Separare la realtà dalla fiction, il fatti dalla narrazione. La storia nascosta dietro il contestato Motu proprio «Traditionis custodes». Il sondaggio dei Vescovi fu tradito o ignorato

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L’elaborato contributo che riportiamo di seguito, a firma di Diane Montagna, è stato pubblicato nella versione originale in inglese il 7 ottobre 2021 da The Remnant [QUI] e nella traduzione italiana il 9 ottobre 2021 da Aldo Maria Valli sul suo blog Duc in altum [QUI], da Marco Tosatti sul suo blog Stilum Curiae [QUI], dal blog Chiesa e post concilio [QUI] e dal blog Messa in Latino [QUI].

Il testo rappresenta la trascrizione del discorso tenuto da Diane Montagna il 3 ottobre 2021 alla Catholic Identity Conference, che si è svolta a Pittburgh dal 1° al 3 ottobre 2021, sul tema «Guerra Santa: la regalità di Cristo contro il Grande Reset».

“Non c’è nulla di nascosto che non sia reso manifesto, né nulla di segreto che non sia conosciuto e non venga alla luce” (Lc 8,17).

Diane Montagna.

Diane Montagna è la corrispondente a Roma di LifeSiteNews accreditata presso la Sala Stampa della Santa Sede. Ha iniziato a tradurre i discorsi papali sotto il pontificato di Papa Benedetto XVI per l’agenzia di stampa Zenit e ha lavorato come traduttrice per l’edizione inglese de L’Osservatore Romano. Il suo lavoro è apparso anche nel National Catholic Register e nella Humanitas Christian Anthropological Review. Prima di entrare a far parte di LifeSiteNews, è stata per diversi anni corrispondente da Roma per l’edizione inglese di Aleteia.org. Ha anche insegnato corsi di formazione alla fede per bambini e adulti e possiede una Licenza in Sacra Teologia presso l’Istituto Teologico Internazionale, Gaming Austria e un B.A. in italiano.

Introducendo la pubblicazione del testo, Aldo Mario Valli commenta che esso «getta nuova luce su “Traditionis custodes” e soprattutto sul modo in cui in Vaticano si è arrivati alla redazione della Lettera apostolica a forma di Motu proprio con la quale Francesco ha colpito duramente la possibilità di celebrare la Santa Messa vetus ordo. L’autrice ricostruisce minuziosamente le fasi preparatorie dimostrando che all’origine del documento papale c’è una precisa visione ideologica e che la consultazione tra i vescovi, alla quale Francesco accenna sostenendo che è alla base della lettera, non ha dato risultati così unilaterali. Inoltre, le decisioni di fondo furono prese già prima, nel corso di un incontro tra alti esponenti vaticani».
Secondo una fonte, riferisce Diana Montagne, “quello che sono veramente interessati a fare è cancellare la Vecchia Messa, perché la odiano”».

Marco Tosatti, commentando questo testo «molto interessante e importante» osserva che «in esso si rivela come il discusso Motu proprio “Traditionis custodes” abbia, con probabilità altissima, tradito o ignorato o strumentalizzato le risposte giuste dai vescovi di tutto il mondo in relazione alla Messa in rito antico; e questo per giungere a un risultato pre-confezionato, deciso da persone e forze ideologiche di Curia, evidentemente favorite e appoggiate dal Pontefice regnante».

Presentando il testo, Chiesa e post concilio scrive che «fornisce nuovi elementi emersi su un documento già molto discusso e discutibile come Traditionis custodes, che svelano il retroscena Vaticano antecedente la redazione del documento con cui Bergoglio ha duramente colpito la possibilità di celebrare la Santa Messa antica. L’autrice, Diane Montagna, riporta minuziosi e incisivi dettagli sulle varie fasi intercorse: determinante un incontro tra alti esponenti vaticani nel quale appaiono già delineate le decisioni fondate su una precisa visione ideologica che oltrepassa le indicazioni non di rado difformi ricevute dai vescovi».

Infine, commentando la pubblicazione del contributo di Diana Montagna, il blog Messa in Latino riassume: «Bomba su Traditionis custodes: da informazioni interne filtra la verità sulla genesi del Motu proprio. Ci hanno raccontato bugie? Non Traditionis, ma DISSIMULATIONIS custodes. La vera genesi del Motu proprio ricostruita, sulla base di fonti attendibili, da Diane Montagne su The Remnant. Si aprono scenari inquietanti, che comprendono, ahinoi, la possibile – forse addirittura probabile – manipolazione strumentale dei risultato del noto questionario del 2020. Forse, in proposito, non ci è stata raccontata la verità! Da parte nostra possiamo solo aggiungere che, a quanto ne sappiamo, in seno alla Congregazione per la Dottrina della Fede erano forti – felicemente – sia la resistenza alla promulgazione del Motu proprio, sia la consapevolezza che non si può giocare con i fatti. Trovano dunque conclusiva conferma, non solo le anticipazioni di MiL, ma soprattutto le preoccupazioni che avevamo espresso sin dall’uscita del questionario. Un grazie ad Aldo Maria Valli, il cui blog ha tradotto e pubblicato l’articolo di The Remnant, che costituisce un contributo prezioso alla comprensione della tragica realtà attuale, e che Duc in altum rende disponibile. Va riconosciuto infine il grande merito di Diane Montagna, che ci svela un’attendibile ricostruzione di una realtà nascosta, ma meritevole di essere conosciuta».

Aloysius O’Kelly, Messa in un cottage del Connemara, 1883 circa, olio su tela, 171 x 217 cm, National Gallery of Ireland, Dublino. L’immagine di un sacerdote che celebra la Messa per un raduno di persone in un cottage raffigura un’usanza irlandese noto come Le Stazioni, che era un modo per i cattolici di praticare la loro religione nei momenti di oppressione, quando erano costretti a incontrarsi in segreto. Le leggi che impedivano il culto cattolico furono abrogate alla fine del XVIII secolo, ma Le Stazioni continuarono a essere una pratica religiosa e sociale comune.

