Roma, 9 ottobre 2021, qualcosa non torna. Francesco Koᛋᛋiga, 23 ottobre 2008: «Voglio sentire il suono delle ambulanze»

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«Credetemi. Ho 70 anni, MAI ho visto e MAI avrei pensato di vedere uno scempio della Democrazia, della Verità! La strategia della tensione fu usata negli anni della mia gioventù… Ma allora era “costruita” bene, quasi sofisticata. Oggi la organizzano con superficialità e arroganza» (Vito Gulli).

«Talvolta accade che l’errore sia così simile alla verità che a nessuno può passare per la mente l’idea che si tratti di errore» (Lev Isaakovič Šestov, nato come Leguda Lejb Švarcman [Kiev, 31 gennaio 1866 – Parigi, 19 novembre 1938], filosofo e scrittore russo di origini ebraiche, esponente dell’esistenzialismo).

«Quello che è accaduto sabato scorso, è un fatto simile a ciò, che è accaduto alla scuola Diaz a Genova in occasione del noto G8, la sera del 21 luglio 2001. Quando la pubblica sicurezza non applica il suo primo strumento di lavoro, che é quello della prevenzione, ma bensì utilizza artatamente quello della repressione, c’è sempre puzza di bruciato» (Ivo Pincara).

I “NoGreenPass” non mollano. Mentre i portuali – iniziando con i triestini [«Insomma questi portuali triestini vogliono uscire dalla cronaca per entrare prepotentemente nella storia» (Fabio Franchi)] [QUI] e [QUI] – incroceranno le braccia ad oltranza, domani venerdì 15 ottobre 2021, nel giorno in cui si dovrà esibire il lasciapassare verde nei luoghi di lavoro, la protesta dei “No Green Pass” non si ferma, per manifestare il dissenso con l’obbligo del lasciapassare verde per i lavoratori.

«Il Green Pass – che classifica in maniera omogenea situazioni invece difformi – non garantisce la sicurezza sul lavoro nella misura in cui non c’è certezza che i vaccinati non contagino (Risoluzione 2383/21 Consiglio D’Europa). Direttiva 54/2000 impone al datore di lavoro la protezione dei lavoratori da agenti patogeni; chiaro che se il Green Pass sostituisce il test rapido all’ingresso i rischi ci sono. Occorre però che il Governo spieghi questa scelta» (Giulio Marini).

Riflettendo su sabato 9 ottobre 2021

«Reparto di Polizia arriva alla sede della CGIL presa d’assalto. E si ferma lasciando indisturbati i facinorosi in flagranza di reato, che continuano il reato stesso tranquilli e indisturbati. Spiegazioni?» (Lucio Malan).

La giornalista della Stampa Flavia Amabile, che sabato seguiva la manifestazione NoGreenPass: «Siamo stati caricati e manganellati. Io avevo un telefonino in mano e gli altri nulla. Era un momento di calma, nessuno lanciava oggetti».

«Guardando i video che circolano sembra che oltre agli squadristi di FN infiltrati tra i manifestanti, ci fossero anche violenti “infiltrati” tra le forze dell’ordine. Penso che il più interessato di tutti a vedere, capire e discernere debba essere il Ministero dell’Interno» (Guido Crosetto).

«Video preso da un tweet di un giornale francese. Il pestaggio brutale è chiarissimo» (Vittorio Ferramosca) [QUI].

«Queste sono immagini di violenza ingiustificata e bestiale contro un ragazzo disarmato. Quel soggetto in borghese che lo picchia selvaggiamente va identificato e processato. Lamorgese e Draghi devono rispondere di questa violenza di Stato con chiarezza» (Francesca Donato).

«I manifestanti pacifici vanno sempre tutelati, mentre quelli violenti vanno separati e le loro azioni severamente condannate» (Enrico Michetti).

«Quelli di Forza Nuova sono delinquenti, mentre quelli deiCentri Sociali sono angioletti. Ma andate a fare in cxlo» (Vittorio Feltri).

«Se manifesti contro provvedimenti palesemente incostituzionali, sei squadrista. Se manifesti per l’utero in affitto o vandalizzi la statua di Montanelli o esponi cartelli con Meloni a testa in giù o istighi alla violenza e all’odio verso chi sceglie di non vaccinarsi, sei civile» (Azzurra Barbuto).

«Se a casa tua trovano una dose sei spacciatore e narcotrafficante internazionale. Se a casa tua gli operai trovano 25 mila euro nella cuccia, hai il cane virtuoso risparmiatore che invece di sotterrare ossi accumula contanti» (Azzurra Barbuto).

