Green Pass. Con il lasciapassare verde, l’Italia assomiglia sempre più alla Cina. Poi, l’omertà sui fatti e sulla matrice comunista delle minacce di morte per Michetti, di cui nessuno parla

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Diretta Instagram di Nicola Porro del 15 ottobre 2021 con Mario Giordano sul primo giorno di Green Pass obbligatorio. Dalle proteste ignorate dei portuali agli insulti della sinistra contro chi si oppone al lasciapassare, passando per le responsabilità della Lamorgese nell’assalto alla Cgil: è tutto chiaro dice Porro, abbiamo visto che si è fatto entrare indisturbati i fascisti nella sede della Cgil, confermato puoi – aggiunge – dal Ministro degli interni in Parlamento.

«Fatemi capire una cosa. Ma stanno manifestando contro il pericolo fascista, rappresentato da uno che aveva annunciato l’assalto alla sede della CGIL due ore prima che avvenisse?» (Avv. Giuseppe Palma).

«Italy is to make it compulsory for all workers to have a Covid “Green Pass”. The measures are a first for Europe and some of the strictest in the world» (BBC) [L’Italia renderà obbligatorio per tutti i lavoratori il “lasciapassare verde” Covid. Le misure sono al primo posto in Europa e tra le più severe al mondo].
L’ho già osservato in passato, che raramente l’Italia raggiunge il primo post nelle classifiche e questa volta il primato raggiunto non è edificante. E il perché l’abbiamo già spiegato innumerevoli volte in questi tempi. L’ha ancora osservato altrove il sempre acuto amico Antonio Caragliu, a chi chiama in causa il “paradosso della democrazia”, centrando in pieno il vulnus dell’infame lasciapassare verde: «Qui si tratta di deficit di libertà. Il vulnus riguarda i principi liberali più che quelli democratici. Certo, nel momento in cui parli di rappresentanza chiami in causa una valutazione di “rappresentatività” che va oltre il rito delle elezioni. Il concetto dì rappresentatività in questo caso è un metro di giudizio delle forze politiche. Il punto è che il voto di una maggioranza parlamentare non è idonea, in un paese civile, a sacrificare i diritti fondamentali di una minoranza».

Poi, segue l’articolo dell’amico e collega Renato Farina su Libero Quotidiano di questa mattina. Minacce di morte firmate con la stella rossa a cinque punte, il marchio infame delle Brigate rosse, contro Enrico Michetti e nessuno parla di matrice comunista. Tanti giallorossi esprimono solidarietà, ma nessuno, da Letta a Gualtieri, cita il riferimento ideale delle Br. Il leader Dem: «Esprimo piena solidarietà a Enrico Michetti. Odio e insulti non possono far parte in alcun modo della dialettica democratica» (Enrico Letta).

I giornali domani saranno tutti a festeggiare la piazza dei sindacati contro il fascismo. Mentre siamo l’unico Paese al mondo con un lasciapassare sanitario emesso dal governo per lavorare e i nostri intellettuali godono. Manifestazione sindacati, presidio di 5mila poliziotti mentre quando hanno annunciato l’assalto alla sede della Cgil c’erano quattro gatti a presidiare.

Intanto da lunedì 2 milioni di lavoratori a casa senza stipendio dice la Cgia di Mestre.

Belpietro sulla Verità cita il New York Times di ieri: “L’Italia ha fissato un nuovo livello per le democrazie occidentali”. Stiamo diventando come la Cina!

I portuali alla fine non hanno bloccato l’Italia. Hanno fatto bene a non farlo come hanno fatto bene a manifestare contro il green pass sul lavoro.

Per Travaglio siamo alla vigilia di un regime…

Venti minuti a dir poco esplosivi.

