Dopo aver occupato 2/3 dell’Artsakh, esercitazioni di invasione azera in Armenia. L’alleato del turco Erdogan, l’azero Aliyev sogna nuove conquiste. Solo la Russia difende l’Armenia cristiana

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Nel Briefing per i Capi delle missioni diplomatiche accreditati in Armenia – di cui riferiamo di seguito – il Ministro degli Esteri della Repubblica di Armenia, Ararat Mirzoyan, ha detto di ritenere che l’Azerbajgian stia cercando di distogliere l’attenzione della comunità internazionale dal conflitto del Nagorno-Karabakh spostando la tensione al confine tra Armenia e Azerbajgian. Poi, ha sottolineato ancora una volta, che la Repubblica di Armenia difenderà sia la sua integrità territoriale sovrano, sia il diritto degli Armeni della autoproclamata Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh all’autodeterminazione.

«L’Armenia vuole la pace, l’Azerbajgian vuole l’Armenia»
Il Gruppo promotore coordinamento Associazioni e Organizzazioni armene in Italia condanna la nuova aggressione militare azera contro l’Armenia

«Dallo scorso mese di maggio centinaia di soldati azeri stanno occupando porzioni di territorio sovrano internazionalmente riconosciuto di uno Stato membro delle Nazioni Unite. Le truppe azere sparano sui villaggi di confine, rubano bestiame, avvelenano sorgenti, mettono in atto provocazioni sia nel territorio della Repubblica di Armenia che in quello dell’Artsakh (Nagorno Karabakh).
Alla luce dei nuovi drammatici sviluppi:
– Chiediamo che le istituzioni italiane si adoperino per esercitare, in quanto l’Italia è Paese membro del Gruppo di Minsk, ogni azione utile a fermare l’aggressione militare dell’Azerbajgian.
– Auspichiamo iniziative parlamentari di sostegno e solidarietà alla repubblica di Armenia e al popolo armeno.
– Condanniamo l’attività di lobbying di alcuni membri del parlamento che in diverse sedi in Italia sostengono senza scrupoli il regime dell’Azerbajgian (Paese che secondo RSF è al 168° posto su 180 nazioni nella classifica del Freedom World Press sulla libertà di informazione).
L’Armenia vuole la pace, l’Azerbajgian vuole l’Armenia».

Questa mattina, 17 novembre 2021, la situazione nella zona di confine orientale della Repubblica di Armenia con la Repubblica di Azerbajgian, dove ieri le posizioni armene sono state attaccate dalle truppe del vicino islamico – di cui abbiamo riferito [La narrazione agit-prop della diplomazia azera, alla luce delle parole di odio contro gli Armeni dell’arrogante dittatore guerrafondaio, ad un anno dalla fine della sua guerra contro l’Artsakh e In atto un’operazione turco-azera per annientare l’Armenia e l’Artsakh. Oggi nuova aggressione sul territorio armeno. Assordante silenzio dell’Unione Europea disinteressata] -, è relativamente stabile; l’accordo di cessate il fuoco è generalmente osservato, riferisce il Ministero della Difesa armeno. L’Armenia ha chiesto aiuto a Putin: solo la Russia ortodossa difende l’unico Stato cristiano del Medioriente.

È chiaro che l’arrogante dittatore guerrafondaio azero Ilham Aliyev sta giocando con il fuoco. Le forze armate dell’Azerbajgian hanno attaccato la Repubblica di Armenia, sono penetrate nel territorio sovrano armeno e attualmente occupano circa 41 chilometri quadrati. Ma cosa ha scatenato questa sua nuova aggressione contro l’Armenia? Secondo il Ministero degli Esteri armeno, le forze armate azere hanno attaccato il confine orientale con l’Armenia come parte di una politica iniziata a maggio volta a infiltrarsi in due aree del territorio armeno: Syunik a sud-est e Gegharkunik a est. Un anno dopo aver combattuto una guerra di 44 giorni, che ha provocato 6.000 morti e ha portato sotto occupazione azera il 2/3 del territorio della Repubblica di Artsakh. L’Azerbajgian con queste ultime – in ordine di tempo – tensioni ha in mente la così-chiamata “logica del corridoio”, comprese le minacce dirette di prendere un corridoio con la forza, di cui ha parlato anche il Ministro degli Esteri armeno nel suo Briefing per i diplomatici stranieri.

