Conferimento delle Insegne di Cavaliere e Dama di Gran Croce dell’Ordine Piano ai vaticanisti Phil Pullella (Reuters) e Valentina Alazraki (Televisa). Papa Francesco: «Ascoltare, approfondire, raccontare»

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Il Santo Padre Francesco ha ricevuto questa mattina in Udienza la Signora Valentina Alazraki e il Signor Philip Pullella.

Nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, ha conferito le Insegne di Cavaliere e Dama di Gran Croce dell’Ordine Piano [*] agli amici e colleghi, vaticanisti di lunga corsa Valentina Alazraki e Philip Pullella, alla presenza dei Giornalisti accreditati presso la Sala Stampa della Santa Sede. Di seguito riportiamo il discorso che Papa Francesco ha rivolto ai presenti nel corso della cerimonia di conferimento.

Nel giornalismo, “il rischio è quello di lasciarsi schiacciare dalle notizie invece di riuscire a dare ad esse un senso”. Papa Francesco ha messo in guardia da tale pericolo, nel discorso pronunciato oggi nella Sala del Concistoro in occasione dell’onorificenza pontificia conferita a due decani dei giornalisti accreditati presso la Sala Stampa della Santa Sede: Valentina Alazraki, della televisione messicana Televisa e Philip Pullella, dell’agenzia Reuters. “Al giornalismo si arriva non tanto scegliendo un mestiere, quanto lanciandosi in una missione, un po’ come il medico, che studia e lavora perché nel mondo il male sia curato”, ha affermato Francesco: “La vostra missione è di spiegare il mondo, di renderlo meno oscuro, di far sì che chi vi abita ne abbia meno paura e guardi gli altri con maggiore consapevolezza, e anche con più fiducia. È una missione non facile. È complicato pensare, meditare, approfondire, fermarsi per raccogliere le idee e per studiare i contesti e i precedenti di una notizia”. Sono tre, per Papa Francesco, i verbi del “buon giornalismo”: “Ascoltare, approfondire, raccontare”.

Discorso del Santo Padre

Cari amici, buongiorno!

Sono lieto di accogliervi qui, dopo che tante volte ci siamo incontrati nel corridoio degli aerei, durante le interviste in alta quota, o di passaggio durante le varie celebrazioni e i diversi appuntamenti dei pellegrinaggi apostolici nel mondo. Siamo compagni di viaggio! E oggi festeggiamo due esperti giornalisti, che sempre hanno seguito i Papi, l’informazione sulla Santa Sede e più in generale la Chiesa Cattolica.

Una è la vostra “decana”, Valentina Alazraki: 47 anni che fa i voli papali, che è giornalista qui: è entrata subito dopo la Prima Comunione! Giovanissima era salita sull’aereo che portava San Giovanni Paolo II a Puebla, nel 1979, la prima volta, e aveva regalato al Papa un sombrero, cioè un cappellone di questi messicani.

L’altro è il vostro “decano”, Phil Pullella, anch’egli veterano e ben noto protagonista dell’informazione vaticana.

Quante esperienze condivise, quanti viaggi, quanti avvenimenti avete vissuto in prima persona raccontandoli ai vostri telespettatori e lettori! Io non vorrei trascurare un nome, e lo porto nel cuore perché era un brav’uomo: un russo che ci ha lasciati, [Aleksei] Bukhalov. Anche a lui un ricordo in questo momento. Un bravo compagno di viaggi.

Con l’onorificenza data a Valentina e Phil, oggi io voglio in qualche modo rendere omaggio a tutta la vostra comunità di lavoro; per dirvi che il Papa vi vuole bene, vi segue, vi stima, vi considera preziosi. Al giornalismo si arriva non tanto scegliendo un mestiere, quanto lanciandosi in una missione, un po’ come il medico, che studia e lavora perché nel mondo il male sia curato.

