Procedimento penale n. 45/2019 RGP vaticano: il Papa tirato in ballo e tutto ridotto ad un’arrampicata sugli specchi. Uno spettacolo indecoroso con Becciu già giustiziato – Prima Parte

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«La percezione dell’ineluttabile condanna e insieme la delusione per uno spettacolo sciagurato che non giova all’autorevolezza morale degli organi centrali della Chiesa». In questa frase dell’amico e collega Renato Farina oggi su Libero Quotidiano, è riassunto il punto a cui siamo arrivati dopo 2 anni di indagini giudiziarie e 4 udienze in un processo che non è ancora iniziato, impantanato in schermaglie procedurali. Formalismi rispetto alla sostanza. Poi, l’amico e collega Andrea Gagliarducci ieri su ACI Stampa, ha messo a fuoco la lente (strumento a cui siamo molto devoti, come lui): “Sembra, dunque, spostarsi il centro del dibattito sul processo. Non si tratta più del problema di gestione di investimenti. Si tratta ora di capire come viene esercitata la giustizia in Vaticano. E l’ingresso del Papa nello scenario sarà centrale nel corso del processo”. Comunque, risulta difficile negare che il Papa regnante non c’entra con il processo 60SA.

L’Udienza del 17 novembre 2021 (Foto Vatican Media).

Il 26 marzo 2021 abbiamo scritto [Caso 60SA. Sentenza tribunale londinese conferma: Becciu fu diffamato in modo “spaventoso”. Il Papa ingannato con il teorema accusatorio dell’Espresso depositato sulla sua scrivania]: «Ritorniamo oggi alla notizia della sentenza di 42 pagine (46 nella traduzione italiana) in 140 punti del 10 marzo 2021, emanata dal giudice Tony Baumgartner della Corte della Corona di Southwark a Londra. Una autentica doccia gelata sull’intera inchiesta vaticana – scrive Franca Giansoldati sul Messaggero – una sentenza che “ha demolito, pezzetto per pezzetto, attraverso motivazioni articolate e pignole, l’impianto accusatorio vaticano sullo scandalo del palazzo di Londra”. Si tratta di un vero e proprio dossier, che conferma la linea che abbiamo seguito dal principio: il Cardinale Angelo Becciu fu accusato ingiustamente in modo spaventosamente spietato, ordito da menti raffinatissime con l’ausilio di “inchieste” calunniose da falsari, diffuse dall’Espresso, con lo scopo di escluderlo da un prossimo Conclave. Castelli di sabbia che sfidando la gravità, si sgretolano sotto le onde della verità».

Dire che siamo guardando lo svolgimento di un disastro è un eufemismo. Per dirne solo una: chissà cosa ne penserà Moneyval & Friends, l’organo di controllo del Consiglio d’Europa, di tutto quello che sta accadendo oltre Tevere… alla prossima valutazione alle Santa Sede. Si prevede che gli attribuiranno le 3 stelle Michelin, per come si cucinano i processi con portate direttamente scritte sul menù di Domus Sanctae Marthae.

Quindi, due sono i punti cardine su cui focalizzare la lente, che avranno il loro peso specifico, quando – uscito dal pantano procedurale – si entrerà nella sostanza… per quanto ne rimarrà. Sempre se ci arriverà. Intanto, “chissà quando comincerà”, ha sospirato ironicamente il Presidente del Tribunale vaticano Giuseppe Pignatone.

1. La lettera del 21 dicembre 2016 e la nota del 25 novembre 2018 del Segretario di Stato, il Cardiale Pietro Parolin

Nel merito: non si capisce cosa c’entri l’allora Sostituto della Segreteria di Stato Angelo Becciu con i reati contestati, visto che le sue azioni erano state preventivamente autorizzate per lettera dal suo superiore, il Segretario di Stato Cardinale Pietro Parolin, come abbiamo scritto già 4 mese fa, il 14 luglio 2021, pubblicando anche la copia della lettera del Cardinal Parolin del 21 dicembre 2016 (qui sopra) e rivelato in esclusiva da Vittorio Feltri su Libero Quotidiano [Abrogazione in Vaticano dell’habeas corpus deciso dal Papa, ma lo sapeva? Una carta-bomba del Cardinal Parolin che assolve il Cardinal Becciu, “sepolta” dai Promotori di Giustizia vaticani]: «Con il contagocce continuano ad uscire pezzi dopo pezzi dal “fitto plico di carte che saranno la base del prossimo processo”, istruito dall’Ufficio del Promotore di Giustizia del Vaticano in riferimento all’inchiesta sul caso 60SA, il Palazzo al numero 60 di Sloane Avenue di Londra acquistato dalla Segreteria di Stato. Il prossimo 27 luglio andrà a processo tra gli altri anche il Cardinale Angelo Becciu, accusato di peculato e abuso d’ufficio. Sono sempre papiri che vengono fatti trapelare per “accusare” Becciu, anche se con il caso 60SA non hanno niente a che fare. Però, ogni tanto ne escono anche carte che “assolvano” il Cardinal Becciu e nel merito dello scandalo finanziario che ha travolto le alte sfere della Segreteria di Stato di Sua Santità. In questo caso – ça va sans dire, accuratamente nascoste dai Promotori di Giustizia vaticani, come oggi rivela Vittorio Feltri in esclusiva su Libero».