La “logica del Corridoio di Zangezur”

La questione è che l’Azerbajgian vuole avere un corridoio di collegamento con la sua exclave Nakhichevan e – in definitiva – con il suo alleato Turchia. Il cosiddetto Corridoio di Zangezur, a volte indicato anche come Corridoio di Nakhchivan, dovrebbe passare attraverso il territorio armeno, ma l’Armenia non accetterà di avere una strada sulla sua terra – la regione di Syunik – sotto il controllo dell’Azerbajgian. La questione del corridoio è politicamente importante per Ilham Aliyev, che in aprile di quest’anno si è impegnato a “costringere” l’Armenia a fare concessioni sul corridoio. E il mese successive è passato – come è abituato a fare – dalle parole ai fatti. E questo si dovrebbe ricordare, quando si ascolta i suoi discorsi dai toni folli.

Quindi, il Corridoio di Zangezur è un termine per il corridoio di trasporto che dovrebbe collegare la Repubblica autonoma di Nakhchivan al resto dell’Azerbajgian attraverso la regione di Syunik dell’Armenia (che l’Azerbajgian rivendica come Zangezur). Le autorità azere traggono questo concetto dal nono termine dell’accordo di cessate il fuoco del Nagorno-Karabakh del 9 novembre 2020, che ha posto fine alla guerra del Nagorno-Karabakh del 2020. L’accordo di cessate il fuoco firmato Nikol Pashinyan, Ilham Aliyev e Vladimir Putin per l’Armenia, l’Azerbajgian e la Russia menziona i collegamenti e le comunicazioni di trasporto, ma non contiene le parole “corridoio” o “Zangezur”. Il testo dell’accordo di cessate il fuoco afferma: “Tutti i collegamenti economici e di trasporto nella regione saranno sbloccati. La Repubblica d’Armenia garantirà la sicurezza dei collegamenti di trasporto tra le regioni occidentali della Repubblica dell’Azerbajgian e la Repubblica Autonoma di Nakhchivan al fine di organizzare la libera circolazione di persone, veicoli e merci in entrambe le direzioni. Il servizio di frontiera del servizio di sicurezza federale della Federazione Russa è responsabile della supervisione dei collegamenti di trasporto. Come concordato dalle Parti, saranno costruiti nuovi collegamenti di trasporto per collegare la Repubblica Autonoma di Nakhchivan e le regioni occidentali dell’Azerbajgian”.

Prima dell’accordo di cessate il fuoco del 9 novembre 2020, i collegamenti aerei e terrestri tra l’Azerbajgian e l’exclave (Repubblica Autonoma di) Nakhchivan dovevano essere effettuati attraverso il territorio turco o iraniano. Diversi vantaggi che il Corridoio di Zangezur potrebbe presentare a livello nazionale (azero) e regionale (Caucaso) sono stati evidenziati dall’Azerbajgian, come costi di trasporto e tempi di viaggio inferiori, aumento del turismo e del commercio e maggiore sicurezza durante lo svolgimento di qualsiasi di queste attività.

In epoca dell’Unione Sovietica, c’erano due collegamenti ferroviari che collegavano la Repubblica Autonoma di Nakhchivan con il territorio principale dell’Azerbajgian. La linea più breve che passava attraverso la regione di Syunik fu costruita nel 1941, mentre la linea via Qazakh a Ijevan fu costruita negli anni ’80 come rotta alternativa che collegava Erevan a Baku. Entrambe le linee furono abbandonate nel 1992. Mentre l’Azerbajgian preferisce ripristinare la linea via Syunik, l’Armenia preferirebbe la linea Qazakh—Ijevan. Tuttavia, quest’ultimo ha un costo di ricostruzione più elevato. Secondo le stime, la rotta Zangilan—Meghri—Nakhchivan costerebbe circa 220 milioni Euro per il ripristino, mentre la rotta Ijevan costerebbe 400 milioni Euro.