“Traditionis custodes”: separare la realtà dalla narrazione
di Diana Montagna


“Non c’è nulla di nascosto che non sia reso manifesto, né nulla di segreto che non sia conosciuto e non venga alla luce” (Lc 8,17).

A volte le cose non sono come sembrano. E a volte, ci sono due “realtà”: una che viene data ufficialmente da chi ha il potere, e una che poi scopriamo essere la verità.

Quando, il 16 luglio 2021, Papa Francesco ha promulgato la Traditionis custodes, limitando la tradizionale Messa in latino, ha detto che secondo i risultati di una recente consultazione vaticana dei vescovi, le norme dei suoi predecessori Papa Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI, erano state sfruttate da alcuni che frequentano la tradizionale Messa in latino per seminare il dissenso dal Concilio Vaticano II.

Nella lettera apostolica, Papa Francesco ha scritto a proposito del sondaggio dei vescovi: “In linea con l’iniziativa del mio venerato predecessore Benedetto XVI di invitare i vescovi a valutare l’applicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum tre anni dopo la sua pubblicazione, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha effettuato una dettagliata consultazione dei vescovi nel 2020. I risultati sono stati attentamente considerati alla luce dell’esperienza maturata in questi anni”.

Egli prosegue: “Avendo considerato i desideri espressi dall’episcopato e avendo sentito il parere della Congregazione per la Dottrina della Fede, desidero ora, con questa Lettera Apostolica, procedere sempre più nella costante ricerca della comunione ecclesiale. Pertanto, ho ritenuto opportuno stabilire quanto segue”.

Papa Francesco procede poi a delineare le nuove restrizioni alla Messa tradizionale in latino.

L’articolo che ho pubblicato sul Remnant il 1° giugno 2021, che descriveva ciò che c’era nella prima e nella terza bozza [Le manovre per ridurre, cambiare, eliminare il “Summorum Pontificum”. Mosse inconsulte contro la “Vetus Ordo Missæ” – 4 giugno 2021], fu consegnato a Papa Benedetto XVI. Una fonte affidabile mi ha detto in seguito che il Papa emerito era “scioccato”. È quindi difficile credere che sia stato consultato in qualche modo significativo.

Insieme al decreto, Papa Francesco ha anche emesso una lettera di accompagnamento, indirizzata ai vescovi del mondo. L’ha introdotta notando che, come aveva fatto Benedetto XVI con Summorum Pontificum nel 2007, anche lui desiderava spiegare i “motivi che hanno spinto la [sua] decisione” di limitare la Messa tradizionale in latino.

Al primo posto, dice, ci sono i risultati del sondaggio inviato ai vescovi di tutto il mondo dalla CDF. Papa Francesco spiega: “Ho incaricato la Congregazione per la Dottrina della Fede di far circolare un questionario ai vescovi riguardo all’attuazione del Motu proprio Summorum Pontificum. Le risposte rivelano una situazione che mi preoccupa e mi rattrista e mi convince della necessità di intervenire. Purtroppo, l’obiettivo pastorale dei miei Predecessori, che avevano inteso “fare tutto il possibile affinché tutti coloro che possedevano veramente il desiderio di unità trovassero la possibilità di rimanere in questa unità o di riscoprirla nuovamente”, è stato spesso gravemente disatteso. Un’opportunità offerta da San Giovanni Paolo II e, con ancora maggiore magnanimità, da Benedetto XVI, intesa a recuperare l’unità di un corpo ecclesiale con diverse sensibilità liturgiche, è stata sfruttata per allargare i divari, rafforzare le divergenze e incoraggiare i disaccordi che feriscono la Chiesa, bloccano il suo cammino e la espongono al pericolo della divisione”.

Secondo Papa Francesco, quindi, la consultazione dei vescovi ha giocato un ruolo fondamentale nella sua decisione di limitare severamente la Messa tradizionale.

Sulla base di questi risultati, Papa Francesco ha concluso che: “In difesa dell’unità del Corpo di Cristo, sono costretto a revocare la facoltà concessa dai miei Predecessori. L’uso distorto che è stato fatto di questa facoltà è contrario alle intenzioni che hanno portato a concedere la libertà di celebrare la Messa con il Missale Romanum del 1962”.

Più avanti, nella lettera di accompagnamento, si fa ancora un altro riferimento ai risultati del questionario. Papa Francesco dice: “Rispondendo alle vostre richieste, prendo la ferma decisione di abrogare tutte le norme, istruzioni, permessi e consuetudini che precedono il presente Motu proprio, e dichiaro che i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, costituiscono l’unica [unica] espressione della lex orandi del Rito Romano”.

Secondo Papa Francesco, quindi, la consultazione dei vescovi ha giocato un ruolo fondamentale nella sua decisione di limitare severamente la Messa tradizionale. Come ha detto lui stesso, i risultati lo hanno talmente “preoccupato e rattristato”, che lo hanno “convinto” a “intervenire”. E ordinò che il decreto avesse effetto immediato.

Dopo la promulgazione della Traditionis custodes, sono state quindi fatte notevoli speculazioni sul sondaggio, ma il Vaticano non ne ha pubblicato i risultati.

Avrebbe senso pensare che la Traditionis custodes fosse solo il risultato della consultazione con i vescovi del mondo, quando ora sappiamo che a fine gennaio 2020 ha avuto luogo una sessione plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, dove tre cardinali stavano già ponendo le basi per il Motu Proprio del 16 luglio 2021?

Un superiore della CDF parla

Quattro giorni dopo, il 20 luglio 2021, è apparsa un’intervista sul National Catholic Reporter [QUI]America Magazine [QUI] è apparsa un’intervista del Catholic News Service in cui un superiore della CDF, l’arcivescovo Augustine DiNoia, che serve come segretario aggiunto nella Congregazione per la Dottrina della Fede, ha espresso il suo sostegno alla narrazione ufficiale esposta da Papa Francesco, dicendo che la sua lettera di accompagnamento “colpisce senza paura il chiodo sulla testa: il movimento della messa tradizionale in latino ha dirottato le iniziative di San Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI per i propri fini”.