«Strano però, era veramente imprevedibile la tensione sociale dopo che un ministro ha parlato di sofferenza psicologica per indurre un comportamento» (Bonifacio Castellane).

«Disonesta la sovrapposizione che si cerca di imporre tra no-vax e no-Green-Pass, tra cui ci sono vaccinati e persone che non si possono definire no-vax solo perché hanno legittimamente scelto di non fare questo vaccino. E disonesta è la sovrapposizione fra manifestanti e fascisti» (Azzurra Barbuto).

«Vorrebbero fare passare una manifestazione straordinariamente sentita, a cui hanno partecipato oltre 10.000 cittadini, come un raduno di 4 fascisti per di più avanzi di galera. Stampa corrotta e disonesta, che conosce solo padrone, che sbava e lecca» (Azzurra Barbuto).

«Mentre mettono in scena l’ennesima pantomima sul fantasma del fascismo, si avvicina sempre di più la nuova crisi programmata. Dopo la Cina e il Libano blackout anche in Albania. Dall’emergenza sanitaria a quella energetica. L’importante è tenere la popolazione nel terrore perenne» (Ilaria Bifarini).

«Senza dubbi, senza ombre, senza equivoci, senza tentennamenti, senza esitazioni, io sto con questa parte d’Italia. Io sto con i cittadini. Noi siamo il popolo sovrano. Li chiamate “fascisti”, ma questa piazza è l’ultimo baluardo della democrazia» (Azzurra Barbuto).

La manifestazione pacifica dei “NoGreenPass” a Roma, 9 ottobre 2021 (Foto di Massimo Percossi/ANSA).

Sabato, 9 ottobre 2021 a Roma si svolgeva una manifestazione pacifica “NoGreenPass”. Poi, la “guerriglia urbana” e l’assalto alla sede della CGIL in Corso Italia da parte dei soliti groupuscules.

Riportiamo di seguito la cronaca della manifestazione – a titolo di esempio – da Romatoday.it dello stesso giorno alle ore 17.46. Poi, seguono le dichiarazioni del giorno seguente, il 10 ottobre 2021 all’Adnkronos dell’avvocato Carlo Taormina e l’analisi di Antonio Amorosi per Affaritaliani.it dell’11 ottobre 2021: «Violenza manifestazione No Green Pass, “sembrava preordinata”: cosa non torna. Come mai ad alcuni è stato permesso di fare tutto? E altri aggrediti? Fatti. Video. Testimonianze di chi c‘era. Viminale sotto accusa».

Francesco Cossiga, Presidente emerito della Repubblica, più volte Ministro dell’interno e Senatore a vita, 23 anni fa lo spiegava con precisione, come da decenni chi governa impiega “agenti provocatori’ per influenzare e sviare impunemente l’opinione pubblica ed evitare che i media sono costretti a raccontare nelle loro cronache manifestazioni imponenti e pacifiche. Cossiga sì, che se ne intendeva della strategia della tensione: ritirare la polizia dalle strade, infiltrare il movimento di protesta con agenti provocatori pronti a tutto e lasciarli devastare la città, picchiare a sangue i protestanti pacifici e sputtanare una manifestazione pacifica. Allora, nel 2008, mentre migliaia di studenti con centinaia di docenti erano in piazza a manifestare contro la riforma dell’università, Francesco Cossiga rilasciò un’intervista al quotidiano QN (che ripubblichiamo di seguito), che oggi va letto con il senno del poi. In pratica, dava qualche consiglio all’allora Ministro dell’interno in carica, su come gestire le proteste di piazza, l’infiltrazione di agenti provocatori e le manganellate.

Nell’agghiacciante intervista che rilasciò ad Andrea Cangini per il Quotidiano Nazionale (Il Giorno /Resto del Carlino/La Nazione) del 23 ottobre 2008, Cossiga suggeriva di applicare la sua ricetta collaudata più volte in quegli anni Settanta che lo avevano visto alla guida del Ministero degli interni nei momenti più caldi degli anni di piombo. Nell’intervista Cossiga rivendicò di aver fatto fronte ai moti di protesta ricorrendo a metodi apertamente illegali. Più precisamente ricordava come aveva agito mentre era al Viminale e proponeva al Ministro dell’interno, Roberto Maroni la sua soluzione per contenere il dissenso universitario nei confronti della legge 133/2008 e per mettere fine alla mobilitazione di quei giorni: evitare di chiamare in causa la polizia, ma screditare il movimento studentesco infiltrando agenti provocatori: «Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città» e solo allora, «forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri». E spiega: «Nel senso che le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale», picchiando in particolar modo i docenti: «Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì». Nell’affermare ciò, Cossiga sostenne che il terrorismo degli anni settanta era partito proprio dalle Università, e confermò di avere già attuato una strategia simile quando egli stesso era stato Ministro dell’interno.

