Verso un diritto umano alla pace. L’intervento della Santa Sede

Condividi su...

“Il contrario della pace, più che la guerra è la paura”. Perché è la paura che diventa “il minimo comun denominatore tra ricchi e poveri, tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, tra potenza militare e quelli che sono meno potenti”. È Silvano Maria Tomasi  a fare da relatore al gruppo di lavoro sul diritto alla pace della 23esima sessione del Consiglio per i Diritti umani. Si è parlato della possibilità di inserire il diritto alla pace nel novero dei diritti umani. E l’Osservatore Permanente della Santa Sede all’ufficio ONU di Ginevra ha fatto da relatore al gruppo di lavoro sul tema, pronunciando il 7 giugno un intervento denso di dottrina sociale della Chiesa.

Tomasi sottolinea che “la pace è anche una situazione che rende possibile lo sviluppo umano integrale” ed è la condizione che “fa sì che anche tutti i diritti siano possibili”. Ma è anche vero il contrario, e cioè che la realizzazione dei diritti fondamentali porta ad una vera pace, basata sulla libertà, sulla giustizia e sulla fraternità.

L’osservatore permanente non manca di ricordare i documenti internazionali che parlano di pace, dalla Carta delle Nazioni Unite fino alla Carta Universale dei diritti dell’uomo, dando uno sguardo anche documenti di stampo più “locale”, come la Carta Africana per i diritti dell’uomo e dei popoli. Un modo per richiamare tutti alle proprie responsabilità.

Perché in fondo – afferma Tomasi – “diminuire la pace ad assenza di guerra sarebbe ridurla ad un valore negativo”. E invece “la pace si costruisce giorno per giorno in famiglia, a scuola e nella società”. Senza solidi insegnamenti in economia, politica e cultura “la pace resta un miraggio per spiriti ingenui”.

Più che un miraggio, è un’utopia possibile per l’azione diplomatica della Santa Sede, sempre presente lì dove stanno i conflitti e sempre in cerca di una mediazione pacifica.

Vero, c’è chi vuole fondare la pace esclusivamente sulla forza. Ma in questo modo “si rompe l’equilibrio delle forze”,

Con una citazione implicita della Populorum Progressio, Tomasi ha ricordato che “l’altro nome della pace è sviluppo”, e che questa viene meglio servita “attraverso le scuole che vengono costruite, le strutture sanitarie messe in campo, le prospettive di avvenire aperte alle giovani generazioni”.

In un mondo che “sarebbe banale ormai definire interdipendente”, si è rafforzata la convinzione della Santa Sede che siamo tutti parte di un’unica famiglia umana. E allora, sottolinea Tomasi, “la violenza, l’ingiustizia e la volontà di potenza nella società e tra le nazioni non fanno che moltiplicare i rischi di guerre e conflitti”.

E la guerra è “il fallimento degli umani e dell’umano”, perché rappresenta “l’illusione che si possa costruire una società sana e migliore a costo di infliggere agli altri delle sofferenze indicibili”.

Nel costruire o ristabilire la pace – ammonisce infine Tomasi – “alcuni esempi storici e contemporanei ci insegnano che la non violenza, come dottrina e come metodo, è stata e resta il cammino più appropriato della mediazione e della riconciliazione, in modo infine di riallacciare le catene umane, sociali e politiche con l’obiettivo comune del bene comune e di una pace duratura”.

Free Webcam Girls
151.11.48.50