Lo ha scritto di nuovo Domani lunedì scorso, come abbiamo riferito [Editorialedomani.it: “Ecco perché il processo a Becciu si complica”. Ad Ozieri il Card. Becciu presiede la Concelebrazione Eucaristica per la festa di Sant’Antioco – 13 novembre 2021].

Poi, ricordando che il Professor Avvocato Diddi, Promotore di Giustizia aggiunta ha accusato il giudice inglese Tony Baumgartner di aver vergato nella sua sentenza di 42 pagine “aberranti conclusioni”, rileggiamo quanto abbiamo scritto il 24 marzo 2021 [Caso 60SA. I giudizi imminenti – prima di poi – arrivano. Giustizia inglese competente per territorio: Torzi non ingannò Segreteria di Stato. Sostituto Peña Parra e Segretario di Stato Parolin avallarono]: «In riferimento al Responsabile dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato era Mons. Alberto Perlasca, con delega del Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, Arcivescovo Edgar Peña Parra, il giudice londinese scrive: “Il professor Diddi dice che monsignor Perlasca era incapace e inetto. Anche se questo può essere vero, agire come un cospiratore disonesto è un’altra cosa”. La sentenza rivela, tra le altre cose, che esisteva un “accordo verbale” tra Torzi e il funzionario laico della Segreteria di Stato Fabrizio Tirabassi (tra gli indagati nell’inchiesta giudiziaria vaticana, tuttora latitante), per riconoscere al broker il 3% del valore del palazzo, stimato a fine 2017 in 275 milioni di sterline. Nelle carte – scrivono Gerevini e Massaro sul Corriere – “compare anche lo stesso Segretario di Stato, Pietro Parolin, che il 25 novembre 2018 — tre giorni dopo la firma dei contratti con Torzi — avrebbe dato il suo avallo all’operazione”. “Dopo aver letto questo memorandum, anche alla luce delle spiegazioni fornite ieri sera dal mons. Perlasca e dal dott. Tirabassi, avendo avuto rassicurazioni sulla validità dell’operazione (che porterebbe vantaggi alla Santa Sede), sulla sua trasparenza e sull’assenza di rischi di reputazione (che, in effetti, supererebbero quelli legati alla gestione del Fondo GOF) sono favorevole alla conclusione del contratto. Grazie. P Parolin 25/11/2018”, è la nota citata».

Queste due documenti – la lettera del 21 dicembre 2016 e la nota del 25 novembre 2018 – coinvolgono direttamente il Segretario di Stato di Sua Santità. Ci vuole poco per capire, che lui pareri del genere non avrebbe scritto, se non avesse avuto l’avvallo del suo superiore, colui che sta in Altissimis. A parte del fatto che è risaputo – già dal suo tempo da Arcivescovo di Buenos Aires, parafrasando – che non si muove foglio nel suo regno che il monarca Bergoglio non sappia.

Nel frattempo che si arriva – se ci si arriverà – alla sostanza del Procedimento penale n. 45/2019 RGP che si sta celebrando nella Sala polifunzionale dei Musei Vaticani convertita in aula del Tribunale vaticano, vale la pena di rileggere – tra i tanti articoli che abbiamo dedicato all’argomento – anche quello del 10 luglio 2021: È verosimile (e credibile) che il Cardinal Segretario di Stato Parolin sapesse nulla di niente degli «affari opachi» dei suoi sottostanti… e di altri «in corso di identificazione»? e dell’8 luglio 2021: Il processo che inizierà il 27 luglio in Vaticano con 10 imputati – tra cui Card. Becciu – si regge non tanto su dati di fatto accertati, ma sulle dichiarazioni di un pentito, Perlasca. Pinzillacchere!.