Era seguito qualche sopito commento sui quotidiani, come nella rubrica di Corrado Augias sulla Repubblica, che raccoglieva commenti di lettori sbigottiti e poi il giornalista ricordava che «mentre Cossiga era ministro dell’Interno Giorgiana Masi, giovane militante radicale, venne uccisa a Roma durante una dimostrazione in circostanze mai chiarite». E sul Tirreno una lettrice commenta: «Poiché non ho sentito nessun commento a queste dichiarazioni, mi chiedo: le ho lette solo io? O ci lasciano totalmente indifferenti perché ormai siamo abituati a tutto?».

Cossiga come Ministro dell’interno negli anni 1976-78 guidò la spietata repressione del movimento di protesta, e la sua azione in questo periodo è stata legata, in circostanze avvolte da un impenetrabile muro di omertà, ad alcuni dei fatti più tragici e oscuri della storia recente della Repubblica: Gladio, la P2, l’omicidio di Giorgiana Masi.

L’11 marzo 1977, nel corso di durissimi scontri tra studenti e forze dell’ordine nella zona universitaria di Bologna venne ucciso il militante di Lotta Continua Pierfrancesco Lorusso. Alle successive proteste degli studenti, Cossiga, allora titolare del Ministero dell’interno, rispose mandando veicoli di trasporto truppe blindati (M113) nella zona universitaria. Il giorno dopo i fatti di Bologna fu ucciso a Torino il brigadiere Giuseppe Ciotta, mentre il 22 marzo, a Roma, l’agente Claudio Graziosi fu freddato nel momento in cui tentava di arrestare la terrorista Maria Pia Vianale: nello scambio di colpi d’arma da fuoco tra i compagni di Graziosi e l’assassino morì anche una guardia zoofila, Angelo Cerrai]. Il mese successivo un poliziotto che sorvegliava un corteo fu ucciso, e tre suoi colleghi rimasero feriti. A seguito di ciò, visto il clima di violenza e i toni sempre più accesi, in particolare dei soggetti appartenenti all’area extraparlamentare, Francesco Cossiga diede disposizioni per vietare in tutto il Lazio, fino al successivo 31 maggio, tutte le manifestazioni pubbliche, spiegando che non voleva permettere «che i figli della borghesia romana uccidessero i figli dei contadini del Sud». Nonostante il divieto, grandi gruppi di militanti diedero comunque il via a manifestazioni di protesta. Il 12 maggio a Roma, nei pressi del Ponte Garibaldi, durante una manifestazione radicale, perse la vita per colpi d’arma da fuoco la studentessa romana Giorgiana Masi. Nonostante l’autore dell’omicidio sia rimasto ignoto, Marco Pannella e i radicali sostennero a più riprese la tesi di una responsabilità morale di Cossiga, chiedendo anche l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sull’accaduto. Dal canto suo, Cossiga ha sempre respinto la tesi di una sua responsabilità morale, attribuendola invece allo stesso Pannella, avendo questi deciso di effettuare il sit-in pur avvertito dell’altissima probabilità di scontri armati e del conseguente rischio per i militanti radicali e i simpatizzanti della manifestazione.

Successivamente Cossiga ammise che, la sera della manifestazione in cui si ebbe la morte di Giorgiana Masi, fossero presenti agenti provocatori armati della polizia ma a sua insaputa; per tale motivo avrebbe subito provveduto alla sostituzione del questore di Roma che lo aveva tenuto all’oscuro. Purtuttavia, negò sempre che fossero stati i militari impegnati ad aprire il fuoco sui manifestanti: «Il reparto dei carabinieri che si trovava dall’altra parte del ponte, subito accusato di aver aperto il fuoco, per ordine dell’autorità giudiziaria fu disarmato da elementi della Squadra Mobile: alla perizia, risultò che nessun colpo era stato sparato».

Negli ultimi due anni di mandato come Presidente della Repubblica i suoi interventi, spesso provocatori e volutamente eccessivi, con fortissima esposizione mediatica, valsero a Cossiga l’appellativo di «picconatore» e di «grande esternatore». Fu lui stesso a definire tali esternazioni, con riferimento a un noto brano del cantante Natalino Otto, un «levarsi i sassolini dalla scarpa», per sottolinearne la natura di reazione ad attacchi cui si riteneva sottoposto.

