Caput testa. Il sito “Silere non possum” aiuta a ricordare: «Il Promotore di Giustizia vaticano è duro di comprendonio». «Il teatrino disdicevole continua oltre Tevere»

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Domani, mercoledì 17 novembre 2021 riprende il processo 60SA (Procedimento 45.19 RGP), con 9+1 imputati (il Cardinale Angelo Becciu e nove altri), davanti al Tribunale vaticano con la quarta udienza. In attesa riteniamo utile condividere un articolo pubblicato ieri, 15 novembre 2021 dal sito Sile non possum. Si tratto di un pro memoria riassuntiva di alcuni punti procedurali penali già noti, con relativi commenti, in riferimento alla questione della documentazione investigativa depositata in modo incompleta (con tagli e omissis nella registrazioni audio e audio-video) dall’Ufficio del Promotore di Giustizia. E questo dopo l’iniziale rifiuto totale, nonostante le due ordinanze del Tribunale a depositare tutti gli atti mancanti e tutte le registrazioni delle deposizioni e interrogazioni.

Abbiamo riferito della vicenda con due articoli, il 4 novembre [QUI] e il 5 novembre [QUI]. Quanto evidenziati dal sito Silere non possum orbita intorno due punti principali: 1. stiamo assistendo ad un processo davanti ad un tribunale speciale in uno stato di polizia; 2. secondo l’ordinamento giudiziario penale in vigore nello Stato della Città del Vaticano, il processo sarebbe nullo, se non fosse per i rescripta del Sovrano, che ha concesso tutte le deroghe richieste dall’accusa, senza che l’accusa ammette delle deroghe a favore delle difese.

Nel nostro articolo del 4 novembre [QUI] abbiamo segnalato – con i facsimili dei relativi documenti della deposizione – la deposizione in Cancelleria del Tribunale vaticano, avvenuto il 3 novembre, da parte dell’Ufficio del Promotore di Giustizia vaticano delle audio e audio-video registrazioni, alla scadenza del termine imposto per ordinanza dal Presidente del Tribunale vaticano. Dopo che dei media italiani – tra cui anche questo Blog dell’Editore (che ha correttamente riferito dei tagli e degli omissis effettuati nelle registrazioni audio-video per ordine dell’accusa e quindi che la prova regina dell’accusa è ancora incompleta, riportando i documenti del Corpo della Gendarmeria SCV e dell’Ufficio del Promotore di Giustizia vaticani) – hanno riferito che i Promotori di Giustizia avevano eseguito un ordine del Tribunale di consegnare le prove mancanti, un gruppo di difensori si è lamentato della mancanza di parti dei file audio-video delle deposizioni e interrogazioni. La dichiarazione congiunta è stata rilasciata dagli avvocati che rappresentano 6 dei 10 imputati sotto processo, tra cui anche l’Avv. Fabio Viglione, il difensore del Cardinale Angelo Becciu, oltre che Luigi Panella, Ambra Giovene, Marco Franco, Massimo Bassi, Cataldo Intrieri, Salvino Mondello, Agnese Camilli Carissimi e Domenico Aiello.

Vaticano: il Promotore di Giustizia è duro di comprendonio
Il teatrino disdicevole continua oltre Tevere
In completa violazione di tutti i diritti umani fondamentali, Bergoglio continua ad alimentare lo stato di polizia
Silere non possum, 15 novembre 2021


Continua il processo “del secolo” nello Stato della Città del Vaticano e a farne le spese sono gli imputati fra i quali svetta il nome del Cardinale Angelo Becciu. Un processo ad hoc, con un vero tribunale speciale, permesso dallo stesso sovrano assoluto che ha scelto di derogare le norme procedural penali dell’ordinamento vaticano.