Sorgono domande

Ma la Traditionis custodes riflette veramente la situazione reale? Il sondaggio su cui Papa Francesco ha detto di aver basato la sua decisione era una consultazione equa dei vescovi del mondo? Questa consultazione potrebbe essere considerata equa se alcuni dei contenuti della Traditionis custodes fossero già stati suggeriti durante una riunione plenaria della CDF, alla fine di gennaio 2020, che ha dato il via a una consultazione che doveva giustificare le decisioni raggiunte nella Traditionis custodes? Potrebbe essere chiamato giusto se si venisse a sapere che c’è stato un secondo rapporto parallelo creato all’interno della Congregazione della Dottrina della Fede, che è stato completato prima che tutte le risposte dei vescovi fossero state ricevute dalla CDF? E potrebbe essere chiamato giusto se la Traditionis custodes non rappresentasse accuratamente il rapporto principale e dettagliato preparato per Papa Francesco dalla quarta sezione della CDF, cioè l’ex Ecclesia Dei? Molte persone, infatti, sapevano che questo rapporto era in preparazione.

Esaminiamo ciò che è ora venuto alla luce su ciascuna di queste tre questioni.

La sessione plenaria del 2020

Alla nostra prima domanda: Avrebbe senso pensare che la Traditionis custodes fosse solo il risultato della consultazione con i vescovi del mondo, quando ora sappiamo che alla fine di gennaio 2020, ebbe luogo una sessione plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede, dove tre cardinali stavano già ponendo le basi per il Motu proprio del 16 luglio 2021?

Nel pomeriggio del 29 gennaio 2020, si è tenuta una riunione plenaria per discutere la quarta sezione della Congregazione per la Dottrina della Fede, quella che prima era conosciuta come la Pontificia Commissione Ecclesia Dei, alla quale il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Luis Ladaria, SI, non era presente per malattia.

Prima di continuare, dovrei dire che è opinione diffusa che il Cardinale Ladaria fosse “riluttante” a pubblicare la Traditionis custodes. Si dice che sia un uomo buono, è estremamente discreto, ma alla fine non andrà contro i desideri del Santo Padre.

In assenza del cardinale Ladaria, l’assemblea è stata presieduta dal segretario della CDF, l’arcivescovo Giacomo Morandi. Morandi, alcuni di voi ricorderanno, era stato nominato nella CDF come sottosegretario nel 2015, prima che tre funzionari fossero rimossi sotto il cardinale Müller. Quando il cardinale Müller fu “spodestato” nel 2017, e il cardinale Ladaria fu nominato prefetto, Morandi fu promosso a segretario.

Un cardinale ha espresso un certo allarme per il fatto che quasi 13.000 giovani si erano iscritti al pellegrinaggio di Chartres. Ha detto che bisogna andare a fondo sul perché questi giovani sono attratti dalla messa tradizionale.

Alla sessione plenaria del 29 gennaio 2020 erano presenti anche altri membri della CDF, tra cui il cardinale Pietro Parolin; il cardinale canadese Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi; il cardinale italiano Giuseppe Versaldi, prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica; il cardinale Beniamino Stella, allora prefetto della Congregazione per il clero, i cardinali americani Sean Patrick O’Malley e Donald Wuerl; L’arcivescovo italiano Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione; l’arcivescovo Charles Scicluna di Malta, che serve come segretario aggiunto della CDF; il cardinale francese Jean-Pierre Ricard, l’arcivescovo francese Roland Minnerath, e altri. Il Papa non avrebbe partecipato a questo tipo di riunione.
Secondo fonti attendibili, il cardinale Parolin, il cardinale Ouellet e il cardinale Versaldi stavano conducendo la discussione e la pilotavano in una direzione precisa.

Per darvi un assaggio di ciò che è stato detto, un cardinale – che è considerato più un “accolito” che un capobanda – ha espresso un certo allarme per il fatto che circa 13.000 giovani si erano iscritti al pellegrinaggio di Chartres. Ha detto che bisogna andare a fondo del perché questi giovani sono attratti dalla Messa tradizionale e ha spiegato agli altri presenti che molti di questi giovani hanno “problemi psicologici e sociologici”. Il cardinale in questione ha una formazione in diritto canonico e psicologia, quindi le sue osservazioni sui “problemi psicologici” avrebbero avuto più peso, specialmente con vescovi e cardinali che non hanno familiarità con la Messa tradizionale in latino o con gli ambienti della Messa in latino.

Un altro cardinale ha detto che dalla poca esperienza che ha avuto, “questi gruppi non accettano il cambiamento” e “partecipano senza concelebrare”. La CDF dovrebbe quindi chiedere un “segno concreto di comunione, del riconoscimento della validità della Messa di Paolo VI”, ha insistito, aggiungendo che “non possiamo andare avanti così”. Ha condiviso la preoccupazione che questi gruppi attirino i giovani e ha chiesto che si trovino modi concreti per dimostrare che queste persone sono nella Chiesa.

Un arcivescovo italiano ha detto di essere d’accordo che la CDF non dovrebbe riprendere le discussioni con la FSSPX, perché “non c’è dialogo con i sordi”. Ha lamentato che Papa Francesco ha fatto concessioni alla FSSPX nell’Anno della Misericordia, ma non ha ottenuto nulla in cambio.

La riunione si è conclusa dopo un un’ora e mezza con la seguente citazione: “La tradizione è la fede viva dei morti. Il tradizionalismo è la fede morta dei vivi”.

Nonostante la varietà di osservazioni offerte in questa sessione plenaria – che di nuovo è durata un’ora e mezza – c’è stata una sola conclusione che è emersa nelle proposte finali offerte al Santo Padre. Qual era? Studiare attentamente l’eventuale trasferimento della competenza sugli Istituti Ecclesia Dei e le altre questioni trattate dalla Quarta Sezione, ad altri dicasteri vaticani che si occupano di questioni correlate: la Congregazione per il Culto Divino, la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica (conosciuta anche come Congregazione per i Religiosi), e la Congregazione per il Clero.