Nel periodo in cui era Ministro dell’interno, nelle scritte sui muri dei manifestanti, il suo nome veniva storpiato con una kappa iniziale e usando la doppia esse delle SS naziste (sowilo, lettera dell’alfabeto runico), in una forma somigliante a Koᛋᛋ iga.

Nel corso degli anni, contemporaneamente al riemergere di inchieste che lo hanno riguardato, trattanti stragi e fatti legati alla strategia della tensione, si è affermato – ricorda Wikipedia – che fosse affiliato alla Massoneria. La stessa famiglia di Cossiga vantava numerosi membri iscritti alla Gran Loggia d’Italia degli Alam, nel Rito scozzese antico ed accettato; addirittura il nonno Antonio Zanfarino aveva conseguito il 33º grado (il più alto) del rito Scozzese. Queste voci erano anche legate alle dichiarate fedeltà atlantiste e alla sua vicinanza con uomini degli apparati militari della NATO, ma furono sempre smentite. Cossiga, infatti, affermò di non poter «essere massone perché sono cattolico, e credo fermamente che le due condizioni siano incompatibili»; dichiarò, tuttavia, di conoscere moltissimi massoni e di aver tentato, tramite Licio Gelli, di intercedere per i desaparecidos italiani presso il generale argentino Emilio Eduardo Massera, con scarsi risultati. Era anche nota la sua amicizia con Armando Corona, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia dal 1982 al 1990 e poi membro dell’UDR di Cossiga. Negli ultimi anni della sua vita, comunque, Cossiga sviluppò una vera e propria passione e interesse per libri e argomenti trattanti la massoneria e l’esoterismo.

Manifestazione No Green Pass a piazza del Popolo (Foto Ansa).

NoGreenPass, 10mila in piazza del Popolo: tensioni e scontri con le forze dell’ordine
I problemi quando un gruppo di manifestanti ha provato a dirigersi prima verso via di Porta Pinciana e poi verso la sede della Cgil a corso d’Italia
Romatoday.it, 9 ottobre 2021 ore 17.46


Tensioni e scontri alla manifestazione NoGreenPass di sabato 9 ottobre a piazza del Popolo dove un gruppo di manifestanti ha provato a sfondare il cordone di polizia per dirigersi in via di Porta Pinciana. Poi si sono diretti alla sede della Cgil di corso d’Italia dove è nato un parapiglia nel tentativo di occupare la sede nazionale del sindacato. Sono 10mila le persone scese in piazza al Centro di Roma con un’altra protesta in corso a piazza Bocca della Verità, organizzata da Forza del Popolo. Fra i presenti anche dei militanti di Forza Nuova.

Al sit-in, tra gli altri, anche il leader romano di Forza Nuova Giuliano Castellino. “Siamo 100 mila. Oggi fermiamo il certificato verde. La forza della piazza contro la tirannia sanitaria, la forza della gente contro le emergenze inventate”, ha detto all’Agi Castellino che dal palco ha poi aggiunto: “La forza del lavoro contro il Green Pass! Noi siamo il popolo ed oggi li bloccheremo”. In piazza del Popolo alcuni manifestanti hanno lanciato sedie contro le forze dell’ordine tentando di accedere a via del Babuino.

“Assassini, assassini”, ed ancora “Libertà, libertà”, “Ci prendiamo Roma” gli slogan gridati dai manifestanti No Green Pass: “Vogliamo le dimissioni di Draghi e Mattarella”, alcune delle frasi scandite dal palco di piazza del Popolo. Un gruppo ha provato poi a spostarsi nella sede della Cgil dove sono scoppiati altri tafferugli.

Qui in migliaia si sono accalcati sotto le finestre della sede del sindacato, tra cori e striscioni. “Nessuno può toglierci il lavoro che ci siamo conquistati onestamente e duramente”, “Landini dimettiti”, le urla rivolte all’indirizzo del segretario generale della Cgil Maurizio Landini. Un’altra parte del corteo ha invece preso la strada opposta, tentando di dirigersi verso Montecitorio attraverso via del Babuino, bloccato però dalle forze dell’ordine schierate all’inizio della piazza.

Un piccolo corteo ha inoltre sfilato su via del Corso dietro ad uno striscione nero che recitava “NoGreenPass”. Anche qui si sono registrate tensioni con le forze dell’ordine che hanno azionato gli idranti e lanciato lacrimogeni per disperdere chi stavano tentando di arrivare a palazzo Chigi. Nel corso dei momenti di tensione i manifestanti hanno lanciato petardi e bombe carta.

