Domenica XXXIV: Festività di Cristo re

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La festa di Cristo Re ci ricorda l’evento fondamentale annunciato da Gesù stesso: Dio, in quanto re dell’universo, entra direttamente nella storia dell’uomo; il Re atteso è lo stesso Dio che inaugura il suo Regno con la presenza e l’opera di Gesù. Cristo re: la regalità di Cristo Gesù più che una rivelazione è l’attuazione del piano creativo di Dio che regola con amore e giustizia tutte le cose.

Una festa recente (istituita nel 1925), ma una festa che ha profonde radici bibliche e teologiche; il titolo di Cristo re ci permette di cogliere in modo chiaro la missione salvifica di Cristo. Si parte dalla domanda posta da Pilato a Gesù nel pretorio:

‘Sei tu re dei Giudei?’, per finire in una visione cosmica: Gesù non solo è re dei Giudei ma è re universale.  La Croce sarà il segno paradossale del suo Regno; la corona di spine à la sua corona; la Croce è il suo trono.

E’ proprio con il sacrificio della Croce, sacrificio di espiazione dei nostri peccati, che Gesù è costituito Re universale, come Egli stesso dirà dopo la sua risurrezione: ‘A me è stato dato ogni potere in cielo e in terra’ (Mt. 28, 18).

Il brano del Vangelo oggi ci presenta il grande processo della storia: davanti si trovano due personaggi Pilato e Gesù; Pilato rappresenta la forza e la potenza terrena (Egli rappresenta Roma e l’impero romano); Gesù è la verità nella quale si muove ed agisce il Cristo. 

Pilato è la signoria della potenza acquistata con le armi, lo spargimento di sangue di tante vite umane; Cristo Gesù è la signoria dell’amore, una signoria che non si impone con la violenza ma cresce e si espande con la testimonianza dell’amore. 

Davanti a Pilato, Gesù non esita a proclamarsi Re; Gesù non accusa, non protesta, non si difende; il suo silenzio fa quasi tremare Pilato, il Governatore romano.

A differenza, Pilato sembra di essere potente, ha il potere nelle mani, potere decisionale di vita o di morte, eppure è l’unico che è vittima della paura, schiavo degli umori della folla che grida minacciando una accusa a Cesare: se lo liberi ti accuseremo a Cesare! 

Sul banco degli imputati all’inizio c’è Gesù ma, a ben guardare, nel banco c’è Pilato e ci siamo tutti noi. Gesù, condannato nel pretorio di Pilato, incute paura a tutti vivo e morto.

Incute paura a Pilato, costretto a dichiarare la sua innocenza ed a lavarsi le mani dicendo: sono innocente del suo sangue; fa paura al centurione romano, che assiste al calvario sino alla sua morte, che va via dicendo ‘era veramente il figlio di Dio’;

paura ai capi del popolo e del sinedrio che vedono squarciarsi il velo del tempio da cima a fondo e si recano da Pilato costringendolo a mettere picchetti armati per custodire la sepoltura perché Gesù aveva detto: dopo tre giorni risusciterò. Gesù incute paura a Giuda, che corse infine ad impiccarsi gridando: ho tradito il sangue innocente.

Gesù è il vero Re ma il suo regno non trova riscontro nelle categorie politiche umane: un regno contro la falsità perché Egli è il re della verità: “Per questo sono venuto al mondo, per rendere testimonianza della verità; chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce”. Un regno contro gli egoismi e gli odi: Egli è il re dell’amore. 

Gesù rifiutò il titolo di Re, quando questo era inteso in senso politico, alla stregua dei ‘capi delle nazioni’, durante la passione invece a Pilato che lo interrogò espressamente: ‘sei tu Re?’, Gesù rispose: tu lo dici. Sono re, ma il mio regno non è di questo mondo, rivendicando così la sua regalità.

Il regno di Dio non si afferma con i mezzi e la forza dei regni terreni ma si afferma con la verità che si impone da se stessa, penetra soavemente nei cuori e nella mente e crea anche i martiri, grandi testimoni della verità.

Il Pontefice santo, Paolo VI, intrepido difensore della regalità di Cristo contro il relativismo imperante, figlio del razionalismo e del positivismo, affermò con forza e tenacia l’assoluto cristiano instaurando l’autentico umanesimo cristiano. In che cosa consiste  il suo potere regale?  E’ il potere di dare la vita eterna, liberare dal male, sconfiggere il dominio della morte.

E’ il potere dell’amore che sa ricavare il bene anche dal male, la bontà anche dai cuori più induriti. Questo regno non si impone ma rispetta la libertà di ciascuno.

Ognuno è libero di allearsi con Cristo o contro Cristo, di praticare la giustizia o l’iniquità, di abbracciare l’amore e il perdono o preferire la vendetta e l’odio omicida. Sta a me e a te, o amico/a, rispondere a Dio non con le parole ma con i fatti. 

Il volto di Dio è quello del buon pastore, che cerca la pecorella smarrita, ma è anche quello del giudice perché è nello stesso tempo pastore buono e misericordioso ma anche giudice giusto.

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