Robi Ronza racconta l’intuizione di don Luigi Giussani

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“Che cos’è allora l’essenza del fatto cristiano? E’ l’annuncio di Cristo: questo è il centro di tutta la vita dell’uomo e della storia”: in queste parole del 1976 è contenuto in sintesi l’insegnamento del grande maestro di fede don Luigi Giussani (1922-2005), fondatore di Comunione e liberazione e una delle figure più rappresentative del cattolicesimo del XX secolo, di cui il prossimo anno ricorre il centenario della nascita.

In una lettera indirizzata a papa san Giovanni Paolo II nel 2004 scriveva: “Ritengo che il genio del Movimento che ho visto nascere sia di avere sentito l’urgenza di proclamare la necessità di ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo, vale a dire la passione del fatto cristiano come tale nei suoi elementi originali, e basta”.

Da queste sollecitazioni prende spunto ‘Luigi Giussani. Comunione e Liberazione & oltre’ (Edizioni Ares), in cui il giornalista Robi Ronza, uno dei fondatori del Meeting dell’Amicizia tra i popoli di Rimini, descrive con affetto il rapporto particolare che ebbe con don Giussani, il cui primo incontro risale all’anno scolastico 1955-1956: “Eravamo allora abituati a preti molto clericali nei modi, ma poi in sostanza molto laici nei contenuti. Ciò che invece subito mi colpì in don Giussani era il suo stile molto laico, malgrado l’abito talare allora di rigore, e viceversa il suo aperto proclamare Cristo sia come centro della storia che come risposta ai nostri problemi esistenziali”.

Allora con l’autore del volume partiamo per la nostra riflessione proprio dalla lettera scritta da don Giussani a papa Giovanni Paolo II nel 2004, facendoci spiegare quale è il ‘genio’ del Movimento: “Rispetto alla sostanza del fatto cristiano Comunione e Liberazione non ha niente di specifico. Come lo stesso don Giussani scrisse nel 2004 a papa Giovanni Paolo II in una lettera oggi reperibile in apertura del suo sito web ufficiale, il genio del Movimento è semplicemente quello ‘di avere sentito l’urgenza di proclamare la necessità di ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo, vale a dire la passione del fatto cristiano come tale nei suoi elementi originali, e basta’.

Questo spiega perché, se guardati attraverso la lente della dicotomia tradizionalismo/progressismo, Giussani e Cl diventano (osservo qui per inciso) inspiegabili ed incomprensibili. Nel tempo in cui viviamo, segnato dal tramonto dell’età moderna e dall’alba di una nuova era che non sappiamo ancora come chiamare, con John Henry Newman nasce, a cavallo tra il secolo XIX ed il secolo XX, un provvidenziale processo di riannuncio di Cristo centrato sul nesso necessario tra fede e ragione nonché sulla dimostrazione vissuta della congruità della risposta cristiana alle grandi questioni esistenziali.

A tale processo Giussani aggiunge di suo diverse cose ma in particolare un metodo per proporlo alla gente di oggi, pensato su misura per la mentalità e la situazione del mondo in cui viviamo. E’ il ‘percorso’ sistematicamente esposto e proposto nei tre libri rispettivamente intitolati ‘Il senso religioso’, ‘All’origine della pretesa cristiana’, ‘Perché la Chiesa’. Si tratta di uno strumento nato con CL ma che vale per tutta la Chiesa. Come infatti scrivo in questo libro se è vero che a prescindere da Cl Giussani non si spiega è altrettanto vero che la sua testimonianza e il suo insegnamento eccedono Cl, valgono erga omnes”.

Per quale motivo don Giussani dà vita prima a GS e poi a CL?

“Non fu un progetto, una strategia ma semplicemente l’esito di un seguito di eventi. Quello che oggi  si  chiama Cl nacque dentro l’Azione Cattolica ambrosiana rivitalizzando un’iniziativa, chiamata Gioventù  Studentesca (Gs), che allora, verso la metà degli anni ’50 del secolo scorso, restava solo sulla carta. Quando poi a motivo sia della sua ecclesiologia e sia della sua natura di movimento ecclesiale la sua collocazione nell’alveo dell’Azione Cattolica divenne impossibile, il Movimento ne uscì e rinacque nella sua forma attuale. Questo è il nocciolo della questione. Di tale scontro e di tale sviluppo gli eventi del ’68 furono il catalizzatore, ma non la causa profonda. Tutto ciò sarebbe accaduto (ovviamente in altro modo) anche senza il ’68”.  

Quale stile aveva don Giussani nell’annunciare Cristo?

“Più che uno stile era un modo di essere. Ciò che innanzitutto colpiva era il fatto di trovarsi di fronte a una persona dalla vita intensa e piena; e di un’intensità e di una pienezza che gli veniva dal suo ritenere esplicitamente Cristo come centro del cosmo e della storia. Eravamo allora abituati a preti clericali nei  modi, ma poi praticamente laici nei contenuti. Mentre non aveva niente di clericale, don Giussani metteva invece Cristo al centro del cosmo, della storia e della propria vita; e tutto questo in modo convinto e perciò convincente”. 

Quale continuità esiste tra il fondatore di Cl e don Julián Carrón?

“Don Julián Carrón è un attento discepolo di don Giussani, il che non vuol certo dire che ne sia una copia, né tanto meno una specie di…reincarnazione. Come ho scritto in questo libro, quello del primo successore di un fondatore così carismatico come fu don Giussani è un compito molto  difficile e spesso ingrato che, tanto più nell’ambito di un’esperienza di comunione, merita un’obiettiva simpatia”.

​Allora quale impatto può avere il recente ‘Decreto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita Le associazioni di fedeli che disciplina l’esercizio del governo nelle associazioni internazionali di fedeli, private e pubbliche, e negli altri enti con personalità giuridica soggetti alla vigilanza diretta del medesimo Dicastero’ nei movimenti ed in CL?

“Ai miei occhi e a quelli di tante persone a me vicine appare essere un giusto richiamo. Spero che apparirà infine così agli occhi di tutti, e che tutti lo vivano come una provvidenziale occasione per imparare a divenire, come oggi abbiamo il dovere di essere, non più solo figli ma anche tutti insieme padri e madri del Movimento”.  

(Tratto da Aci Stampa)

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