“Cosa resta del papato”. Il lancio del nuovo libro di Francesco Antonio Grana dal National Catholic Register e la presentazione a Roma con il Cardinale Matteo Maria Zuppi. Poi a Milano

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Cosa resta del papato. Il futuro della Chiesa dopo Bergoglio (Edizioni Terra Santa 2021, 256 pagina) è una nuova inchiesta di Francesco Antonio Grana che si addentra nelle stanze vaticane in cerca di risposte sul futuro della Chiesa Cattolica Romana: “I retroscena sulle manovre già in atto in vista del conclave che deciderà il futuro della Chiesa dopo Bergoglio” (Ilfattoquotidiano.it). Uscito il 7 ottobre, il libro verrà presentato il 18 novembre a Roma e il 21 novembre a Milano.

L’autore, amico e collega Francesco Antonio Grana è un giornalista professionista, vaticanista de ilfattoquotidiano.it e Segretario del prestigioso Premio Cardinale Michele Giordano. Tra le sue numerose pubblicazioni si cita Il Giubileo della misericordia (Tau 2015), Sedevacantisti (Tau 2017), Predicate il Vangelo (Elledici 2018) ed Extra omnes (Elledici 2019).

Riportiamo di seguito la descrizione editoriale del libro, una nostra traduzione italiana dall’inglese del lancio a firma di Edward Pentin [*], pubblicato oggi dal National Catholic Register e un estratto dal libro.

«Un’inchiesta che si addentra nelle stanze vaticane in cerca di risposte sul futuro della Chiesa. Il papato è ancora un’istituzione valida o è ormai percepita come del tutto anacronistica? E soprattutto: esso è ancora riconosciuto a livello planetario, e non solo all’interno della stretta geografia cattolica, come indiscussa autorità morale? È ancora necessario che il Papa sia un Capo di Stato con un regno di appena 44 ettari? E il papato non ha forse più che mai bisogno di una riforma che lo adegui alle necessità del tempo presente? Con questo saggio, acuto e documentatissimo, il vaticanista Francesco Antonio Grana entra nelle pieghe di una matassa intricata: la coesistenza fra due pontefici – uno emerito e uno regnante – ha aperto voragini nelle norme canoniche, evidenziando lacune rituali e formali che hanno dato libero sfogo a sgarbi istituzionali, scandali e opposte tifoserie. È evidente che le fazioni, quella progressista delusa per le mancate aperture del pontificato di Francesco, quella conservatrice che vuole un ritorno al regno ratzingeriano e quella bergogliana che, invece, vuole proseguire l’opera riformatrice del Papa latinoamericano, si stanno già organizzando per non farsi trovare impreparate nel momento in cui inizierà la Sede Vacante. Un futuro imprevedibile su cui si gioca la stessa sopravvivenza della cattolicità» (Edizioni Terra Santa).

«Cosa resta, dunque, del papato? San Paolo VI rinunciò alla tiara. Giovanni Paolo I alla messa di incoronazione. San Giovanni Paolo II alla sedia gestatoria. Benedetto XVI alla tiara nello stemma. Francesco a vivere nell’appartamento pontificio. Segni di una riforma del papato già in atto e da diverso tempo. Non certo in modo desacralizzante» (Francesco Antonio Grana).

Per sfogliare il preview del libro.

Cosa resta del papato. Il futuro della Chiesa dopo Bergoglio è il libro che Francesco Antonio Grana, vaticanista de Ilfattoquotidiano.it presenta in un incontro all’Università LUMSA in Borgo Sant’Angelo 13 a Roma, giovedì 18 novembre 2021 alle ore 18.00 presso l’Aula Magna. La presentazione inizierà con i saluti del Prof. Francesco Bonini, Rettore dell’Università LUMSA e del Cardinale Giovanni Lajolo, Presidente del Consiglio di amministrazione dell’Università LUMSA. Insieme all’autore interverranno all’incontro il Cardinale Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna e il Dott. Peter Gomez, Direttore de ilfattoquotidiano.it. Modera il Dott. Fabio Marchese Ragona, vaticanista Mediaset.

Domenica 21 novembre 2021 alle ore 12.30 presso il Circolo Filologico Milanese (Aula Studio) in via Clerici 10 a Milano la presentazione del libro Cosa resta del papato. Il futuro della Chiesa dopo Bergoglio alla presenza dell’autore Francesco Antonio Grana in dialogo con il Vicedirettore de ilfattoquotidiano.it, Simone Ceriotti.

