Svizzera e San Marino: l’eclissi dell’umanesimo. Dio toglie prima il senno a colui ch’Egli vuol mandare in rovina

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Se l’esito del voto svizzero sulle “nozze gay” e connessi era previsto, quello di San Marino sulla legalizzazione dell’aborto stupisce per le dimensioni della sconfitta. Anche nella Svizzera italiana hanno vinto i “sì”, ma i contrari hanno raggiunto quasi il 50%.

Domenica 26 settembre 2021 in Svizzera si è votato sul cosiddetto “matrimonio per tutti”: alle urne il 51,9% degli elettori. L’esito? I “sì” hanno raggiunto il 64,10%: 1.828.467 svizzeri non solo si sono dichiarati favorevoli al “matrimonio gay”, ma anche all’adozione congiunta da parte dei componenti di tale configurazione affettiva e alla possibilità per le coppie lesbiche di accedere alla “banca del seme” (centralizzata) per acquisire lo sperma necessario per una gravidanza. Ovvero: per quasi due terzi dei votanti che un bambino cresca con mamma e papà diventa un optional… insomma emerge una larga condivisione, fatta con atto pubblico, verso la trasformazione per legge del ruolo del padre da educatore fondamentale a puro e semplice fornitore di composto organico, il cui nome resta sconosciuto almeno fino ai 18 anni del figlio. Chi risponderà dei guasti sociali provocati da tale condivisione scellerata?

Domenica 26 settembre 2021 a San Marino si è votato sulla legalizzazione dell’aborto: alle urne il 41,1% degli elettori (il 60,30% degli interni, il 5,69% degli esteri). L’esito? I “sì” hanno raggiunto il 77,30%: 11.119 sanmarinesi (su 14.558 votanti) si sono dichiarati favorevoli non solo alla legalizzazione dell’aborto fino alla dodicesima settimana, ma anche de facto all’aborto eugenetico “successivamente” (avverbio utilizzato nel quesito referendario riguardo a “anomalie e malformazioni del feto” che “comportino grave rischio per la salute fisica e psicologica della donna”, formuletta che copre ogni abominio in quel contesto).

È proprio il caso di dire: Quem Jupiter vult perdere dementat prius (in ambito cristiano: Quos Deus perdere vult dementat prius).

I due risultati elettorali pongono di fronte brutalmente (specie quello di San Marino) a una realtà drammatica: viviamo ormai in una società post-cristiana dominata dall’indifferenza (e sempre più anche dall’ostilità) verso il fatto religioso, in particolare verso una Chiesa Cattolica in stato di confusione allarmante (e il cui presente è punteggiato da scandali vergognosi e dirompenti come ad esempio quello del parroco di Prato cultore di festini e cocaina, che la diocesi ha cercato – per i soliti sciagurati motivi di ‘immagine’ –  in un primo tempo di coprire). Drammatico è anche il fatto che le opinioni si formino ormai molto più via social che attraverso le relazioni personali concrete. Perché nei social trionfa l’immediatezza delle emozioni (incontrollate) a scapito di un approccio razionale ai temi in discussione. Drammatica è la truffa linguistica in atto, propagandata a ogni livello politico e mediatico (a volte anche ecclesiale) fondata su due termini, “diritti” e “libertà” che vengono stravolti nei loro significati originari e disgiunti tra l’altro da “responsabilità”.

C’è da meditare (e tanto) sui due risultati, anche all’interno di una Chiesa Cattolica il cui avvenire nella nostra società occidentale si prefigura – a meno di una scossa tanto salutare quanto necessaria – come connotato dall’irrilevanza sociale.

Svizzera: qualche nota sul risultato del voto sul “matrimonio per tutti”

Dell’argomento ci siamo occupati la settimana scorsa [QUI]. Ha votato il 52,60% degli iscritti in catalogo (una percentuale nella buona media). I “sì” sono stati 1.828.427 (64,10%), i ‘no’ 1.024.167 (35,90%). Tutti i 20 cantoni e i 6 semi-cantoni hanno approvato le modifiche del codice civile (votate dal Parlamento il 18 dicembre 2020). Non sono emersi fossati linguistico-religiosi veri e propri all’interno del Paese; differenze sì -nell’ampiezza dello scarto tra favorevoli e contrari – ad esempio nelle zone alpine e in quelle italofone in cui la resistenza alle “nozze gay” e ai loro connessi si è fatta sentire in modo consistente. I cantoni più favorevoli? Basilea-città (73,96%), Zurigo (69,11%), Basilea-campagna (67,11%), Lucerna (66,17%), Soletta (66,16%), Zugo (66,11%).

Si nota che i cantoni più favorevoli denotano generalmente anche una maggiore partecipazione. A parte il caso di Sciaffusa (obbligo di voto), il secondo posto è appannaggio di Zugo (61,15%), seguito da Basilea-città (58,67&), mentre Zurigo (54,61%) e Lucerna (54,52%) sono in buona posizione, superiore nella percentuale di un paio di punti alla media nazionale.

Come si evince facilmente dai risultati le città sono risultate più favorevoli delle zone non urbane. È lì che si ritrova l’opposizione maggiore, specie nell’Oberland bernese, nel Giura bernese, in alcune località vallesane famose come Crans Montana e Evolène o Flums nel canton San Gallo. Oltre che (ce ne occuperemo tra poco più da vicino) nelle parti italofone del Paese.

Quali i cantoni meno favorevoli (ma in cui il “sì” ha comunque ottenuto la vittoria)? Appenzello interno (49,18% di “no”), Ticino (47,08% di “no”), Vallese (44,49% di “no”).

