi specifici, volti a individuare il potenziale economico della regione.
La Federazione Russa continuerà a fornire l’assistenza necessaria per normalizzare le relazioni tra la Repubblica dell’Azerbajgian e la Repubblica di Armenia, creare un’atmosfera di fiducia tra i popoli azero e armeno e stabilire relazioni di buon vicinato nella regione”.
Il coinvolgimento di mercenari siriani nella guerra dell’Azerbajgian contro l’Artsakh al vaglio della Corte Europea
Del coinvolgimento dei mercenari siriani abbiamo scritto dal primo articolo che abbiamo dedicato alla guerra di aggressione dell’Azerbajgian contro l’Artsakh, la mattina subito dopo l’attacco e ci siamo ritornato più volta di seguito [Presidente Arayik Harutyunyan: non è l’Azerbaigian, è la Turchia che combatte contro l’Artsakh. Circa 4.000 jihadisti della Syria combattendo con i turchi dalla parte azera – 28 settembre 2020].
Uno degli argomenti della denuncia presentata dall’Armenia alla Corte europea dei diritti dell’uomo contro la Turchia e l’Azerbajgian si riferisce proprio al coinvolgimento di terroristi mercenari nell’aggressione del 2020 contro Artsakh, ha affermato l’Avvocato Artak Zeynalyan. “È stata presentata una denuncia generale contro la Turchia e l’Azerbajgian per violazione dei diritti dei cittadini della Repubblica di Armenia. Uno degli argomenti riguarda il reclutamento e la riduzione in schiavitù dei mercenari siriani. Approfittando del fatto che non sono in grado di guadagnarsi da vivere, sono stati trascinati in guerra. Questo è uno degli argomenti”, ha detto Zeynalyan in un’intervista alla Public Radio of Armenia il 24 novembre scorso.
Già nel novembre 2020 esperti dei diritti umani delle Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione per l’uso di mercenari all’interno e intorno alla zona di conflitto del Nagorno-Karabakh fino a quando non è stata raggiunta una dichiarazione sul cessate il fuoco. Il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sull’uso dei mercenari ha detto la scorsa settimana che ci sono stati rapporti diffusi secondo cui il governo dell’Azerbaigian, con l’assistenza della Turchia, si è affidato ai combattenti siriani per sostenere e rafforzare le sue operazioni militari nella zona di conflitto del Nagorno-Karabakh, incluso in prima linea. Il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sull’uso dei mercenari ha riaffermato che i combattenti all’interno e intorno alla zona di conflitto del Nagorno-Karabakh devono essere ritirati.
Le dichiarazioni del Presidente francese del 1° ottobre 2020 in riferimento ai mercenari siriani
La Francia ha informazioni secondo cui jihadisti siriani stanno partecipando alle ostilità nel Nagorno-Karabakh. Lo ha annunciato il Presidente francese Emmanuel Macron prima dell’inizio del vertice dell’Unione Europea di giovedì 1° ottobre 2020: “Voglio anche affermarlo chiaramente: oggi abbiamo informazioni che indicano con certezza che militanti dei gruppi jihadisti sono usciti dal teatro siriano per unirsi alle operazioni in Karabakh”. Macron ha lasciato intendere anche che ci sia una certa forma collusione da parte della Turchia quando afferma che “300 militanti siriani sono stati dispiegati a Baku attraverso la città turca di Gaziantep. Questi militanti sono stati identificati e provengono da un gruppo jihadista che opera nell’area di Aleppo”. Il Presidente francese ha successivamente sottolineato che scambierà tutte le informazioni sulla situazione coi Presidenti di Russia e Stati Uniti. “Altri contingenti sono in preparazione, più o meno della stessa dimensione”, ha aggiunto, ed “è responsabilità della Francia chiedere spiegazioni” ad Ankara e “invito la NATO a guardare al comportamento di un Paese” che fa parte dell’Alleanza Atlantica. Parole che rappresentavano un pesante j’accuse verso la Turchia.