2. La frase del Promotore di Giustizia vaticano aggiunto, il Professore Avvocato Alessandro Diddi, scovato nelle registrazioni dall’Avvocato Luigi Panella

Nel merito: la frase di Diddi nell’interrogatorio dell’imputato Mons. Alberto Perlasca, coinvolge direttamente il Papa: «Monsignore, [quello che dice] non c’entra niente! Noi, prima di fare questo che stiamo facendo siamo andati dal Santo Padre e gli abbiamo chiesto cosa è accaduto e, di tutti posso dubitare fuorché del Santo Padre…». Di due uno: se il Papa smentisce, Diddi è arrivato a capolinea. Se il Papa conferma, dovrà rendere testimonianza e quindi viene tirato dentro il Sostituto succeduto a Becciu, l’Arcivescovo Edgar Peña Para.

Il passaggio contestato durante l’interrogatorio dal Promotore di Giustizia Alessandro Diddi all’imputato Mons. Alberto Perlasca riguardante Papa Francesco fa riferimento ad una udienza che il pontefice concesse al finanziere molisano Gianluigi Torzi il 26 dicembre 2018, nel tentativo di mediare direttamente per restituire alla Segreteria di Stato la titolarità del palazzo al numero 60 di Sloane Avenue di Londra. Il Papa voleva chiudere la faccenda.

Due altri legali tirano in ballo la “versione del Papa”. Gli Avvocati Cataldo Intrieri e Massimo Bassi, legali dell’ex funzionario della Segreteria di Stato Fabrizio Tirabassi, hanno chiesto al Tribunale vaticano di valutare l’opportunità di sentire Papa Francesco su cosa lui conoscesse della trattativa col broker Gianluigi Torzi sull’acquisto del palazzo al numero 6 di Sloane Avenue a Londra. Questo alla luce di quanto avvenuto ieri in Aula nella Quarta udienza, in cui l’Avvocato Panella, facendo ascoltare un passo di un interrogatorio di Mons. Alberto Perlasca, ha rilevato che i magistrati hanno contestato al testimone dichiarazioni rese loro dal Papa.

Sarò sincero. Ho pubblicato una montagna di materiale in riferimento a questo processo, ormai salito all’onore delle cronache come “il processo al Cardinale Becciu” (come titolava anche Le Figaro, ieri), prima e dopo il suo inizio-non inizio. Sono ormai stanco a ripetere sempre le stesse cose, tra cui che questo “processo farsa” da Alice nel Paese delle Meraviglie ha come scopo di tenere il Cardinale Angelo Becciu fuori da un futuro Conclave (poi chi vivrà vedrà). E sinceramente ho anche molte altre cose da fare. Quindi, oggi mi “limito” ad offrire ai nostri attenti lettori, a seguito di questa Prima Parte, la documentazione raccolta in una giornata kafkiana, in quattro articoli successivi:

1. Seconda Parte: l’articolo dell’amico e collega Renato FarinaIl processo in Vaticano. “Mancano le frasi del Papa”. Il caso Becciu può finire qui. Panella, avvocato del coimputato Crasso, chiede perché non siano agli atti le dichiarazioni di Franceso ai pm. Il giudice Pignatone aggiorna l’udienza – pubblicato oggi su Libero Quotidiano.

Farina tratta in modo chirurgico la giornata di ieri: “Verso le undici nell’aula vaticana del processo contro il Cardinale Angelo Becciu è scesa una specie di caligine bianca. È accaduto quando l’avvocato Luigi Panella, difensore di uno degli altri imputati, il finanziere Enrico Crasso, ha pronunciato il nome del Papa. Di più: lo ha evocato come testimone cardine dell’accusa. Nessuna gola profonda e neppure una deduzione. A dirlo – ha sostenuto Panella – è stato lo stesso promotore di giustizia (il pm nel lessico del piccolo-grande Stato) Professor Alessandro Diddi. La prova? Sta in uno dei video interrogatori: voce dal sen fuggita. Peccato che però le (supposte) dichiarazioni di Francesco non siano agli atti. «Il codice italiano del 1913 che vige in Vaticano non ammette che il Monarca possa essere sentito. I promotori dicono loro stessi di averlo fatto». A questo punto dovevano verbalizzare. Non l’hanno fatto. Nullo tutto. Negli Stati democratici i presidenti, per il principio di uguaglianza, accettano questo dovere. La legge vigente intorno al colonnato del Bernini, no”.