La vostra missione è di spiegare il mondo, di renderlo meno oscuro, di far sì che chi vi abita ne abbia meno paura e guardi gli altri con maggiore consapevolezza, e anche con più fiducia. È una missione non facile. È complicato pensare, meditare, approfondire, fermarsi per raccogliere le idee e per studiare i contesti e i precedenti di una notizia. Il rischio, lo sapete bene, è quello di lasciarsi schiacciare dalle notizie invece di riuscire a dare ad esse un senso. Per questo vi incoraggio a custodire e coltivare quel senso della missione che è all’origine della vostra scelta. E lo faccio con tre verbi che mi pare possano caratterizzare il buon giornalismo: ascoltare, approfondire, raccontare.

Ascoltare è un verbo che vi riguarda come giornalisti, ma che ci riguarda tutti come Chiesa, in ogni tempo e specialmente ora che è iniziato il processo sinodale. Ascoltare, per un giornalista, significa avere la pazienza di incontrare a tu per tu le persone da intervistare, i protagonisti delle storie che si raccontano, le fonti da cui ricevere notizie. Ascoltare va sempre di pari passo con il vedere, con l’esserci: certe sfumature, sensazioni, descrizioni a tutto tondo possono essere trasmesse ai lettori, ascoltatori e spettatori soltanto se il giornalista ha ascoltato e ha visto di persona. Questo significa sottrarsi – e so quanto è difficile nel vostro lavoro! – sottrarsi alla tirannia dell’essere sempre online, sui social, sul web. Il buon giornalismo dell’ascoltare e del vedere ha bisogno di tempo. Non tutto può essere raccontato attraverso le email, il telefono, o uno schermo. Come ho ricordato nel Messaggio per la Giornata delle Comunicazioni di quest’anno, abbiamo bisogno di giornalisti disposti a “consumare le suole delle scarpe”, a uscire dalle redazioni, a camminare per le città, a incontrare le persone, a verificare le situazioni in cui si vive nel nostro tempo. Ascoltare è la prima parola che mi è venuta in mente.

La seconda, approfondire, il secondo verbo, è una conseguenza dell’ascoltare e del vedere. Ogni notizia, ogni fatto di cui parliamo, ogni realtà che descriviamo necessita di approfondimento. Nel tempo in cui milioni di informazioni sono disponibili in rete e molte persone si informano e formano le loro opinioni sui social media, dove talvolta prevale purtroppo la logica della semplificazione e della contrapposizione, il contributo più importante che può dare il buon giornalismo è quello dell’approfondimento. Infatti, che cosa potete offrire in più, a chi vi legge o vi ascolta, rispetto a ciò che già trova nel web? Potete offrire il contesto, i precedenti, delle chiavi di lettura che aiutino a situare il fatto accaduto. Lo sapete bene che, anche per ciò che riguarda l’informazione sulla Santa Sede, non ogni cosa detta è sempre “nuova” o “rivoluzionaria”. Ho cercato di documentarlo nel recente discorso ai movimenti popolari, quando ho indicato i riferimenti alla Dottrina sociale della Chiesa su cui si fondavano i miei appelli. La Tradizione e il Magistero continuano e si sviluppano confrontandosi con le esigenze sempre nuove del tempo in cui viviamo e illuminandole con il Vangelo.

Ascoltare, approfondire, e il terzo verbo: raccontare. Non lo devo spiegare a voi, che siete diventati giornalisti proprio perché curiosi di conoscere la realtà e appassionati nel raccontarla. Raccontare significa non mettere sé stessi in primo piano, né tantomeno ergersi a giudici, ma significa lasciarsi colpire e talvolta ferire dalle storie che incontriamo, per poterle narrare con umiltà ai nostri lettori. La realtà è un grande antidoto contro tante “malattie”. La realtà, ciò che accade, la vita e la testimonianza delle persone, sono ciò che merita di essere raccontato. Penso ai libricini che Lei, Valentina, fa sulle donne che soffrono la tirannia dell’abuso. Abbiamo tanto bisogno oggi di giornalisti e di comunicatori appassionati della realtà, capaci di trovare i tesori spesso nascosti nelle pieghe della nostra società e di raccontarli permettendo a noi di rimanere colpiti, di imparare, di allargare la nostra mente, di cogliere aspetti che prima non conoscevamo. Vi sono grato per lo sforzo di raccontare la realtà. La diversità di approcci, di stile, di punti di vista legati alle differenti culture o appartenenze religiose è una ricchezza anche nell’informazione. Vi ringrazio anche per quanto raccontate su ciò che nella Chiesa non va, per quanto ci aiutate a non nasconderlo sotto il tappeto e per la voce che avete dato alle vittime di abuso, grazie per questo.

