Il card. Sandri in Siria rafforza la comunione fra Chiese

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Dal 25 ottobre al 3 novembre il prefetto della Congregazione per le Chiese orientali ha visitato la Siria, incontrando autorità e fedeli con momenti di preghiera e promozione di iniziative di solidarietà. L’obiettivo del viaggio è stato quello di portare ‘il conforto, la solidarietà e la vicinanza’ del pontefice ad una nazione martoriata da oltre 10 anni di guerre; una nazione che si trova a fare i conti con le macerie del passato e un’opera di ricostruzione che fatica a prendere forma per i focolai di violenza, le tensioni confessionali e l’emergenza sanitaria innescata dalla pandemia.

Ad Asia News p. Ibrahim Alsabagh, sacerdote della parrocchia latina di Aleppo, ha raccontato il valore della visita: “Il popolo siriano vive in condizioni disumane, insostenibili, stremato e con la valigia in mano e sempre pronto a partire. In questi 10 anni di conflitto la popolazione cristiana si è ridotta a un quarto rispetto a quella originaria, che un tempo abitava il Paese…

La visita del cardinale si inserisce nel solco dei tanti interventi a favore del popolo e della Chiesa siriana fatti in questi anni dal papa… Siamo molto lieti per la presenza di una personalità che ha grande esperienza di crisi umanitarie e a lui ci affidiamo, ci sentiamo consolati e lo accogliamo con gioia e affetto”.

In un incontro con i giovani il card. Sandri ha citato l’episodio dei discepoli di Emmaus, che partono desolati da Gerusalemme ed inconsapevoli si ritrovano accompagnati lungo la via da Colui che riconoscono allo spezzare del pane, ricordando l’ardere del loro cuore nell’ascoltare la sua parola. Tale è l’esperienza “che sentiamo noi, grazie alla vostra accoglienza e per la testimonianza che ci offrite con la vostra presenza, vescovi e preti rimasti vicini al vostro popolo”.

E nell’omelia della solennità di Ognissanti il porporato ha ricordato che la santità deriva dal battesimo: “I grandi santi e sante hanno già la loro festa nel calendario delle rispettive Chiese, mentre oggi il nostro sguardo e il respiro del nostro cuore si distendono su quella folla immensa di cui abbiamo sentito parlare nella prima Lettura tratta dal libro dell’Apocalisse: tanti volti e nomi, di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e quindi certamente anche dell’amata e martoriata Siria.

Sono coloro che hanno vissuto in pienezza l’essere figli di Dio, quali siamo sin da ora, come ascoltato nella Lettera di San Giovanni Apostolo, e semplicemente hanno seguito Gesù, l’Agnello Immolato, vivendo nel quotidiano il Vangelo delle Beatitudini”.

Molti santi sono quelli della ‘porta accanto: “Molti, sono certo, li abbiamo conosciuti e li portiamo nel cuore: sono coloro che ci hanno trasmesso il dono della fede, insegnandoci a conoscere il Signore e a pregare e cantare le sue lodi, che ci hanno affascinato con la loro testimonianza di vita inducendoci ad intraprendere una sequela particolare secondo il carisma di un Istituto o Ordine Religioso, che hanno consegnato ogni giorno la loro vita a Dio attraverso la fedeltà alla famiglia, alla crescita dei figli, all’assistenza dei malati e dei piccoli, che hanno condiviso il pane con il povero”.

E la ‘comunione dei Santi’ è conforto per i cristiani, ricordando la premura di papa Francesco: “La comunione dei santi oltre ad offrirci la certezza della presenza presso Dio e dell’intercessione di questa immensa moltitudine, illumina anche le nostre relazioni quotidiane, facendoci sentire abbracciati dall’amicizia di molti fratelli in Cristo.

In particolare uno, il Santo Padre Francesco, che vi saluta e mi ha chiesto di portarvi la sua  benedizione e conforto: non ha mai potuto finora venire in Siria, ma non ha smesso un istante di starvi accanto”.

La preghiera è un sollievo per chi vive nella guerra: “La preghiera del mondo quella sera di 8 anni fa partendo da Roma ha tracciato un cammino, che molte volte però successivamente è stato disatteso: si attua nella vita dei popoli la stessa dinamica che in quella personale di ciascuno di noi, quando con il cuore e la mente vediamo il bene e lo approviamo, accogliendo la grazia in noi, ma poi le nostre scelte concrete ci fanno ricadere nella miseria del peccato che ci allontana da Dio e dai fratelli”.

Da qui un invito ai cattolici di Aleppo a non abbandonare il cammino sinodale: “Intensificate il cammino insieme avviato con il Sinodo cittadino dell’anno scorso, con un ascolto reciproco e costante di tutte le componenti delle vostre comunità, cercate alcune linee comuni, penso in particolare alla pastorale dei giovani e scolastica, all’accompagnamento delle famiglie, alle attività caritative.

Quale comunione dei santi potremo celebrare se poi ciascuno ricade nella sua autoreferenzialità? Riprendendo la pagina dell’Apocalisse, al centro della vostra città ci sia l’Agnello Immolato, vera luce che illumina le notti e riscalda il giorno: non si sostituisca a lui nessuna profezia umana o personalità”.

Infine ha invitato i cittadini a non dimenticare l’ospitalità: “La vostra amata città, che un secolo fa accolse i rifugiati armeni e di altre minoranze scampati alla persecuzione ed alla morte certa, possa tornare ad essere luogo di ospitalità e di vita e non di fuga, soprattutto di giovani.

Il nome di Aleppo torni ad essere grande non per le macerie che riempiono ancora le vostre strade e i vostri quartieri, non per le migliaia di figli e figlie andati ovunque nel mondo, ma il volto splendente di una comunità cristiana che nell’annuncio del Vangelo e nel pane spezzato per i poveri fa risuonare il canto della lode accompagnato dall’arpa degli angeli e dei santi in cielo, in un’unica sinfonia espressione della bellezza di Dio”.

Nell’ultimo giorno il card. Sandri ha visitato la comunità armeno-cattolica, accolto dall’arcivescovo Boutros Marayati e dai bambini della scuola attigua alla restaurata cattedrale. Poi il cardinale si è recato nella cattedrale dell’arcieparchia maronita, dedicata a sant’Elia. Dopo la preghiera e la benedizione, ha ricordato la precedente visita alla tomba di Mar Maroun, fondatore della Chiesa maronita, che si trova in Siria nei pressi delle Villes Mortes.

Da Aleppo si è diretto a Deir Mar Mousa, monastero fondato da padre Paolo Dall’Oglio, per incontrare la comunità ancora vivace e attiva dopo il suo rapimento:  “Il Papa non ha smesso di rivolgersi alla Chiesa e al mondo come autorità morale, invitando alla preghiera e alla speranza, nell’auspicio che si trovi un accordo sbloccandosi l’impasse nel confronto tra chi impone le sanzioni e chi le riceve, che è comunque tenuto a fare un passo”.

(Foto: Congregazione delle Chiese Orientali)

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