Alcuni vescovi avrebbero parlato di un bisogno di più latino. Invece, come vediamo nella Traditionis custodes, viene decretato il contrario.

Negli articoli 6 e 7 della Traditionis custodes, Papa Francesco stabilisce queste norme:

Art. 6.: Gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, eretti dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei, sono di competenza della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.

Art. 7: La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, per le questioni di loro particolare competenza, esercitano l’autorità della Santa Sede riguardo all’osservanza di queste disposizioni.

Si tenga presente che il questionario è stato inviato cinque mesi dopo, nel maggio 2020. Non si sa chi abbia scritto le domande.

Quindi sembra che la palla fosse già stata fatta rotolare nella sessione plenaria di fine gennaio 2020.

Alcuni vescovi avrebbero parlato di un bisogno di più latino. Invece, come vediamo nella Traditionis Custodes, viene decretato il contrario.

Un secondo rapporto parallelo

Ora alla nostra seconda domanda: Potrebbe essere chiamato giusto se venisse alla luce che c’è stato un secondo rapporto parallelo creato all’interno della sezione dottrinale della Congregazione della Dottrina della Fede, che è stato completato anche prima che tutte le risposte dei vescovi fossero state ricevute dalla CDF?

Fonti affidabili hanno confermato che mentre il rapporto principale era in preparazione, i superiori della CDF hanno commissionato un secondo rapporto per essere sicuri che il rapporto principale riflettesse il feedback dei vescovi. La Congregazione doveva essere sicura che il rapporto principale non arrivasse solo alle solite conclusioni, ad esempio che la Messa tradizionale è un elemento positivo nella vita della Chiesa, ecc. ecc. Il secondo rapporto è stato quindi presentato come una sorta di secondo parere, una verifica del rapporto principale. I superiori della CDF hanno quindi incaricato un funzionario della sezione dottrinale di scrivere il proprio rapporto.

È importante tenere a mente che le risposte sarebbero arrivate per posta o e-mail, o attraverso le nunziature o le conferenze episcopali.

Per rivedere la cronologia di come si sono svolte le cose: La sessione plenaria di cui sopra si è tenuta nel gennaio 2020. Il questionario è stato inviato nel maggio successivo. I vescovi avevano tempo fino a ottobre 2020 per rispondere, ma come per le cose romane, le risposte hanno continuato ad arrivare fino a gennaio 2021 e tutte sono state ricevute, esaminate e considerate per il rapporto principale.

Alcuni vescovi hanno detto di desiderare una maggiore presenza della Forma Straordinaria della Messa nel loro seminario e tra i preti più giovani.

Per quanto riguarda il secondo rapporto parallelo, non si sa se al funzionario incaricato di scriverlo è stato detto di arrivare a certe conclusioni.

Quello che è certo è che il secondo rapporto parallelo, che per quanto ne so è stato commissionato verso novembre 2020, è stato consegnato prima di Natale. Tuttavia, a questo punto, il CDF stava ancora ricevendo ed elaborando le risposte al sondaggio, e lo fece fino a gennaio 2021. Quindi il secondo rapporto era sicuramente incompleto, e anche probabilmente superficiale, data la velocità con cui è stato completato, il volume di materiale da analizzare, e il fatto che il materiale veniva ricevuto in quattro o cinque lingue.

Così furono preparati due rapporti. Quello che meglio si adattava ad una certa agenda fu scelto come base della Traditionis custodes? O i responsabili – rendendosi conto che il materiale che arrivava alla CDF non avrebbe rispecchiato o giustificato ciò che coloro che spingevano per le restrizioni volevano dimostrare – hanno commissionato il secondo rapporto e lo hanno completato in meno di un mese in modo che una sorta di testo parallelo potesse essere offerto al Santo Padre?

Non si sa se Papa Francesco abbia letto il secondo rapporto, o se lo abbia ricevuto prima o dopo il rapporto principale. È stato tenuto molto nascosto.

Ma ciò che sta venendo alla luce, e che esamineremo prossimamente, è che la Traditionis custodes non riflette le premesse o le conclusioni del rapporto principale dettagliato. Quindi la domanda è: riflette le premesse e le conclusioni di un altro rapporto? Potrebbe essere il secondo rapporto? O potrebbe forse non riflettere le conclusioni di nessun rapporto, ma essere stato realizzato diversamente.

Alcuni vescovi hanno avuto commenti negativi, ma fonti affidabili dicono che né le risposte, né il rapporto principale sono stati prevalentemente negativi.

Il rapporto principale

Ora passiamo alla nostra terza domanda: Potrebbe essere definito giusto se Traditionis custodes non rappresentasse accuratamente il rapporto principale e dettagliato preparato per Papa Francesco dalla Congregazione per la Dottrina della Fede?

Prima ho fatto riferimento a un’intervista del National Catholic Reporter con il segretario aggiunto della CDF, l’arcivescovo Augustine Di Noia, pubblicata il 20 luglio 2021, solo quattro giorni dopo la promulgazione della Traditionis custodes.

Insistendo che stava parlando “come teologo” e non come funzionario della CDF, l’arcivescovo Di Noia sembrava prendere le distanze dal questionario, dicendo che non aveva i risultati. Ha anche sminuito l’importanza della consultazione, dicendo che la “logica del Papa per l’abrogazione di tutte le precedenti disposizioni in questo settore non è basata sui risultati del questionario, ma solo occasionata da essi”. Una formulazione piuttosto strana, data la spiegazione di Papa Francesco stesso delle sue motivazioni.

L’articolo è presentato come il riassunto di una corrispondenza o di una chiamata via e-mail, quindi forse l’arcivescovo Di Noia non aveva il rapporto sulla sua scrivania quando teneva il telefono o rispondeva via e-mail. Ma come superiore della CDF, è impossibile, è inconcepibile che non abbia avuto almeno accesso a quel rapporto, che è stato redatto dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Non bisogna essere un Einstein per capirlo.