Il 21 aprile 2021, durante un’intervista con l’AzTV, Ilham Aliyev ha affermato che “stiamo implementando il corridoio di Zangezur, che l’Armenia lo voglia o no” e che se non lo volesse, l’Azerbaijan lo “deciderà di rigore”. Aliyev ha anche detto che “il popolo azero tornerà a Zangezur, che ci è stato portato via 101 anni fa”. Il Difensore dei diritti umani dell’Armenia, Arman Tatoyan ha definito queste dichiarazioni “atti di intimidazione” e le ha collegato al genocidio armeno. Il portavoce del Ministero degli Esteri dell’Armenia, Anna Naghdalyan ha affermato che “l’Armenia prenderà tutte le misure necessarie per proteggere la propria sovranità e integrità territoriale”. Il Primo Ministro armeno Nikol Pashinyan ha sottolineato che la dichiarazione trilaterale del 9 novembre non menziona né “Zangezur” [ovvero la regione di Syunik in Armenia], né la parola “corridoio” e che l’accordo riguarda solo lo sblocco delle comunicazioni regionali.

Syunik era una delle 15 province del Regno di Armenia. In tempi diversi, la regione dell’attuale Syunik era conosciuta anche con altri nomi come Syunia, Sisakan e Zangezur o Zangadzor. Tuttavia, il nome attuale della provincia deriva dall’antica dinastia armena dei Siunia, che erano i Nakharar (governatori) della storica provincia di Syunik sin dal I secolo. Storicamente, l’attuale territorio della provincia occupa la maggior parte della storica provincia di Syunik dell’antica Armenia. Syunik confina a nord-ovest con la provincia di Vayots Dzor, a est con l’Azerbajgian (dalla guerra del 2020 e prima, dal 1992 con la provincia orientale di Kashatagh della Repubblica di Artsakh/Nagorno-Karabakh), a ovest con l’exclave azera di Nakhchivan e a sud con l’Iran (separata dal fiume Aras).

24 soldati armeni dispersi, fino a 70 soldati azeri uccisi o feriti

Bilancio ancora incerto dopo attacco azero di ieri all’Armenia. Secondo il Ministero della Difesa armeno la parte azera (l’aggressore) ha fino a 70 soldati morti, dei feriti e 1 catturato (fonti azere parlavano ieri di 26 morti e 10 feriti), nonché perdite significative di equipaggiamento militare, in particolare, 4 mezzi corazzati, 1 veicolo blindato Sandcat, 5 veicoli (Kamaz, Ural, UAZ ). La parte armena (l’aggredita) conferma che 1 militare armeno è stato ucciso, 12 sono stati catturati e altri 24 militari armeni sono dispersi durante le ostilità. Il loro destino è al momento sconosciuto e delle operazioni di ricerca sono in corso con la partecipazione della parte russa. Due basi militari armeni sono passate sotto il controllo delle forze armate azere. Sono in corso trattative con la mediazione della Russia per risolvere la situazione e restituire i militari armeni catturati.

L’Azerbajgian deve riconoscere e rispettare la sovranità dell’Armenia

L’Azerbajgian deve riconoscere e rispettare la sovranità dell’Armenia, ha affermato il Deputato statunitense David Cicilline in un post su Twitter. “L’attacco dell’Azerbajgian al confine orientale dell’Armenia è una chiara violazione dell’accordo di pace dello scorso anno e non può essere tollerato. 6.000 sono morti nel conflitto dello scorso anno, nessuno di più dovrebbe essere perso in questa disputa. L’Azerbajgian deve riconoscere e rispettare la sovranità dell’Armenia”, ha affermato il Deputato Cicilline.

L’Armenia ha informato il Presidente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla situazione dopo l’attacco dell’Azerbajgian

Il Ministero degli Esteri della Repubblica di Armenia ha informato della situazione il Presidente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ha affermato il Portavoce del Ministero degli Esteri armeno Vahan Hunanyan. “Per la protezione dell’integrità territoriale e della sovranità della Repubblica di Armenia, consideriamo tutti gli strumenti del diritto internazionale e della pratica diplomatica”, ha affermato il Portavoce. Riferendosi alla Federazione Russa, Hunanyan ha affermato: “La Repubblica di Armenia è in contatto diretto e multilivello con il suo alleato, la Russia. Come sapete, il Primo Ministro della Repubblica di Armenia e il Presidente della Federazione Russa hanno avuto una conversazione telefonica, durante la quale Nikol Pashinyan ha informato Vladimir Putin sulla situazione”. “In questo contesto, i leader dei due Paesi hanno discusso possibili passi congiunti, la cui attuazione è sancita dal quadro giuridico bilaterale ed è in linea con le relazioni alleate”, ha affermato il Portavoce.

