Da Taranto passi per rigenerare l’Italia

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Oggi a Taranto si conclude la 49^ Settimana Sociale dei cattolici italiani con la richiesta di un nuovo stile di vita per orientare scelte di consumo sostenibili ed iniziative di cittadinanza attiva orientate a favorire la diffusione di modelli capaci di coniugare sviluppo e ambiente. Nello specifico sono stati lanciati 10 suggerimenti, di cui il primo punto consiste nell’educare alla sostenibilità integrale la cittadinanza, attraverso programmi straordinari di aggiornamento delle conoscenze e delle sensibilità per fasce di età 35-45 anni con bassa scolarizzazione.

La seconda richiesta esplicita riguarda la spinta al consumo e la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili; la terza ‘raccomandazione’ è sintetizzabile nello slogan ‘No plastic’, sostituendo la plastica monouso con prodotti creati da materiali riciclabili. Il quarto punto consiste nella valorizzazione dell’agricoltura km 0 in un’ottica di lotta agli sprechi e agli scarti. Invece il quinto invito è racchiuso nel titolo ‘Città fratelli tutti’, chiedendo di agire affinché i centri urbani si prendano cura del prossimo.

In queste raccomandazioni rientra l’utilizzo di mezzi di trasporto a minore impatto sulle emissioni climalteranti; la cura dei territori adoperandosi per la pulizia degli spazi pubblici delle città; il contrasto alla speculazione e alla finanza che non genera ecologia integrale, privilegiando investimenti in fondi responsabili. Gli ultimi due ‘stili di vita’ consigliati riguardano la comunità: lavorare insieme alle reti ed associazioni dei territori che s’impegnano a valorizzare i beni comuni ambientali-sociali-culturali locali; ed attivarsi per azioni di advocacy e class action contro speculazione e inquinatori.

Durante questi giorni  è stato proposto dai giovani un ‘manifesto’, che vuole essere un manifesto politico di ‘comunità’ per non far ‘morire’ la speranza: “Alla Settimana Sociale dei cattolici di Taranto abbiamo deciso di proporre un modello di condivisione, di cooperazione e discernimento collettivo che ci permetta insieme di rigenerare e condividere i rischi della transizione. Il manifesto è un messaggio di speranza che si basa su impegni concreti di alleanze per la transizione ecologica, economica e sociale integrale, speranza e impegni che ci fanno riscoprire fratelli e sorelle. Questo cammino si costituisce di tappe rigenerative, di Agorà digitali, di un Nuovo Vocabolario e di linee guida per alleanze concrete”.

Ed hanno proposto sette punti che consente di ‘far fiorire l’ambiente’: “Attraverso l’ambiente possiamo stringere nuove alleanze nei territori tra associazioni, amministrazioni, diocesi, aziende, centri di formazione e parrocchie. Facciamo ‘squadra’ con obiettivi concreti a sostegno di una conversione ecologica integrale per illuminare il futuro. Riscopriamo la sostenibilità come nuovo orizzonte di fraternità”.

Occorre cooperare nella costruzione del bene comune: “Creiamo insieme comunità educanti, capaci di attivare alleanze con il mondo della scuola e la società civile. I giovani siano protagonisti di processi rigenerativi immaginati da loro e con loro. Costruiamo insieme un vero sistema educante”.

Da questa costruzione può nascere una nuova imprenditoria sostenibile: “Favoriamo la proliferazione di iniziative imprenditoriali. Creiamo alleanze tra imprenditrici e imprenditori, riscoprendoci fratelli e sorelle tramite la condivisione di esperienze e desideri. Il sistema imprenditoriale crei una forte sostenibilità economica, sociale e ambientale con i lavoratori, il territorio e la pubblica amministrazione”.

I giovani chiedono un nuovo modo di fare impresa, che non disperda la tradizione delle comunità locali: “Incrementiamo la partecipazione ai processi di valorizzazione delle comunità locali per il bene comune. Creiamo alleanze tra cittadine e cittadini per generare processi di corresponsabilità. Riscopriamo la diversità come profonda ricchezza da custodire. I cittadini siano i primi alleati della pubblica amministrazione per rigenerare spazi verdi e donare nuova vita agli immobili in disuso. Puntiamo ad essere Communitas, torniamo ad essere dono”.

E per costruire la communitas occorre una corresponsabilità: “Creiamo un’alleanza di corresponsabilità tra i giovani e le diocesi, perché queste ultime si riscoprano luoghi di incontro e di accoglienza. Diamo in questo modo concretezza ai progetti e ai processi, con fiducia verso i giovani e il diritto all’errore. Trasformiamo il nostro stile di vita in testimonianza”.

Ed ecco l’invito a diventare simboli di generatività: “Divertiamoci insieme nella condivisione e nella riscoperta di alleanze, con la gioia di chi spera, la fiducia attiva di chi si sente parte di un’alleanza, e l’impegno di chi si sente madre, padre, fratello, sorella, figlia e figlio per le nuove generazioni e il proprio pianeta”.

Ed anche nell’omelia di ieri l’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro, ha sottolineato la concretezza delle opere: “Offriamo la speranza non nel teorizzare soluzioni, ma rischiando in prima persona, mettendoci in gioco, rimboccandoci le maniche. Donandoci. Stiamo riflettendo sul #tuttoèconnesso. La prima connessione è la fraternità che contempliamo in questa assemblea. Siamo connessi gli uni agli altri.

Perché nel nostro modus di essere sociali, vi è un legame molto più profondo, mai sacrificabile in nome del profitto, del tornaconto. Il pianeta ha bisogno dell’apertura di corridoi percorribili secondo lo Spirito, perché anche tra le contraddizioni e le croci siamo predestinati alla gioia che già inizia in questa terra, che è del Signore con tutto quello che essa contiene quando cerchiamo il suo volto come abbiamo pregato nel salmo”.

Riprendendo la parabola del vignaiuolo l’arcivescovo di Taranto ha chiesto cura e pazienza per rigenerare: “E’ così che il Signore, con una breve parabola, descrive il processo di conversione che è un itinerario passionale di pazienza e di cura. Un fico infatti non metteva frutti e di fronte alla sua infruttuosità il suo padrone decide di sradicarlo.

Il contadino chiede pazienza al padrone, promette di prendersene cura, di stare ad esso vicino. La conversione infatti inaugura un tempo di misericordia, un tempo necessario perché il cuore torni ad appartenere a Dio, perché il fico riemetta i suoi germogli. Interessante il concetto di cura e di pazienza quale viatico indispensabile perché si porti frutto, perché anche quel fico si converta e torni alla sua vera vocazione”.

(Foto: Settimana Sociale dei Cattolici italiani)

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