E, per favore, ricordate anche che la Chiesa non è un’organizzazione politica che ha al suo interno destra e sinistra come accade nei Parlamenti. A volte, purtroppo, si riduce a questo nelle nostre considerazioni, con qualche radice nella realtà. Ma no, la Chiesa non è questo. Non è una grande azienda multinazionale con a capo dei manager che studiano a tavolino come vendere meglio il loro prodotto. La Chiesa non si auto-costruisce sulla base di un proprio progetto, non trae da sé stessa la forza per andare avanti, non vive di strategie di marketing. Ogni volta che cade in questa tentazione mondana – e tante volte cade o è caduta – la Chiesa, senza rendersene conto, crede di avere una luce propria e dimentica di essere il “mysterium lunae” di cui parlavano i Padri dei primi secoli – cioè la Chiesa è autentica soltanto alla luce di un Altro, come la luna –, e così la sua azione perde vigore e non serve a nulla. La Chiesa, composta da uomini e donne peccatori come tutti, è nata ed esiste per riflettere la luce di un Altro, la luce di Gesù, proprio come fa la luna con il sole. La Chiesa esiste per portare al mondo la parola di Gesù e per rendere possibile oggi l’incontro con Lui vivente, rendendosi tramite del suo abbraccio di misericordia offerto a tutti.

Grazie, cari amici, per questo incontro. Grazie e congratulazioni ai nostri due “decani”, che oggi diventano “Dama” e “Cavaliere” di Gran Croce dell’Ordine Piano. Grazie a tutti voi per il lavoro che fate. Grazie per la vostra ricerca della verità, perché solo la verità ci rende liberi. Grazie!

[*] Ordine Piano

Gli Ordini Equestri Pontifici (Onorificenza di Collazione) contemporanei sono suddivisi tra militari e civili. Quelli militari sono l’Ordine Supremo del Cristo o Milizia di Nostro Signore Gesù Cristo e quello dello Sperone d’Oro o Milizia Aurata. Quelli civili sono l’Ordine Piano, San Gregorio Magno e San Silvestro Papa.

Ordine Piano fu istituito dal Papa Pio IX nel 1847 ed ha pochi legami con quello omonimo fondato dal Papa Pio IV nel 1560.

Pio IV diede vita ad un Collegio di Cavalieri che furono detti Pii, Piani o Partecipati e che costituirono in parte la corte laica del Papa. L’Ordine Piano era un Corpo di gentiluomini che non portavano armi, destinati a ricoprire cariche della Camera Apostolica sempre al fianco della persona del Papa e il loro Collegio aveva un contenuto economico e quindi non militare. Avevano l’onore di accompagnare il Papa alle celebrazioni pubbliche e straordinarie e di servirlo in cambio di grandi privilegi, dipendendo direttamente dalla Santa sede e di precedere in Roma ed ovunque i Cavalieri di Malta. I Cavalieri dell’Ordine Piano godevano del titolo di Conti Palatini, di quello di cavalieri di Speron d’oro e della nobiltà personale. Fu decretato che tutti i Cavalieri Pii chierici s’intendessero ipso iure essere Notari Apostolici e che i laici fossero dell’Aureata Milizia, cosiché nel caso terminassero di essere Partecipanti rimanessero Conti del Palazzo Lateranense e Notari di Santa Sede e Cavalieri Aureati. Era obbligo dei cavalieri di seguire i comandi della Santa Sede anche nell’eventualità di spedizioni di Crociate o in Concili generali. L’insegna dei Cavalieri Piani consisteva in un medaglione d’oro recante da un lato lo scudo mediceo sormontato dalla tiara e dalle chiavi pontificie, dall’altro l’immagine di S. Ambrogio.