Un vaticanista italiano guarda al prossimo Pontificato in un nuovo libro
Il 18 novembre sarà presentato “Cosa resta del papato” di Francesco Grana, alla presenza del Cardinale “papabile” di spicco Matteo Zuppi
di Edward Pentin
National Catholic Register, 16 novembre 2021

[Nostra traduzione italiana dall’inglese]

«È evidente che le fazioni si stanno già organizzando per non farsi trovare impreparate nel momento in cui inizierà la Sede Vacante», si legge nella descrizione dell’editore di un nuovo libro italiano sul futuro del papato. Intitolato Cosa resta del papato (Edizioni Terrasanta) del vaticanista italiano Francesco Antonio Grana, il libro guarda al prossimo conclave, esaminando il “futuro della Chiesa dopo Bergoglio” e chiedendosi se il papato sia “ancora un’istituzione valida” o “percepito come del tutto anacronistico”.
Sarà lanciato a Roma il 18 novembre con l’aiuto del Cardinale Matteo Zuppi, l’Arcivescovo di Bologna, in qualità di oratore principale. Significativa la presenza del cardinale nativo di Roma, visto che da mesi viene segnalato dai vaticani, in primis Sandro Magister, come un papabile di primo piano e il candidato favorito che Magister cita come una di quelle fazioni pre-conclave che “si stanno organizzando” – quella della comunità laicale di Sant’Egidio [QUI].

Il Cardinale Matteo Maria Zuppi (Foto di Edward Pentin).

Come cofondatore ed ex parroco della comunità, il Cardinale Zuppi, 66 anni, è conosciuto non solo all’interno della Chiesa ma anche al di fuori del mondo cattolico per il noto lavoro internazionale di pace e umanitario dell’organizzazione. La fulminea ascesa del Cardinale Zuppi per diventare un papabile di primo piano è stata ulteriormente sottolineata questa settimana in seguito alle notizie secondo cui è destinato a diventare il prossimo Presidente della Conferenza Episcopale Italiana il prossimo anno, una strada che il Cardinale Jorge Bergoglio ha percorso con la Conferenza Episcopale Argentina nel suo cammino verso il papato [QUI].

Il Cardinale Matteo Maria Zuppi (Foto di Daniel Ibanez/CNA).

Grana, che è il corrispondente vaticano del quotidiano italiano Il Fatto Quotidiano, ha detto al Register il 5 novembre di aver invitato il Cardinale Zuppi a partecipare al lancio del suo libro perché credeva che il cardinale e altri due relatori all’evento “illustreranno efficacemente il significato rivoluzionario del papato di Francesco” e anche essere in grado di “guardare ai pontificati dei suoi immediati predecessori”.

A Grana piace una tale visione rivoluzionaria per la Chiesa, considerandola necessaria affinché la Chiesa possa “riadattarsi ai profondi e radicali cambiamenti del tempo”. Il vaticanista italiano ha affermato di essere stato spinto a scrivere il suo libro a causa del desiderio di Papa Francesco, espresso nella sua Esortazione apostolica del 2013 Evangelii Gaudium (La Gioia del Vangelo), per una “conversione del papato” lontano da “un’eccessiva centralizzazione che complica la vita della Chiesa e il suo respiro missionario” — obiettivo del Concilio Vaticano II e la sua enfasi sulla “collegialità” che, secondo il Papa, non si è ancora realizzata. Forse non è un caso, quindi, che il Cardinale Zuppi abbia simili aspirazioni.

Nel mio libro The Next Pope: The Leading Cardinal Candidates [Il prossimo Papa: i principali cardinali candidati] (Sophia Institute Press 2020), spiego come la “preoccupazione di tutta la vita per i poveri e gli emarginati, forgiata attraverso i suoi stretti legami con la comunità di Sant’Egidio” del Cardinale Zuppi lo abbia rivelato “un vero figlio dello spirito del Vaticano II, qualcuno che cerca di confrontarsi costantemente con il mondo moderno e di attuare il ‘cambiamento profondo’ che crede il Concilio abbia voluto per la Chiesa”.

È pienamente impegnato ad aderire alla visione di questo pontificato e a vederla compiuta, a cominciare dalla Evangelii Gaudium, ed è forse per questo che il Cardinale Zuppi è, secondo Marco Mancini che scrive su ACI Stampa [QUI], “uno dei più stimati prelati del Papa”. (Fonti vicine al Vaticano hanno detto al Register che la presenza del Cardinale Zuppi al lancio del libro di questa settimana non sarebbe stata possibile senza l’esplicita approvazione del Papa).

Conosciuto come un “cardinale di strada” per il suo aiuto ai poveri, l’enfasi del Cardinale Zuppi sulla povertà materiale e l’uguaglianza lo ha avvicinato alla politica di sinistra italiana – così tanto che quando è stata annunciata la nomina del Cardinale Zuppi al Collegio cardinalizio, i media italiani hanno scherzato sul fatto che il “cappellano” del primo partito socialista italiano stava per diventare cardinale.