Una parte del corteo ha poi bloccato totalmente Ponte Regina Margherita, il ponte all’altezza di Piazza del Popolo, paralizzando il traffico. Tra i manifestanti alcuni si sono seduti in terra in mezzo alla carreggiata, con striscioni e cori.

Corteo contro il green pass che si è poi spostato all’altezza di largo Chigi e che è nato dalla manifestazione statica di piazza del Popolo. Alcuni no green pass hanno raggiunto le transenne che circondano piazza Colonna, con gli ingressi di Montecitorio e di palazzo Chigi presidiati dalle camionette della polizia.

Giuliano Castellino e alcuni militanti di Forza Nuova, il 9 ottobre 2021 a Roma.

Assalto CGIL, l’avvocato Taormina spiazza tutti: gli arrestati non stati i primi ad irrompere nell’edificio
Adnkronos, 10 ottobre 2021


“Sono testimone oculare di quello che è accaduto ieri in piazza del Popolo dove si trovavano molte più di diecimila persone di varie estrazioni politiche, come ho potuto constatare io stesso: gente che riteneva di dover manifestare per la questione Green Pass”. Lo dice all’Adnkronos l’avvocato Carlo Taormina. “L’atmosfera era addirittura giuliva e festiva, sia da parte dei manifestanti ma anche delle forze dell’ordine, estremamente cortesi e corrette con un atteggiamento non dico di condivisione ma certamente di considerazione. Io stesso ho preso la parola – continua – per poi andarmene intorno alle 17: tutto quello che è successo dopo non lo conosco ma fin quando ci sono stato è stata una bellissima manifestazione”.

“Ho visionato tutte le registrazioni che sono state fatte e che mi hanno mandato. Di attacchi fatti in maniera pretestuosa e violenta, anche da parte delle persone che sono state arrestate, io personalmente non ne ho visti. Questo non significa che non ci siano stati, ma non li ho riscontrati. Io difenderò cinque degli arrestati – annuncia l’avvocato – tra i quali Giuliano Castellino e Roberto Fiore, ma sarà molto complicato fare questo processo perché dobbiamo veramente ricostruire bene come sono andate le cose, da una parte il comportamento degli arrestati, dall’altra quelli delle forze dell’ordine. Non voglio criminalizzarli, ma credo sia anche opportuno avere molta cautela nel ritagliare sulla testa dei fermati responsabilità che potrebbero risultare non fondate”.

“C’è stata una lunga analisi dei materiali videoregistrati prima di poter giungere a conclusioni, in particolare per due degli arrestati. E’ una situazione molto confusa, complicata – precisa ancora Taormina – e che solo un processo fatto a regola d’arte potrà dire dove stanno le ragioni e le colpe. Ho ricevuto comunicazione che si è trattato di una ipotesi di arresto in differita, queste persone non sono state sorprese a commettere reati, ma ci si è basati su osservazioni di fatti successivi che hanno fatto risalire alla possibilità che abbiano partecipato. Per quanto riguarda l’assalto alla Cgil, sia Castellino che Fiore sono presenti ma in posizione distaccata e non tra coloro che hanno fatto l’assalto“.

Sabato di guerriglia urbana a Roma (Romatoday.it, 10 ottobre. Foto di Giuseppe Lami/Ansa).

Violenza manifestazione NoGreenPass, “sembrava preordinata”: cosa non torna
Come mai ad alcuni è stato permesso di fare tutto? E altri aggrediti? Fatti. Video. Testimonianze di chi c‘era. “Sembrava preordinato”. Viminale sotto accusa
di Antonio Amorosi
Affaritaliani.it, 11 ottobre 2021


Quella di sabato scorso, 9 ottobre a Roma, contro il Green Pass può essere derubricata a manifestazione violenta o fascista ma c’è qualcosa che non torna nella gestione dell’ordine pubblico. Con tutto il rispetto per chi doveva farlo rispettare, colpiscono le incongruenze di troppi eventi, così come le immagini singolari riprese dai videomaker del gruppo Local Team e dai manifestanti.

Primo fra tutti la posizione di uno dei leader di Forza Nuova, Giuliano Castellino, tra gli arrestati il giorno dopo l’assalto alla sede della Cgil in Corso Italia.