Il bilancio delle vittime dei mercenari in Azerbajgian è superiore a quello in Libia, mentre i combattenti siriani hanno ricevuto pagamenti variabili (SOHR, 3 dicembre 2020)
Mentre l’Azerbajgian e la Turchia ovviamente continuano a negare il coinvolgimento dei mercenari siriani nella guerra dei 44 giorni del 2020 (dal 27 settembre al 9 ottobre) contro la Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh, ci sono molte prove che dimostrano il contrario. I dati e i video di intelligence vengono a rafforzare i fatti che sono incontestabili. Mentre il numero esatto di mercenari siriani uccisi nella guerra contro l’Artsakh non è noto, il Syrian Observatory for Human Rights-SOHR (Osservatorio siriano per i diritti umani) con sede a Londra, ha stimato che il bilancio sia di circa 540, secondo un rapporto pubblicato il 3 dicembre 2020, che segue.
L’Osservatorio siriano per i diritti umani (SOHR) ha ottenuto nuovi dettagli sul caso dei mercenari siriani sostenuti dalla Turchia in Azerbajgian, da diversi combattenti che sono tornati di recente dal Nagorno-Karabakh in Siria. Secondo fonti del SOHR, i combattenti che erano tornati in Siria hanno ricevuto pagamenti diversi, poiché ad alcuni sono stati dati 3.500 US dollari e 600 lire turche, a un altro gruppo sono stati dati 1.000 US dollari e 1.000 lire turche ciascuno, mentre ad altri sono stati dati due pagamenti di circa 5.000 TL. Inoltre, tutti i combattenti hanno confermato che c’erano “somme di denaro non pagate”, che avrebbero dovuto essere date a questi combattenti nei prossimi giorni.
D’altra parte, fonti del SOHR affermano che il numero di mercenari siriani uccisi in Azerbaigian ha superato il numero di quelli uccisi in Libia, poiché il bilancio delle vittime dei mercenari siriani sostenuti dalla Turchia in Azerbajgian è salito a 541. In Libia, tuttavia, il bilancio dei morti è di 468 combattenti.
Fonti del SOHR hanno anche confermato che altri corpi di combattenti siriani uccisi nelle battaglie del Nagorno-Karabakh sono arrivati in Siria con i recenti gruppi di rimpatriati, portando il numero di combattenti i cui corpi sono stati portati in Siria a 340. Di conseguenza, quasi 825 combattenti delle fazioni sostenute dalla Turchia sono ancora in Azerbaigian, su 2.580 combattenti trasportati in precedenza dal Governo turco. Tuttavia, non è ancora noto se torneranno presto in Siria o se la Turchia li manterrà in Azerbajgian per il momento. Inoltre, ci sono probabilmente più vittime tra i combattenti, che sono ancora in Azerbajgian, la cui morte non è stata ancora confermata o documentata da fonti del SOHR.
Il 2 dicembre 2020 fonti attendibili hanno riferito al SOHR che nuovi gruppi di mercenari siriani sostenuti dalla Turchia sono tornati in Siria dall’Azerbajgian, poiché finora tutti gli sforzi turchi per mantenerli in Azerbajgian sono falliti. Vale la pena notare che il Governo azero ha rifiutato di consentire a questi mercenari di stabilirsi nel Nagorno-Karabakh o in altre aree dell’Azerbajgian.
Secondo fonti del SOHR, oltre 900 combattenti delle milizie siriane sostenute dalla Turchia sono tornati in Siria in gruppi, con l’ultimo gruppo che è arrivato in Siria giovedì 26 novembre 2020. Mentre più gruppi avrebbero dovuto tornare nelle ore o nei giorni successivi.
Nel frattempo, i rimpatriati ricevono una parte dei loro pagamenti, circa 10.000 lire turche, e si prevede che riceveranno il resto dei loro stipendi nei giorni successivi.
La giornalista Lindsey Shell e il giornalista Ed Butler della BBC in riferimento ai mercenari siriani
Domenica 21 novembre 2021 la giornalista Lindsey Snell ha condiviso filmati che mostrano mercenari reclutati per combattere contro Artsakh, che si lamentano che il Comandante Sultan Suleiman Shah, Abu Amsha, appoggiato dalla Turchia, che, dicono, ha rubato i loro stipendi.
Quattro siriani hanno dichiarato alla BBC che dopo essersi arruolati per il servizio di sentinella in Azerbajgian, sono stati inaspettatamente gettati in battaglia in prima linea. “I mercenari siriani sono usati come ‘carne da cannone’ nel Nagorno-Karabakh”, ha scritto Ed Butler sul sito della BBC il 10 dicembre 2020 [QUI].