Come Arcivescovo di Bologna, ha elogiato un radicale italiano di estrema sinistra pro-aborto, e persino incardinato nell’Arcidiocesi di Bologna un sacerdote comunista che si è candidato per un seggio al Parlamento europeo. Viene ricordato anche per aver scritto la prefazione a Building a Bridge: How the Catholic Church and the LGBT Community Can Enter into a Relationship of Respect, Compassion, and Sensitivity [Costruire un ponte: come la Chiesa Cattolica e la comunità LGBT possono entrare in una relazione di rispetto, compassione e sensibilità], il controverso libro pro-LGBT del padre gesuita James Martin pubblicato nel 2018.

Il Cardinale Matteo Maria Zuppi e il Prof. Andrea Riccardi (Sant’Egidio).

Per Magister, gli sforzi di Sant’Egidio per spingere il Cardinale Zuppi sulla Sede di Pietro sono indiscutibili, in parte generati da un crescente malcontento con il pontificato di Francesco, indicato in un libro intitolato La Chiesa brucia — Crisi e futuro del cristianesimo scritto dal principale fondatore di Sant’Egidio, Andrea Riccardi. La comunità ha una lobby molto influente con ampi collegamenti ai vertici della Chiesa.
In un articolo del 12 ottobre intitolato Conclave in vista, operazione Sant’Egidio, Magister ha notato come Sant’Egidio si stava a prendere strategicamente le distanze da questo pontificato e ad elevare il suo profilo – e quello del Cardinale Zuppi – negli ultimi mesi, ospitando di recente un incontro interreligioso al Colosseo con una miriade di grandi nomi, tra cui il Cancelliere tedesco Angela Merkel. Il Cardinale Zuppi è stato l’unico cardinale a prendere parte all’evento, intervenendo sul tema “La cura della nostra casa comune” accanto al pro-controllo della popolazione Membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, Jeffrey Sachs.

Durante i Conclavi del 1978, 2005 e 2013, “gli uomini di Sant’Egidio hanno cercato di orientare l’esito” ma “ogni volta senza successo”, ha ricordato Magister — forse perché nell’elevare il profilo di un candidato favorito, lo hanno spinto troppo e troppo veloce e i cardinali elettori si insospettirono.

Come recita il famoso detto romano:

“Chi entra nel Conclave da papa, ne esce da cardinale”.

[*] Edward Pentin ha iniziato a scrivere sul Papa e sul Vaticano con Radio Vaticana prima di diventare il corrispondente da Roma per il National Catholic Register di EWTN. Ha anche coperto la Santa Sede e la Chiesa Cattolica per una serie di altre pubblicazioni tra cui Newsweek, Newsmax, Zenit, The Catholic Herald e The Holy Land Review, una pubblicazione francescana specializzata nella Chiesa e nel Medio Oriente. Edward è l’autore di The Next Pope: The Leading Cardinal Candidates (Sophia Institute Press 2020) e The Rigging of a Vatican Synod? Un’indagine sulla presunta manipolazione al Sinodo straordinario sulla famiglia (Ignatius Press 2015). È su Twitter all’indirizzo @edwardpentin.

Un estratto

«Qual è lo stato di salute del papato nel XXI secolo? È ancora un’istituzione valida o è ormai anacronistica? E soprattutto esso è ancora riconosciuto a livello planetario, non solo all’interno della stretta geografia cattolica o comunque nel mondo religioso, come indiscussa autorità morale? È ancora necessario che il Papa, la guida di un miliardo e 200 milioni di cattolici in tutto il globo, la figura religiosa più importante del cristianesimo, un leader spirituale ammirato dai credenti delle altre confessioni, da milioni di non credenti e dai potenti della terra sia anche un capo di Stato con un regno, essendo un monarca assoluto, di appena 44 ettari? Il papato ha forse più che mai bisogno di una riforma che lo adegui alle necessità del tempo presente? E, dopo l’avvento di Francesco, il primo Papa latinoamericano, il primo Papa gesuita, come è cambiato per sempre il papato?

Proprio nel suo documento programmatico, l’esortazione apostolica Evangelii gaudium, Bergoglio ha affrontato questo tema: “Dal momento che sono chiamato a vivere quanto chiedo agli altri, devo anche pensare a una conversione del papato. A me spetta, come vescovo di Roma, rimanere aperto ai suggerimenti orientati ad un esercizio del mio ministero che lo renda più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell’evangelizzazione. Il Papa Giovanni Paolo II chiese di essere aiutato a trovare ‘una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova’. Siamo avanzati poco in questo senso”.