2. Terza Parte: il missile lanciata nella quarta Udienza di ieri, 17 novembre 2021 dall’Avvocato Luigi Panella, difensore dell’imputato Enrico Crasso, con una sua Nota d’udienza di 17 pagine e con l’Allegato 1 di 10 pagine Trascrizione effettuata dal consulente tecnico Fabio Milana, iscritto all’albo dei periti del Tribunale penale di Roma, di alcuni minuti del video dell’interrogatorio di Mons. Perlasca del 29.4.2020.

La bomba consista nella frase pronunciata dal Promotore di Giustizia Diddi: «Monsignore, [quello che dice] non c’entra niente! Noi, prima di fare questo che stiamo facendo siamo andati dal Santo Padre e gli abbiamo chiesto cosa è accaduto e, di tutti posso dubitare fuorché del Santo Padre…». Mai così pochi minuti hanno innescato tale deflagrazione. Poi, l’incredibile arrampicata sugli specchi: Diddi, ripresa l’Udienza, ha replicato, negando di aver detto quello che ha detto. Ha dichiarato che, citava sì quanto udito dal Papa, ma non a tu per tu, bensì riferendosi all’intervista data da Francesco sull’aereo di ritorno dal Giappone il 26 novembre 2019. Un insulto all’intelligenza a chi era obbligato a stare a sentire (e di chi deve leggere). Ne parliamo nella Quinta Parte.

3. Quarta Parte: una piccola rassegna stampa composta da cinque articoli, a firma di cinque vaticanisti di lunga corsa, che conosco tutti e cinque da molti alti e da molto vicino: Jean-Marie Guénois (Le Figaro), Salvatore Cernuzio (Vatican News), Franca Giansoldati (Il Messaggero), Francesco Antonio Grana (Ilfattoquotidiano.it) e Andrea Gagliarducci (ACI Stampa).

Il primo articolo è del giorno precedente alla quarta udienza di ieri, 17 novembre 2021, in una nostra traduzione italiana dal francese, a firma di Jean-Marie Guénois, pubblicato su Le Figaro: In Vaticano la ripresa del processo al cardinale Becciu promette colpi di scena. Dopo settimane di interruzione per un vizio procedurale, il tribunale vaticano torna su questo scandalo finanziario e immobiliare a Londra. Un caso che potrebbe arrivare fino a Papa Francesco.
Ed ecco, al Papa siamo arrivato con un colpo di scena durante le schermaglie procedurali con la frase di Diddi, mentre si aspettava di arrivarci, più in avanti entrati nel vivo, tramite la lettera di Parolin, che certamente non l’avrebbe scritta senza l’avallo del suo superiore, a capolinea. E fine della trasmissione.

I quattro articoli successivi sono di ieri, con le informazioni del pool di giornalisti accreditati che possono seguire gli avvenimenti in Aula del Tribunale vaticano, a firma di quattro vaticanisti di lunga corsa:
– Il primo a firma di Salvatore Cernuzio, pubblicato su Vatican News, l’house organ della Santa Sede: «Processo in Vaticano, la difesa parla di prove “mutilate”. L’accusa: tutto corretto. Quarta udienza del procedimento sui presunti illeciti compiuti coi fondi della Segreteria di Stato. Dibattimento fermo a questioni procedurali: i difensori chiedono la nullità per gli omissis sul materiale depositato. Il legale di Crasso afferma che anche il Papa è stato sentito come teste, ma il promotore di giustizia smentisce. Prossima udienza il 1° dicembre».
– Il secondo a firma di Franca Giansoldati, pubblicato sul Messaggero: «Palazzo Londra, al processo il giallo della deposizione di Papa Francesco: ma i magistrati smentiscono».
– Il terzo a firma di Francesco Antonio Grana, pubblicato su Ilfattoquotidiano.it: «Vaticano, processo sul palazzo di Londra “non partirà finché il pm non avrà depositato tutti gli atti”. Un avvocato chiede se c’è una “versione del Papa”. “Ci vuole ancora tempo per cominciare, se riusciremo a cominciare” ha detto l’ex procuratore ora presidente del Tribunale. Un botta e risposta con il promotore di giustizia aggiunto, Alessandro Diddi, chiamato in causa per i numerosi omissis e le notevoli incongruenze negli atti. Che smentisce sia stata raccolta una dichiarazione del Pontefice».
– Il quarto a firma di Andrea Gagliarducci, pubblicato su ACI Stampa: «Processo Palazzo di Londra, quanto è coinvolto il Papa? In uno degli audio video degli interrogatori di monsignor Perlasca, il promotore di Giustizia sottolinea che è stato già chiesto al Papa come sono andati i fatti. Processo rinviato, per decidere su altre eccezioni di invalidità».