Era nell’agosto del 2020 che le voci iniziavano a circolare nelle aree in mano ai ribelli del nord della Siria: c’era l’offerta di un lavoro ben pagato all’estero. “Avevo un amico che mi ha detto che c’è un ottimo lavoro che puoi fare, solo stare ai posti di blocco militari in Azerbajgian”, ha detto un uomo a Butler. “Ci hanno detto che la nostra missione sarebbe stata quella di servire come sentinelle al confine – come forze di pace. Offrivano 2.000 US dollari al mese! È stata una fortuna per noi”, ha detto un altro, che Butler ha chiamato Qutaiba. Entrambi hanno fatto domanda per il lavoro attraverso fazioni ribelli sostenute dalla Turchia, che costituiscono il cosiddetto Esercito Nazionale Siriano, una forza nel nord della Siria opposta al Presidente Bashar al-Assad. In un’area dove pochi guadagnano più di 1 US dollaro al giorno, lo stipendio promesso sembrava una manna dal cielo. Coloro che si sono arruolati sono stati trasportati in Azerbajgian attraverso la Turchia, su aerei da trasporto militare turco. Ma una volta arrivati, il lavoro non era quello che era stato prospettato. Gli uomini, molti dei quali senza esperienza militare, venivano reclutati per la guerra, come scoprirono presto quando furono portati in prima linea e ordinati di combattere. “Non mi aspettavo di sopravvivere”, ha detto Qutaiba. “Sembrava di avere una possibilità dell’1%. La morte era tutt’intorno a noi”. Tutti gli uomini affermano di aver ricevuto pochi dispositivi di protezione o supporto medico. Molti dei loro compagni combattenti sembrano essere morti dissanguati per ferite che i medici sul campo di battaglia avrebbero potuto facilmente curare.
Secondo questa reportage della BBC del dicembre 2020, in Siria due dei mercenari stavano cercando di lasciarsi l’esperienza alle spalle. “Mi sento in colpa per essere diventato un mercenario. Mi vergogno”, dice Samir, anche se si è rifiutato di combattere dopo soli tre giorni in prima linea. “Quando le persone mi chiedono se ho viaggiato, rispondo di no, anche se sanno che sono andato. Mi sento molto piccola ai loro occhi… Quando sono arrivata lì ho detto no alla guerra. Mi sono opposto a ciò che stava accadendo. Ma mi vergogno perché mi sono fidato dei mercenari. Ecco perché provo vergogna”.
Il processo davanti alla Corte Europea richiederà molto tempo
Secondo il legale che rappresenta la Repubblica di Armenia, il processo davanti alla Corte Europea richiederà tempo e potrebbero volerci anni prima che la Corte prenda una decisione sul caso, ha detto Zeynalyan: “Il procedimento si concluderà con una sentenza della Corte europea. Ci vorranno anni, la denuncia sarà inviata al convenuto, poi sarà inviata all’attore, poi l’attore presenterà le sue osservazioni. L’Azerbajgian, a sua volta, chiederà ogni volta una proroga del termine per rispondere”.
“Cosa ci darà la decisione dell’Alta Corte Europea? E se la Turchia e l’Azerbaigian si rifiutassero di conformarsi alla sentenza?”, ha chiesto la Public Radio of Armenia. “La sentenza della Cedu riconosce il fatto di violazione del diritto e prevede un giusto risarcimento, secondo il quale lo Stato convenuto deve versare alla vittima della violazione l’importo stabilito entro tre mesi”, ha detto Artak Zeynalyan a Maria Papyan di Public Radio of Armenia. Tuttavia, ha aggiunto, il vero valore della sentenza è che dice “va ripristinata la situazione che esisteva prima della violazione del diritto”.
L’Avvocato Zeynalyan ha detto: “Se il diritto alla vita o il diritto alla protezione dalla tortura e dai maltrattamenti sono stati violati, lo stato convenuto deve condurre un’indagine approfondita per garantire che l’equilibrio sia ristabilito. Lo Stato dovrebbe identificare i colpevoli e ritenerli responsabili. Dovrebbero scontare integralmente la pena e la violazione di qualsiasi dettaglio in questo periodo porta a una ripetuta violazione dello stesso diritto violato”. Zeynalyan ha osservato che se la Turchia e l’Azerbajgian si rifiutassero di conformarsi alla sentenza, “ci sono strumenti che la parte armena utilizzerà per ripristinare i diritti violati”.
Foto di copertina: Militari indentificati come mercenari siriani, vicino al confine armeno in Azerbajgian, da un video pubblicato dall’agenzia siriana Jarablus News (Fonte BBC).