Con quattro rescritti (il primo del 2 luglio 2019, il secondo del 5 luglio 2019, il terzo del 9 ottobre 2019 e l’ultimo del 14 febbraio 2020) il Pontefice ha dato “carta bianca” ai magistrati inquirenti senza garantire alcun diritto agli indagati, i quali si sono ritrovati intercettati e ascoltati senza che tali misure fossero neppure previste nell’ordinamento recepito nella città stato.

L’incipit e i rescritti

Le anomalie iniziarono già con l’apertura delle indagini quando Francesco firmò il primo rescriptum ex audientia ss.mi ove il 2 luglio 2019, a seguito di una richiesta arrivata all’ Istituto Opere di Religione per “effettuare un finanziamento di consistente entità per ragioni istituzionali” venne fatta una segnalazione alla gendarmeria.

I magistrati vaticani fecero giungere al Pontefice alcune considerazioni in merito alle problematiche normative, ovvero lamentarono l’impossibilità di compiere determinati atti per via dei “vuoti normativi”. In sostanza dissero di avere le mani legate.

Presto fatto, il Pontefice ha stabilito che, solo in quel caso, lo IOR poteva “agire in deroga agli obblighi di segnalazione ad altre Autorità” e dare “dettagliata notizia di quanto a sua conoscenza al Promotore di Giustizia”.
Nella stesso documento il monarca disponeva anche che “per le attività di indagine necessarie, l’Ufficio del Promotore proceda (…) sino alla conclusione delle indagini stesse, con facoltà di adottare direttamente, ove necessario in deroga alle vigenti disposizioni, qualunque tipo di provvedimento anche di natura cautelare”.

In questo modo Francesco, come è solito fare, interveniva a gamba tesa e senza farsi assistere da alcun soggetto competente in materia ed è andato a ledere completamente tutti i diritti degli indagati. Difatti veniva meno il controllo del giudice istruttore sull’attività del promotore di giustizia e si introduceva una norma che andava ad agire retroattivamente.

Con un altro rescriptum, il secondo, del 5 luglio 2019 il Pontefice ha poi autorizzato il Promotore di giustizia a procedere ad intercettazioni, telefoniche e ambientali. Lo stesso ha disposto che “tra i poteri” del Promotore di giustizia “siano compresi l’adozione di strumenti tecnologici idonei a intercettare utenze fisse, mobili, nonché ogni altra comunicazione anche di tipo elettronico”.

Tutte misure, ancor oggi, non previste nell’ordinamento dello Stato della Città del Vaticano.

Il 9 ottobre 2019, con un terzo rescriptum, il Papa disponeva che i magistrati potessero “procedere (…) alla visione e utilizzazione ai fini giudiziari di tutti i documenti e materiali, cartacei ed elettronici, sequestrati nel corso degli adempimenti a oggi compiuti”.

In questo modo i Promotori di giustizia ottenevano dal Pontefice il via libera a procedere anche ove si fosse posto il problema del segreto di stato sull’oggetto dell’inchiesta.

Con un ultimo rescritto, del 13 febbraio 2020, Francesco ha disposto la proroga delle indagini del processo per il palazzo di Londra.

È palese quindi che l’operato dei Promotori di giustizia sia sotto la suprema visione del Pontefice e lui abbia garantito tutte le tutele del caso a dei magistrati che violano completamente le norme del diritto vaticano.

Tutto il processo è da annullare

L’articolo 362 del codice di procedura penale vaticano prevede che “durante il termine per comparire, le cose sequestrate, gli atti e i documenti rimangono depositati in cancelleria, salva per le cose sequestrate la facoltà del presidente di prescrivere che rimangano nel luogo ove ne fu stabilita la custodia, fino a nuova disposizione” e il 362 cpp prevede che la citazione è nulla nel momento in cui non sono garantiti alle difese i diritti di visionare gli atti.

Qui mettiamo il link al codice di procedura penale vaticano così magari i promotori di giustizia lo possono comprare e studiarlo.