Può una persona dire: “Come teologo, non ho i risultati” quando, come superiore della CDF avrebbe ricevuto una copia in anticipo e sarebbe stato presente quando la bozza del rapporto è stata rivista? Il riassunto esecutivo è stato visto in forma di bozza da alcuni nella CDF.

Le premesse e le conclusioni della Traditionis custodes non sono le stesse del dettagliato rapporto principale prodotto dalla Congregazione per la Dottrina della Fede.

Per inciso, l’articolo afferma anche che Papa Francesco “probabilmente o si è consultato o almeno ha dato copie anticipate del documento al vecchio Papa Benedetto”. Mi è stato detto che l’articolo che ho pubblicato sul The Remnant il 1° giugno 2021 [QUI], sei settimane prima che la Traditionis custodes fosse promulgata, e che descriveva ciò che c’era nella prima e nella terza bozza, è stato dato a Papa Benedetto XVI. Una fonte affidabile mi ha detto in seguito che il papa emerito era “scioccato”. È quindi difficile credere che sia stato consultato in qualche modo significativo.

Papa Francesco ha ricevuto il rapporto principale? Le fonti dicono che durante un’udienza con il Prefetto della CDF, il Cardinale Ladaria, Papa Francesco ha letteralmente strappato la copia di lavoro del rapporto dalle sue mani, dicendo che lo voleva immediatamente perché era curioso. Non si sa se Papa Francesco abbia effettivamente letto il rapporto principale.

Contenuto della relazione principale alla luce della consultazione

Per quanto ne so, il rapporto principale era molto approfondito ed era suddiviso in diverse sezioni. Una parte era molto analitica, offrendo analisi diocesi per diocesi, paese per paese, regione per regione, continente per continente, con grafici e diagrammi a torta. Un’altra parte era un riassunto dove veniva presentata tutta l’argomentazione, insieme a raccomandazioni e tendenze. E che io sappia, una parte del rapporto conteneva citazioni tratte dalle risposte che venivano dalle singole diocesi. Questa raccolta di citazioni sarebbe stata inclusa per dare al Santo Padre un campione a tutto tondo di ciò che i vescovi hanno detto.

Avevo riferito in giugno che solo un terzo dei vescovi del mondo ha risposto al sondaggio. Si potrebbe obiettare che questa non è una cattiva rappresentazione, dato che non ci si aspetta necessariamente una risposta da molti paesi, ad esempio, dove si celebrano le liturgie bizantine o altre liturgie orientali.

In quelle regioni dove la Messa tradizionale è più diffusa (cioè Francia, Stati Uniti e Inghilterra) la situazione è molto favorevole. La CDF ha ricevuto una risposta del 65-75 per cento da questi paesi, e di questa percentuale più del 50 per cento era favorevole. Questo sarebbe stato riflesso nel rapporto principale.

Il riassunto esecutivo avrebbe anche riflettuto che ci sono molti frutti che stanno nascendo dalla Messa tradizionale.

Alcuni hanno suggerito che un’istruzione di attuazione della Traditionis custodes potrebbe essere imminente, forse entro Natale, ma questo è ancora sconosciuto.

Cosa avrebbe preso una persona ragionevole dal rapporto principale? Che una ragionevole maggioranza di vescovi, usando parole diverse e in modi diversi, sostanzialmente stavano inviando il messaggio: “Il Summorum Pontificum va bene. Non toccatelo”. Certamente non sarebbe stato l’80 per cento a dirlo in questo modo. Ma più del 35% dei vescovi avrebbe detto: “Non toccate nulla, lasciate tutto com’è”. Oltre a questo, un’altra percentuale di vescovi avrebbe detto: “Fondamentalmente non toccare, ma ci sarebbero una o due cose che suggerirei, come un vescovo che abbia un po’ più di controllo”. Anche alcuni dei vescovi che hanno dato le risposte più positive al questionario hanno fatto questo tipo di commenti o suggerimenti.

Complessivamente, quindi, più del 60 per cento – due terzi dei vescovi sarebbero stati d’accordo nel mantenere il corso, forse con alcune leggere modifiche. Il messaggio era fondamentalmente quello di lasciare stare il Summorum Pontificum e di continuare con un’applicazione prudente e attenta.

Il rapporto principale parlava di aree in cui c’è spazio per un miglioramento, come una maggiore formazione nei seminari. Alcuni vescovi hanno parlato della necessità di una maggiore formazione nella Forma Straordinaria, e della necessità di una buona liturgia in generale. Alcuni vescovi avrebbero parlato della necessità di più latino. Invece, come vediamo nella Traditionis custodes, è stato decretato il contrario.

Per quanto ne so, ciò che è realmente accaduto è che tutto ciò che era accessorio nel rapporto principale è stato proiettato come un grande problema ed è stato ampliato, ingrandito e enormemente sproporzionato. Prendiamo il problema dell’unità. Questa mancanza di unità, da quanto hanno detto i vescovi, veniva da entrambe le direzioni, non solo dai gruppi tradizionali.

Alcuni vescovi – anche se non celebrano essi stessi la messa tradizionale – hanno detto di essere felici che i fedeli abbiano un posto dove andare. Dicono che a parte i pazzi che si possono trovare nei circoli tradizionali – e altrettanto, se non di più, altrove – di solito questi gruppi sono composti da giovani coppie sposate con molti figli. Pregano, aiutano finanziariamente la parrocchia e la diocesi, sono coinvolti molto attivamente nella vita parrocchiale e diocesana. Sono ben formati e apprezzano la buona musica. Commenti molto positivi.