Il 30 gennaio di quest’anno Castellino finisce su tutti i giornali perché diventa un sorvegliato speciale, in seguito alla degenerazione delle manifestazioni in Italia contro la gestione della pandemia. Il Tribunale, nell’applicare la misura di prevenzione per 2 anni con l’obbligo di soggiorno nel Comune di residenza, gli impone il divieto di partecipare a pubbliche riunioni senza il preventivo assenso dell’autorità competente. I sorvegliati speciali si ritrovano i diritti politici principali sospesi eppure Castellino era sul palco nella manifestazione di sabato scorso, a parlare, sotto gli occhi di tutti, e di fianco (fatto ancora più grave per un sorvegliato speciale) davanti all’ingresso della Cgil, poi invasa, anche ad altri pregiudicati (come Roberto Fiori e Luigi Aronica anche loro poi arrestati). Sono state emesse misure preventive per evitare la sua partecipazione alle manifestazioni o la si è consentita? E perché? Come è possibile sia accaduto, con tutta l’organizzazione dell’evento che si è mossa? Chi ne ha la responsabilità?

Secondo. In una delle riprese trasmesse si vede distintamente un infiltrato delle forze dell’ordine o presunto tale che partecipa al “blocco” di un blindato della polizia, in transito tra i manifestanti. O almeno non si oppone al “blocco” (è un uomo alto, calvo, con una maglia grigia e occhiali neri). Poco dopo, forse in seguito ad una caduta perché colpito, picchia a terra con brutalità un manifestante o presunto tale. Il manifestante viene portato via anche da altri agenti, tra cui una con una camicia a quadrettoni bianchi e neri (si scoprirà dopo essere un’agente donna).

Il manifestante trattenuto da più poliziotti scompare dietro dei blindati. In serata lo stesso manifestante, lo stesso volto, gli stessi vestiti, le stesse scarpe, rispunta nella folla e viene fermato una seconda volta dalla stessa agente con la camicia a quadrettoni bianchi e neri (se ne sente la voce). I due accadimenti avvengono a distanza di 100 metri. È improbabile che un manifestante fermato con tanta brutalità venga immediatamente rilasciato e rifermato dallo stesso agente poco dopo. Inspiegabile ma va così.

Terzo. Si vedono diverse aggressioni a manifestanti inermi, colpiti anche alle spalle, che scatenano arresti o di punto in bianco risse che improvvisamente alzano la tensione su una piazza in quei momenti pacifica. Poi ci sono altre immagini di manifestanti o presunti tali che armati di mazze inseguono persone nella folla e poi ritornano in mezzo a questa, circondati da altri personaggi muscolosi e “palestrati”. Tutti eventi che apparentemente sembrano non avere senso ma che sicuramente alzano la tensione, inscenano o scatenano scontri.

Quarto. Diversi manifestanti con i quali abbiamo parlato descrivono i fatti relativi alla Cgil in modo diverso da quanto si sostiene sui media mainstream.

Dopo il concentramento in Piazza del Popolo parte una lunga trattativa con le forze dell’ordine. Ai manifestanti veniva impedito di uscire dalla piazza. Poi cambia il quadro. Una parte dei manifestanti si muove e arriva fin sotto la sede della Cgil in Corso Italia, dopo aver superato un cordone dei carabinieri che la presiedeva. Chiedono a chi è lì un incontro con il segretario Maurizio Landini che essendo sabato pomeriggio non è in sede. La richiesta dei manifestanti, tra provocazione e rivendicazione simbolica è di far annunciare alla Cgil lo sciopero generale contro il Green Pass. Improvvisamente mentre questi eventi si sviluppavano alcuni dei presenti, senza apparente motivo, rompono le finestre ed entrano nella struttura, aprendo le porte alla folla. La Cgil verrà poi invasa e sottoposta a danneggiamenti.

Chi sabato è venuto a Roma per protestare contro il Green Pass, aveva in mente un’altra capitale, Washington, ha scritto qualche giornale, adombrando un rifacimento dell’assalto a Capitol Hill negli Usa. Ma parlando con alcuni manifestanti la ricostruzione sembra del tutto deformata e pro governativa. I responsabili dell’ordine pubblico hanno più volte detto che si aspettavano a Roma solo un migliaio di manifestanti quando anche da una superficiale navigazione in rete si capiva che ne sarebbero arrivati almeno 10 o 20 volte tanti.

Tra questi Silvana Adami, una impiegata con due figli della provincia di Verona, che ha accettato di testimoniare quanto accaduto. Adami: “Non ho mai partecipato a manifestazioni in vita mia ma quello che ho visto a Roma è indescrivibile. Prima siamo stati presi in ostaggio dalla polizia in Piazza del Popolo. Non ci facevano uscire. Ma c’erano famiglie con bambini nei passeggini, persone anziane, donne inermi. Gli scalmanati sono ovunque ma non erano lì con noi. Se vuoi fare delle violenze non ti porti i bambini nei passeggini. Ho visto lacrimogeni sparati contro mamme spaventate che stringevano i loro bambini o contro anziani. Poteva succedere l’irreparabile e le persone calpestarsi. Purtroppo era impossibile trasmettere in diretta video e foto perché non partivano, forse per eccesso di persone collegate o per un qualche blocco della rete. Eravamo pacifici. Se tutte quelle persone fossero state violente ci sarebbero stati danni immani. Non era così. Siamo stati ripetutamente aggrediti, senza motivo in varie zone della città. Era come se tutto fosse preordinato ad alzare lo scontro. I manifestanti No Green Pass non sono violenti. Il racconto fatto dai media è totalmente deformato”.