Più resistenza nella Svizzera italiana

Nel Canton Ticino, con una partecipazione del 47,95% i “sì” sono stati 55.303 e i “no” 49.203. Nei Grigioni, con una partecipazione del 37.25%, i “sì” sono stati 41.341 e i “no” 24.536 (un pessimo risultato sia per partecipazione che per esito anche per la diocesi di Coira, retta dal nuovo e controverso vescovo Bonnemain).

Restiamo ai Grigioni. Nelle valli italofone si registrano diversi comuni contrari, come Poschiavo (58,13% di “no”), Brusio, Roveredo, Soazza, Lostallo e altri.

Nel Ticino i comuni contrari sono risultati trenta. In altri lo scarto in favore dei “sì” è stato di poche unità, come nella “cintura” luganese a Massagno (774 a 767), Savosa (347 a 342), Lamone (215 a 212) e nel Mendrisiotto, a Riva San Vitale (443 a 442). Anche a Biasca lo scarto è stato minimo: 662 “sì” e 656 “no”. Per quanto riguarda le città: a Bellinzona (che ora comprende anche Giubiasco e altri comuni) 6698 “sì” e 5334 “no”, a Lugano 8178 “sì” e 7732 “no”, a Locarno (il cui municipio con atto vergognoso di bullismo istituzionale aveva esposto dal balcone la bandiera arcobaleno durante la campagna elettorale) 2205 i “sì” e 1790 i “no”.

Doveroso citare con encomio i comuni in cui la proposta non è passata: sono situati in particolare nelle valli Leventina e Blenio, in Valle Maggia, ma anche in altre zone come ad esempio la “cintura” di Locarno – vedi Muralto, Brione sopra Minusio, Brissago – e di Lugano – vedi Canobbio, Cureglia, Grancia, Porza, Collina d’Oro: Cadenazzo (50.35%), Isone (64.03%), Acquarossa (54.43%), Blenio (66.14%), Serravalle (54.24%), Airolo (60.54%), Bedretto (75.00%), Dalpe (58.70%), Faido (51.02%), Giornico (61.40%), Prato Leventina (51.47%), Quinto (50.92%), Brione Sopra Minusio (52.82%), Brissago (51.20%), Muralto (52.69%), Brusino Arsizio (50.86%), Canobbio (52.72%), Cureglia (56.65%), Grancia (53.79%), Mezzovico-Vira (51.46%), Morcote (52.48%), Porza (50.92%), Collina d’Oro (52.49%), Monteceneri (50.62%), Tresa (53.73%), Morbio Inferiore (50.07%), Riviera (50.79%), Bosco Gurin (68.18%), Linescio (57.89), Lavizzara (66.67%).

San Marino: una sconfitta? No, una batosta

Dell’argomento ci siamo occupati la settimana scorsa [QUI]. Gli iscritti in catalogo erano 35.411: 22.970 elettori interni e 12.441 esteri, non residenti a San Marino. Ha votato il 41,11% degli iscritti in catalogo ovvero 14.558 su 35411 (il 60,30% degli interni e il 5,69% dei residenti all’estero). I “sì” al quesito referendario sono stati 11.119 (77,30%), i “no” 3.265 (22.70%).
Nelle 9 circoscrizioni (“castelli”) i “sì” sono compresi tra il 72,95% di Chiesanuova e l’81,76% di Faetano. Gli elettori interni hanno votato “sì” al 77,26%, gli elettori esteri al 78,06%. Complessivamente i “sì” sono risultati il 77.30%: ciò significa che gli esteri hanno pesato per lo 0,04% sul risultato finale, contrariamente a quanto ha titolato stamattina il noto prodotto cartaceo e online maestro in linciaggi mediatici (altrimenti detto La Repubblica): “Decisivi i voti dei giovani emigrati”.

Colpisce che, su una materia tanto importante, si sia recato alle urne solo il 60,30% degli interni. Da quanto constatato, se è stata forte l’affluenza di donne e giovani (“educati” dai social e dunque figli di tempi fluidi), è mancata molto quella degli elettori ultraquarantenni, indifferenti al fluire della storia. Certo l’esito complessivo non sarebbe cambiato, ma almeno sarebbe stato meno indecoroso.

Il risultato finale lascia intuire che ai contrari sono mancati anche i voti di diversi autodefinitisi cattolici e/o democristiani (il partito di maggioranza relativa a San Marino, schierato per il “no”): sembra emergere poi una certa pigrizia (colpevole) di alcune parrocchie, nonostante il gran lavoro di sacerdoti come Don Gabriele Mangiarotti e l’appello finale del Vescovo Andrea Turazzi. E non è un bel vedere per chi è cattolico (e non cattofluido).

Di positivo c’è solo un aspetto della campagna referendario: l’impegno continuato e totale dei membri del Comitato Uno di Noi, il che potrebbe dare un minimo di speranza per occasioni future. La prima scadenza è già alle porte. Entro sei mesi il Congresso di Stato (esecutivo di San Marino) dovrà redigere un progetto di legge sul tema, nel senso approvato dall’elettorato. Tra le questioni più importanti, fondamentali, quella dell’aborto eugenetico, quella dell’aborto delle minorenni senza il consenso dei genitori, il riconoscimento dell’obiezione di coscienza. Lì il Comitato potrà continuare a esercitare opera di informazione e di persuasione, affinché chi sarà chiamato a decidere lo faccia secondo umanità e ragione.

L’articolo è stato pubblicato ieri dall’autore sul suo sito Rossoporpora.org.

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