Di nuovo, per quanto riguarda la formazione in seminario, alcuni vescovi hanno detto che vorrebbero avere una maggiore presenza della Forma Straordinaria della Messa più prominente nel loro seminario e tra i preti più giovani, ma non possono fare più di quanto stanno facendo attualmente, perché i preti più anziani, specialmente quelli che hanno vissuto la transizione da prima a dopo il Vaticano II, creerebbero scompiglio nella diocesi. Questi preti più anziani vedrebbero qualcosa in cui sono stati molto coinvolti, e che è stato presentato loro come una sorta di vittoria, spazzato via dai preti più giovani e da un vescovo favorevole, che è più favorevole alla tradizione che all’oggetto della loro vittoria. Questo tipo di risposta, anche se una piccola percentuale, non è stata confinata ad una sola località geografica.

I singoli sacerdoti diocesani dovrebbero continuare ad offrire Messe private, poiché il Messale del 1962 non è stato abrogato.

È interessante notare che in Asia, alcuni vescovi hanno detto di avere un problema con la lingua latina, perché proviene da una regione diversa, il che è completamente comprensibile. Hanno effettivamente detto alla CDF: Saremmo molto felici se qualcuno da Roma venisse ad insegnare ai nostri sacerdoti, in modo che possano offrire la Forma Straordinaria. Nel nostro seminario, non l’abbiamo perché i sacerdoti non conoscono il latino e non sanno come offrirla. Saremmo felici di averla perché aumenta la preghiera e la devozione. Ma tutto questo è svanito e non ha ricevuto alcuna menzione nella Traditionis custodes.

Ovviamente alcuni vescovi hanno avuto commenti negativi, ma fonti attendibili dicono che né le risposte, né la relazione principale erano prevalentemente negative.

La situazione veramente tragica, mi dicono, è in Italia. In molte diocesi, a parte luoghi come Roma, Milano, Napoli e Genova, e forse poche altre, il Summorum Pontificum è stato attuato a malapena, se non del tutto. Eppure molti vescovi, che non hanno alcuna conoscenza pratica dell’attuazione del Summorum Pontificum, hanno risposto in termini ideologici, dicendo (e parafraso): “Questo non può essere. Non riflette il Vaticano II”.

C’è persino ragione di credere che alcuni dei vescovi italiani siano stati istruiti nelle loro risposte. L’Italia ha quasi 200 vescovi che rappresentano background molto diversi. Provengono da diverse località geografiche, seminari e università, ed esperienze di formazione sacerdotale. Eppure molti di loro nella loro risposta hanno usato la stessa frase, “ritorno al regime pre-Summorum Pontificum”. In italiano, la frase è: “Tornare al regime precedente di Summorum Pontificum”. Questo è un po’ strano, soprattutto quando anche i vescovi che non hanno una reale presenza della Forma Straordinaria nella loro diocesi la incorporano nella loro risposta.

Un altro punto: nell’articolo citato prima, l’arcivescovo Di Noia ha affermato che “la cosa è andata totalmente fuori controllo ed è diventata un movimento, specialmente negli Stati Uniti, in Francia e in Inghilterra”. (In realtà, questi non sono paesi in cui la Messa latina tradizionale è “fuori controllo” ma semplicemente diffusa). Ma poiché la Traditionis custodes fornisce i mezzi per prendere il controllo di questa situazione “fuori controllo”, secondo Di Noia, si potrebbe pensare che i vescovi americani, francesi e inglesi l’avrebbero immediatamente applicata con la più forte interpretazione possibile. Presumibilmente, avrebbero approfittato del fatto che fosse immediatamente applicabile, ma questo non è successo, quindi dov’è il “fuori controllo”?

Questo si riflette nelle risposte dei vescovi dopo la promulgazione della Traditionis custodes. La prima reazione è stata spesso quella di decretare che tutto sarebbe continuato così com’è, finché non ci fosse stato tempo per studiare, discutere, ecc. Dove i vescovi si opponevano già alla Forma Straordinaria, hanno deciso di essere più santi del Papa e di vietarla. Ma la maggior parte dei vescovi ha detto che avrebbe garantito la cura pastorale di quelli attaccati alla Messa tradizionale in latino. Questo era in linea con il modo in cui i vescovi si sono espressi nelle loro risposte al sondaggio. Infatti, quando questi decreti sono usciti, riflettevano il tono che il vescovo aveva usato quando ha risposto.

Il punto chiave, come avrete probabilmente già capito, è che le premesse e le conclusioni della Traditionis custodes non sono le stesse di quelle presentate nel dettagliato rapporto principale prodotto dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. La Traditionis custodes non era coerente con ciò che il rapporto principale raccomandava o rivelava. Come ha detto una fonte, “quello che sono veramente interessati a fare è cancellare la Vecchia Messa, perché la odiano”.

Come ho detto prima, per quanto ne so, una parte del rapporto conteneva citazioni tratte dalle risposte arrivate dalle singole diocesi. Queste dovevano fornire al Santo Padre un campione rappresentativo delle risposte, ed erano suddivise in varie categorie. Queste includevano: “valutazioni negative sull’atteggiamento di alcuni fedeli”; “sull’isolamento della comunità”; una brevissima sezione “sull’irrilevanza della Forma Straordinaria (FS) per il popolo”; “sulla necessità e/o adeguatezza pastorale della FS”; “su coloro che la FS attrae”; una notevole sezione di citazioni sul “valore della FS per la pace e l’unità della Chiesa”; “sul valore liturgico teologico e catechetico dell’EF”; “sul valore storico della FS”; “sull’influenza della FS sulla Forma Ordinaria (FO)”; “sull’influenza della FA sui seminari e/o case di formazione”; e una lunga sezione finale di “proposte per il futuro. ” Si può vedere dalle citazioni incluse che i risultati non sono stati addolciti. Consideriamone solo alcune delle varie categorie (FS=Forma Straordinaria; FO=Forma Ordinaria):

Valutazioni negative sull’atteggiamento di certi fedeli

Vedere questa [la FS] come l’unica “vera” Messa, ma penso che questo venga dal fatto che queste persone sono state considerate come “strane”, o messe ai margini. Se si cerca di “regolarizzare” la cosa il più possibile, allora queste persone si sentono curate e guidate pastoralmente, e possono essere molto fedeli e leali (un vescovo dell’Inghilterra, risposta alla domanda 3).

