Il filosofo Agamben al Senato: «Green Pass peggio dell’Unione Sovietica»

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Riportiamo la trascrizione integrale dell’intervento tenuto il 7 ottobre 2021 da Giorgio Agamben sul Green Pass di fronte alla Commissione Affari Costituzionali del Senato, che riprendiamo dal sito Nicolaporro.it.

Il video.

Il filosofo e accademico Giorgio Agamben (Roma, 22 aprile 1942) è stato da subito la voce più lucida nel contestare e demistificare il nuovo ordine che stava prendendo forma.

Scrive Diego Fusaro su Radioradio.it [QUI], che quanto detto da Agamben non può rimanere inosservato: «Da subito ha mostrato come quella che stiamo vivendo più che un’emergenza sanitaria è in realtà il laboratorio di produzione dei nuovi assetti politici, sociali ed economici per l’avvenire. Nel suo intervento in Senato Giorgio Agamben ha, tra l’altro, notato che l’infame tessera verde non è il mezzo, ma il fine. Potremmo dire che non serve in vista delle benedizioni di massa col sempre laudando siero. Al contrario, sono le benedizioni di massa che servono in vista dell’imposizione dell’infame tessera verde. Quest’ultima, come ho provato a chiarire nel mio libro “Golpe globale. Capitalismo terapeutico e grande reset”, è il nuovo lasciapassare del suddito del Leviatano tecnosanitario. Il nuovo suddito del Leviatano tecnosanitario è controllato sempre e comunque, tracciato nei suoi spostamenti e sempre di nuovo sottoposto a benedizioni aggiornate.

Espressione di una società a controllo totale e di quello che è stato detto il “capitalismo della sorveglianza”, l’infame tessera verde – come suggerito da Agamben – è un dispositivo destinato a fare scuola e a diventare parte integrante di quella nuova normalità che si fonda sull’emergenza perpetua assunta come metodo di governo delle cose e delle persone».

Giorgio Agamben, Intervento sul Green Pass alla Commissione Affari Costituzionali del Senato, 7 ottobre 2021

Vorrei soffermarmi solo su due questioni da portare all’attenzione dei parlamentari che dovranno votare la conversione in legge del decreto legge sul green pass.

1. Il primo è l’evidente contraddittorietà del decreto in questione. Voi sapete che il governo grazie ad un decreto è esentato da ogni responsabilità per i danni prodotti dal vaccino. E quanto gravi possano essere questi danni risulta dal fatto che l’articolo 3 dello stesso decreto menziona esplicitamente gli articoli 589 e 590 del codice penale, che si riferiscono all’omicidio colposo e alle lesioni colpose.

Come autorevoli giuristi hanno notato, questo significa che lo Stato non si sente di assumersi la responsabilità su un vaccino che non ha terminato la sua fase di sperimentazione. E tuttavia allo stesso tempo cerca di costringere con ogni mezzo i cittadini a vaccinarsi, escludendoli altrimenti dalla vita sociale e ora, col decreto che state votando, privandoli persino della possibilità di lavorare.

È possibile immaginare una situazione giuridicamente e moralmente più abnorme? Come può lo stato accusare di irresponsabilità chi decide di non vaccinarsi, quando lo stesso Stato che per primo declina formalmente ogni responsabilità in merito alle possibili gravi conseguenze del vaccino?
Vorrei che i parlamentari rispondessero a questa contraddizione, che a mio avviso configura una mostruosità giuridica.

2. Il secondo punto sul quale vorrei attirare la vostra attenzione non riguarda il problema medico del vaccino, ma quello politico del green pass. È stato detto da scienziati e da medici che il green pass non ha in sé alcun significato medico ma serve ad obbligare la gente a vaccinarsi. Invece io penso si debba dire il contrario: ovvero che il vaccino sia un mezzo per costringere la gente ad avere il green pass. cioè uno dispositivo che permette di controllare e tracciare gli individui, misura che non ha precedenti.

I politologi sanno da tempo che le nostre società sono passate dal modello “di disciplina” a quello delle società “di controllo”, fondate sul controllo digitale, virtualmente illimitato, dei comportamenti individuali. Ormai diventati quantificabili. Ci stiamo abituando a questi dispositivi di controllo. Ma, vi chiedo, fino a che punto siamo disposti ad accettare che questo controllo si spinga?

È possibile che i cittadini di una società che si pretende democratica si trovino in una condizione peggiore dei cittadini dell’Unione Sovietica sotto Stalin? Voi sapete che i cittadini sovietici erano costretti a mostrare un lasciapassare per ogni spostamento da un Paese all’altro. Noi invece siamo costretti a mostrarlo anche per andare al ristorante, al museo, al cinema e ora anche per andare a lavorare.

Foto di copertina: Giorgio Agamben (Foto di Radioradio.it).

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