Come mai il Viminale, dopo chiusure di ogni tipo, ha permesso al corteo di assaltare i blindati della polizia, le irrazionali aggressioni di piazza e di arrivare anche alla sede della Cgil? Che potessero prendere le redini della manifestazione i pochi di Forza Nuova non è una novità ma come mai ci sono riusciti così facilmente su una massa di persone tanto estesa, senza che le forze dell’ordine abbiano fatto nulla per impedirlo?

I quesiti restano aperti.

Qualche anno fa nella sua sottile strategia di disvelamento del funzionamento del potere l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga spiegò come andavano gestite le manifestazioni più pericolose: “La gente deve odiare i manifestanti”. Bisogna cioè creare situazioni in cui cresca fra la gente “la paura dei manifestanti e con la paura l’odio verso di essi e i loro mandanti”. “Per il consenso serve la paura… Un’efficace politica dell’ordine pubblico deve basarsi su un vasto consenso popolare e il consenso si forma sulla paura, non verso le forze di polizia, ma verso i manifestanti”.

“L’ideale sarebbe che di queste manifestazioni fosse vittima un passante, meglio un vecchio, una donna o un bambino, rimanendo ferito da qualche colpo di arma da fuoco sparato dai dimostranti: basterebbe una ferita lieve, ma meglio sarebbe se fosse grave, ma senza pericolo per la vita”. Come “vittima” o trappola predestinata la sede della Cgil sembra un obiettivo perfetto.

Acquistano un valore rilevante, nella condanna all’assalto alla Cgil e per le immediate critiche al Viminale nella gestione dell’ordine pubblico, le parole della leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni: “È sicuramente violenza e squadrismo poi la matrice non la conosco. Sarà fascista, non sarà fascista non è questo il punto. Il punto è che è violenza, è squadrismo e questa roba va combattuta sempre”.

Assalto alla CGIL di Roma (Quotidiano.net. Foto di Ansa).

Riportiamo di seguito il testo dell’intervista di Andrea Cangini a Francesco Cossiga, pubblicata sul Quotidiano Nazionale (Il Giorno-Resto del Carlino-La Nazione) il 23 ottobre 2008 è stato ripubblicato il 31 ottobre 2008 su MicroMega online: Francesco Cossiga: «Voglio sentire il suono delle ambulanze». MicroMega è da molti anni la più importante rivista italiana di approfondimento culturale e politico. Diretta da Paolo Flores d’Arcais (che l’ha fondata nel 1986 insieme a Giorgio Ruffolo), si è caratterizzata per le sue posizioni di sinistra “eretica”, in polemica con i partiti della sinistra organizzata, cercando di dar voce alla “sinistra sommersa” della società civile e alla speranza di un “partito azionista di massa”. Ma anche come sinistra “illuminista”, contro le derive del politicamente corretto e del disprezzo per la scienza. Avendo come bussola i valori di “giustizia e libertà” e la coerenza rispetto alla Costituzione repubblicana, che resta largamente da realizzare e spesso continua a essere umiliata e derisa dalle forze politiche e dall’establishment economico, MicroMega si è sempre battuta, con le armi della critica ma talvolta anche con l’iniziativa politica diretta, per l’eguaglianza, la legalità, la sovranità dei cittadini contro la partitocrazia, la laicità coerente (che viene perciò bollata di “radicale” dalle laicità pavide oggi dominanti). In una parola: la democrazia presa sul serio.

Intervista di Andrea Cangini a Francesco Cossiga
Quotidiano Nazionale (Il Giorno-Resto del Carlino-La Nazione), 23 ottobre 2008


Presidente Cossiga, pensa che minacciando l’uso della forza pubblica contro gli studenti Berlusconi abbia esagerato?
«Dipende, se ritiene d’essere il presidente del Consiglio di uno Stato forte, no, ha fatto benissimo. Ma poiché l’Italia è uno Stato debole, e all’opposizione non c’è il granitico Pci ma l’evanescente Pd, temo che alle parole non seguiranno i fatti e che quindi Berlusconi farà una figuraccia».