00:00 Saluti
03:00 Cosa rimane della prima giornata di Green Pass obbligatorio al lavoro
06:00 Per Enrico Letta il tampone gratis per chi non si vaccina è come il condono per chi non paga le tasse
08:00 Perché il tampone no?
10:22 I media ignorano le proteste
12:50 Perché la protesta è nata nei porti?
15:16 La manifestazione della sinistra il giorno prima del voto

“Mi sono rotto i cogli***!”. Giordano sbotta sul green pass
Nicolaporro.it, 16 ottobre 2021


Scoppiettante diretta Instagram con Mario Giordano sul green pass. Al centro del dibattito c’è, ovviamente, la questione delle proteste dei portuali di Trieste bistrattati dalla sinistra. “Per 50 anni mi sono sentito raccontare della sacralità dello sciopero – dice Giordano – abbiamo visto scioperi al venerdì dei mezzi pubblici a iosa e non si poteva dire niente perché ‘lo sciopero è sacro’. Adesso, invece, ho sentito dire che lo sciopero è diventato un ricatto. Un ricatto! Tutti i soloni della sinistra hanno definito lo sciopero un ricatto”.

Lo sciopero dei portuali

Per non parlare del trattamento subito dai manifestanti. Li hanno definiti a vario titolo “mentecatti”, “mentitori”, “minorati”. “Li invitavano per insultarli – insiste Giordano – Io credo che i puntuali di Trieste, a cui va tutto il mio affetto e la mia stima, vadano rispettati. Uno può anche non essere d’accordo con loro, ma vanno rispettati. Queste sono persone che stanno rinunciando a giorni di stipendio, hanno fatto una manifestazione pacifica, hanno permesso a chi voleva di entrare a lavorare, hanno cacciato via tutti i violenti, hanno protestato per un principio”. Quale? Il punto, dice il conduttore, non è “come le ho sentito chiedere mille volte alla Gruber e anche da conduttrici delle nostre tv”, il fatto che i portuali non vogliano entrare con il badge. “No, non è quello il problema – spiega Giordano – A loro dà fastidio che ci sia un lavoratore discriminato per una scelta che non è illegale. E io mi sono rotto i coglioni di continuare a sentirvi fare il paragone con gli evasori fiscali”.

Gli evasori, Giordano e il green pass

Un paragone fatto da Enrico Letta, secondo cui garantire il tampone gratuito ai non vaccinati sarebbe come concedere un condono fiscale agli evasori. “Ti rendi conto della stronzata che è? Una stronzata! – si infervora Giordano – Perché se tu mi metti l’obbligo vaccinale, allora io evado l’obbligo e sono nel torto. Ma fino a quando tu Stato mi dai una possibilità di scelta, mi dici che posso scegliere se vaccinarmi o meno, se poi mi discrimini col green pass non va bene. Io ho fatto la mia scelta personale: è una cosa di una gravità pazzesca. Pazzesca! Cioè tu discrimini sul posto di lavoro uno in base a una sua scelta legata alla salute. Ma io non lo so che cazzo ci vuole per capire che è un orrore”.

Anche perché a protestare per questa ingiusta discriminazione sono anche persone vaccinatissime. Come Stefano Puzzer, il capo dei portuali triestini. Che però, pur siringato, porta avanti una lotta di principio. Spiega Giordano: “Lui dice: ma io entro al lavoro e uno che ha fatto una scelta diversa dalla mia invece lo lasci fuori e lo discrimini? È una follia”.

Condanna a metà
Il Pd tace sulla matrice comunista
di Renato Farina
Libero Quotidiano, 16 ottobre 2021


Dai massimi esponenti della sinistra nazionale e locale, oltre che dei Cinque Stelle, sono giunte condanne ed espressioni di solidarietà a Enrico Michetti unanimi. Sono state pronte e nette, qualcuna più stentorea delle altre (Luigi Di Maio il più solenne). Bravi tutti. Però c’è un però. Dopo averle messe in fila per benino, e lette con cura, ci siamo accorti di due censure chirurgicamente perfette, direi millimetriche, da fuoriclasse dell’ipocrisia, da imbianchini specializzati nel pitturare i sepolcri dove sotterrare la verità. Soprattutto gli autori sono stati fenomenali nel ripulire la scena del crimine dalle impronte di famiglia. Parola d’ordine: togliere le macchie rosse dal delitto.

Le 11 dichiarazioni dei personaggi della nomenclatura esaminate appartengono in ordine gerarchico: per il Partito democratico a Enrico Letta, Nicola Zingaretti, Roberto Gualtieri, Emanuele Fiano, Enrico Borghi (Copasir), Simona Malvezzi (capogruppo Senato); per i Cinque Stelle a Giuseppe Conte, Luigi Di Maio, Virginia Raggi; per Italia Viva a Ettore Rosato e Ivan Scalfarotto.