L’incompetenza regna dal 2013

Va da sé che risulta alquanto incredibile che nello stato del pontefice certi ruoli siano stati affidati a  laici, professori che del diritto canonico e vaticano non hanno neppure mai sentito parlare. Persone che non hanno neppure la più pallida idea di come funzioni la Chiesa Cattolica e cosa sia il diritto canonico. Rimpiangiamo con sofferenza i bei tempi in cui il tribunale era presieduto da uomini che per una vita avevano servito la Santa Sede e conoscevano, non solo il diritto, ma anche il funzionamento di un sistema che certamente è differente da quello italiano. Sono stati inseriti nel pool della magistratura requirente due esperti in diritto penale italiano. Questi hanno studiato sul codice del 1930 e non su quello del 1913 ma soprattutto non hanno mai ottenuto alcun titolo in diritto canonico, il quale è a fondamento dell’ordinamento vaticano. Poi è stato aggiunto anche un esperto in diritto commerciale ma di canonisti neppure l’ombra. La follia regna assoluta, domandiamoci se a capo di un tribunale portoghese qualcuno si sognerebbe di mettere un illustre avvocato del diritto tedesco.

In questo processo abbiamo visto una miriade di soggetti che hanno commesso i più svariati errori demenziali. A partire da chi utilizza tesi difensive basate sul diritto italiano, come se noi andando in Francia a difendere un imputato citassimo la costituzione italiana, fino a giungere a “soggettoni” scelti dalle parti solo perché nomi di spicco nella politica italiana. Sarebbe il caso di fare come fa il Pontefice in alcuni interventi pubblici:

“Ripetiamo insieme: il diritto vaticano va conosciuto”.
Su, ripetiamo insieme.

Le assurde scelte della Segreteria di Stato

La Segreteria di Stato, guidata da diplomatici timidi, continua con le sue scelte alquanto discutibili. Nel marasma di questo procedimento, invece di essere alla sbarra come “imputata” si ritrova a costituirsi parte civile, addossando così tutte le colpe al Cardinal Becciu. Peccato che agli atti risultino i documenti in cui Pietro Parolin concede carta bianca a Giovanni Angelo Becciu e fa presente di essere a conoscenza di tutto quanto accade sull’affare Londra. A difendere la Segreteria di Stato c’è Paola Severino, ex Ministro della Giustizia italiano. Il legale ha affermato in udienza a luglio che “il Papa è legislatore”. Ringraziamo di cuore la famosa penalista italiana, la quale non si sa quale conoscenza abbia del diritto canonico e vaticano ma ci limitiamo a ricordarLe che è una tesi alquanto scontata. Ora, onde evitare di fare la figura fatta con MPS, sarebbe forse il caso che si studiasse e si comprendesse che l’ordinamento canonico e quello vaticano hanno origine nel diritto divino e non possiamo assolutamente pensare che i diritti fondamentali non trovino spazio lì. Quindi o le tesi difensive si hanno oppure si tace che è meglio.

Forse sarebbe anche il momento che il Cardinale Pietro Parolin affidasse la sua difesa ad altri soggetti e non a persone che accarezzano il corno con la testa di Pulcinella all’ingresso del proprio studio.

«Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza» (Mt 6,24).

Francesco, nebuloso ancora una volta

È ancor più assurdo che la stampa italiana si svegli sempre con molto ritardo e non evidenzi mai le assurde mosse di questo papato. Prima Francesco ha tolto l’immunità diplomatica al Cardinale Pell facendolo processare in Australia e permettendo che fosse detenuto ingiustamente per 13 mesi, poi lo ha richiamato a Roma da buon narcisista per dargli la caramellina amara. Qualche giorno fa, nella visita ad Assisi in occasione della giornata del povero (ne abbiamo piene le ampolle di questo pauperismo becero), vedendo presente il Cardinale Barbarin ha detto: “Vorrei ringraziare la presenza del cardinale. Lui è fra i poveri, anche lui ha subito con dignità l’esperienza della povertà, l’abbandono, la sfiducia. E lui si è difeso col silenzio e la preghiera. Grazie, Cardinale Barbarin, per la sua testimonianza che edifica la Chiesa”.

