‘Progetto Safe’ per la promozione di un ambiente educativo sicuro

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Giovedì 4 novembre a Roma si è svolto il convegno ‘Progetto Safe’– Educare e Accogliere in ambienti sicuri’, realizzato dall’Azione Cattolica, dal Csi e dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, in collaborazione con il Centro per la Vittimologia e la Sicurezza dell’Università di Bologna e con il sostegno dell’Unione Europea.

Due anni di lavoro, in particolare di ricerca e formazione sul campo (già sottoposti ad attività di valutazione da un gruppo di esperti dell’Università Cattolica sede di Piacenza), per rispondere alla mancanza di consapevolezza e conoscenza sulle misure per rilevare precocemente, segnalare e prevenire gli abusi sui minori tra individui di organizzazioni religiose impegnate in attività sociali, ricreative e sportive con i più piccoli.

Una lacuna che il ‘Progetto Safe’ ha cercato di colmare attraverso sessioni di formazione in 27 province di 13 regioni italiane, raggiungendo 1184 persone tra leader locali, professionisti e volontari di organizzazioni religiose che hanno rapporti regolari con più di 46.300 bambini.

I corsi di formazione hanno aumentato il grado di consapevolezza che i membri delle associazioni e i volontari avevano degli abusi sui minori, delle loro cause, dei fattori di rischio e di quelli protettivi, delle conseguenze ad ampio raggio e del modo in cui l’associazione a cui appartengono dovrebbe o non dovrebbe gestire questi casi.

In riferimento all’Azione Cattolica, il ‘Progetto Safe’ ha coinvolto 8 associazioni diocesane (Nardó – Gallipoli, Conversano – Monopoli, Macerata, Piacenza, Ferrara, Genova, Verona e Cagliari), per le quali è stato preparato uno specifico percorso di formazione, svolto tra novembre 2020 e settembre 2021, curato da un team di docenti universitari, che ha visto la partecipazione di oltre 250 educatori e di oltre 90 responsabili associativi (responsabili e consiglieri diocesani e parrocchiali, membri d’equipe diocesane).

Nel documento conclusivo è stata sottolineata la necessità dell’ascolto dei più ‘fragili’: “E’ necessario che l’ascolto attento di racconti così delicati che i ragazzi scelgono di consegnare all’educatore sia autenticamente aperto, non giudicante ed empatico.

Grazie all’empatia, chi ascolta è in grado di sintonizzarsi sulle frequenze di chi parla, connettendosi emotivamente, sentendosi nei panni dell’altro, facendolo sentire ascoltato e comprendendone i bisogni. In questo modo, i piccoli si sentono protetti nel condividere sensazioni, esperienze ed emozioni, non temendo di essere giudicati o criticati…

Sarà necessario tenere a mente che le situazioni abusanti, maltrattanti e violente, sono strette in una catena del silenzio, che il ragazzo può rompere consegnando il suo racconto a un educatore. Bisogna, pertanto, ricordare sempre che l’obiettivo è la tutela dei più piccoli e che non è possibile lasciarsi incastrare in questa catena”.

Nel messaggio iniziale papa Francesco ha sottolineato la necessità della formazione: “Questo processo di conversione richiede con urgenza una rinnovata formazione di tutti coloro che rivestono responsabilità educative e operano in ambienti con minori, nella Chiesa, nella società, nella famiglia. Solo così, con un’azione sistematica di alleanza preventiva, sarà possibile sradicare la cultura di morte di cui è portatrice ogni forma di abuso, sessuale, di coscienza, di potere”.

Il papa ha evidenziato il bisogno della prevenzione: “Se l’abuso è un atto di tradimento della fiducia, che condanna a morte chi lo subisce e genera crepe profonde nel contesto in cui avviene, la prevenzione deve essere un percorso permanente di promozione di una sempre rinnovata e certa affidabilità verso la vita e il futuro, su cui i minori devono poter contare.

E questo noi, come adulti, siamo chiamati a garantire loro, riscoprendo la vocazione di ‘artigiani dell’educare’ e sforzandoci di esservi fedeli. Ciò significa favorire l’espressione dei talenti di coloro che accompagniamo; rispettarne i tempi, la libertà e la dignità; contrastare con ogni mezzo le tentazioni del sedurre e dell’indurre, che solo in apparenza possono facilitare le relazioni con le giovani generazioni”.

Infine ha rivolto un pensiero ai partecipanti del  corso: “Il contributo dei giovani, poi, sarà prezioso nel riconoscere le situazioni a rischio e nel richiamare con coraggio tutta la comunità alla sua responsabilità nella salvaguardia dei minori, a rivedere il modo di relazionarsi con le giovani generazioni, perché si torni ad assicurare loro la bellezza di incontrarsi, dialogare, giocare e sognare.

Agli adulti che hanno condiviso questo percorso con i giovani auguro di continuare a essere credibili, vale a dire responsabili nella cura e coerenti nella testimonianza. Possano essere promotori e custodi di una rinnovata alleanza educativa tra le generazioni e tra i diversi contesti di crescita dei minori, capaci di stimolare tra loro una connessione generativa e tutelante, soprattutto in questo tempo complesso di pandemia.

Come associazioni laicali, infine, vi esorto a perseverare in questa azione di formazione alla corresponsabilità, al dialogo e alla trasparenza. La tutela dei minori sia sempre più concretamente una priorità ordinaria nell’azione educativa della Chiesa; sia promozione di un servizio aperto, affidabile e autorevole, in contrasto fermo ad ogni forma di dominio, di sfregio dell’intimità e di silenzio complice”.

(Foto: Azione Cattolica Italiana)

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