L’inviato armeno ha informato il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sugli attacchi dell’Azerbajgian e sollecita un’azione internazionale per prevenire l’escalation

Il 16 novembre 2021, il Rappresentante permanente dell’Armenia presso le Nazioni Unite Mher Margaryan ha fatto una dichiarazione al dibattito aperto del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite su “Pace e sicurezza attraverso la diplomazia preventiva”. Nella sua dichiarazione Mher Margaryan ha richiamato l’attenzione del Consiglio di sicurezza sugli attacchi armati dell’Azerbajgian contro l’integrità territoriale dell’Armenia negli ultimi giorni in violazione della Carta delle Nazioni Unite, del diritto internazionale e delle disposizioni della Dichiarazione trilaterale del 9 novembre 2020. ha sottolineato che le azioni aggressive dell’Azerbajgian sono dannose per gli sforzi della comunità internazionale per ridurre l’escalation della situazione e stanno seriamente minando le prospettive di pace nella regione. Il Rappresentante permanente dell’Armenia ha sottolineato la necessità di misure urgenti ed efficaci da parte degli attori internazionali volte a prevenire un’ulteriore escalation e ad assicurare il ritiro incondizionato e completo delle forze armate azere dal territorio dell’Armenia.
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, il Presidente dell’Assemblea Generale, il Presidente dell’ECOSOC, e il Presidente della Corte Internazionale di Giustizia hanno fatto delle presentazioni durante l’incontro presieduto dal Messico.

Il Ministero degli Esteri armeno ha informato i diplomatici accreditati sull’aggressione dell’Azerbajgian

Il Ministro degli Esteri Ararat Mirzoyan ha ricevuto i capi delle missioni diplomatiche accreditate in Armenia per un briefing sulle azioni provocatorie-aggressive dell’Azerbajgian al confine armeno.
“Voi sapete che ieri le forze armate azere si sono infiltrate nel territorio sovrano della Repubblica di Armenia. Questo è stato preceduto due giorni fa, il 14 novembre, da un altro tentativo di infiltrazione. Nel pomeriggio del 14 novembre, più precisamente alle ore 13.00, le forze armate azere hanno invaso il territorio della Repubblica di Armenia, che ha visto assediate quattro basi armene. A seguito dei negoziati, l’equipaggiamento militare azero è stato ritirato dal territorio della Repubblica di Armenia. Ma la tensione non si è allentata, e ieri, più o meno alla stessa ora, è avvenuta un’altra nuova incursione, che è stata accompagnata dall’uso di veicoli corazzati, artiglieria, armi di diverso calibro. Infatti, posso dire che la parte azera ha usato tutto tranne l’aviazione”, ha detto il Ministro degli Esteri armeno. Ha notato che quanto accaduto può essere descritto solo come un’aggressione contro la Repubblica di Armenia.

A partire dalle ore 18.30 di ieri sera, le ostilità sono state interrotte dalla mediazione della parte russa, ma a seguito della penetrazione in quell’area, permane la presenza delle forze armate azere in Armenia, ha osservato il Mirzoyan.

Il Ministro degli Esteri armeno ha confermato che un militare armeno è morto, 12 sono stati catturati e 24 sono dispersi. Le operazioni di ricerca sono in corso con la partecipazione della parte russa.

“È ovvio che queste azioni sono state precedute per mesi da dichiarazioni anti-armene, xenofobe e aggressive molto chiare delle autorità azere, minacce aperte di uso della forza, usurpazioni sul territorio dell’Armenia, aspirazioni, nonché annunci nel così-chiamata “logica del corridoio”, comprese le minacce dirette di prendere un corridoio con la forza”, ha detto Mirzoyan. “Crediamo fermamente che questo comportamento dell’Azerbajgian sia una conseguenza del fatto che i nostri partner internazionali – la comunità internazionale in generale – non hanno risposto adeguatamente all’uso della forza da parte dell’Azerbajgian durante l’aggressione contro il Nagorno Karabakh il 27 settembre dello scorso anno e poi in relazione alle affermazioni e al comportamento che ho citato. Siamo convinti che la risposta della comunità internazionale a tutte le dichiarazioni e azioni provocatorie e aggressive che ho citato non sia stata mirata”, ha aggiunto.

