Pontificia Accademia per la Vita: essere in vita per prendersi cura

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A fine settembre in Vaticano si è svolta l’assemblea plenaria della Pontificia Accademia per la Vita sul tema ‘Salute pubblica in prospettiva globale. Pandemia, Bioetica, Futuro-Public Health in Global Perspective. Pandemic Bioethics Future’, a cui papa Francesco aveva portato il saluto iniziale, affermando l’importanza dell’interconnessione:

“La crisi pandemica ha messo in luce quanto è profonda l’interdipendenza sia tra di noi sia tra la famiglia umana e la casa comune. Le nostre società, soprattutto in Occidente, hanno avuto tendenza a dimenticare questa interconnessione. E le amare conseguenze sono sotto i nostri occhi. In questo passaggio d’epoca è dunque urgente invertire tale tendenza nociva, ed è possibile farlo mediante la sinergia tra diverse discipline”.

Nel trarre le conclusioni mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha sottolineato che il simposio era occasione per comprendere i cambiamenti provocati dal coronavirus alla luce della lettura dell’enciclica ‘Fratres omnes’:

“Occorre perciò individuare gli snodi che nelle nostre relazioni conducono a mantenere aree di benessere di pochi, a scapito dei tanti. L’ ‘io’ iperindividualista deve cedere il passo al ‘Noi’ della famiglia umana.

E’ un’esigenza che il messaggio del Vangelo illumina, ma che è iscritta nell’orizzonte di una società globale basata su rapporti solidali ed equilibri mondiali perché nessuno sia escluso. C’è bisogno di una nuova visione della Famiglia umana globale”.

Riprendendo il discorso papale mons. Paglia ha incentrato l’intervento sulla qualità della sanità: “Se per i paesi occidentali la priorità è rappresentata dai vaccini (e stiamo infatti assistendo allo sforzo vaccinale più grande mai attuato nella storia), non dobbiamo dimenticare la necessità di costruire una sanità equa su scala planetaria.

Il tema al centro della riflessione è il futuro della cura e della sanità, se vogliamo prendere sul serio la lezione che la pandemia ci rivolge. Per la maggior parte della popolazione mondiale, oltre ai vaccini è prioritario un accesso vero ed effettivo alle cure, ma anche ai beni che permettono ‘semplicemente’ di vivere.

Va superato il divario non solo vaccinale, ma di accesso alla sanità pubblica, abbattendo i problemi collegati alla mancanza di strutture e gestendo con più sapienza le risorse da destinare alle cure”.

Infine ha evidenziato l’importanza dei vaccini: “In molti sottolineano la necessità di rispondere all’attuale crisi con provvedimenti che risultino utili anche per il futuro del pianeta.

La vaccinazione è fondamentale nell’ottica di una protezione globale contro il Covid-19 ma la questione centrale riguarda la possibilità di superare davvero e presto le differenze, attuando una politica sanitaria globale che renda più equo l’accesso alle cure. 

Non dimentichiamo la prima e più importante lezione: per prenderci cura della salute, dobbiamo anzitutto essere in vita! E l’accesso ai beni essenziali per vivere è a tutti garantito sul nostro pianeta”.

Il dottor David Barbe, presidente della World Medical Association (WMA), ha sottolineato l’importanza dell’accesso alle cure: “La gravità del COVID ha variato ampiamente, ma la gravità della malattia è stata maggiore in tre grandi categorie: gli anziani, quelli con malattie croniche e alcune delle razze non caucasiche…

Durante questa pandemia, molti di questi gruppi non hanno avuto accesso a test precoci e cure di supporto o ospedalizzazione quando il loro stadio di malattia lo richiedeva. Questa pandemia ha fatto emergere chiaramente le disuguaglianze sanitarie che esistono e che devono essere affrontate ora”.

Inoltre ha sottolineato il bisogno di condividere le informazioni scientifiche: “Ancora oggi, a quasi due anni dall’inizio di questa pandemia, continuano ad esserci discussioni e raccomandazioni contrastanti sull’uso di antivirali, anticorpi neutralizzanti, immunomodulatori, corticosteroidi e persino sul supporto respiratorio. In questa era di comunicazione globale in tempo reale, dobbiamo migliorare la nostra collaborazione e comunicazione scientifica.

A meno che o fino a quando una malattia non possa essere trattata efficacemente, la prevenzione è fondamentale. I vaccini offrono questa opportunità di prevenzione. Sebbene gli sforzi per sviluppare e distribuire i vaccini COVID siano stati monumentali, i tassi di vaccinazione, specialmente nei paesi a reddito basso e medio-basso, rimangono penosamente bassi, con tassi di vaccinazione in dozzine di paesi ancora inferiori al 3% della loro popolazione”.

Infine ha spiegato i motivi dello scetticismo a sottoporsi alla vaccinazione: ““Si riscontra in una certa misura in quasi tutti i paesi ed è anche questo un problema multifattoriale. La velocità con cui i vaccini sono stati sviluppati e le nuove tecnologie che alcuni di essi impiegano, come la tecnologia dell’RNAm, hanno indotto molti a considerare i vaccini con una certa apprensione e persino paura.

Ciò è stato aggravato dalla rete globale di disinformazione e distorsione riguardo ai rischi e ai benefici del vaccino. Casi di eventi avversi dopo la vaccinazione, la preoccupazione di diminuire l’immunità e la probabile necessità di successivi richiami, hanno contribuito all’esitazione…

Dobbiamo continuare a promuovere un’informazione valida e trasparente, enfatizzare i benefici del vaccino e continuare a sottolineare il rischio significativamente maggiore della malattia naturale”.

Mentre la prof.ssa Maria Chiara Carrozza, Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha sottolineato l’importanza della ricerca scientifica: “Una ricerca scientifica e un’innovazione tecnologica che siano davvero al servizio delle persone e della collettività devono guardare, come primo target di riferimento, alle categorie più fragili, alle persone più bisognose di assistenza, agli ultimi.

Bisogna uscire dalla logica secondo cui le fragilità e le diverse abilità, condizioni che nelle società contemporanee sono ormai molto frequenti, anche a causa della maggiore longevità, siano una sorta di condanna dovuta al fato, il cui peso deve gravare solo sulle spalle dei diretti interessati e dei loro caregiver, cioè quasi sempre delle famiglie…

In Italia i dati dicono che l’atteggiamento verso la ricerca è in genere positivo ma contraddittorio; anche durante la pandemia abbiamo avuto fasi di giudizio altalenanti, con crisi dovute alla percezione di incertezza che cittadini avvertono dalla pluralità delle voci scientifiche riportate dai media. Questo punto però ci avverte di quanto sia complesso difficile realizzare una comunicazione della scienza corretta ed efficace”.

(Foto: Santa Sede)

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