Gli aspetti [della FS] di per sé sono solo positivi: è un gran dono per tutti poter conoscere e assistere alla celebrazione nella Forma straordinaria. Gli aspetti negativi sono presenti solo nella misura in cui queste celebrazioni sono celebrate e/o frequentate da persone squilibrate o ideologizzate (un vescovo italiano, riposta alla domanda 3).

La divisione e la discordia non vengono dall’uso della FS, bensì dalla percezione che la gente ha di coloro che vi assistono. Si attribuiscono alle persone motivazioni e tendenze che non sono affatto vere (un vescovo degli Usa, risposta alla domanda 3).

Sull’irrilevanza della Forma Straordinaria per il popolo

Qualche volta la forma è stata applicata non per il bene delle anime, ma per assecondare i gusti personali del presbitero (un vescovo italiano, riposta alla domanda 4).

Sulla necessità e/o convenienza pastorale della Forma Straordinaria

L’offerta attuale di Messe e di celebrazioni in FS soddisfa le necessità pastorali dei fedeli. I conflitti iniziali circa lo stabilimento di Messe nella Fs si sono pacificamente risolti in questi ultimi anni (relazione comune della Conferenza episcopale tedesca, risposta alla domanda 1).

La FS dà a quei fedeli un contesto per crescere in santità attraverso una celebrazione eucaristica che rende più profonda la loro comunione con Cristo e con gli altri, in una maniera che corrisponda alla loro sensibilità. Una affermazione analoga può essere fatta circa altre persone che crescono spiritualmente ed ecclesialmente attraverso forme più contemporanee di celebrazione (un vescovo degli USA, risposta alla domanda 3).

L’attrazione esercitata dalla FS è tanto una reazione a una meno che soddisfacente celebrazione della Forma ordinaria quanto un desiderio specifico per una liturgia in latino (un vescovo degli USA, risposta alla domanda 9).

Sulle forze vive che la Forma Straordinaria attira

Questo movimento attira molte famiglie giovani che si trovano bene con questa liturgia e nelle attività che vengono proposte intorno. Penso che tale diversità sia buona nella Chiesa, e che il venir meno del numero di praticanti non debba generare a tutti costi una uniformizzazione delle proposte. Questa forma liturgica è nutriente per molti. Vi è un senso del sacro che piace e che orienta verso Dio (un vescovo francese, risposta alla domanda 3).

Abbiamo osservato che queste famiglie partecipano a molti degli eventi diocesani giovanili e vocazionali in una proporzione di gran lunga maggiore di qualsiasi altro gruppo (un vescovo degli USA, risposta alla domanda 9).

Le Messe nella FS nella nostra diocesi attirano non poche famiglie devote. Mentre alcuni dei genitori fanno home-schooling, altri mettono i figli nelle scuole cattoliche locali. Queste famiglie abbracciano molti dei principi promossi dal Vaticano II, inclusa la necessità di coltivare la Chiesa domestica e la chiamata universale alla santità (un vescovo degli USA, risposta alla domanda 3).

Un numero significativo di giovani ferventi si sente nutrito – in modo non esclusivo – dalla Fs. La presenza pacifica della FS permette ad alcuni giovani (peraltro tipici della loro generazione) che sentono una chiamata al sacerdozio di avere fiducia nella diocesi (un vescovo francese, risposta alla domanda 8).

Sul valore della Forma Straordinaria per la pace e l’unità della Chiesa

La FS, sotto la guida prudente del vescovo, ha permesso a più cattolici di poter pregare secondo il loro desiderio, e ha fatto venir meno i conflitti di prima. La sua tranquilla presenza non va disturbata (un vescovo dell’Inghilterra, risposta alla domanda 9).

L’aspetto più positivo dell’uso della FS è che ormai non esiste più alcun “clan” che rivendica la “vera Messa”. Il mistero eucaristico è stato liberato di una spaccatura ideologica molto dannosa. Questo è stato a grande vantaggio della percezione dell’unità della Chiesa realizzata intorno all’Eucaristia (un vescovo francese, riposta alla domanda 3).

Vedrei come vantaggio per tutta la Chiesa che la Santa Sede continuasse a sostenere i fedeli cattolici che sono legati alla FS del Rito Romano. Anche in termini generali, favorire le autentiche differenze di pensiero e di espressione è un vantaggio per la Chiesa universale. Avere una sezione a esso dedicato nella CDF è di aiuto, quando sono necessari sviluppi liturgici oppure chiarimenti. D’accordo con le norme universali, la nostra arcidiocesi ha anche intrapreso di stabilire un dialogo con i capi locali e nazionali della FSSPX. Ritengo che questo passo positivo sia stato facilitato dall’esistenza del Summorum Pontificum e delle comunità che esso ha favorito (un vescovo degli USA, risposta alla domanda 9).

Credo che molti di coloro che si erano sentiti separati dalla Chiesa e che erano andati verso le comunità extra-ecclesiali si sono sentiti nuovamente accolti nella struttura della Chiesa grazie al Summorum Pontificum (un vescovo degli USA, risposta alla domanda 3).

Sul valore liturgico, teologico e catechetico della Forma Straordinaria

Ho celebrato io stesso ordinazioni presbiterali nella FS anche se essa non è la mia forma abituale, e ho potuto apprezzarne la ricchezza, la bellezza e la profondità liturgica (un vescovo francese, riposta alla domanda 3).

Non sarebbe difficile affermare che, se fossero sondati, si scoprirebbe che pressoché il 100% di coloro che partecipano alla FS crede nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, mentre sono state dimostrate cifre drasticamente inferiori per i cattolici che vanno prevalentemente alla FO (un vescovo degli USA, risposta alla domanda 3).

Sull’influsso della Forma Straordinaria sulla Forma Ordinaria

Anche se la FS non è estesamente seguita, essa influisce sulla FO in una direzione molto sana, che io riassumerei come “verso una più grande devozione [reverence]” (un vescovo degli USA, risposta alla domanda 9).