Il Ministro Mirzoyan ha sottolineato, che le continue dichiarazioni che mettono un marchio di uguaglianza tra le parti sono state percepite direttamente dall’Azerbajgian come un incentivo a continuare questo comportamento. “Ci aspettiamo che i nostri Paesi partner e amici rispondano immediatamente a queste azioni, useranno la loro influenza diretta sulla Repubblica di Azerbajgian per sollecitare a fermare le azioni provocatorie, le aggressioni contro la Repubblica di Armenia”, ha sottolineato.

Il Ministro Mirzoyan ha sottolineato inoltre, che in base alla Carta delle Nazioni Unite, a tutti gli accordi bilaterali e multilaterali, la Repubblica di Armenia si riserva il diritto di proteggere la propria integrità territoriale e sovranità. E da questo momento in poi, l’intera responsabilità dell’ulteriore escalation della situazione ricade direttamente sulla Repubblica dell’Azerbajgian.

“Voglio anche parlare di un’altra sfumatura politica. Riteniamo che l’Azerbajgian stia cercando di distogliere l’attenzione della comunità internazionale dal conflitto del Nagorno-Karabakh spostando la tensione al confine tra Armenia e Azerbajgian. Vorrei sottolineare ancora una volta che la Repubblica di Armenia difenderà sia la sua integrità territoriale che il diritto degli armeni del Nagorno-Karabakh all’autodeterminazione”, ha affermato il Ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzoyan, che al termine dell’incontro ha risposto alle domande dei diplomatici stranieri.

Il Segretario generale del Consiglio d’Europa invita Armenia e Azerbaigian a calmare immediatamente le tensioni

Il Segretario generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejčinović Burić, ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Sono profondamente preoccupato per le notizie di incidenti in corso tra l’Armenia e l’Azerbaigian che sono già costati vite umane . A nome del Consiglio d’Europa, invito entrambe le parti a fermare immediatamente la rinnovata escalation delle ostilità. Quando sono entrati a far parte della nostra organizzazione più di vent’anni fa, sia l’Armenia che l’Azerbaigian si sono impegnati a risolvere il conflitto con mezzi pacifici. Tale impegno rimane invariato e deve essere rigorosamente rispettato. Il Consiglio d’Europa ribadisce il suo pieno sostegno ai Copresidenti del Gruppo di Minsk dell’OSCE nei loro continui sforzi per aiutare l’Armenia e l’Azerbaigian a trovare una soluzione pacifica alle loro divergenze. Siamo pronti a facilitare il dialogo tra questi due Stati membri, al fine di creare fiducia e promuovere la riconciliazione”.

In questa dichiarazione, in merito al recente attacco militare dell’Azerbajgian all’Armenia, in cui parla di “incidenti”, non si dice che si tratta di un’aggressione armata azera contro la sovranità e l’integrità territoriale della Armenia. Quindi, la classica equidistanza europea tra le volpi e le galline, come osserva l’amico e collega Renato Farina nel suo articolo su Libero Quotidiano che segue, in riferimento dell’esortazione dello stesso tenore del Presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel. Anche il Ministro degli Esteri armeno Ararat Mirzoyan, nel Briefing per i Capi delle rappresentanze diplomatiche accreditati in Armenia di cui abbiamo riferito prima, ha sottolineato che le continue dichiarazioni che mettono un marchio di uguaglianza tra le parti sono state percepite direttamente dall’Azerbajgian come un incentivo a continuare suo comportamento.

