Papa Francesco invita a non sprecare l’opportunità

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Nella scorsa settimana papa Francesco è tornato a chiedere di ‘uscire migliori’ da questa pandemia con un messaggio ai partecipanti al 4° Forum di Parigi sulla Pace, che si è svolto fino al 13 novembre, mettendo in evidenza la questione delle spese militari:

 “In questa fase storica, la famiglia umana si trova di fronte a una scelta. La prima possibilità è quella del cosiddetto ‘ritorno alla normalità’. Ma la realtà che conoscevamo prima della pandemia era quella in cui la ricchezza e la crescita economica erano riservate a una minoranza mentre milioni di persone non erano in grado di soddisfare i bisogni più elementari e condurre una vita dignitosa; un mondo in cui la nostra Terra veniva saccheggiata da un miope sfruttamento delle risorse, dall’inquinamento, dal consumismo ‘usa e getta’ e ferita da guerre ed esperimenti con armi di distruzione di massa”.

Ed allora il papa domanda quale futuro occorre scegliere: “Il primo e più urgente tema su cui dobbiamo porre la nostra attenzione è che non vi può essere una cooperazione generatrice di pace senza un impegno collettivo concreto a favore del disarmo integrale.

Le spese militari a livello mondiale hanno oramai superato il livello registrato alla fine della ‘guerra fredda’ e aumentano sistematicamente ogni anno. Le classi dirigenti e i governi, infatti, giustificano tale riarmo richiamandosi a un’idea abusata di deterrenza fondata sull’equilibrio delle dotazioni di armamenti.

In questa prospettiva, gli Stati sono inclini a perseguire i propri interessi principalmente sulla base dell’uso o della minaccia della forza. Tale sistema, tuttavia, non garantisce la costruzione e il mantenimento della pace. L’idea della deterrenza, infatti, in molti casi è risultata fallace determinando tragedie umanitarie di grande portata”.

L’altro tema riguarda lo stile di vita: “La pandemia è stata una rivelazione per tutti noi sui limiti e le carenze delle nostre società e dei nostri stili di vita… La speranza ci invita a sognare in grande e a dare spazio all’immaginazione di nuove possibilità. La speranza è audace e incentiva l’azione sulla base della consapevolezza che la realtà può essere cambiata.

Il mio auspicio è che la tradizione cristiana, in particolare la dottrina sociale della Chiesa, come pure altre tradizioni religiose, possano contribuire ad assicurare al vostro incontro la speranza affidabile che l’ingiustizia e la violenza non sono inevitabili, non sono il nostro destino”.

L’appello del papa è invito a non sprecare un’opportunità: “La speranza responsabile ci permette di respingere la tentazione delle soluzioni facili e ci dà il coraggio di procedere sulla strada del bene comune, della cura dei poveri e della casa comune.

Non sprechiamo questa opportunità di migliorare il nostro mondo; di adottare con decisione modalità più giuste per attuare il progresso e costruire la pace. Animati da questa convinzione, è possibile generare modelli economici che servano i bisogni di tutti preservando i doni della natura, come pure politiche lungimiranti che promuovano lo sviluppo integrale della famiglia umana”.

Ed anche alla Fondazione ‘Migrantes’ ha chiesto di non sprecare quest’opportunità: “Spesso vediamo i migranti solo come ‘altri’ da noi, come estranei. In realtà, anche leggendo i dati del fenomeno, scopriamo che i migranti sono una parte rilevante del ‘noi’, oltre che, nel caso degli emigranti italiani, delle persone a noi prossime: le nostre famiglie, i nostri giovani studenti, laureati, disoccupati, i nostri imprenditori.

La migrazione italiana rivela (come scriveva il grande Vescovo Geremia Bonomelli, fondatore dell’Opera di assistenza degli emigranti in Europa e in Medio Oriente) un’ ‘Italia figlia’, in cammino in Europa, soprattutto, e nel mondo. E’ una realtà che sento particolarmente vicina, in quanto anche la mia famiglia è emigrata in Argentina”.

Grazie all’emigrazione si è implementata la fede: “Grazie alla loro radicata religiosità popolare hanno comunicato la gioia del Vangelo, hanno reso visibile la bellezza di essere comunità aperte e accoglienti, hanno condiviso i percorsi delle comunità cristiane locali.

Uno stile di comunione e di missione ha caratterizzato la loro storia, e spero che potrà disegnare anche il loro futuro. Si tratta di un bellissimo filo che ci lega alla memoria delle nostre famiglie…

Infatti, i giovani italiani che oggi si muovono in Europa sono molto diversi, sul piano della fede, dai loro nonni, eppure in genere sono molto legati ad essi. Ed è decisivo che rimangano attaccati alle radici: proprio nel momento in cui si trovano a vivere in altri contesti europei, è preziosa la linfa che attingono dalle radici, dai nonni, una linfa di valori umani e spirituali”.

Ed infine ha raccontato l’integrazione latinoamericana: “Accogliere, accompagnare, promuovere e integrare. Lo stesso si può dire anche per l’Europa. Gli emigranti sono una benedizione anche per e nelle nostre Chiese in Europa.

Se integrati, possono aiutare a far respirare l’aria di una diversità che rigenera l’unità; possono alimentare il volto della cattolicità; possono testimoniare l’apostolicità della Chiesa; possono generare storie di santità. Non dimentichiamo, ad esempio, che santa Francesca Saverio Cabrini, suora lombarda emigrante tra gli emigranti, è stata la prima santa cittadina degli Stati Uniti d’America”.

(Foto: Santa Sede)

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