Riformare il papato non è di certo semplice. Così come non lo è stato riformare la Curia romana. La prima grande riforma in questo senso la fece, nel 1967, san Paolo VI con la costituzione apostolica Regimini Ecclesiae universae. Un testo voluto da un Pontefice che aveva a lungo lavorato nella Segreteria di Stato e conosceva benissimo dall’interno il funzionamento della Curia romana. San Giovanni Paolo II, nel 1988, ha aggiornato questa storica riforma montiniana con la costituzione apostolica Pastor bonus. Un documento che Francesco, un mese dopo la sua elezione, si è proposto di sostituire adattandolo ai tempi presenti con la costituzione apostolica Praedicate Evangelium.

Uno sguardo rivolto al futuro non può non ipotizzare anche, come è stato già fatto notare da diverse autorevoli voci all’interno delle gerarchie ecclesiastiche, la necessità di normare la figura del Papa emerito. E ciò anche in considerazione del fatto che, come Francesco ha evidenziato numerose volte, non è per nulla da escludere che, in un periodo abbastanza breve, la scelta di Benedetto XVI possa ripetersi. Se nel 1983 san Giovanni Paolo II inserì all’interno del Codice di diritto canonico la norma che prevede le dimissioni del Pontefice, utilizzata poi da Ratzinger, null’altro è stato codificato sul ruolo che il Papa emerito deve assumere. Questa carenza normativa si è fatta sentire col passare del tempo dalla rinuncia di Benedetto XVI e l’inedita convivenza di due papi in Vaticano.

Bisogna anche sottolineare che è assurdo pensare, come pure da più parti all’interno della Chiesa è avvenuto in questi anni, che le dimissioni di un Pontefice mettano di fatto un’ipoteca sul pontificato del suo immediato successore. Come se l’esistenza in vita del diretto predecessore, che ha rinunciato liberamente a morire governando aprendo così la Sede Vacante, dovesse condizionare, sia nelle nomine che negli atti di governo, le scelte del Papa che gli è legittimamente subentrato. Questa voragine nelle norme canoniche necessita di essere sanata nel minore tempo possibile, anche se è evidente il naturale imbarazzo che una legislazione del genere può creare sia a un Papa emerito, sia a un Papa regnante rischiando di essere interpretata come una legge ad personam, se non addirittura contra personam.

A tal proposito, il cardinale Dominique Mamberti, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, ha evidenziato che “finora, la rinuncia del Romano Pontefice è un avvenimento eccezionale, per non dire unico. Si vedrà poi se incomincerà a formarsi una consuetudine (che nella Chiesa è pure fonte del diritto): in tale caso, per la sua natura, questa consuetudine farà emergere nel tempo punti assodati e continui e, nello stesso tempo, si adatterà alle future circostanze di tempo, di luogo e della persona. Non tutto deve essere regolato da leggi. Per il resto la teologia (che pure ha una sua forza normativa mediata) ci ha già insegnato l’essenziale sulla questione: che il Papa è uno e uno solo, e a lui e a lui solo compete il primato sia d’insegnamento sia di giurisdizione nella Chiesa”.

Cosa resta, dunque, del papato? San Paolo VI rinunciò alla tiara. Giovanni Paolo I alla messa di incoronazione. San Giovanni Paolo II alla sedia gestatoria. Benedetto XVI alla tiara nello stemma. Francesco a vivere nell’appartamento pontificio. Segni di una riforma del papato già in atto e da diverso tempo. Non certo in modo desacralizzante, come accusano i più acerrimi nemici di Bergoglio. Il Papa latinoamericano, infatti, ha enfatizzato fin da subito il suo ruolo di vescovo di Roma, ma non è sceso dal trono come qualcuno erroneamente sostiene. Il suo pontificato è la dimostrazione che, nonostante i cambiamenti della storia globale, il papato gode di ottima salute perché è un’istituzione che in duemila anni di vita ha saputo riadattarsi ai profondi e radicali mutamenti del tempo. Ciò non toglie che in un futuro non molto lontano un nuovo Concilio e un nuovo Pontefice possano ripensare questa antica e insuperata istituzione voluta direttamente da Gesù Cristo. Ma, per la rilevanza e l’autorevolezza globale che esso ancora oggi riveste, nonostante le smagliature del tempo, il papato rimane il punto cardine non solo dell’edificio ecclesiale, ma dell’intera comunità mondiale. Il papato, e Francesco lo dimostra nel suo ministero, è più vivo e attuale che mai» [Francesco Antonio Grana].

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