Aliyev sogna nuove conquiste
Prove di invasione azera. E l’Armenia chiama Putin
di Renato Farina

Libero Quotidiano, 17 novembre 2021

La guerra dei 44 giorni condotta da Azerbajgian e Turchia contro l’Armenia, e che si era conclusa il 9 novembre del 2020 con l’occupazione di due terzi del Nagorno-Karabakh, popolato di Armeni in buona parte costretti all’esodo, ha avuto ieri il suo 45esimo giorno di sangue. C’è il dubbio motivato che sia solo un assaggio, un modo per creare il casus belli e finire l’opera di conquista interrotta allora per l’intervento della Russia che fermò un potenziale massacro. Fonti citate dalla BBC parlano di 15 morti tra i militari armeni caduti in queste ore. Ad essi si aggiunge un numero indeterminato di soldati (forse 12) catturati dall’esercito azero: costoro andranno ad ingrossare il novero di prigionieri mai restituiti al loro Paese nonostante gli appelli anche di Papa Francesco. C’è una differenza rispetto allo scorso anno. Stavolta si va oltre il Nagorno-Karabakh. Il Consiglio di sicurezza armeno era stato informato dal Primo ministro Nikol Pashinyan il 14 novembre che le truppe azere avevano attraversato “il confine con l’Armenia in una località sconosciuta”.

Petrolio e gas

Qualcuno stavolta si muoverà in Occidente? Magari chiamando a rapporto gli ambasciatori, smettendola di inchinarsi al dittatore azero dotato di irresistibili ragioni di petrolio, gas e oleodotti? A che serve altrimenti la diplomazia se non tutela le sorgenti della nostra civiltà? C’è infatti di mezzo il destino di un popolo che ha legami profondi con la nostra storia, una cosa sola con Venezia ad esempio. Oggi l’Armenia e, soprattutto, la Repubblica dell’Artsakh – il suo cuore millenario che Stalin regalò all’Azerbajgian il quale la rivuole – sono a rischio di sopravvivenza. Toccherà di nuovo a Mosca interporsi e fermare l’espansionismo degli Stati islamici?

I governi si rimpallano le responsabilità. L’Azerbajgian ha affermato che le sue forze hanno risposto a un attacco. Invece, secondo il Ministero degli Esteri armeno, le forze azere hanno attaccato il confine orientale come parte di una politica iniziata a maggio volta a infiltrarsi in due aree armene: Syunik a sud-est e Gegharkunik a est, provincia quest’ultima che abbraccia il meraviglioso lago di Sevan, costellato di monasteri e leggende. Insomma, l’alleanza azero-turca preme con le unghie sui confini stessi della Repubblica armena.

Il Governo di Yerevan, capitale della piccola repubblica caucasica che dal 303 d.C. si dichiara cristiana, sta di nuovo bussando alla porta di Putin. Fu il Ministro degli Esteri, Lavrov, a imporre l’altolà nel 2020, a dettare regole per tutelare il più possibile gli Armeni che osano restare nell’Artsakh, sottoposti a continue vessazioni, mentre le antiche chiese, documenti della fede portata da queste parte dagli apostoli Bartolomeo e Giuda Taddeo, sono a rischio di atti vandalici. Cosa già vista tristemente a Cipro Est tuttora occupata dai turchi, Il Primo ministro Nikol Pashinyan chiede di nuovo protezione militare, attuando un trattato bilaterale del 1997. Già duemila soldati russi presidiano l’Artsakh, ma i fatti e i discorsi di questi giorni fanno presumere un’offensiva tragica.

Mentre a Roma l’Ambasciatore azero si manifestava pacifista, invitando il Vaticano a farsi mediatore, l’8 novembre scorso data della “vittoria” il Presidente e Comandante delle forze armate Ilham Aliyev ha tenuto un discorso di inaudita aggressività al suo esercito che occupa Shushi, città simbolo dell’Artsakh.

Parola di dittatore

Aliyev, impomatato, in uniforme militare con accanto la moglie e sua Vicepresidente, Mehriban Aliyeva, anch’essa in divisa, ha detto: “Quando sono stato eletto per la prima volta alla carica di presidente nel 2003, ho detto al popolo azero che avremmo ripreso le nostre terre storiche a tutti i costi, pacificamente o militarmente. E così è stato. Gli anni dei colloqui di pace non hanno prodotto alcun risultato. Al contrario, il nemico [cioè gli Armeni, ndr] è diventato ancora più impudente. Se nutrivamo ancora certe speranze in relazione al processo negoziale, quelle speranze sono completamente scomparse”. Da paura.

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