Quali fatti dovrebbero seguire?
«Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro dell’Interno».

Ossia?
«In primo luogo, lasciare perdere gli studenti dei licei, perché pensi a cosa succederebbe se un ragazzino rimanesse ucciso o gravemente ferito…».

Gli universitari, invece?
«Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città».

Dopo di che?
«Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri».

Nel senso che…
«Nel senso che le forze dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano».

Anche i docenti?
«Soprattutto i docenti».

Presidente, il suo è un paradosso, no?
«Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì. Si rende conto della gravità di quello che sta succedendo? Ci sono insegnanti che indottrinano i bambini e li portano in piazza: un atteggiamento criminale!».

E lei si rende conto di quel che direbbero in Europa dopo una cura del genere? «In Italia torna il fascismo», direbbero.
«Balle, questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l’incendio».

Quale incendio?
«Non esagero, credo davvero che il terrorismo tornerà a insanguinare le strade di questo Paese. E non vorrei che ci si dimenticasse che le Brigate rosse non sono nate nelle fabbriche ma nelle università. E che gli slogan che usavano li avevano usati prima di loro il Movimento studentesco e la sinistra sindacale».

È dunque possibile che la storia si ripeta?
«Non è possibile, è probabile. Per questo dico: non dimentichiamo che le Br nacquero perché il fuoco non fu spento per tempo».

Il Pd di Veltroni è dalla parte dei manifestanti.
«Mah, guardi, francamente io Veltroni che va in piazza col rischio di prendersi le botte non ce lo vedo. Lo vedo meglio in un club esclusivo di Chicago ad applaudire Obama…».

Non andrà in piazza con un bastone, certo, ma politicamente…
«Politicamente, sta facendo lo stesso errore che fece il Pci all’inizio della contestazione: fece da sponda al movimento illudendosi di controllarlo, ma quando, com’era logico, nel mirino finirono anche loro cambiarono radicalmente registro. La cosiddetta linea della fermezza applicata da Andreotti, da Zaccagnini e da me, era stato Berlinguer a volerla… Ma oggi c’è il Pd, un ectoplasma guidato da un ectoplasma. Ed è anche per questo che Berlusconi farebbe bene ad essere più prudente».

Corsi i ricorsi storici

Ricordiamoci che il 16 ottobre 1793 la Regina Maria Antonietta perse la testa sulla Place de la Concorde a Parigi. A coloro che non capiscono il nesso, si consiglia vivamente di ripassano le lezioni di storia sulla Rivoluzione francese. Me le ricordo ancora bene, queste lezioni del mio insegnante di storia alle superiori, il Prof. Frans Geerts.

Nel ricordo della data del 16 ottobre 1943, il sabato nero del ghetto di Roma, il senso consiste in una consapevolezza, che dalla storia si impara (si dovrebbe imparare)… Corsi e ricorsi, tutto molto chiaro… come ho avuto occasione di evidenziare alcuni giorni fa, riportando un post del Vice Questore, Dott.ssa Schilirò, con la foto che riporto e la citazione di Primo Levi: «Non iniziò con le camere a gas. Non iniziò con i forni crematori. Non iniziò con i campi di concentramento e di sterminio. Non iniziò con i 6 milioni di ebrei che persero la vita. E non iniziò nemmeno con gli altri 10 milioni di persone morte, tra polacchi, ucraini, bielorussi, russi, yugoslavi, rom, disabili, dissidenti politici, prigionieri di guerra, testimoni di Geova e omosessuali. Iniziò con i politici che dividevano le persone tra “noi” e “loro”. Iniziò con i discorsi di odio e di intolleranza, nelle piazze e attraverso i mezzi di comunicazione. Iniziò con promesse e propaganda, volte solo all’aumento del consenso. Iniziò con le leggi che distinguevano le persone in base alla “razza” e al colore della pelle. Iniziò con i bambini espulsi da scuola, perché figli di persone di un’altra religione. Iniziò con le persone private dei loro beni, dei loro affetti, delle loro case, della loro dignità. Iniziò con la schedatura degli intellettuali. Iniziò con la ghettizzazione e con la deportazione».

Quindi, nella comparizione (che in fondo non lo è, piuttosto un monito di non commettere gli stessi errori di non comprensione della storia che viene vissuta) non c’è niente “di grottesco, di cattivo gusto o di offensivo per le vittime della Shoah”, anzi, dalla loro tragedia dovremmo aver imparato e renderci conto che il tutto iniziò molto prima della costruzione delle camere a gas e i forni crematori, negli anni 20 come oggi, un secolo dopo. Sembra che non si è imparato niente.

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