4. Quinta Parte: l’arrampicata sugli specchi il Promotore di Giustizia vaticano aggiunto Alessandro Diddi

Nel breve tempo che gli è stato concesso da Pignatone durante la pausa dell’Udienza di ieri, Diddi non ha trovato niente di meglio per arrampicarsi sugli specchi che andare a perdersi tra le nuvole. Ha detto che non è vero quello che ha detto che è andato a parlare con il Papa (peccato che quando l’ha detto all’imputato Perlasca durante l’interrogatorio, quest’ultima l’ha preso per vero), ma riferiva alla risposta di Papa Francesco alla domanda di Cristiana Caricato (TV2000) il 26 novembre 2019 sul Volo Papale di ritorno dal Viaggio Apostolico in Thailandia e Giappone. Basta andare a rileggere la risposta del Papa, per costatare che quanto ha detto Diddi in udienza ieri come spiegazione della sua frase rivolta a Mons. Alberto Perlasca non sta in cielo né in terra. Non ha detto che ha letto la risposta del Papa a Caricato, ma ha detto all’indagato Mons. Alberto Perlasca: «Monsignore, [quello che dice] non c’entra niente! Noi, prima di fare questo che stiamo facendo siamo andati dal Santo Padre e gli abbiamo chiesto cosa è accaduto e, di tutti posso dubitare fuorché del Santo Padre…»., in riferimento alla trattativa con Torzi, che fu autorizzata dal Papa, ha detto Perlasca a Diddi. Ecco, e la reazione di Perlasca è immediata: visto che ha testimoniato il Papa è sconcertato e impedito, perché dovrebbe contraddire il Papa… Conosciamo il detto verba volant, scripta manent. Vale tanto di più se è audio-video registrato. E qui la audio-video registrazione c’è, non sottoposta al taglio. Quindi, Diddi nega di aver detto quello che è audio-video registrato. Come si definisce questo? Il minimo che il Promotore di Giustizia aggiunto potrà fare è andare a confessarsi. Poi, pentirsi e sgombrare il campo.

In ogni caso, scappa il nesso tra l’argomento trattato nell’interrogatorio (la presunta estorsione di Gianluigi Torzi alla Segreteria di Stato per ottenere la “buonuscita” dall’affare del palazzo al numero 60 di Sloane Avenue a Londra, secondo Perlasca autorizzata dal Papa) e la risposta del Papa a Caricato il 26 novembre 2019, che non è pertinente all’argomento.

Postilla

E chi lo sa… Come nello scandalo Watergate, che costò la Presidenza a Nixon, in Vaticano quei “minuti mancanti” nelle registrazioni originali della “prova regina”. Solo “pinzillacchere”? Ma potrebbero essere prodotti ancora… Anche se, dopo la Nota dell’Avvocato Luigi Panella, un genio, non farà più molta differenza, sembra. Così dicono.

Intanto, in attesa della ripresa il 1° dicembre, più ancora delle decisioni di Pignatone, aspettiamo una sorpresa da Francesco…

Confermiamo ogni parola scritto il 7 ottobre 2021 [Processo Becciu + 9 quasi azzerato, ma la farsa ancora non è finita. Dopo un parziale reset prosegue l’epicedio accompagnato da danze come era da costumo greco – Seconda parte]: «La farsa vaticana è diventata una tragicommedia, con un nuovo giro di valzer, come era da costume greco. E colui che sta in Altissimis – che ne ha il potere legittimo e interviene pure a favore dell’accusa – non si decide di tirare il sipario e farla finita. Il vero scandalo in Vaticano è tutto lì.
Infine, consigliamo la lettura dell’articolo del 4 ottobre 2021 di Andrea Gagliarducci su ACI Stampa: Vaticano, processo sul Palazzo di Londra. Tutto quello che c’è in gioco. Riprende il 5 ottobre il processo in Vaticano che vede 10 imputati, tra cui anche il Cardinale Angelo Becciu. Ecco quali sono i temi in gioco, e cosa è successo. La versione inglese, testo aggiornato: QUI.

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