Nel 1847 il Papa Pio IX indicò il Collegio come un vero e proprio Ordine Equestre che costituì fino al 1939 l’unico Ordine di Cavalleria “nobilitante” della Santa Sede. Pio IX riformò tutta la cavalleria pontificia adattandola ai nuovi tempi e dedicò cure particolari all’ Ordine Piano che doveva essere la continuazione ideale di quello istituito da Pio IV. L’Ordine fu riformato in due Gradi con Cavalieri di Prima Classe che acquisivano nobiltà trasmissibile e Cavalieri di Seconda Classe che acquisivano nobiltà personale. Come decorazione invece della Croce consueta fu adottata una Stella ad otto raggi smaltata d’azzurro caricata d’uno scudetto bianco con le parole PIUS IX circondato da un cerchietto col motto VIRTUS ET MERITO; la stella è applicata sopra una placca a raggi ondulati, d’argento e d’oro, secondo i gradi. La stella fu adottata al posto della corona in quanto l’ordine spesso veniva conferito a ministri, diplomatici e personalità di religione diversa. Le insigne dell’Ordine erano portate dai Cavalieri di prima classe al collo, appese ad un nastro rosso con due filetti azzurri su ciascun lato, mentre i Cavalieri di seconda classe le portavano più piccole sospese al lato sinistro del petto. L’uniforme dei due diversi gradi ebbe qualche differenza solo nei ricami. Per meriti speciali i cavalieri di prima classe potevano altresì essere decorati della placca d’argento. Il Papa, successivamente, stabilì che i Camerieri segreti ed onorati potessero essere ammessi nell’una e nell’altra classe dell’Ordine Piano. In seguito fu stabilito che per l’avvenire i cavalieri di prima classe portassero la croce non più appesa al collo, come i commendatori d’altri ordini, ma a tracolla, con una fascia di seta con i colori dell’Ordine e sul petto portassero la placca.

Così si costituì il grado di Gran Croce nell’Ordine Piano con Decreto dell’11 novembre 1856. Le Classi divennero così tre: Gran Croce, Commendatore (Commendatore con Placca o Grande Ufficiale e semplice Commendatore) e Cavaliere. Il privilegio nobiliare continuò ad essere ereditario per i primi Cavalieri e personale per i secondi Cavalieri.

Nel 1939 la Santa Sede ha soppresso la nobiltà annessa all’Ordine Piano e le nuove nomine hanno solo carattere onorifico e non nobiliare, ma restano in vigore le vecchie concessioni per coloro che furono insigniti precedentemente. In seguito la nobiltà trasmissibile fu anche conferita ad alcuni Commendatori con placca stabilendo così una nuova prassi e acquistando gradatamente un valore consuetudinario e tradizionale. L’Ordine Piano per il suo carattere originario di “Cavalleria Nobiliare” si ricollegava più all’antica cavalleria pontificia che non agli Ordini Equestri statuali; infatti l’Ordine Piano con la sua divisione in tre classi principali ha una struttura simile con gli Ordini minori Gregoriano e di San Silvestro, mentre è nettamente distinto dalle istituzioni cavalleresche civili che normalmente hanno cinque classi.

Si evidenzia che l’Ordine veniva conferito molto spesso ai nobili, alle Guardie nobili e ai Dignitari laici della Croce pontificia che fossero già in possesso di titoli ed in generale a persone del patriziato, oltre che ai Membri del Corpo Diplomatico che spesso erano nobili. L’Ordine Piano aveva quindi una figura tipica inconfondibile e ben definita, oltre a godere di un grande prestigio e corrispondeva a precise funzioni stabilite.

Il Papa Pio XII con la costituzione dell’11 novembre 1939 soppresse nell’Ordine Piano la nobiltà e quindi privato del suo principale privilegio esso fu ridotto a livello di una qualunque onorificenza equestre, non lontana per natura dagli Ordini Gregoriano e di San Silvestro, restando pur sempre superiore ad essi Il Papa Pio XII aumentò di un grado l’Ordine Piano istituendo un nuovo collare d’Oro.

Classi:
1ª Cavalieri e Dame di Collare
2ª Cavalieri e Dame di Gran Croce
3ª Commendatori e Dame di Commenda, con placca; Commendatori e Dame di Commenda
4ª Cavalieri e Dame

[Fonte: Alessandra Malesci Baccani, “Cavalieri della Santa Sede”]

Foto di Vatican Media.

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