Sarebbe forse il caso che Francesco utilizzi la sua suprema potestà anche quando deve ribadire con forza che la pedofilia nella Chiesa è un problema serio e non può essere permesso che il compito dell’accertamento sia affidato a commissioni o a presunte vittime ma solo ed esclusivamente alla magistratura. Difendere gli innocenti è importante quanto perseguire i colpevoli. Anche nel processo al Cardinale Becciu è chiaro che la sentenza, almeno mediatica, è stata già pronunciata con l’atto del Pontefice di revocare tutti i DIRITTI connessi al cardinalato. Si badi bene, i diritti. Non i doveri.

Il processo verso il dibattimento

Nonostante due ordinanze che imponevano ai Promotori di giustizia di depositare TUTTI gli atti del procedimento nella cancelleria del tribunale e di metterli a disposizione delle difese, ancora oggi i magistrati hanno consegnato il materiale con numerosi “omissis”.

Il 9 agosto il Presidente del Tribunale aveva emesso un’ordinanza nella quale disponeva il deposito degli atti. A quella ordinanza non fu mai dato seguito, anzi, i Promotori avevano risposto picche.

L’Ufficio del Promotore di giustizia aveva inviato al Tribunale un documento di otto pagine in cui si diceva: “Nel c.p.p. italiano, a tutela dell’immagine delle persone che partecipano agli atti è previsto che quando nel corso del dibattimento si autorizzi la ripresa fotografica o audiovisiva delle attività è sempre vietata la ripresa (ancora prima della diffusione) di coloro i quali non vi acconsentano espressamente”.

Continuavano poi dicendo “si consideri che quanti hanno presenziato agli atti istruttori non hanno dato consenso alla riproduzione e alla divulgazione in qualsiasi forma di file contenenti le registrazioni e, anzi, hanno accettato la registrazione sul presupposto e nella consapevolezza che la stessa fosse funzionale solo ad una più fedele verbalizzazione degli atti”.

Rifiutavano quindi di eseguire l’ordine impartito perché se lo avessero fatto sarebbe stato “irreparabilmente compromesso il diritto alla riservatezza delle persone coinvolte”.

A leggere il documento ci siamo posti diverse domande sull’intelligenza di chi lo aveva redatto e firmato. A conferma di quanto detto sopra, probabilmente qualcuno dimentica di valicare porta Sant’Anna quando si reca al lavoro al mattino. Il codice di procedura penale italiano? Cosa centra con quello vaticano? Si è era Kästner? Dobbiamo davvero spiegare a dei professori che il codice è del 1913? Dobbiamo davvero dire ai Promotori di giustizia che come si è derogato per accusare si può derogare anche per difendere? O siamo alla follia?

Poi si ha la pretesa anche di parlare di “diritto alla riservatezza”. Fermo restando che chi accusa qualcuno deve essere consapevole, da subito, che queste cose le dovrà, in primis provare e in secundis ribadire innanzi all’imputato stesso in un eventuale processo. Forse qui qualcuno ha dimenticato di studiare anche i principi base del processo.

Il 6 ottobre Pignatone, preso atto dell’inerzia dei Promotori, ha di nuovo ordinato il deposito degli atti entro il 3 novembre. Il deposito è quindi avvenuto, nonostante Diddì in udienza si preoccupò anche delle finanze dello Stato nel produrre una mole di file così alta, ma non totale.

Nei documenti che pubblichiamo [Si tratti dei documenti che abbiamo pubblicato il 4 novembre scorso, QUI. V.v.B.], infatti, vi sono numerosi omissis nei file che contengono la testimonianza di Mons. Perlasca ed altri. Ora ci si chiede, legittimamente, forse i Promotori di giustizia sono duri di comprendonio? Forse non è chiaro il significato di ORDINANZA?

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