La FO e la FS rappresentano due comprensioni diverse dell’Eucaristia, dell’Ecclesiologia, del sacerdozio battesimale e del sacramento dell’Ordine (solo per menzionare le differenze teologiche più evidenti). Tentare di adottare elementi della FS equivarrebbe soltanto a inviare segnali incoerenti ai fedeli (un vescovo giapponese, riposta alla domanda 5).

Due parroci che hanno imparato la FS hanno successivamente introdotto la celebrazione ad orientem per alcune o tutte delle loro Messe, il che è stato accolto bene dai loro fedeli, che sono stati ben catechizzati in anticipo. Inoltre, per alcuni dei nostri sacerdoti, c’è stata una maggiore cura dell’ostia consacrata, sia attraverso la reintroduzione e l’uso abituale del piattino di comunione, sia attraverso una più grande cura da parte dello stesso sacerdote sull’altare (un vescovo dei Caraibi, risposta alla domanda 5).

Proposte e/o prospettive per il futuro

La prassi [del Motu proprio Summorum Pontificum] seguita finora è stata sottoposta a prova e per motivi pastorali, non dovrebbe essere cambiata (relazione comune della Conferenza episcopale tedesca, risposta alla domanda 9).

Temo che senza la FS, molte anime lascerebbero la Chiesa (un vescovo degli USA, risposta alla domanda 3).

I movimenti ecclesiali [come coloro che sono legati alla FS] hanno grande potenzialità per rinnovare la Chiesa (…). Al tempo stesso, i movimenti ecclesiali possono anche vagare fuori e da soli, creando quasi una Chiesa parallela e cadendo in un atteggiamento elitista che vede solo loro quali “veri cattolici”. Questo accade quando sono abbandonati e lasciati soli. In altre parole, possono rinnovare la Chiesa solo se la gerarchia si coinvolge con loro, permettendoli di svilupparsi secondo lo Spirito ma anche mantenendo la comunione con la Chiesa. Quando membri di questi movimenti si sentono contestati o ignorati dai loro pastori, allora si ritirano e diventano risentiti; quando invece sentono che i pastori stanno tra loro e che li guidano, allora diventano preziosi mezzi di evangelizzazione (un vescovo degli USA, risposta alla domanda 9).

Penso che l’approccio migliore da usare circa l’uso della FS sia la scuola di Gamaliele: “Se questa attività è di origine umana, verrà distrutta, ma se essa viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerli; non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio!” (Atti 5:38-39). Chiedere ai sacerdoti che celebrano nella FS di imparare a celebrare nella FO e di farlo nei grandi incontri intorno al vescovo, e anche per poter rendere servizio nelle parrocchie (un vescovo francese, risposta alla domanda 9).

Devo affermare, in coscienza, che un ripensamento delle scelte fatte è quanto mai necessario e urgente (un vescovo italiano, riposta alla domanda 9).

Ho l’impressione che qualsiasi intervento esplicito possa causare più danni che vantaggi: se si conferma la linea del motu proprio troveranno nuova intensità le reazioni di perplessità del clero; se si nega la linea del motu proprio troveranno nuova intensità le reazioni di dissenso e di risentimento dei cultori del rito antico (un vescovo italiano, risposta alla domanda 9).
Non ritengo che sia opportuno abrogarlo o limitarlo con nuove norme, per non creare contrasti e ulteriori conflitti, determinando la sensazione di un mancato rispetto delle minoranze e della loro sensibilità (un vescovo italiano, riposta alla domanda 9).

Conclusione

Che cosa ci aspetta? È difficile dirlo. Alcuni hanno suggerito che potrebbe arrivare un’istruzione attuativa di Traditionis custodes, magari entro Natale, ma non lo sappiamo.

Ci siamo abituati al fatto che la Santa Sede sostenga la pace liturgica della Chiesa, ma non possiamo più darla per scontata. In conclusione e a titolo di consiglio:

Sacerdoti, gruppi stabili e singoli devono astenersi da qualsiasi corrispondenza con la Santa Sede. Coloro che partecipano alla Messa tradizionale dovrebbero anche evitare di dare l’impressione di essere “guerrieri” nella loro diocesi o parrocchia, sempre in protesta o infelici. L’obiettivo deve essere quello di non perdere la Messa tradizionale come normale forma di preghiera. E, come figli del Padre celeste, dobbiamo pregare per la gerarchia. Questo è il nostro dovere.

I singoli sacerdoti diocesani dovrebbero continuare a offrire Messe private, poiché il Messale del 1962 non è stato abrogato.

I vescovi ai quali il Santo Padre ha affidato il compito di custodire la tradizione dovrebbero veramente valutare se l’attuazione della Traditionis Custodes apporterebbe veri benefici spirituali al loro gregge. I vescovi potrebbero rendersi conto che ciò che ha ispirato il Santo Padre è totalmente diverso dalla situazione nella propria diocesi e agire di conseguenza.

Papa San Pio V.

Ricorre il 450° anniversario della Battaglia di Lepanto (1571) e si commemora la vittoria della Lega Santa (alleanza di Stati cattolici incaricata di sconfiggere i turchi) sulla flotta dell’Impero Ottomano. Fu la più grande battaglia navale della storia occidentale dall’antichità classica. Papa san Pio V (1504-1572), che volle la Lega Santa, mise tanta enfasi sul potere del Rosario quanto sulla Lega Santa. È anche noto per il suo ruolo nel Concilio di Trento, per aver codificato il Rosario e per aver promulgato il Missale Romanum del 1570 con la bolla papale Quo Primum. Con questa bolla, il santo papa cercò di assicurarsi che nessuno potesse mai cambiare la Messa. Nella Battaglia di Lepanto l’unica cosa che si frapponeva tra l’Europa e la sua sicura distruzione erano gli uomini della cristianità disposti a rispondere alla chiamata della Chiesa, e la loro disponibilità a recitare il Rosario in difesa dell’Europa cattolica. Possano tali uomini sorgere oggi in difesa della tradizionale liturgia romana, e che la Madonna abbia la vittoria!

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