L’omertà è assoluta su due punti. Il primo: i fatti. Il secondo: la matrice, la famosa matrice a cui hanno provato a impiccare Meloni, ma che in nome del classico doppio standard a loro non riesce proprio di pronunciare. Sillabate piano che ci riuscite pure voi. Co-mu-ni-sta. Ma-tri-ce co-mu-ni-sta.

1. Nessuno descrive, neppure per sommi capi, in che cosa siano consistite le «intimidazioni» (definite così da 5 tra i nostri 11 politici di sinistra), le «minacce» (2 su 11), la «violenza» (6 su 11) ricevute dal candidato sindaco di centrodestra a Roma. Che siano minacce di morte nessuno degli undici lo ricorda.

Il peccato originale

Uno solo, Fiano, dice che la scritta qualificava Michetti come «fascista». Ma tace pure lui sulla condanna connessa: «Ricordati Piazzale Loreto». Perché? Ovvio. Quella motivazione messa rosso su bianco avrebbe mostrato il nesso di causa ed effetto, e perciò la responsabilità morale, tra le accuse di legami con Forza nuova e gruppi inneggianti al fascismo rivolte con premeditazione da falsari alla Meloni e l’«atto inaccettabile» (Gualtieri) contro Michetti, candidato per volontà della leader di FdI e dunque fascista per contaminazione, pur avendo avuto una sola tessera partitica in vita sua: quella con scritto Libertas su uno Scudo crociato.

Inaccettabile l’atto, di sicuro, ma erano forse accettabili le fandonie dall’apparato politico- mediatico (La7, Repubblica, La Stampa) che hanno indirizzato i violenti contro Michetti? Che c’entra Michetti con l’assalto alla Cgil? All’origine dell’equivalenza criminale ci sta la sentenza Twitter di Peppino Provenzano, vice segretario del Pd, che a partire dall’assalto di Forza nuova alla Cgil ha lanciato la campagna per cacciare dall’«arco democratico e repubblicano» Meloni e FdI. La «matrice» li accomuna! Una aberrazione assecondata dal chi-tace-acconsente di tutti i capi della sinistra e del M5S. Dopo di che, per l’irresistibile logica per cui chi fa trenta deve fare trentuno, si sono tirate in mezzo Lega e Forza Italia sottoposte al ventilatore di escrementi azionato da Corrado Formigli a Piazzapulita (curioso e rivelatore il lapsus di Lilli Gruber che su La7 ha nominato Forza Italia invece di Forza nuova).

2. Soprattutto nessuno si azzarda ad analizzare, sia pure alla grossa, la «matrice» di questo «gesto vile» (espressione di Enrico Letta) che pure è rossa, rossissima. C’è un impedimento: va contro la narrazione per cui il male è anzi dev’essere nero. Invece qui la firma appartiene all’«album di famiglia» del Partito comunista. E dunque alle sue filiazioni attuali.

Servono scuse

La matrice è comunista. E ha come riferimento ideale e ispirazione operativa le Brigate rosse. Infatti c’è il marchio, il logo infame, ripetuto due volte. La stella a cinque punte. E, guarda un po’, non ce n’è uno, anzi neppure mezzo, che tra gli 11 campioni di solidarietà accenni alla stella. È una dimenticanza trascurabile? Sarebbe come evitare di citare la svastica sulle tombe divelte dei cimiteri ebraici. È la firma. Perché tanta paura a dirlo? In sei su undici danno la colpa all’odio. Giusto. Ma non segue alcun aggettivo, perché? Un piccolo sforzo e magari ci arrivate. Niente.

Dovrebbero chiedere scusa. Per primo il citato Peppino Provenzano, da cui ci saremmo aspettati dopo il tweet-molotov contro Meloni anche solo un lieve passettino in retromarcia, un moto di lealtà tipo «mi spiace, ho sbagliato». Finora nessuna dichiarazione. Magari prima o poi qualche sodale lo avvertirà del contrordine compagni.

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